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Renovatio 21 recensisce «Songbird», il primo film pandemico

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Songbird è considerabile come il promo film che Hollywood ha prodotto sulla pandemia e durante la pandemia.

 

Il film, ambientato in una Los Angeles del 2024 ancora sconvolta dal COVID e dalle sue mutazioni, era stato annunciato a maggio 2020, con gli sceneggiatori Adam Mason e Simon Boyes che hanno avuto l’idea a marzo, poco dopo che la pandemia aveva interrotto tutta la produzione cinematografica. Il cast si è unito a giugno e le riprese si sono svolte a Los Angeles nei mesi di luglio e agosto. È stato il primo film ad avere una produzione dopo il lockdown. Molti attori sono stati preparati quando ancora erano chiusi in casa.

Il film è ambientato in una Los Angeles del 2024 ancora sconvolta dal COVID e dalle sue mutazioni

 

Il cast conta illustri sconosciuti, come i protagonisti e i loro alleati, e qualche nome noto, dalla consumata Demi Moore alla bellissima Alexandra D’Addario, più l’ubiquo, insuperabile character actor svedese Peter Stormare.

 

A produrre c’è il mago dei film fracassoni Michael Bay, il quale, nella vita, ha azzeccato anche dei film come The Island – quello sì profetico riguardo ai trapianti e pure alle pandemie immaginarie per il controllo sociale. Altre volte Bay si è schierato con l’establishment americano profondo, come con il film 11 hours, che in pratica è un kolossal che discolpa il Dipartimento di Stato ed anche la CIA dall’impalamento dell’ambasciatore in Libia Stevens a Bengasi (2011), ma anche con il superkolossal Transformers, che fu prodotto con una grande mano da parte dell’esercito USA.

La società è collassata, tra campi di concentramento bestiali, ma Amazon pare funzionare ancora – i ricchi comprano ancora prodotti e in realtà trafficano anche falsi certificati di immunità biologica per uscire di casa. Ogni persona è tenuta a scannerizzarsi lo stato di salute ogni giorno con il telefonino, e in caso di possibile malattia, la polizia pandemica piomba in casa e deporta il malato con estrema violenza

 

La pellicola è stato distribuita tramite video premium on demand l’11 dicembre 2020 da STX Films. I critici hanno bastonato, anche se Peter Stormare, il cattivone psicopatico del film, ha ricevuto molte lodi.

 

La trama: un fattorino immune al virus , tra i pochi in grado di girare liberamente in una Los Angeles deserta e militarizzata grazie ad un braccialetto giallo, vive una storia d’amore con una ragazza latina, ma non si sono mai visti di persona, perché lei come tutti vive barricata in casa e non può aprire la porta per nessun motivo.

 

 

La società è collassata, tra campi di concentramento bestiali, ma Amazon pare funzionare ancora – i ricchi comprano ancora prodotti e in realtà trafficano anche falsi certificati di immunità biologica per uscire di casa. Ogni persona è tenuta a scannerizzarsi lo stato di salute ogni giorno con il telefonino, e in caso di possibile malattia, la polizia pandemica piomba in casa e deporta il malato con estrema violenza.

 

I problemi della coppia virtuale iniziano quando la nonna della protagonista, che vive con lei, si sente male. I Giulietta e Romeo pandemici dovranno riuscire a districarsi dai tentacoli delle forze dell’ordine sadiche e corrotte, tra tentativi di frode sanitaria e fughe in moto.

 

Spero non sia un segreto per nessuno il fatto che Hollywood, più o meno da sempre, segua precise linee politiche dettate dal centrale del potere americano. Abbiamo citato il caso del produttore di questa pellicola, Michael Bay, ma l’influenza dello Stato profondo sull’industria del cinema – che era, fino a pochi anni fa, la seconda più grande voce produttiva per l’export del Paese, dopo quella degli aerei e degli armamenti – risale di decenni ed è stata in grado di plasmare lo zeitgeist di intere annate.

Hollywood, più o meno da sempre, segue precise linee politiche dettate dal centrale del potere americano

 

Ora, l’ordine che vuol passare questo film pare perfettamente allineato con la narrativa dell’establishment: la pandemia è un fatto incontrovertibile, la mancanza di contatto umano va rispettato da tutti – perfino dalle persone che godono di immunità al virus. L’economia ridotta a delivery di prodotti direttamente in casa (cioè, il mondo secondo Amazon) è qualcosa di buono e perfino divertente, come sottolinea la figura del datore di lavoro del rider protagonista: invece che Jeff Bezos, il padrone è un simpatico nero che il pubblico deve amare anche quando risulta che spia i suoi dipendenti tramite geolocalizzazione.

