Geopolitica
Zelens’kyj in USA dice che 100 miliardi non bastano. La resistenza parlamentare americana a questa follia è minima
Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj è volato a Washington il 21 dicembre «per alcune ore sul campo» per ricordare agli americani che la guerra alla Russia è la priorità numero uno, più importante di qualsiasi cosa, Santo Natale incluso.
L’improvviso viaggio dell’attore comico divenuto presidente giunge quando ogni sondaggio mostra che il sostegno al regime di Kiev da parte della popolazione americana (al contrario dei suoi rappresentanti eletti) è piuttosto tiepido.
I contribuenti americani sosterranno almeno 100 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina in un anno, molto di più del budget militare della Russia equivalente a circa 65 miliardi di dollari. In pratica l’Ucraina ha quasi due volte il budget militare dell’intera Russia, più le armi regalate, tra cui a breve i missili Patriot.
Tuttavia questo non è abbastanza. Lo Zelens’kyj il 20 dicembre a Bakhmut, parlando con le sue truppe aveva dichiarato cosa «trasmetteremo dai ragazzi di Bakhmut agli Stati Uniti: siamo grati per il loro sostegno, ma non è abbastanza. È un inizio, ma non basta».
Questo, presumibilmente riferito agli ultimi 45 miliardi di dollari per l’Ucraina nelle Risoluzioni Continuative in corso di battuta tra le camere del Congresso, più i 51 miliardi di dollari già consegnati da marzo.
Il leader repubblicano della Camera Kevin McCarthy ha fatto notizia mercoledì pomeriggio del 21 dicembre, annunciando che si sarebbe opposto alla risoluzione permanente, votata al Senato mercoledì sera, quando tornerà alla Camera giovedì 22 dicembre. Ciò tuttavia non rischia di minacciare il passaggio.
Il leader repubblicano del Senato Mitch McConnell (KY) ha dichiarato il 20 dicembre che «assicurarsi che il Dipartimento della Difesa possa affrontare le principali minacce provenienti da Russia e Cina, fornendo assistenza agli ucraini per sconfiggere i russi. Questa è la priorità numero uno per gli Stati Uniti in questo momento, secondo la maggior parte dei repubblicani», il che significa abbattere i dissidenti come i senatori Mike Lee, Rand Paul e altri.
Per la prima volta, in questa risoluzione continua omnibus, la spesa militare non è solo maggiore, ma molto maggiore di tutte le altre spese discrezionali messe insieme: 858 miliardi di dollari contro 772 miliardi di dollari.
La spesa totale della NATO raggiungerebbe 1,2 trilioni di dollari, quasi 20 volte il budget della difesa della Russia. Nel più ampio contesto di bilancio degli Stati Uniti: la spesa totale degli Stati Uniti per l’anno fiscale 2023 sarà ben al di sopra di 6 trilioni di dollari, di cui circa 4,5 trilioni saranno spese per diritti come previdenza sociale, Medicare, Medicaid, etc.
Il deficit di bilancio è previsto – dalla Casa Bianca – dovrebbe essere di 1,3 trilioni di dollari, ma è probabile che sia più alto, e forse molto più alto dal momento che le proiezioni della Casa Bianca non ammettono alcuna possibilità di recessione.
Nel frattempo, nel Partito Repubblicano monta una minima fronda che cerca di fare resistenza all’«unipartito» che sta ricoprendo di miliardi del contribuente Kiev e il suo regime.
Se il senatore Mitch McConnell parla dell’«assistenza agli ucraini per sconfiggere i russi» come «la priorità n. 1 per gli Stati Uniti in questo momento secondo la maggior parte dei repubblicani», il rappresentante del Kentucky Thomas Massie dissente totalmente.
