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Spirito

«Satana contro la regalità del papato». Mons. Viganò sui problemi dell’attuale pontificato

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Renovatio 21 pubblica la prima parte dell’intervista che l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha concesso il giornalista americano Stephen Kokx, recentemente «epurato» da LifeSiteNews

 

 

Eccellenza, molte delle decisioni di Prevost indicano che egli desidera continuare sulla strada eretica dei suoi predecessori, in particolare il percorso sinodale tracciato da Jorge Bergoglio. Molti sembrano credere che sia necessario «concedergli tempo» e «nutrire speranza» che le cose migliorino. Allo stesso tempo, sembra che l’agenda di Prevost sia piuttosto chiara e che il silenzio o il «concedergli il beneficio del dubbio» – pur dando un’immagine più positiva del suo regno – possa essere un’occasione di scandalo di omissione e/o di false speranze. Cosa ne pensate di queste argomentazioni e come dovrebbero considerare i cattolici questo «pontificato» a poco più di due mesi dall’inizio?

 

Nessuno di noi può giudicare il foro interno, ossia le disposizioni interiori con le quali una persona agisce o parla: questo può farlo solo Nostro Signore, che vede nel profondo del nostro cuore. Ciò non significa però che non possiamo esprimere una valutazione sul foro esterno, ossia sugli effetti e le conseguenze che le azioni o le dichiarazioni di una persona possono avere in generale o in un determinato contesto. Questo vale anche per Leone, la cui elezione viene letta da molti come un segno di cambiamento rispetto alla disastrosa parentesi dell’usurpazione bergogliana, anche se non vi è alcun elemento che induca a pensarlo, ed anzi si moltiplichino le azioni di governo, le nomine e le dichiarazioni pubbliche in cui Leone si mostra come totalmente in linea con il predecessore di infausta memoria.

 

Io stesso, come penso molti abbiano notato nei giorni immediatamente successivi all’elezione, ho preferito astenermi dal pronunciarmi pubblicamente su Leone con commenti che sarebbero potuti risultare affrettati.

 

Dopo poco più di due mesi, tuttavia, credo che sia possibile trovare una coerenza nell’azione e nelle dichiarazioni di Leone rispetto alla linea tracciata da Bergoglio. E forse quell’estemporanea apparizione di suor Nathalie Becquart e altri membri del gotha sinodale in un selfie con il neoeletto papa acquisisce oggi un significato che inizialmente poteva essere sfuggito ai più. Il messaggio che vi possiamo cogliere – e che si accompagna al sorriso beato e compiaciuto di molti Elettori ultraprogressisti (fra tutti il cardinale Cupich di Chicago) apparsi sulla Loggia dopo la fumata bianca – è che il percorso sinodale cui la chiesa bergogliana e postbergogliana non potrà in alcun modo sottrarsi è già stato tracciato, e che Leone è stato eletto al quarto scrutinio in quanto continuatore del mandatum sinodale, e non del munus petrinum.

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Lo dico senza giri di parole: la lobby sinodale si aspetta che Leone dia legittimità canonica ad un processo eversivo di esautorazione del papato; una sorta di volontaria abdicazione del monarca a favore di un Parlamento che in risposta alla cessione del potere di giurisdizione e di governo gli riconosca un primato d’onore spendibile anche a livello ecumenico.

 

In un paradosso giuridico, questa lobby pretende dal titolare di un diritto divino di esercitare l’autorità suprema per trasmetterle quel diritto, cosa che il papa non può fare. Questo golpe ecclesiale deve portare alle sue estreme conseguenze il processo rivoluzionario inaugurato al Vaticano II con la collegialità episcopale di Lumen Gentium, estendendo il governo della Chiesa Cattolica ai laici e alle donne, a tutto detrimento del legame indissolubile tra potere d’Ordine e potere di Giurisdizione che vige nella Chiesa ab immemorabili.

 

Sul fronte opposto, l’estensione alle donne di funzioni sino ad allora riservate ai chierici apre nella prassi uno spiraglio per l’introduzione di forme paraministeriali quali le diaconesse e le ministre non ordinate. Anche in questo non si può non vedere il compimento dei desiderata dell’Agenda 2030 per la parità di genere.