 

Non solo. La reclusione totale in casa – di per sé già un tratto di irrealismo che neanche la fantascienza: come possiamo credere ad un mondo dove nessuno mette più un piede fuori di casa – non è contestata da nessuno, nemmeno dai protagonisti che vorrebbero vivere liberi il loro amore. La vita di clausura è una virtù che il cinema merita di celebrare.

 

La vita di clausura è una virtù che il cinema merita di celebrare

Di più: quando si scopre che un personaggio è immune, si capisce che questo mondo ultrapandemico non ha esami per provare l’immunità (che, quindi, come si stabilisce?) ma la cosa non turba la gente: scopri di non poter prendere il virus dopo che sei stato 4 anni recluso in casa, ma mica ti arrabbi. Devi accettare la realtà per quello che è: devi accettare la clausura, devi accettare che potrai uscire solo quando sarei provato «immune».

 

Anche l’esistenza di ghetti, anzi, di campo di concentramento urbani dove vengono gettati i malati dove le condizioni di vita sono definite «barbariche» non turba i protagonisti, gli sceneggiatori, e in teoria nemmeno gli spettatori: il film non è la storia della rivolta contro questa ingiustizia, lo scopo degli eroi è quello di evitare di esservi messi dentro. Immaginate il ghetto di Varsavia, visto in tanti film (per esempio, Il Pianista di Polanski) ma senza possibilità di rivolta, perché in fondo il ghetto è una cosa giusta, perché l’epidemia è reale.

Nella nuova era di Hollywood, l’eroe non serve la collettività, ma deve solo sperare di portare a casa la pelle e un briciolo di libertà – guardata a vista da un braccialetto elettronico giallo – magari insieme alla propria morosa. Punto.

 

Se immaginavate che la storia potesse avere il respiro di tante narrazioni americane – in cui eroi microscopici riescono però a produrre cambiamenti di cui può godere l’intera umanità –vi sbagliate: nessuno qui libera il ghetto, né dimostrando l’irrealtà della pandemia, né combattendo il malvagio Stato di polizia biototalitaria installatosi, né distribuendo a tutti un vaccino miracoloso.

 

No, nella nuova era di Hollywood, l’eroe non serve la collettività, ma deve solo sperare di portare a casa la pelle e un briciolo di libertà – guardata a vista da un braccialetto elettronico giallo – magari insieme alla propria morosa. Punto.

 

Il COVID è reale, dice il film, le sue varianti (che gli sceneggiatori avevano predetto prima che fossero tema pubblico: in particolare, scrivono di varianti che attaccano il cervello e uccidono in poche ore) lo sono ancora di più. Inutile tentare di cambiare il sistema: pensate a salvarvi obbedendo al Nuovo Ordine antiumano che ancora vi passa qualche pacchetto via corriere.

 

Questo è la nuova Hollywood: individualista, utilitarista, disperata, sottomessa al Grande Reset. Questo è il Nuovo Ordine Mondiale distribuito anche nella morale dei filmetti

Per quanto lo riteniate ingiusto, e controllato da persone orrende, accettate il sistema. Magari vi lasceremo vivere con la vostra fidanzata.

 

Questo è la nuova Hollywood: individualista, utilitarista, disperata, sottomessa al Grande Reset. Questo è il Nuovo Ordine Mondiale distribuito anche nella morale dei filmetti.

 

 

 

 

 

Immagine dalla locandina pubblicata sotto licenza Fair Use

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Nuova serie gay sui militari americani: il Pentagono contro Netflix

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Il Pentagono ha accusato Netflix di produrre «spazzatura woke» per una sua nuova serie incentrata su un marine gay. La serie ha debuttato durante la campagna del presidente Donald Trump e del Segretario alla Guerra Pete Hegseth per eliminare la «cultura woke» dall’esercito.

 

Kingsley Wilson, portavoce del dipartimento della Guerra, ha dichiarato a Entertainment Weekly che il Pentagono non appoggia «l’agenda ideologica» di Netflix. L’esercito americano «non scenderà a compromessi sui nostri standard, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini», ha detto Kingsley, sottolineando che il Pentagono si concentra sul «ripristino dell’etica del guerriero».

 

«I nostri standard generali sono elitari, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale», ha aggiunto la portavoce.