«Dovremmo avere un voto separato sui finanziamenti aggiuntivi per l’Ucraina. La maggior parte dei miei elettori non desidera che i propri soldi vengano inviati in Ucraina, soprattutto non senza supervisione o audit» ha dichiarato a Fox News il Massie, che ha quindi dichiarato via Twitter: «$ 100 miliardi all’Ucraina. Mettiamolo in prospettiva. Sono più di 200 milioni di dollari quest’anno da ciascun distretto congressuale. Cosa avrebbe potuto fare il tuo deputato per il tuo distretto con 200 milioni di dollari? Per quanto tempo i ragazzi del tuo distretto pagheranno gli interessi su questo debito?»
Il senatore del Kentucky Rand Paul, da parte sua, ha inviato postato un retweet del giornalista Glenn Greenwald mentre lo Zelens’kyj era in viaggio: «il Congresso degli Stati Uniti sta per inviare altri 44 miliardi di dollari a Boeing, Raytheon e alla CIA “per la guerra in Ucraina.” Si tratta di un totale di 100 miliardi di dollari inviati dagli Stati Uniti in 10 mesi. L’intero budget militare russo per l’anno è di 65 miliardi di dollari».
Anche il rappresentante dell’Arizona Paul Gosar ha annunciato di essersi unito a un gruppo di repubblicani della Camera nell’introdurre una legislazione per controllare i fondi stanziati dal Congresso all’Ucraina rilasciando una dichiarazione in risposta alla “legge di finanziamento omnibus di 4.155 pagine e 1,85 trilioni di dollari» presentata al Congresso per l’approvazione immediata poco dopo l’1:30 del 20 dicembre: «Più di due mesi nell’anno fiscale 2023 e nelle ore buie del primo mattina, sperando che nessuno se ne accorgesse, gli appropriatori del Congresso hanno svelato il loro piano di spesa omnibus egregiamente dispendioso che include altri 45 miliardi di laboriosi dollari dei contribuenti americani per finanziare una guerra per procura in Ucraina».
«Commentando l’accordo di bilancio, il senatore Mitch McConnell ha affermato che la “priorità numero uno degli Stati Uniti” è inviare altri 45 miliardi di dollari all’Ucraina per difendere i suoi confini. Ho una notizia per il senatore McConnell: l’America ha 99 problemi ma l’Ucraina non lo è!» ha esclamato l’onorevole Gosar.
Commentando il discorso alla Camera di Zelens’kyj, il giornalista di Fox Tucker Carlson ha detto di non ricordare un leader straniero a cui è permesso di parlare ai rappresentanti del popolo americano in maglione, «vestito come il proprietario di uno strip club».
In rete si sono scatenate le polemiche sulla presenza della bandiera ucraina adagiata sugli scranni di quello che dovrebbe essere il tempio della democrazia americana.
Geopolitica
La città sudanese di al-Fashir devastata dopo l’arrivo dei ribelli RSF
Le feroci battaglie tra l’esercito sudanese e le Forze di Supporto Rapido (RSF) hanno ridotto in rovina Al-Fashir, capitale del Darfur settentrionale, dopo che il gruppo paramilitare ha assunto il controllo della città, come rivelano le immagini.
Le RSF hanno conquistato Al-Fashir, ultima roccaforte significativa delle Forze Armate Sudanesi (SAF) nella regione, il 26 ottobre, al termine di intensi scontri che hanno posto fine a un assedio durato 19 mesi. Le SAF hanno confermato il ritiro completo poco dopo, lasciando la città nelle mani delle RSF. Successivamente sono emerse denunce di atrocità di massa da parte dei ribelli, tra cui esecuzioni, irruzioni casa per casa e uccisioni a sfondo etnico che hanno provocato migliaia di vittime.
Le riprese della città diffuse sabato dall’agenzia video Ruptly mostrano veicoli militari bruciati, edifici distrutti e interi quartieri di Al-Fashir ridotti in macerie. In tutta la città sono visibili barricate e rifugi improvvisati, apparentemente utilizzati dai residenti per proteggersi dai combattimenti. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato l’attacco delle RSF ad Al-Fashir, avvertendo del rischio crescente di violenze etniche su larga scala. L’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani in Sudan ha dichiarato sabato che la città è diventata «una città di dolore», sostenendo che gli attacchi dei ribelli contro i civili proseguono.