 

Non so se i miei Confratelli e i fedeli si rendano conto della minaccia mortale che questa azione eversiva e fraudolenta rappresenti per la Chiesa Cattolica. Qui si sta compiendo a livello ecclesiale ciò che la Rivoluzione ha fatto nelle Nazioni cattoliche: cancellare la monarchia di diritto divino e sostituirle la frode della sovranità popolare, mentre in realtà si vuole far passare il potere nelle mani di una élite e mutarlo in una tirannide. La sinodalizzazione, ossia la pseudo-democratizzazione della Chiesa, in questo senso, costituirà lo strumento e la causa della sua distruzione, esattamente come già avvenuto nella sfera civile.

 

In questa avversione per la regalità sacra del papato si manifesta tutto l’odio di Satana: perché nei re cattolici e nel romano pontefice risplende la Sacra Maestà di Cristo Re e Pontefice, che regna dal trono della Croce.

 

 

Questa democratizzazione – solo nominale, perché in realtà il potere è nelle mani della lobby – comporta necessariamente una burocratizzazione della Chiesa, e sappiamo che la burocrazia è uno dei principali strumenti di controllo della Massoneria. I burocrati, dietro l’alibi di procedure «democratiche» e «sinodali», possono manovrare le assemblee, pilotare i voti, orientare i consensi, far credere che una proposta nasca spontaneamente dalla base, mentre è stata pensata fino all’ultima virgola da chi gestisce l’intero apparato organizzativo del Sinodo.

 

È una colossale finzione, un’impostura che replica grottescamente il processo dissolutorio delle società civili dopo il 1789. Una frode che porterà anche al Terrore, alla dittatura di un organo senza volto e senza nomi, che promulgherà dogmi climatici e nuovi peccati contro l’ambiente, scomuniche per leso migrante o per aver negato il dogma dell’inclusione LGBTQ+ e lo farà in nome della chiesa sinodale. In questo caso, però, non c’è nessun re Luigi da ghigliottinare: il monarca si è già inchinato agli idoli globalisti e la sua resa appare convinta e voluta, quasi pianificata anzitempo.

 

A chi si ostina a idealizzare l’immagine di Leone secondo un modello certamente consolante ma non corrispondente alla realtà, consiglio di valutare i fatti per quel che sono, e non cercando di adeguarli ai propri desideri: ad iniziare da un dato incontestabile, e cioè che Robert Francis Prevost è stato nominato Prefetto del Dicastero per i Vescovi e creato Cardinale nel 2023 proprio da Bergoglio; e che se quest’ultimo avesse avuto anche il vago sospetto che Prevost non sarebbe stato coerente con la sua linea di governo, non l’avrebbe mai elevato alla Porpora, né lo avrebbe posto a capo di un Dicastero strategico come quello che decide le nomine dei Vescovi.

 

Temo che Leone rappresenti il «modernismo dal volto umano» – per riprendere l’espressione «socialismo dal volto umano» legata alla Primavera di Praga del 1968 – e che i suoi modi indiscutibilmente suadenti e affabili possano trarre in inganno molti, specialmente tra i «cattolici conservatori», inducendoli a creare un’immagine virtuale del Papa che però non sembra trovare conferma nella realtà. Il tempo intercorso tra il Nuntio vobis e la promulgazione della Missa votiva green ha fatto emergere una serie di pronunciamenti su vari temi, che ci mostrano un Leone totalmente organico all’ecclesiologia conciliare e sinodale, con la sola differenza rispetto al predecessore di avere un contegno più garbato.

 

Non dimentichiamo che all’epoca della psicopandemia monsignor Prevost non esitò a sostenere la narrazione vaccinista, a raccomandare l’uso delle mascherine, il distanziamento sociale e il rispetto delle inutili e dannose regole sanitarie dell’OMS. I suoi recenti appelli ad una «conversione green» ricorrono ad una terminologia teologica che trasforma un’antiscientifica teoria psico-ambientalista, intrisa di neo-malthusianesimo e di gnosticismo, in una ben più presentabile Religione della Natura, alla quale si inchina il capo della Chiesa di Roma, fondamentale testimonial del globalismo.