 

Lo Hegseth ha introdotto nuovi requisiti fisici «di livello maschile» per affrontare situazioni di «vita o morte» in battaglia, affermando: «Gli standard devono essere uniformi, neutri rispetto al genere ed elevati. Altrimenti, non sono standard» criticando approcci alternativi che «fanno uccidere i nostri figli e le nostre figlie». A febbraio, il Segretario alla Guerra ha definito il motto «la diversità è la nostra forza» come il «più stupido» nella storia militare.

 

Il Pentagono lotta da anni con carenze di reclutamento, registrando nel 2023 un deficit di 15.000 unità, il peggiore dalla fine della leva obbligatoria nel 1973. I repubblicani attribuiscono il problema all’eccessiva enfasi sulla diversità a scapito della preparazione militare, come evidenziato da un rapporto del 2021 che criticava la Marina per aver prioritizzato la «consapevolezza» rispetto alla vittoria in guerra.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

 

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Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA

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La I.R.S. Records venne fondata nel 1979 da Miles Copeland III. L’etichetta produsse alcuni tra i più rappresentativi artisti musicali degli anni Ottanta. L’influenza che esercitò nel punk inglese e nella new wave fu fondamentale producendo prodigi come i Police, i R.E.M., i Dead Kennedys. Il logo della casa discografica statunitense ritraeva un uomo in primo piano con un cappello anni ’50 stilizzato in bianco e nero e chiamato spy guy   Un altro fratello Copeland, Ian (1949-2006), fondò la Frontier Booking International, in acronimo F.B.I., una agenzia di talenti specializzata nella musica e che rappresentò tra gli altri anche i R.E.M., Jane’s Addiction, Snoop Dog, Sting.    Il terzo fratello Copeland, Steward invece era il batterista dei Police e quindi proprio di Sting. Entrato di diritto nella Rock and Roll Hall of Fame come membro dei Police, venne aggiunto anche nella Modern Drummer Hall of Fame e nella Classic Drummer Hall of Fame. Ha avuto poi una carriera come compositore di colonne sonore per il cinema, musicando pellicole rimaste nella storia come il capolavoro di Francis Ford Coppola Rusty il selvaggio (1983), Wall Street (1987) e Talk Radio (1988) di Oliver Stone, Riff-Raff (1991) e Piovono pietre (1993) di Ken Loach e pure il videogioco Alone in the Dark.

