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Sanità

Post-COVID: le RSA sono in crisi di personale sanitario (oltre al danno anche la beffa)

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Uno dei grandi problemi che attanaglia il terzo settore nel periodo COVID e post-COVID è quello inerente alle Residenze Sanitarie Assistenziali per anziani. 

 

Dalle colonne di Renovatio 21, specie nel periodo più intenso dell’emergenza sanitaria, sono stati pubblicati numerosi articoli ed interventi proprio su questo tema, che crediamo essere il tema fondamentale, anche da un punto di vista etico, sul quale focalizzare l’attenzione e le riflessioni.

 

La realtà è che, nonostante il danno venutosi a creare nelle RSA con un numero di morti altissimo, le cose non sono affatto cambiate all’interno di queste strutture: anzi, esse si trovano ancor più abbandonate a se stesse

La realtà è che, nonostante il danno venutosi a creare nelle RSA con un numero di morti altissimo, le cose non sono affatto cambiate all’interno di queste strutture: anzi, esse si trovano ancor più abbandonate a se stesse, con un carico burocratico che ha ricominciato a far sentire il proprio peso svilendo la presa in carico degli anziani attraverso la cura e sfinendo le energie umane sulle scrivanie dei sanitari obbligati a render culto alla dea burocrazia, invece di stare al capezzale dei malati bisognosi di affetto e relazione. 

 

Il dramma focale del post-COVID all’interno delle residenze per anziani è però relativo alla fuga di personale, in particolare di quello infermieristico, che invece di aumentare —  come dovrebbe e come accade effettivamente negli ospedali — diminuisce in maniera verticale fino al punto di evocare la presa di posizione della Federazione delle professioni infermieristiche (FNOPI), che attraverso una importante nota si è espressa su questo tema fondante quanto urgente:

 

«Un focus particolare sarà dedicato alle RSA che nella pandemia si sono dimostrate luoghi di fortissima criticità e per questo devono aumentare il livello di qualità e sicurezza dell’assistenza garantita ai cittadini e nel farlo bisogna rivedere anche le attuali condizioni lavorative de personale infermieristico» ha affermato Barbara Mangiacavalli, presidente della FNOPI.

 

«Nelle RSA — si legge ancora nella nota — vale con forza il principio del nostro Codice deontologico che il tempo di relazione è tempo di cura: con i pazienti, con i loro familiari, con i più fragili. In queste settimane si stanno moltiplicando gli allarmi di “fuga” di infermieri da queste strutture e si stanno evidenziando tutte le difficoltà a cui si è andati incontro al loro interno durante la pandemia». 

«In queste settimane si stanno moltiplicando gli allarmi di “fuga” di infermieri da queste strutture e si stanno evidenziando tutte le difficoltà a cui si è andati incontro al loro interno durante la pandemia»

 

La Federazione delle professioni infermieristiche lancia anche un importante appello rispetto alla riorganizzazione dei servizi residenziali dedicati agli anziani:

 

«In queste strutture non si facciano solo indagini epidemiologiche sugli effetti, ad esempio, della pandemia. Sono importantissime, fondamentali, ma si devono anche organizzare i servizi a tutti gli effetti e in piena regola, per dare agli assistiti e a chi li assiste la piena dignità di curare, assistere ed essere curati e assistiti, dovuta a ogni essere umano, dalla parte dei professionisti e dalla parte dei pazienti e delle loro famiglie. La proposta che gli infermieri e tutti gli attori dell’assistenza condivideranno e porteranno sul tavolo del ministro va in questo senso».

 

I dati forniti dall’ultimo report di agosto redatto dall’Istituto Superiore di Sanità mostrano che all’interno delle RSA in cui sono presenti ospiti COVID o sospetti tali debba essere garantita la presenza di infermieri 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno affinché sia garantito un supporto medico.

