Geopolitica
Siamo in guerra con la Russia: ex segretario generale NATO britannico
In un editoriale del 18 novembre su The Economist, George Robertson, ex segretario alla Difesa del Regno Unito (1997-1999), segretario generale della NATO (1999-2003) e da allora attivo politico britannico, ha dichiarato che «la Russia è in guerra con noi», per poi chiedersi subito quindi «perché non difendiamo i nostri paesi come se fossimo sotto attacco?»
Il sostegno occidentale all’Ucraina è stato solo difensivo, «rispondendo agli attacchi bellici con processi in tempo di pace», lamenta il numero uno della NATO.
«Dobbiamo riconoscere che o il signor Putin è intimorito, o lo siamo noi» teorizza il Robertson, che, tra le richieste, include:
• Accelerare i rifornimenti di armi e munizioni alla linea del fronte. Più munizioni per i sistemi missilistici di artiglieria ad alta mobilità e altre armi e più addestramento per le forze ucraine.
• Resistere ai «discorsi pericolosamente vaghi» del Cremlino sull’uso di armi nucleari (per quanto non elaborati).
• «Svezzarci definitivamente» non solo dal gas russo, ma anche dal grano russo. Qui specifica che con «noi» intende «il mondo» intiero. Il Robertsone insiste sul fatto che «i Paesi devono cercare forniture alternative» di grano. La carestia si sta diffondendo in tutto il mondo, ma Robertson riconosce che ciò che sta chiedendo è che ciò che oggi costituisce «circa un quinto delle esportazioni totali mondiali di roba [sic!], circa 38 milioni di tonnellate», sia tagliato fuori dal mondo.
• Il Sud globaale si ricord che le loro dispute sui confini, potrebbero essere rianimate, se quei Paesi non si unissero alla «nostra» guerra contro la Russia. «Cina e India, ad esempio, condividono un confine dove occasionalmente si verificano riacutizzazioni. Il modo in cui la Russia se la cava dopo la sua invasione dell’Ucraina può essere di enorme interesse per entrambi», scrive.
• Per quanto riguarda gli stessi paesi occidentali, è necessario un piede di guerra «per abbreviare il processo decisionale» e aggirare le burocrazie; «sul piede di guerra, pochi individui hanno il potere di fare scelte rapidamente. Dovremmo emulare un tale sistema ora. Ciò ci consentirebbe anche di rafforzare le nostre difese contro le minacce informatiche». Essere sul piede di guerra richiede anche che i politici occidentali «siano brutalmente sinceri con la nostra stessa gente che il loro sacrificio, in particolare attraverso il costo della vita, è nella difesa del nostro stesso paese. I leader politici devono affermare perché i sacrifici sono necessari… È necessaria una raffica incessante di pubblicità».
Insomma, guerra, guerra, guerra contro Mosca: lo dice il sommo inglese NATO.
Solo chi non conosce la storia può stupirsi dinanzi alla forsennata, agghiacciante cavalcata di Albione contro il Cremlino, apparentemente incurante del danno assoluto che sta cagionando al mondo e al suo stesso popolo.
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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Immagine da Twitter
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