 

Ma se gli artefici dell’Agenda 2030 sono dichiaratamente nemici di Nostro Signore e della Sua Chiesa; se le loro false emergenze servono a legittimare false soluzioni che implicano lo sterminio di parte dell’umanità e la riduzione in schiavitù dei superstiti, come può un Papa – mi chiedo – non rendersi conto della enorme responsabilità morale che si assume nel ratificare il colpo di Stato del Nuovo Ordine Mondiale?

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Come giudicherà il tribunale della Storia – e quello infallibile di Cristo Re e Pontefice – questo tradimento del munus petrinum?

 

Leone si trova dinanzi a un bivio: scegliere la via larga e comoda del consenso del mondo e dei nemici di Cristo e perdere la propria anima assieme al Gregge affidatogli dal Signore; o scegliere la via stretta e irta della sequela Christi e del ritorno alla Tradizione, nella testimonianza eroica di Cristo, e Cristo Crocifisso (1Cor 2, 2).

 

È giunto il momento di chiudere una volta per tutte «l’esperienza conciliare», con i suoi terribili fallimenti e la devastazione su tutti i fronti. Ostinarsi su questa via di autodistruzione e di perdizione suicida significherebbe rendersi responsabili di una rovina annunciata, favorendola anziché denunciarla e combatterla con ogni mezzo.

 

Ricordiamo con fiducia le parole di Nostro Signore a Pietro: Io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando ti sarai ravveduto, conferma i tuoi fratelli (Lc 22, 32).

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Arte

Svelate le vetrate contemporanee per la Cattedrale di Notre-Dame

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Dopo due anni di polemiche, e nonostante la forte opposizione delle associazioni per la tutela del patrimonio, la sostituzione delle vetrate di Viollet-le-Duc, rimaste intatte dall’incendio che ha colpito la Cattedrale di Notre-Dame il 15 aprile 2019, con creazioni contemporanee sta prendendo forma: i modelli sono ora esposti.   La mostra D’un seul souffle è stata inaugurata il 10 dicembre 2025 nella Galleria 10.2 del Grand Palais (Parigi, VIII arrondissement). I visitatori possono scoprire i modelli a grandezza naturale, i bozzetti e altri lavori preparatori per le sei vetrate create da Claire Tabouret, vincitrice del concorso indetto dal ministero della Cultura.   Queste vetrate sono destinate a sostituire le creazioni ottocentesche di Viollet-le-Duc in sei cappelle della navata sud, vetrate progettate dall’architetto in linea con le origini gotiche della cattedrale. La petizione che ne richiede la conservazione spiega: «oltre alle vetrate narrative del deambulatorio, del coro e del transetto, le cappelle della navata presentano vetrate a grisaglia puramente decorative».   «Qui si manifesta una ricerca di unità architettonica e di gerarchia spaziale che è parte integrante della sua opera e che il restauro ha specificamente mirato a riscoprire. Inoltre, il progetto in corso ha incluso la pulizia e il consolidamento di tutte queste vetrate, vetrate che non sono state toccate né danneggiate dall’incendio e che sono classificate come monumenti storici, proprio come il resto dell’edificio».

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Una sostituzione fortemente controversa

La decisione di installare vetrate contemporanee nella Cattedrale di Notre-Dame è un’iniziativa personale di Emmanuel Macron, annunciata durante la sua visita al cantiere l’8 dicembre 2023 e sostenuta dall’arcivescovo di Parigi Laurent Ulrich. «Che vengano cambiate e che portino l’impronta del XXI secolo», dichiarò il Presidente all’epoca.   La sostituzione delle vetrate di Viollet-le-Duc, sopravvissute all’incendio del 2019, aveva scatenato un’accesa controversia. Nel luglio 2024, la Commissione Nazionale per il Patrimonio e l’Architettura ha respinto il progetto, sostenendo che la creazione artistica non dovrebbe sacrificare elementi del patrimonio di interesse pubblico.   La Tribune de l’Art ha lanciato una petizione che, ad oggi, ha raccolto quasi 300.000 firme. L’associazione Sites & Monuments ha presentato ricorso al Tribunale Amministrativo di Parigi per annullare o risolvere l’appalto pubblico. Il ricorso è stato respinto dal tribunale a fine novembre.