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Se i tre fratelli denotano una esagerata presenza di talento scorrere nelle loro vene quello che sorprende ancora di più è la fonte da cui questi tre fenomeni derivano. Il loro padre, di nome Miles Copeland, fu uno dei fondatori della CIA nonché musicista e personaggio eccezionale nel panorama politico dalla Seconda Guerra Mondiale in avanti.    Prima della guerra, ancora in Alabama provò a seguire le orme del padre iscrivendosi alla locale università con l’intenzione di diventare medico. Folgorato dal jazz, invece, comprò una tromba e si diede totalmente allo swing. Nel giro di poco si ritrovò a suonare e comporre con giganti come Glenn Miller, Benny Goodman, Buddy Rich, racconta lo storico John Simkin in un suo articolo.   Arrivò però Pearl Harbour e la direzione della sua vita cambiò completamente. Entrò a far parte dell’ufficio finanziario della guardia nazionale. Racconta proprio il sito della CIA che un giorno gli venne chiesto di ripetere un test d’intelligenza perché, dal risultato ottenuto, erano tutti convinti che avesse utilizzato un trucco. Una volta ripetuto guadagnò un risultato se possibile ancora maggiore.    L’esito del test attirò l’attenzione del generale William «Wild Bill» Donovan, direttore di una nuova agenzia chiamata Office of Strategic Service (OSS), la prima agenzia americana che fungeva da servizio segreto. Donovan, che stava formando la base della nuova agenzia, era sempre alla ricerca dei migliori prospetti e con le migliori connessioni. Miles aveva senza dubbio colpito il generale anche per quello che il figlio Stewart chiamava il gift of gab, il dono della chiacchiera. Era un abile oratore e una persona di grande spirito per cui creare empatia non era mai stato un problema.   Amava giocare, si considerava un giocatore, prendeva parte con entusiasmo alle simulazioni di guerra. Nel dopo guerra creò un gioco da tavola cult basato sul suo fondamentale libro, pieno di rivelazioni, Games of Nation, anche questo diventato introvabile oggetto di culto.   Mentre era Londra Copeland divenne amico di Boris Pash, capo della sicurezza del Manhattan Project e anche di Ernest Hemingway. Venne assegnato a dirigere la scuola di controspionaggio, la Corps of Intelligence Police, che divenne nel 1942 la Counterintelligence Corps, CIC, partecipazione che gli valse la Legione di Merito. Copeland partecipò attraverso la CIC all’operazione Overlord, lo sbarco in Normandia ed era parte della BIGOT list, acronimo per British Invasion of German Occupied Territory, un ristrettissimo gruppo di persone con un passato inattaccabile e degne di ottenere i documenti più protetti e riservati.    La CIC, oltre ad impegnarsi nel più famoso Manhattan Project si occupò anche di altri progetti di spicco per l’epoca. Uno di questi, la missione ALSOS, diretta da Boris Pash, era il tentativo da parte degli alleati di raccogliere quante più informazioni possibili sugli sviluppi scientifici nazisti in ambito nucleare; quindi l’operazione Paperclip che cooptò oltre 1600 scienziati, ingegneri e tecnici vari dalla Germania nazista per reinserirli in ambito per lo più scientifico militare statunitense; l’operazione TICOM che aveva come scopo l’impadronirsi di risorse riguardanti la crittografia e le ultime vette della ricerca scientifica sulle telecomunicazioni, ambito in cui i tedeschi eccellevano. Alla fine della guerra Copeland venne anche incaricato di redigere la cronaca del controspionaggio del periodo appena trascorso, intervistando decine di spie e scienziati nazisti.    In seguito alla trasformazione dell’OSS in CIA, Copeland partecipò alla messa a punto del progetto fino alla sua realizzazione nel 1947, anno di nascita della più grande agenzia spionistica americana. Dopodiché ottenne la gestione dell’ufficio dell’agenzia a Damasco in Siria e divenne l’uomo in Medio Oriente per i servizi statunitensi. Nel marzo del 1949 supportò il colpo di stato in Siria in cui venne deposto il governo legalmente eletto in favore del potere militare. Nel 1953 prese parte all’operazione Ajax incaricata di destituire il primo ministro iraniano, Mohammed Mossadegh, reintegrando Reza Pahlavi, assicurando così l’accesso statunitense al petrolio iraniano e contemporaneamente istituendo un avamposto del primo mondo contro i sovietici.    Fluente in almeno dieci lingue, divenne amico personale del presidente egiziano Nasser. Nonostante il cammino tra USA e Egitto avesse preso due strade differenti e i servizi americani avessero preso in considerazione operazioni estreme verso il presidente africano Copeland rimase genuinamente al suo fianco e un ammiratore dell’opera politica di Nasser.    Mantenne ufficialmente questo ruolo per dieci anni costruendo la posizione dell’Intelligence americana nel territorio attraverso il reclutamento di agenti in loco e la costruzione delle reti informative necessarie.

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In seguito, dopo aver rassegnato le dimissioni perché in totale disaccordo con le politiche di Eisenhower, continuò a lavorare privatamente nel solco dell’Intelligence a stelle e strisce fino agli anni Settanta quando si distaccò completamente dando vita a una nuova carriera di autore. I vari articoli e libri che scrisse ottennero un notevole successo ma ebbero anche la conseguenza di esacerbare definitivamente i rapporti con l’agenzia governativa. Nel 1988, scrisse un articolo «Spooks for Bush» in cui dichiarò il totale supporto del mondo dell’Intelligence verso la candidatura di G. W. Bush all’elezione come presidente del 1994.   E. Micheal Burke, ex ufficiale OSS, CIA, e in seguito con una importante carriera nel mondo dello spettacolo, scrisse nell’agosto 1974 una recensione su uno dei suoi testi più famosi Without cloak or dagger (1974). Copeland nel suo libro descriveva la CIA come il demonio di cui ignoriamo l’esistenza, gestita da una cricca di vecchi commilitoni abbastanza potenti da buttare giù un direttore non particolarmente apprezzato come James Schlesinger.   La CIA è un organo interno più potente dei vari governi succedutosi sullo sfondo che ha come grande dilemma trovare il modo per restare potenti, anonimi, silenziosi ma allo stesso vincere la confidenza del pubblico. Come scrive Copeland nel libro: «conosciamo il nemico, sappiamo come gestirlo, siamo incorruttibili. Anche se non ci conoscete, potete implicitamente fidarvi di noi».   Marco Dolcetta Capuzzo  

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Amazon Prime Video rimuove tutte le armi e le Bond Girls dai poster dei film di 007. Poi ci ripensa

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La piattaforma streaming di Amazon Prime Video ha recentemente rimosso tutte le armi e le Bond girl dalle locandine dei film di James Bond. Poi nelle ultime ore, sembra aver ripristinato la versione originale.