Nelle circa 3.400 RSA censite dall’ISS (convenzionate nell’80% dei casi) operano in media circa 29.700 infermieri, spesso però non strutturati e frequentemente anche volontari come lo sono stati i numerosi liberi professionisti intervenuti di loro iniziativa nelle RSA nei momenti in cui SARS-CoV-2 aveva ridotto ai minimi termini il personale

 

Nel report di giungo, invece, è emerso che ci sono in media 2,5 medici, 8,5 infermieri e 31,7 operatori sociosanitari. Questo sta a significare che nelle circa 3.400 RSA censite dall’ISS (convenzionate nell’80% dei casi) operano in media circa 29.700 infermieri, spesso però non strutturati e frequentemente anche volontari come lo sono stati i numerosi liberi professionisti intervenuti di loro iniziativa nelle RSA nei momenti in cui SARS-CoV-2 aveva ridotto ai minimi termini il personale.

 

L’organico sanitario nelle RSA deve assolutamente aumentare, e nel minor tempo possibile. Molti infermieri, spaventati e stremati da quanto successo, se ne vanno. Altri, trovandosi totalmente sprovvisti di organizzazione all’interno delle RSA, fuggono negli ospedali i quali succhiano via tutto il personale trasmigrandolo dal privato (o convenzionato che sia) al pubblico.

 

Per garantire la presenza di personale infermieristico, quindi, deve esserci l’aiuto delle Aziende Sanitarie Locali che per troppo tempo hanno trattato queste strutture come scarica barile, intervenendo solo quando era già troppo tardi. 

 

Per garantire la presenza di personale infermieristico, quindi, deve esserci l’aiuto delle Aziende Sanitarie Locali che per troppo tempo hanno trattato queste strutture come scarica barile, intervenendo solo quando era già troppo tardi

La maggior parte degli infermieri oggi viene richiamato all’interno del SSN, lasciando così scoperte le RSA che non riescono a trovare personale, non riuscendo più a sostenere la copertura della parte infermieristica o stremando gli ultimi professionisti rimasti, cosicché alla prima occasione utile anch’essi se ne andranno.

 

La FNOPI mette sul tavolo del dibattito nazionale cinque punti fondanti attraverso i quali articolare il nuovo modello da proporre in un dibattito politico e multidisciplinare:

 

– Il rapporto adeguato infermieri/pazienti;

– Il riconoscimento di una chiara leadership di direzione: coordinamenti infermieristici e dirigenze con competenze sociosanitarie evidenti;

– Personale di supporto con formazione adeguata;

– La valorizzazione di formazione e competenze (percorsi su cronicità, fragilità, cure palliative ecc.);

– I rinnovi contrattuali (nelle RSA manca ormai da oltre otto anni.

Auspichiamo che le ASL, le Regioni e tutti gli organi sanitari competenti inizino a pensare ad un modello di sussidio adatto alle case di riposo, dimenticate e sacrificate sull’altare di quello che alcuni credono possa considerarsi un «male minore», cioè il sacrificio dei deboli e di quelli considerati poco utili per la società

 

Oltre a questo, auspichiamo che le ASL, le Regioni e tutti gli organi sanitari competenti inizino a pensare ad un modello di sussidio adatto alle case di riposo, dimenticate e sacrificate sull’altare di quello che alcuni credono possa considerarsi un «male minore», cioè il sacrificio dei deboli e di quelli considerati poco utili per la società. 

 

 

Cristiano Lugli 

 

 

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Sanità

La Francia multa i pazienti che mancano alle visite mediche

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Il governo francese propone di multare i pazienti che non si presentano alle visite mediche senza una buona scusa, ha annunciato il primo ministro Gabriel Attal.

 

Secondo quanto riferito, la politica mira a sostenere il servizio sanitario mentre fatica a far fronte alle crescenti richieste di una popolazione che invecchia, in mezzo alla carenza di personale e all’aumento dei costi.

 

L’Attal ha dichiarato lunedì che circa 27 milioni di pazienti ogni anno non si presentano alle visite mediche. «Non possiamo permettere che ciò continui», ha affermato il primo ministro, sottolineando che la nuova misura potrebbe liberare tra i 15 e i 20 milioni di appuntamenti all’anno per altri pazienti.