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Nel frattempo, lo Stato vuole trarre profitto dal restauro di Notre-Dame

Didier Rykner, il dinamico direttore de La Tribune de l’Art, che si oppone a questa sostituzione, ha appena pubblicato un editoriale in cui denuncia l’avidità dello Stato, che pretende fondi privati ​​per coprire spese che dovrebbero essere a suo carico.   Come sottolinea il giornalista, l’istituzione pubblica responsabile della conservazione e del restauro della Cattedrale di Notre-Dame non dovrebbe essere mantenuta. «Ora che le tracce dell’incendio sono scomparse, non vi è alcuna giustificazione per cui questa struttura, creata esclusivamente per questo restauro, continui a funzionare».   «Notre-Dame ha ora bisogno di restauro, ma questi lavori dovrebbero continuare, come di consueto, sotto la direzione del DRAC Île-de-France, ovvero il ministero della Cultura, senza bisogno di un’istituzione pubblica. Un’istituzione del genere, i cui costi di gestione sono considerevoli, non è più giustificata, a meno che non si decida di creare istituzioni pubbliche per il restauro di tutti i principali monumenti statali…»   Inoltre, permane un «surplus» di fondi privati ​​donati per il restauro della cattedrale più famosa del mondo, che sarà utilizzato per il restauro dell’abside e degli archi rampanti che la sostengono, e anche, a quanto pare, per la sacrestia, i tre grandi rosoni e le facciate nord e sud del transetto. Ma Philippe Jost, direttore dell’istituzione pubblica, chiede altri 140 milioni.   E Didier Rykner ha concluso: «non dobbiamo più dare un solo centesimo a Notre-Dame per sostituire uno Stato in rovina che si rifiuta di adempiere ai propri obblighi. Le cattedrali, come Notre-Dame, devono essere restaurate e mantenute dal loro proprietario, lo Stato. E l’istituzione pubblica, che ha fatto la sua parte e ora vuole deturpare la cattedrale rimuovendo le vetrate di Viollet-le-Duc, non ha più ragione di esistere. Deve essere chiusa».

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Il cardinale Zen risponde alle critiche del sacerdote cinese e avverte che la Chiesa potrebbe imitare il crollo anglicano

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Il cardinale Joseph Zen, 93enne vescovo emerito di Hong Kong, ha risposto a un articolo di un sacerdote cinese che accusava coloro che, come Zen, criticano l’ultima nomina episcopale nella Cina continentale di mostrare «stupidità», «malizia» o una «personalità distorta». Lo riporta LifeSite.

 

Nel suo articolo che celebrava il ritiro del vescovo Zhang Weizhu dalla diocesi di Xinxiang e la consacrazione del vescovo Li Jianlin, padre Han Qingping ha accusato Zen in termini appena velati: «se qualcuno, semplicemente perché la sceneggiatura non si sviluppa secondo le proprie aspettative, allora “nega o addirittura ricorre a dicerie e calunnie” (della bella scena sopra menzionata)… questa è puramente una manifestazione del fatto che “non è stupido” ma “malvagio” o “ha un disturbo della personalità”, proprio come un certo cardinale».

 

«Questo mi ha toccato nel profondo», ha risposto il cardinale Zen sul suo blog personale, pubblicato in lingua inglese su X. «Non ammetto di essere una “cattiva persona” o di avere un “disturbo della personalità”, ma sono davvero abbastanza “stupido” da “prenderla sul personale”».

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«Per sfogare il suo risentimento verso questo malvagio cardinale, padre Han improvvisamente devia dall’argomento nel paragrafo finale per parlare del cosiddetto sinodo sulla “sinodalità”», ha osservato Sua Eminenza.

 

«Ciò che ho definito “comportamento suicida della Chiesa” non si riferisce all’intero cosiddetto sinodo, né all’intera questione della “sinodalità”; si riferisce solo all”attuazione della cosiddetta fase esecutiva del Sinodo basata sul cosiddetto Documento conclusivo”», ha spiegato il porporato.

 

Il cardinale Zen ha affermato che l’attuazione del documento finale rischia di creare disunità nella Chiesa.

