Nucleare
«Ricetta per l’immolazione nucleare». Robert Kennedy jr. diche che Biden sta portando gli USA alla guerra atomica

La politica aggressiva dell’amministrazione del presidente statunitense Joe Biden nei confronti della Russia e i suoi continui tentativi di infliggere una sconfitta a Mosca in Ucraina potrebbero sfociare in un conflitto nucleare, ha affermato l’ex candidato presidenziale indipendente Robert F. Kennedy Jr.
I commenti sono stati fatti in seguito a un dibattito tra il candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump e la sua rivale democratica, Kamala Harris, che ha avuto luogo a Philadelphia martedì sera. Durante una discussione sul conflitto in Ucraina, Trump ha osservato che il presidente russo Vladimir Putin «ha una cosa che gli altri non hanno. Ha armi nucleari. Non ne parlano mai. E alla fine forse le userà. Forse non è stato così minaccioso. Ma ce l’ha».
«Trump solleva un punto che spero tutti ascoltino: la Russia ha armi nucleari» ha scritto RFK jr. su X. «La politica di massimo scontro dell’amministrazione Biden, volta a ottenere una sconfitta umiliante e un cambio di regime per la Russia, è la ricetta per l’immolazione nucleare», ha avvertito.
Trump makes a point that I hope everyone hears: Russia has nuclear weapons. The Biden administration’s policy of maximum confrontation, seeking Russia’s humiliating defeat and regime change, is a recipe for nuclear immolation. #Debate2024
— Robert F. Kennedy Jr (@RobertKennedyJr) September 11, 2024
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Kennedy ha sospeso la sua campagna presidenziale il mese scorso e ha sostenuto Trump.
Un messaggio appuntato sulla sua pagina X, pubblicato martedì, recita: «In conclusione: non importa in quale Stato vivi, vota Trump. Una vittoria di Trump è una vittoria di Kennedy».
Bottom line: No matter what state you live in, VOTE TRUMP. A Trump victory is a Kennedy victory. pic.twitter.com/GBn2p2RLnX
— Robert F. Kennedy Jr (@RobertKennedyJr) September 10, 2024
Come riportato da Renovatio 21, in varie occasioni il presidente Trump ha dichiarato, e dimostrato, di considerare con profonda gravità il tema delle armi atomiche.
In un’intervista con Tucker Carlson Trump disse che il primo problema del mondo sono le armi atomiche addirittura la parola «nucleare» è tabù in certi circoli, e di essere stato educato sul pericolo esiziale per la civiltà degli ordigni dell’atomo dallo zio scienziato del MIT, il fisico, inventore ed ingegnere elettrico John George Trump (1907-1985), collaboratore del fisico Robert J. Van de Graaf (1901-1967) nella realizzazione del primo generatore a raggi X da un milione di Volt.
«Potresti distruggere New York con una valigetta» gli diceva, e lui racconta di non poter credere al parente scienziato.
«Il più grande problema che abbiamo nel mondo non è il global warming, è il nuclear warming» avverte l’ex presidente.
«Quando ascolto le persone parlare del riscaldamento globale, l’oceano si innalzerà di 1/8 di pollice nei prossimi 300 anni e parlano di come questo sia il nostro problema. Il nostro grosso problema è il riscaldamento nucleare ma nessuno ne parla nemmeno»
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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0
Nucleare
Il Niger toglie sai francesi la miniera di uranio

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Nucleare
Energia nucleare, la Cina sta superando gli USA?