 

Il passo proposto farebbe parte di una legge che, se approvata dal parlamento, potrebbe entrare in vigore a partire da gennaio 2025. L’annuncio di Attal della proposta di sanzione di 5 euro per la mancata presentazione agli appuntamenti programmati è stato accolto con l’immediata protesta da parte dei sindacati dei medici e dei gruppi di pazienti.

 

«Non funzionerà. È solo una tassa… e il risultato finale sarà che il sistema sanitario perderà», ha detto al giornale britannico Guardian Patrick Pelloux, presidente dell’Associazione dei medici d’urgenza.

 

Il medico di famiglia Luc Duquesnel avrebbe dichiarato alla radio France Bleu che sarebbe meglio «educare le persone piuttosto che dire ai professionisti che devono tassarli, cosa che metterebbe a dura prova i rapporti con i nostri pazienti».

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Secondo Gerard Raymond, presidente dell’Associazione francese dei pazienti, contrario al provvedimento, la sanzione mira a far sentire i pazienti colpevoli piuttosto che responsabili.

 

Secondo il piano, i pazienti sarebbero obbligati a fornire i dettagli della carta di debito o di credito al momento di fissare un appuntamento. Se non si presentano senza dare almeno 24 ore di preavviso, i medici potrebbero multarli. I pazienti con un valido motivo per non presentarsi all’appuntamento sarebbero esentati.

 

Spetterebbe al medico decidere se il motivo della mancata visita fosse sufficientemente ragionevole da evitare la multa.

 

La carenza di medici è da tempo il problema più grande del sistema sanitario nazionale francese, insieme all’accesso alle cure e ai lunghi tempi di attesa, scrive RT.

 

Il premier Attal ha detto che cercherà anche di aumentare il numero di studenti che terminano la formazione medica ad alta pressione nel tentativo di affrontare una grave carenza di personale medico.

 

Secondo il primo ministro, il numero di studenti che accedono al secondo anno di laurea in medicina aumenterebbe da 10.000 all’anno nel 2023 a 12.000 nel 2025 e 16.000 nel 2027.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Francia ha appena costituzionalizzato la pratica dell’aborto procurato (in una nazione che nel 2021 ha contato, ufficialmente, un aborto ogni tre nascite), e si sta muovendo verso l’istituzione di un regime eutanatico che elimini anziani a pieno ritmo, un po’ come preconizzato dal grand commis parigino e ideologo globalista, Jacques Attali, il quale è mentore, più che di Attal, di Macron.

 

Il quale Macron pare impegnato a dichiarare ripetutamente l’invio di truppe francesie NATO – in Ucraina, provocando una crisi con la superpotenza atomica russa che potrebbe escalare nella Terza Guerra Mondiale.

 

È per questo che stanno liberando gli appuntamenti dai medici?

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Sanità

Medico tedesco si rifiuta di curare politico dell’AfD in sedia a rotelle

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Un medico del Land tedesco del Baden-Württemberg si rifiuta di curare uno dei suoi pazienti perché è un politico locale del partito Alternativa per la Germania (AfD). Lo riporta Remix News.   La decisione del medico sarebbe stata presa dalla visione sul giornale locale della foto del politico Heiko Nüßner durante una manifestazione per l’associazione cittadina del suo partito a Lahr.   Sulla base di questa foto, il medico gli ha detto di trovare un nuovo dottore a causa delle loro «opinioni politiche chiaramente diverse».