 

«Sia il segretario generale del sinodo che il suo relatore ammettono che diverse diocesi possono avere interpretazioni molto diverse di quel documento (da un sostegno entusiastico a una forte opposizione); secondo queste diverse interpretazioni, diverse regioni avranno “prove” diverse», ha scritto il principe di Santa Romana Chiesa.

 

«In definitiva, la nostra Chiesa non ha forse accettato lo stesso tipo di ‘diversità’ della Comunione anglicana?», ha chiesto il cardinale, avvertendo che la Chiesa cattolica romana potrebbe presto trovarsi ad affrontare un futuro disastroso simile: «di conseguenza, la Chiesa d’Inghilterra conserva solo circa il 10% dei credenti anglicani del mondo; il restante ottanta percento si è separato per formare la Global Anglican Future Conference, non accettando più la guida spirituale dell’arcivescovo di Canterbury!»

 

Papa Francesco si è lasciato alle spalle «caos e divisione», aveva scritto il porporato di Hong Kongo in un post sul blog di novembre. «La nostra più grande speranza è che papa Leone unisca la Chiesa sul fondamento della verità, radunandoci tutti nella missione dell’evangelizzazione. Dobbiamo offrire le nostre preghiere e i nostri sacrifici per papa Leone».

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Il cardinale Zen non ha esitato a condividere le sue preoccupazioni sul processo sinodale. Dopo la morte di Francesco, Sua Eminenza aveva avvertito gli elettori prima del conclave che la Chiesa si trova ad affrontare una «questione di vita o di morte» mentre si confronta con esso. In un commento pubblicato nel febbraio 2024, Sua Eminenza aveva affermato di sperare che «questo Sinodo sulla “sinodalità” possa concludersi con successo».

 

Per molti anni, lo Zen ha rimproverato il Vaticano per la sua indulgenza nei confronti del Partito Comunista Cinese in merito alla nomina dei vescovi. Allo stesso tempo, ha concluso il suo post sottolineando la sua devozione alla Cattedra di San Pietro.

 

«La mia critica a certe azioni papali nasce proprio dalla mia profonda riverenza per il Papa», ha affermato, citando diversi versetti del Vangelo, tra cui Matteo 14 e Luca 22, che fanno riferimento al momento in cui San Pietro – che non era ancora papa – dubitò di Nostro Signore mentre camminava sulle acque e quando Cristo gli disse che lo avrebbe rinnegato tre volte, rispettivamente.

 

A ottobre, il cardinale Zen ha denunciato il pellegrinaggio LGBT all’interno della Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era a conoscenza di questo evento in anticipo, ma non ha emesso alcuna condanna in seguito. Lo troviamo davvero incomprensibile!», ha esclamato, chiedendo che venissero compiuti sacrifici di preghiera e digiuno.

 

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L’arcivescovo Gänswein esorta papa Leone a porre fine alle restrizioni sulle messe in latino

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L’arcivescovo Georg Gänswein, nunzio apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia, in un’intervista rilasciata lo scorso fine settimana ha auspicato che papa Leone XIV rimuova le restrizioni sulla Messa tradizionale e ripristini le disposizioni del motu proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI, in quanto avevano favorito l’unità nella Chiesa. Lo riporta LifeSite.   Nel corso dell’intervista trasmessa il 7 dicembre dalla rete televisiva cattolica tedesca Katholisches Fernsehen (K-TV), monsignor Gänswein ha osservato che la Messa tridentina, che per secoli ha alimentato la fede della Chiesa, non può d’un tratto essere considerata invalida o priva di valore. Si è quindi interrogato sulle ragioni che hanno portato papa Francesco a emanare Traditionis Custodes, quando la maggior parte dei vescovi si dichiarava soddisfatta del motu proprio Summorum Pontificum del suo predecessore.   L’ex segretario personale di papa Benedetto XVI ha poi ribadito che Summorum Pontificum rappresentava la via corretta per promuovere la pace liturgica nel rito romano e ha espresso la speranza che papa Leone ne ripristini l’applicazione.   Gänswein è l’ultimo tra i prelati a manifestare l’auspicio che il motu proprio di papa Francesco del 2021 venga revocato, in favore di un ritorno al Summorum Pontificum.  