🇸🇩 WHAT IS HAPPENING IN SUDAN? CHURCHES BURNED, CHRISTIANS EXECUTED – AND THE MEDIA SAYS NOTHING
Between October 26 and 31, over 2,000 civilians were killed in El Fasher, Sudan, after RSF forces stormed the city.
Entire neighborhoods were wiped out. The last functioning… https://t.co/ifBoLvML7X pic.twitter.com/gUNRiIJDtI
— Mario Nawfal (@MarioNawfal) October 31, 2025
This will break your heart, it showcases some UAE sponsored RSF Janjaweed militia chasing and killïng civilians in Sudan 🇸🇩. What we are seeing is a Genocide and a Proxy War.
⚠️ Warning: Sensitive Video pic.twitter.com/quolAwoquZ
— Typical African (@Joe__Bassey) November 4, 2025
Sudanese survivors recount the horrors of al-Fashir as the fate of 200,000 people remains unknown in the war-torn country. pic.twitter.com/WtcK7aU5OJ
— Al Arabiya English (@AlArabiya_Eng) November 10, 2025
🇸🇩 Sudan: What’s the UAE-backed RSF up to these days?
Curvy, lovely women—they rape without delay.
Plain or non attractive? They’ll beat you into gray.
Then they snatch your chest, call themselves a man,
And tell the world, “Look! A eunuch clan!” pic.twitter.com/eii8gFpKSF— Militant Tracker (@MilitantTracker) November 8, 2025
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«Negli ultimi dieci giorni, El-Fasher ha assistito a un’escalation di attacchi brutali», ha dichiarato Li Fung, rappresentante ONU per i diritti umani in Sudan, in un video pubblicato su X. «Centinaia di persone sono state uccise, tra cui donne, bambini e feriti rifugiati in ospedali e scuole. Intere famiglie sono state trucidate durante la fuga. Altre sono semplicemente scomparse».
Domenica, la Sudan Doctors Network ha accusato le RSF di aver commesso un «genocidio a tutti gli effetti» ad Al-Fashir, sostenendo che il gruppo ha seppellito centinaia di civili in fosse comuni per occultare le prove delle uccisioni.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha riferito che circa 89.000 dei 260.000 residenti della città sono fuggiti dopo la presa del potere da parte delle RSF.
La scorsa settimana, le RSF hanno annunciato di aver accettato un piano sostenuto dagli Stati Uniti per un cessate il fuoco umanitario nella guerra biennale con l’esercito sudanese. La proposta, coordinata con Washington, Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, prevede una tregua di tre mesi seguita da un processo politico di nove mesi. L’esercito l’ha respinta, promettendo invece di raccogliere sostegno per combattere le RSF.
Come riportato da Renovatio 21, le RSF hanno annunziato la presa del quartier generale dell’esercito regolare sudanese a Al-Fashir due settimane fa. Nella scena di dramma e disastro si è aggiunto anche un aereo militare precipitato nel Kordofan Occidentale.
Come riportato da Renovatio 21, il comandante delle Forze di supporto rapido (RSF) paramilitari sudanesi, Mohamed Hamdan Dagalo, ha prestato giuramento come capo di un governo rivale del Sudan.
Come riportato da Renovatio 21, la RSF aveva annunciato un «governo di pace e unità» parallelo ancora lo scorso febbraio.
Le stragi nel Paese non si contano. Due mesi fa si era consumato un orribile massacro a seguito di un attacco aereo ad un mercato. Settimane fa c’era stato un attacco ad un ospedale.
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Come riportato da Renovatio 21, a fine 2024 le fazioni rivali sudanesi avevano interrotto i negoziati.