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Nüßner, che per 26 anni è stato politico cristiano-democratico (CDU), ha dichiarato al quotidiano Bild di essere «molto sorpreso» da questa reazione, perché non aveva mai parlato con il medico della sua politica, definendo l’interazione con il medico di base come «molto antidemocratica».   Il politico dell’AfD ha dichiarato di essere «rimasto deluso dalla CDU a causa della sua politica sull’euro e sull’immigrazione, nonché per la sua uscita dall’energia nucleare. Per me l’AfD è la “nuova CDU” e non è affatto estrema destra».   Il politico dell’AfD tre anni fa ha subito un incidente che lo ha costretto su una sedia a rotelle. Quando all’inizio di marzo ha chiesto una prescrizione al medico, gli è stato negato il trattamento. Nüßner ha condiviso una copia dello scambio di e-mail condiviso tra lui e il medico, il cui nome non è stato divulgato né da Nüßner né dalla Bild.   Il medico ha risposto alla Bild dicendo che la foto del politico era solo la «ciliegina sulla torta»: «già in precedenza avevo trovato il paziente molto sgradevole, con il suo carattere esigente e invadente», ha dichiarato.   La negazione delle cure mediche in base a discriminazione politica va contro il giuramento di Ippocrate (se ancora ha un senso ricordarlo) e contro i presupposti di quella che era, fino a prima della pandemia, l’etica medica accettata. Tuttavia, in contrasto con quanto vedevamo fino a qualche anno fa dove gli stessi dottori curavano i terroristi perpetratori di attentati e le loro vittime, vediamo come in Israele gruppi medici abbiano approvato il bombardamento degli ospedali palestinesi di Gaza.   Il medico del caso tuttavia si giustifica dicendo che il medicinale richiesto da Nüßner «non era vitale».   Secondo l’intervista della Bild, il medico avrebbe voluto sostenere eventuali «tendenze antidemocratiche», poiché l‘AfD è monitorato per estremismo dall’Ufficio per la protezione della Costituzione (BfV), cioè i servizi di sicurezza interni tedeschi.   Il medico ha quindi detto che se il politico dell’AfD avesse avuto bisogno di cure importanti, avrebbe trattato lui e chiunque altro «indipendentemente dalla loro ideologia».   Quello del Nüßner con il suo medico non è il primo caso all’interno dello stesso land.   Nel 2021 anche la candidata dell’AfD Andrea Zürcher si è fatta annullare le cure dal medico di base, sempre nello stato del Baden-Württemberg. Nel caso di Zürcher il medico venne a conoscenza della sua attività politica anche da una foto apparsa su un giornale locale.   «Ha detto che di conseguenza il rapporto di fiducia era stato distrutto e che non poteva più dare il 100% nella mia cura», ha detto la donna, che soffre di una malattia cronica.

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Come ricordiamo, la discriminazione medica è stata slatentizzata durante il COVID, quando medici e infermieri – più schiere di supporter civili – vennero trovati spesse volte confessare sui social la loro volontà di non curare i non vaccinati. La discriminazione biotica – chiaramente una nuova forma di razzismo biologico – fu completamente sdoganata creando casi disperati di cui ora in tanti vorrebbero dimenticarsi.   Si trattava di una sorta di germe di guerra civile nella popolazione – quella che abbiamo chiamato «guerra biotica» – dove i medici andavano a ricoprire il ruolo di casta sacerdotale che alimentava lo scontro.   I medici, contro ogni giuramento, contro ogni senso della dignità umana, possono ora negare le cure a chi vogliono – cioè a coloro che la pensano in modo differente dall’establishment che paga loro lo stipendio. È l’ennesima dimostrazione di come la realtà istituzionale – dai governi alle aziende – abbiano svolto il calcolo del sacrificio della minoranza, che può essere privata di ogni diritto fondamentale (lo abbiamo visto col COVID) e quindi essere considerata eliminabile. Non interessano al potere i suoi soldi, il suo lavoro, i suoi voti, la sua umanità.   Renovatio 21 ripete al lettore: rassegniamoci all’idea, lo Stato moderno è basato sulla distruzione della minoranza – lo Stato moderno è, cioè, programmato per il genocidio. Ecco perché non stupirsi di Gaza, né di quello che potrebbe succedere domani in casa nostra. SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da YouTube        
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Controllo delle nascite

OMS e riduzione della popolazione, cadono le maschere

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Da oltre mezzo secolo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) pianifica la riduzione della popolazione attraverso l’aborto e la contraccezione. È quanto emerge dal recente studio pubblicato dal Centro Europeo di Giustizia e Diritto (ECLJ) che ha il merito di mettere in luce la grande menzogna delle politiche sulla salute riproduttiva portate avanti su scala planetaria.

