Geopolitica
Putin annuncia la tregua per il Natale ortodosso. All’Ucraina non interessa
Il presidente Vladimir Putin ha ordinato all’esercito russo di imporre la cessazione delle ostilità in Ucraina. Ore prima, il primate della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill, aveva invitato entrambe le parti in conflitto a cessare le ostilità prima e durante le festività natalizie ortodosse. Lo riporta il sito governativo russo RT, ora inaccessibile dall’internet occidentale.
Secondo il Cremlino, la tregua durerà da mezzogiorno ora locale di venerdì 6 gennaio fino alla mezzanotte di sabato 7 gennaio.
«A giudicare dal fatto che molti cittadini che praticano la religione ortodossa vivono nell’area di guerra, chiediamo alla parte ucraina di proclamare la cessazione delle ostilità e di dare loro l’opportunità di assistere alle funzioni la vigilia di Natale e il giorno di Natale», si legge in una dichiarazione del Cremlino.
La proposta di tregua dei russi ha trovato il no del regime Kiev, che ha risposto seccamente: «ipocriti, ritiratevi e avrete la tregua».
Come noto, il governo Zelens’kyj ha bandito la Chiesa Ortodossa Ucraina, un segno di repressione senza precedenti nemmeno in era sovietica – non vi è quindi autorità religiosa di sorta che il suo regime debba rispettare. Non importa, come segnalato da questo sito, che la Chiesa Ortodossa Ucraina, già divisa dal conflitto, fosse sull’orlo di dichiarare indipendenza da Mosca divenendo così «autocefala».
Come riportato da Renovatio 21, si era tentata una tregua natalizia ortodossa anche in Donbass lo scorso anno, settimane prima dell’escalation dell’operazione militare speciale russa.
Di fatto, gli ucraini, che grazie ai missili occidentali hanno appena sterminato centinaia di soldati russi in zona Donetsk in un unico colpo, non sembrano interessati alla pace, e per vari motivi – primo fra tutti il fatto che con centinaia di miliardi (sic) di aiuti in arrivo da USA e UE, per qualsiasi gerarca ed oligarca al potere ora a Kiev la guerra è più di un business, è un business model: cioè una forma di incasso scalabile e ripetibile.
Un accordo di pace, che pareva essere stato raggiunto in primavera, fu con probabilità fatto saltare da una visita a Kiev dell’allora premier britannico Boris Johnson.
Giovedì scorso, Putin ha discusso la prospettiva di negoziati di pace con l’Ucraina in una telefonata con il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan. Il presidente russo ha ribadito che Mosca è «aperta a un dialogo serio» con Kiev se quest’ultima riconoscesse le «nuove realtà territoriali».
Erdogan ha risposto che «gli appelli alla pace e ai negoziati dovrebbero essere sostenuti da una dichiarazione unilaterale di cessate il fuoco e da una visione di una giusta soluzione» al conflitto.
Ankara si è offerta in passato di mediare i negoziati tra Russia e Ucraina. Significativi colloqui di pace tra le due parti sono effettivamente falliti ad aprile, con Mosca e Kiev che si incolpano a vicenda. Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato alla fine di dicembre che i politici ucraini erano «incapaci di negoziare», aggiungendo che «la maggior parte di loro sono apertamente russofobi».
Immagine di «Правда ДНР / Pravda DPR» information portal official Youtube channel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)
Geopolitica
L’Armenia offre un accordo di pace all’Azerbaigian
Il governo armeno si è offerto di firmare un accordo di pace di 16 articoli con l’Azerbaigian, ha annunciato mercoledì il primo ministro Nikol Pashinyan durante una sessione parlamentare.
Secondo il leader armeno, Yerevan e Baku non possono attualmente firmare un trattato che risolverebbe tutti i problemi tra i due paesi. Invece, ha proposto di firmare un accordo che coprirebbe aree su cui le due parti hanno già concordato.
L’offerta di Pashinyan arriva dopo mesi di colloqui tra Armenia e Azerbaigian in seguito all’escalation del conflitto nella regione del Nagorno-Karabakh e al ritiro armeno da essa l’anno scorso. Le due parti sono state in disaccordo per decenni sul controllo del territorio conteso e sono state coinvolte in una serie di sanguinosi conflitti per il suo controllo.