Il conflitto ha casato già 15 mila morti e 33 mila feriti. Le Nazioni Unite hanno descritto la situazione umanitaria in Sudan come una delle crisi più gravi al mondo. Mesi fa la direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale (WFP), Cindy McCain, aveva avvertito che la guerra di 11 mesi «rischia di innescare la più grande crisi alimentare del mondo».
Gli USA sono stati accusati l’estate scorsa di aver sabotato gli sforzi dell’Egitto per portare la pace in Sudan.
Le tensioni in Sudan hanno portato perfino all’attacco all’ambasciata saudita a Karthoum, mentre l’OMS ha parlato di «enorme rischio biologico» riguardo ad un attacco ad un biolaboratorio sudanese.
Come riportato da Renovatio 21, il generale Abdel Fattah al-Burhan, leader de facto e capo dell’esercito della nazione africana dilaniata dalla guerra, due mesi fa è stato oggetto di un tentato assassinio via drone.
Il Paese è stato svuotato dei suoi seminaristi.
La Russia nel frattempo fa ha annunziato l’apertura di una base navale in Sudan.
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Immagine screenshot da Twitter
Arte
Arruolamento forzato anche per l’autista ucraino di Angelina Jolie
🇺🇸🇺🇦 Angelina Jolie arrived in Ukraine, and on her way to a meeting with fans and for charitable purposes, she was forced to stop at a military recruitment center in Mykolaiv. pic.twitter.com/GURIhEBtVm
— Маrina Wolf (@volkova_ma57183) November 5, 2025
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Geopolitica
La Turchia emette mandato d’arresto per genocidio nei confronti di Netanyahu
La Procura di Istanbul ha emesso mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e altri 36 alti funzionari per presunto genocidio e crimini contro l’umanità nella Striscia di Gaza. Lo riporta la stampa turca.
I mandati, emessi venerdì dall’ufficio del procuratore capo di Istanbul, accusano i funzionari israeliani di aver partecipato a una campagna «sistematica» di violenza contro i civili, inclusi il bombardamento dell’Ospedale dell’amicizia turco-palestinese e l’ostruzione degli aiuti umanitari a Gaza.
Oltre a Netanyahu, l’elenco include il ministro della Difesa Israel Katz, il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, il capo di stato maggiore delle IDF Eyal Zamir e il comandante della Marina David Saar Salama.
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«Alla luce delle prove ottenute, è stato stabilito che i funzionari dello Stato israeliano hanno responsabilità penale per gli atti sistematici di ‘crimini contro l’umanità’ e ‘genocidio’ commessi a Gaza», si legge nella dichiarazione, che precisa che «i sospettati non hanno potuto essere arrestati poiché al momento non si trovano in Turchia».
Lo Stato Ebraico ha condannato l’iniziativa come politicamente motivata e priva di fondamento giuridico. «Israele respinge fermamente, con disprezzo, l’ultima trovata pubblicitaria del tiranno [il presidente Recep Tayyip] Erdogan», ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar su X.
All’inizio dell’anno, una commissione ONU ha accusato Israele di atti equivalenti a genocidio. Netanyahu è già oggetto di un mandato di arresto pendente, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e a diversi leader di Hamas, emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aja nel 2024.
Israele, non firmatario dello Statuto di Roma, ha respinto le accuse. Il suo stretto alleato, gli Stati Uniti – anch’essi non parte della CPI – ha avviato una campagna di pressione contro la Corte, inserendo nella lista nera diversi giudici e pubblici ministeri.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Israele e Hamas hanno concordato un cessate il fuoco all’inizio di ottobre, nell’ambito del piano di pace in 20 punti del presidente USA Donald Trump, una delle otto guerre che il leader statunitense sostiene di aver concluso in otto mesi.
Da allora, tuttavia, la violenza è ripetutamente riesplosa, con centinaia di palestinesi e almeno due soldati israeliani uccisi, mentre entrambe le parti continuano ad accusarsi reciprocamente di violazioni della tregua.
Come riportato da Renovatio 21, un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele. Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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