 

«Indossiamo costantemente la maschera e, abbandonando la natura, abbiamo paura di mostrarci col nostro volto». Louis-Marie Bonneau e Gregor Puppinck sembrano aver imparato la lezione di Boileau, perché queste sono infatti le maschere che i due ricercatori gettano nel loro studio pubblicato dalla ECJL nel febbraio 2024.

 

Gli autori si sono proposti di analizzare il Programma di salute Riproduttiva Umana (HRP) sviluppato dall’OMS negli anni ’70 e perfezionato nel corso degli anni. Un programma che fa riferimento al lavoro di Paul Ehrlich pubblicato nel 1968 con il titolo The Population Bomb (La bomba demografica). L’ecologia catastrofista propugnante la decrescita era appena nata e le streghe che si chinavano sulla sua culla promettevano che avrebbe avuto davanti a sé un futuro radioso.

 

Fino ad ora, la documentazione riguardante l’HRP proveniva da ex dirigenti che hanno partecipato al programma e hanno adottato un approccio olistico. Mancava uno studio indipendente in grado di descrivere più in dettaglio come l’OMS ha strutturato la ricerca sulla salute riproduttiva.

 

Il grande merito dei ricercatori dell’ECLJ è quello di comprendere come l’HRP si inserisca nella strategia delle Nazioni Unite per il controllo demografico globale: «Con l’obiettivo di migliorare la salute e la prosperità riducendo la popolazione, l’HRP ha svolto un ruolo di primo piano sia nello sviluppo di metodi della contraccezione e dell’aborto e nell’ambito della loro accettabilità».

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Un altro interesse dell’indagine appena pubblicata è quello di evidenziare il ruolo svolto da attori privati ​​che hanno sempre più o meno preferito restare nell’ombra: uno studio sui finanziamenti dell’HRP rivela gli investimenti colossali di fondazioni tra le più influenti nel mondo.

 

Nel 2019, ad esempio, Warren Buffett ha promesso quasi 100 milioni di dollari all’HRP. Anche la Fondazione Bill & Melinda Gates fornisce finanziamenti al programma su base continuativa, per un importo compreso tra 3 e 4 milioni di dollari all’anno nel periodo 2019-2022.

 

E gli autori citano, tra le altre, la generosità dimostrata anche dalle fondazioni Ford, Rockefeller, Hewlett e MacArthur, sempre presenti quando si tratta di portare avanti la cultura della morte. Perché l’errore sarebbe credere che l’HRP miri soprattutto al bene dell’umanità.

 

L’obiettivo dichiarato dell’HRP negli anni ’70 era quello di evitare l’esplosione della «bomba demografica» che, secondo l’OMS, avrebbe portato ad una carestia globale duratura.

 

Nel 2021, questo scenario mai avvenuto è superato, dal momento che la FAO – l’organismo delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – ha stimato che il 17% della produzione alimentare globale è stata sprecata e ha constatato l’invecchiamento complessivo della popolazione. Tuttavia, l’agenda dell’HRP su aborto e contraccezione rimane invariata.

 

E i due ricercatori dell’ECLJ si chiedono: «l’obiettivo dell’ONU è davvero la prosperità dell’umanità o piuttosto l’emergere di una nuova natura umana? In ogni caso, è essenziale sensibilizzare l’opinione pubblica sull’HRP e sul suo lavoro, per togliere la maschera delle sue buone intenzioni e ridurre la sua influenza e quella dei suoi donatori».

 

Un inganno che si riscontra nei metodi dell’OMS, che presta poca attenzione alla libertà individuale quando si tratta di imporre la pianificazione familiare a intere popolazioni del continente africano, ma innalza il livello dei diritti umani dell’uomo – come La Libertà guida il popolo di Delacroix – quando si tratta di difendere le cause dell’aborto e della comunità LGBT.

 

Dopotutto, non siamo più a una sola bugia…

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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