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Prevalentemente popolata da armeni etnici, la regione era in precedenza sotto il controllo de facto di Yerevan. Tuttavia, nel 2023, Baku lanciò un’offensiva su larga scala e prese il controllo del territorio, sciogliendo in seguito l’autoproclamata Repubblica del Nagorno Karabakh. La maggior parte degli armeni che vivevano nella regione fuggì in seguito.
Da allora, Yerevan e Baku hanno tentato di raggiungere un accordo di pace conclusivo.
Durante una visita a Baku il mese scorso, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che Mosca è pronta a svolgere un ruolo nel contribuire a risolvere l’annosa faida tra i due Paesi.
«Se potessimo fare qualcosa per facilitare la firma di un accordo di pace tra Azerbaigian e Armenia, per avvicinare la questione alla delimitazione e alla demarcazione del confine, per sbloccare… la logistica e l’economia, saremmo molto felici di farlo», ha detto il leader russo ai giornalisti.
Come riportato da Renovatio 21, in questi mesi tra i due Paesi sono continuate le tensioni.
Come riportato da Renovatio 21, l’esodo degli armeni dell’Artsakh (così chiamano l’area del Nagorno-Karabakh) a seguito dell’invasione nell’énclave delle forze azere arriverebbe a contare 100 mila persone, in una zona dove la popolazione armena ha un numero di poco superiore. Le immagini del corridoio di Lachin intasato da vetture di famiglie che fuggono sono a dir poco impressionanti.
Il primo ministro Pashinyan, cedendo alle lusinghe dell’Ovest, ha irritato giocoforza la Russia, che è l’unico Paese che si era impegnato davvero per la pace nell’area. Mosca non può aver preso bene né le esercitazioni congiunte con i militari americani (specie considerando che Yerevan aderisce al CSTO, il «Patto di Varsavia» dei Paesi ex sovietici) né l’adesione dell’Armenia alla Corte Penale Internazionale, che vuole processare Putin.
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Bisogna aggiungere anche i rapporti dell’Occidente con Baku, considerato un fornitore energetico affidabile e ora piuttosto necessario all’Europa privata del gas russo. L’Azerbaigian è una delle ex repubbliche sovietiche ritenute più strategicamente vicine all’Occidente: si consideri inoltre le frizioni con l’Iran e quindi il ruolo nel contenimento degli Ayatollah.
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi è morto in un incidente di elicottero a seguito di un incontro al confine con il presidente azero Aliyev.
Dietro all’Azerbaigian vi è l’appoggio sfacciato della Turchia e, si dice, quello militare-tecnologico di Israele. È stato detto che la Turchia avrebbe impiegato nell’area migliaia di mercenari siriani ISIS per combattere contro i cristiani armeni.
Come riportato da Renovatio 21, il clan Erdogan farebbe affari milionari in Nagorno-Karabakh e la Turchia, come noto, è già stata accusata di genocidio per il massacro degli armeni ad inizio Novecento.
Baku invece accusa la Francia di essere responsabile dei nuovi conflitti con l’Armenia. Il dissidio tra i due Paesi è arrivato al punto che il ministro degli interni di Parigi ha accusato l’Azerbaigian di aver avuto un ruolo nelle recenti rivolte in Nuova Caledonia.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Il caso Durov come «esempio»: parla il procuratore di Parigi
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Geopolitica
La Turchia invitata all’incontro della Lega Araba per la prima volta in 13 anni
L’incontro dei ministri degli Esteri della Lega Araba includerà la Turchia per la prima volta in oltre un decennio.
All’incontro del 10 settembre al Cairo parteciperà il ministro degli Esteri della Turchia, Hakan Fidan.
L’invito della Turchia richiedeva presumibilmente il consenso della Siria, che è stata riammessa nella Lega Araba solo l’anno scorso.
I colloqui per normalizzare le relazioni Turchia-Siria sono falliti a causa della richiesta della Siria che la Turchia ritiri le sue truppe dal territorio siriano.
Come riportato da Renovatio 21, l’invito alla Turchia arriva anche poco dopo che il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi ha fatto visita al presidente Erdogan ad Ankara per il suo primo viaggio in Turchia in 12 anni.
I due Paesi si sono scambiati i rappresentanti diplomatici per la prima volta in un decennio.
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Immagine di miss rhyne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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