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È proprio la Messa tradizionale che «ha permesso alla Chiesa non solo di vivere, ma di vivere bene per secoli, e il sacro da essa e da essa nutrito», ha affermato il prelato tedesco. «Non può essere che fosse valido e prezioso ieri e poi non lo sia più domani. Quindi questa è una situazione innaturale».   Monsignor Gänswein, che sembra citare il rapporto della giornalista vaticana Diane Montagna, pubblicato durante l’estate, sui risultati complessivi del sondaggio del 2020 sui vescovi condotto dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), che si ritiene abbia spinto Papa Francesco a promulgare la Traditionis Custodes, ha sottolineato che la stragrande maggioranza dei vescovi era in definitiva soddisfatta dell’attuazione della Summorum Pontificum.   «I risultati non sono mai stati pubblicati ufficialmente, ma, naturalmente, la gente ne è a conoscenza, e il risultato finale è stato che è stata raggiunta la soddisfazione», ha detto il nunzio. Il Summorum Pontificum è stato visto come «una via verso la pace, soprattutto nella liturgia, il luogo importante della vita religiosa, e non dovrebbero esserci cambiamenti».   «Il motivo per cui papa Francesco (abbia imposto queste restrizioni) è e rimane per me un mistero», ha aggiunto.   Alla domanda su cosa vorrebbe vedere nel futuro della Messa tridentina, monsignor Gänswein ha risposto che papa Leone dovrebbe ripristinare il Summorum Pontificum, che consentirà l’unità nel rito romano.   «Considero la saggia disposizione di papa Benedetto» del Summorum Pontificum «la strada giusta, e lo è ormai da oltre 10 anni, e dovremmo continuare su questa strada senza lamentele, senza restrizioni», ha affermato. «Posso solo sperare che anche papa Leone si muova in questa direzione e continui semplicemente la pacificazione, così che possiamo poi semplicemente guardare avanti alla collaborazione».   Infatti, dall’elezione di Papa Leone a maggio, diversi prelati hanno esortato il nuovo pontefice a porre fine alle ampie restrizioni alla celebrazione della Messa vetus ordo e a tornare alle norme stabilite dal Summorum Pontificum.

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A giugno, il cardinale Raimondo Leone Burke, che pochi mesi dopo celebrò una messa in latino nella Basilica di San Pietro per il pellegrinaggio annuale Summorum Pontificum, affermò di aver già parlato con papa Leone della persecuzione dei fedeli che partecipano alla messa in latino:   «Spero che Leone XIV ponga fine all’attuale persecuzione contro i fedeli nella Chiesa che desiderano adorare Dio secondo l’uso più antico del Rito Romano, questa persecuzione dall’interno della Chiesa».   «Ho già avuto occasione di esprimerlo al Santo Padre. Spero che egli – appena possibile – riprenda lo studio di questa questione e cerchi di ripristinare la situazione esistente dopo il Summorum Pontificum e persino di sviluppare ciò che Papa Benedetto XVI aveva così saggiamente e amorevolmente legiferato per la Chiesa».   Il cardinale Robert Sarah, durante un’intervista di ottobre, ha rivelato di aver avuto anche lui l’opportunità di parlare con papa Leone riguardo alla fine delle restrizioni imposte alla Messa in latino durante un’udienza privata di settembre. Il cardinale Kurt Koch, recentemente nominato presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre da Papa Leone, ha dichiarato ad agosto che è «auspicabile» che il 267° pontefice ponga fine alle restrizioni alla Messa in latino e torni al Summorum Pontificum.   «Personalmente, apprezzerei molto se potessimo trovare una buona soluzione», ha detto il prelato svizzero. «Papa Benedetto XVI ha mostrato un modo utile di procedere, credendo che qualcosa che è stato praticato per secoli non possa essere semplicemente proibito. Questo mi ha convinto».   «Papa Francesco ha scelto una strada molto restrittiva in questo senso. Sarebbe certamente auspicabile che la porta ora chiusa tornasse ad aprirsi di più», ha aggiunto il cardinale Koch.

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