Gli Stati Uniti hanno quasi il doppio dei reattori nucleari e almeno cinque volte il numero di centri elaborazione dati per l’intelligenza artificiale di cui dispone attualmente la Cina. Lo riporta Epoch Times.
Tuttavia, mentre negli Stati Uniti sono state costruite solo due nuove centrali nucleari in questo secolo, la Cina ne ha costruite quasi 40 e, come ha dichiarato a maggio il vicepresidente dell’Autorità cinese per l’energia atomica, Wang Yiren, alla China Nuclear Energy Association, il Partito comunista cinese (PCC) «mira a superare gli Stati Uniti in termini di capacità nucleare installata entro il 2030».
Il rapido sviluppo dell’energia nucleare da parte della Cina per alimentare l’Intelligenza Artificiale (IA) ha innescato un momento Sputnik» tra i progettisti e gli operatori dei reattori degli Stati Uniti, ha affermato Pat Schweiger, direttore tecnico di Oklo.
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«La leadership dell’intelligenza artificiale è una sfida a livello di civiltà e ci troviamo di fronte all’imperativo geopolitico di raggiungere la supremazia dell’intelligenza artificiale», ha affermato Schweiger nella sua testimonianza durante un’udienza del 12 giugno davanti alla sottocommissione per l’energia della Commissione per la scienza, lo spazio e la tecnologia della Camera.
Gli Stati Uniti sono il maggiore produttore e consumatore di energia nucleare al mondo, con 94 reattori nucleari distribuiti in 55 centrali elettriche.
L’Energy Information Administration statunitense calcola che nel 2023 gli impianti hanno generato il 18,6% della loro energia elettrica. Tuttavia, la maggior parte è stata costruita tra il 1970 e il 1990 e in media è in servizio da oltre 40 anni. L’unico nuovo reattore entrato in funzione negli Stati Uniti dal 2016 è il quarto reattore di Vogtle in Georgia, con un budget superiore di 16 miliardi di dollari e un ritardo di sei anni.
Secondo la World Nuclear Association, la Cina ha 58 reattori operativi e 32 in costruzione, di cui 10 la cui entrata in funzione è prevista per il 2025.
Nel corso di una tavola rotonda tenutasi l’11 marzo al CERAWeek di S&P Global a Houston, sei leader e accademici cinesi del settore energetico hanno affermato che il leader del PCC Xi Jinping ha reso lo sviluppo dell’energia nucleare un elemento chiave per raggiungere l’impegno del 2020 di «raggiungere il picco delle emissioni di anidride carbonica» dai combustibili fossili «prima del 2030» e «raggiungere la neutralità carbonica prima del 2060».
Tra energia solare, eolica, idroelettrica, biomassa e nucleare (dal 2020 la Cina ha costruito almeno cinque nuove centrali nucleari all’anno, portando la sua flotta a 58 e contribuendo per quasi il 6% al suo mix energetico), il 35% dell’energia cinese proviene da fonti rinnovabili, secondo la United States Energy Information Administration (EIA) ed Ember, una società globale di analisi energetica.
«La Cina si sta decisamente muovendo rapidamente», ha detto Schweiger. «Ha infrastrutture e capacità produttive che hanno accelerato la sua capacità di operare. Attualmente, è sulla buona strada per costruire reattori in circa 52 mesi, quindi poco più di quattro anni».
Secondo le attuali normative emanate dalla Commissione per la regolamentazione nucleare degli Stati Uniti, negli Stati Uniti ci vogliono dai 10 ai 12 anni solo per ottenere la licenza e l’autorizzazione per un nuovo reattore nucleare.
Gli ordini esecutivi di maggio del presidente Donald Trump, volti a «rinvigorire» l’industria nucleare degli Stati Uniti, invitano il Congresso a ridurre tali tempi, in particolare per le oltre 60 tecnologie di reattori emergenti, come i piccoli reattori nucleari «plug-in», i reattori raffreddati al sodio, i reattori a «fissione veloce» e i reattori a fusione.
La matrice di norme federali della Nuclear Regulatory Commission, vecchia di 70 anni, rappresenta un «onere irragionevole per gli sviluppatori di microreattori», ostacolando l’implementazione nazionale di tecnologie sperimentate negli Stati Uniti ma esportate altrove, ha sostenuto Last Energy, con sede a Washington, in una causa intentata contro la commissione nel dicembre 2024.
Il principale beneficiario di questa «esportazione di innovazione», continua Epoch Times è la Cina, che sta incorporando e sviluppando queste tecnologie emergenti nella sua flotta di reattori in rapida espansione, sfruttando tecnologie ancora inesplorate sviluppate negli Stati Uniti.
La Cina è oggi leader mondiale nello sviluppo della tecnologia della fusione, spesso definita il «Santo Graal dell’energia del XXI secolo», come scrive l’economista e analista sinologo Antonio Graceffo in una rubrica del 31 marzo su Epoch Times.
«La Cina ha assunto un ruolo guida nei brevetti legati alla fusione, produce un numero di dottori di ricerca in scienze della fusione 10 volte superiore a quello degli Stati Uniti e si sta assicurando in modo aggressivo materiali critici come magneti superconduttori, metalli specializzati e semiconduttori. L’approccio aggressivo della Cina prevede la costruzione rapida di reattori e progetti sperimentali che potrebbero non essere praticabili secondo le normative statunitensi» scrive Graceffo.
Ad aprile, Interesting Engineering, un sito di notizie con sede a New York e Istanbul che si occupa delle “ultime scoperte scientifiche”, ha riferito che la Cina stava costruendo il primo reattore al torio funzionante al mondo. Se il reattore si dimostrasse commercialmente valido, sarebbe il primo a non essere alimentato a uranio. Il torio è meno radioattivo e i suoi rifiuti sono più facili da smaltire.
Come riportato da Renovatio 21, a marzo la Cina ha dichiarato che costruirà un reattore a fusione-fissione entro il 2030.
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Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa scienziati cinesi avevano introdotto un nuovo dispositivo di prova per la produzione di fusione.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina sta portando avanti le ricerche sulla fusione da anni. La Cina ha accelerato con i suoi studi per la fusione dopo che negli scorsi anni un team di scienziati cinesi aveva affermato di aver trovato un metodo nuovo e più conveniente per il processo.
Una volta scoperto un processo stabile per ottenere la fusione, potrebbe entrare in giuoco l’Elio-3, una sostanza contenuta in grande abbondanza sulla Luna, dove la Cina, come noto, sta operando diverse missioni spaziali di successo. Da qui potrebbe svilupparsi definitivamente il ramo cosmico dello scacchiere internazionale, la geopolitica spaziale che qualcuno già chiama «astropolitica», e già si prospetta come un possibile teatro di guerra
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Nucleare
Mosca: Israele rischia la «catastrofe nucleare»

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