 

L’amata serie di pellicole di spionaggio 007, dove le pistole giuocavano un ruolo grafico sin dalle locandine, si trova ancora sotto il tallone della cultura woke, e quindi della censura e dell’orwelliana cancellazione della storia.

 

È ridicolo, e antistorico, vedere il comandante Bond a braccia conserte senza la sua arma (che è variata, dagli anni, da una Walther PPK a una Beretta forse di modello 418 o 950) impugnata disinvoltamente – un elemento che è parte fondamentale dello stesso personaggio, elegante e pericoloso, come il mondo in cui la spy-story promette di immergere lo spettatore.

 

 

 

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In particolare, tutte le armi sembravano essere state rimosse da immagini già note, tra cui un ritratto di Sean Connery con una pistola Walther PPK tra le braccia incrociate, utilizzato come foto pubblicitaria per la pellicola Dr. No e ora esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un poster teaser ampiamente visto per il film Spectre con Daniel Craig è stato apparentemente modificato per eliminare la pistola che tiene al fianco (sebbene la fondina ascellare indossata da Craig sia ancora visibile).

 

Un ritocco simile sembrava essere stato effettuato su un’immagine pubblicitaria di Roger Moore in Agente 007 Vivi e lascia morire, in cui Moore impugna una .44 Magnum, un allontanamento dalla tradizione di Bond di pistole relativamente piccole.

 

Le immagini modificate digitalmente dei poster originali dei film sono un insulto agli artisti che le hanno create e ai fan che le hanno guardate negli ultimi 63 anni – oltre che all’idea stessa che sta alla base del racconto di James Bond.

 

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L’establishment progressista cerca di cancellare le armi dall’immaginario cinematografico classico, mentre il transgenderismo e i temi satanici vengono promossi in film e cartoni pensati per bambini.

 

Notizia delle ultime ore, Amazon si averci ripensato: dopo il pubblico clamore, le pistole sono tornate sulle locandine.

 

La mossa era arrivata dopo che Amazon ha acquisito i diritti del film acquistando gli studi MGM per un miliardo di dollari all’inizio di quest’anno e si appresta a lanciare un nuovo film diretto da Denis Villeneuve (il regista di The Arrival, Blade Runner 2049, e del recente, noiosissimo, Dune), scritto e diretto da Steven Knight, il cui nuovo attore di Bond deve ancora essere annunciato.

 

In passato si è speculato sull’arrivo di un Bond negro (si è fatto il nome del divo anglo-nigeriano Idris Elba) o di una Bonda. In realtà, una potente anticipazione era nell’ultimo film No Time to Die con Daniel Craig – la cui scelta come protagonista della serie, una ventina di anni fa, fu contestata da un gruppo di fan: è biondo – dove saltava fuori una agente MI6 nera e statuaria (tipo Grace Jones, per intenderci), seduttiva e letale anche più del Bond stesso.

 

No Time to Die sconvolse gli aficionados perché mostrava un atto incomprensibile per chi conosce la saga: la morte di James Bond, un fatto narratologicamente, archetipicamente inconcepibile, in quanto il tema profondo della serie è, senza dubbio alcuno, il mito dell’eroe invincibile.

 

La castrazione del carattere di 007 era presente nei film dell’era Craig anche in precedenza: il filosofo ratzingeriano coreano Byung-chul Han nel suo saggio La società della stanchezza indicava la stranezza di vedere in Skyfall (2012) un James Bond affaticato e depresso, con traumi psicanalitici che riemergono.

 

Il codice «007» è in realtà un riferimento preciso che il romanziere (e vero agente segreto) britannico Ian Fleming faceva agli intrecci tra l’occultismo e la storia di Albione, in particolare nel momento in cui Londra si separò dalla Chiesa cattolica e cioè dall’Europa.

 

Il primo «oo7» fu infatti John Dee (1527-1608), matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo ed occultista inglese che organizzo i servizi segreti britannici nella sua visione di un nuovo mondo fatto di colonie dell’«Impero britannico», un’espressione che alcuni dicono sia stata coniata proprio da lui stesso.

 

Nei messaggi cifrati riservati alla regina Elisabetta I Dee apponeva la sigla «007» in cui gli zeri erano due occhi, il sette un numero fortunato.

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