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Pedofilia globale: che cosa sta succedendo?

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Si accalcano in questi giorni diverse notizie riguardanti il tema più raccapricciante: l’esistenza di network pedofili in tutto il mondo. Più a margine, altre notizie paiono riguardare altro ma di fondo, hanno lo stesso tema.

 

La sincronia tra tutte questi eventi – cioè, la sincronia di indagini e relative notizie – è disarmante. Tutto pare si stia concentrando in pochi giorni. Perché?

 

La sincronia tra tutte questi eventi – cioè, la sincronia di indagini e relative notizie – è disarmante. Tutto pare si stia concentrando in pochi giorni. Perché?

29 giugno: La polizia tedesca indaga su 30.000 sospetti pedofili. I soggetti si scambiavano informazioni in alcuni forum dandosi anche consigli su come rendere accomodanti i bambini.

 

4 luglio, si ha notizia dell’«Operazione 50 Community»: la Polizia Postale sgomina una rete online di pedofili residenti in ben 15 regioni diverse. Si sparge la voce che ci sarebbe di mezzo anche un personaggio famoso del web, ma nessuno fa il nome.

 

6 luglio, un tribunale sudcoreano respinge una richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti per un cittadino sudcoreano condannato per la gestione di uno dei siti di pornografia infantile più grandi del mondo sul dark web. Son Jong-woo, 23 anni, ha operato il sito Welcome to Video da giugno 2015 fino a quando non è stato arrestato a marzo 2018. Le forze dell’ordine di tutto il mondo hanno lavorato insieme per tracciare gli utenti del sito e hanno arrestato centinaia di persone in una dozzina di paesi, la maggior parte dei quali sudcoreani. Hanno anche salvato almeno 23 vittime minorenni negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Spagna che erano state attivamente violentate dagli utenti del sito.

 

Un tribunale sudcoreano respinge una richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti per un cittadino sudcoreano condannato per la gestione di uno dei siti di pornografia infantile più grandi del mondo sul dark web

11 luglio, ad un evento indetto a Dublino per combattere la pedofilia, la «March of Innocence», appaiono dei disturbatori Antifa. I manifestanti chiedevano  le dimissioni del ministro Roderic O’Gorman.  I manifestanti accusavano Gorman di essersi fatto fotografare con un famoso esponente LGBT  inglese sospettato di contatti con membri del defunto Pedophile Exchange Network, un gruppo di attivisti pro-pedofilia inglese. Per motivi non facilmente spiegabili, qualcuno sente di dover interrompere la manifestazione per l’innocenza dei bambini issando uno striscione: «tutti voi fascisti siete destinati a perdere».

 

15 luglio: i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Siena, con il coordinamento della procura dei minori di Firenze, informano i media dell’«Operazione Delirio», avviata nell’ottobre scorso con 25 indagati (19 minorenni e 6 maggiorenni). Partita da una chat fra ragazzi chiamata «Shoah party», l’inchiesta rivela video indicibili scambiati dai minorenni. Non solo: si comincia a parlare di torture e persino uccisioni di bambini in diretta sul dark web, il tutto pagato con Bitcoin.

 

«L’esistenza di siti criptati dove assistere a sevizie di ogni tipo in diretta, che terminano quasi sempre con la morte del bambino, compiute verosimilmente nel sud est asiatico»

«A far scoprire l’esistenza di siti criptati dove assistere a sevizie di ogni tipo in diretta, che terminano quasi sempre con la morte del bambino, compiute verosimilmente nel sud est asiatico, sono state le perquisizioni eseguite oggi a carico di due minorenni piemontesi, un ragazzo e una ragazza entrambi 17enni, che ora sono anche loro indagati per istigazione a delinquere e pedo-pornografia» scrive La Nazione.

 

«Le attività investigative – proseguite dopo l’esecuzione di decine di perquisizioni nell’autunno scorso e in seguito con gli interrogatori – hanno fatto affiorare, spiegano gli investigatori, “la parte più oscura e drammatica delle risultanze indiziarie”, quella relativa al “deep web”, un contesto internet criptato, “dove circolano immagini di efferata violenza, anche in situazioni ‘live’, in cui agli utenti che sono riusciti ad accedere a questi ambienti reconditi, viene consentito di interagire in condotte di violenza sessuale e tortura su minori, attuate in diretta da adulti”» continua il quotidiano fiorentino.

 

Quando sembra essersi toccato il fondo, si chiudono i giornali e si aprono i social: ma qui va ancora peggio.

 

Per una vasta porzione di utenti social statunitensi, vi sarebbe un sito di e-commerce di mobili dove talvolta comparirebbero pezzi di mobilio stranamente costosissimi (anche decine di migliaia di dollari) con nomi esotici che talvolta corrispondono a quelli di persone scomparse

Gli utenti americani cominciano a mettere insieme le tessere di un collage allucinante. Non c’è stella di Hollywood che non sia sospettata di essere immessa nella rete malefica. Vengono riesumate le morti di attori e personaggi che, secondo la teoria, avrebbero voluto ribellarsi alla cospirazione. Viene inventata di sana pianta una implausibile intervista a Mel Gibson che avrebbe denunciato una cabala pedo-satanica che comanda segretamente la Mecca del cinema. Per condire il tutto, ecco la storia dell’adrenocromo: le élite si nutrirebbero di questa sostanza secreta dai bambini sacrificati.

 

Poi ci sono teorie che vorrebbero almeno portare qualche elemento che può sembrare concreto. Per una vasta porzione di utenti social statunitensi, vi sarebbe un sito di e-commerce di mobili dove talvolta comparirebbero pezzi di mobilio stranamente costosissimi (anche decine di migliaia di dollari) con nomi esotici che talvolta corrispondono a quelli di persone scomparse. Lo stesso sistema sarebbe filtrato anche in siti che vendono libri.

 

Dai social emerge di tutto: per esempio un vecchio video di Demi Moore che bacia in bocca un ragazzino quindicenne, tutto a favore di TV, una situazione che non sappiamo contestualizzare (un compleanno di un collega attore, forse), ma la cui visione comunque ci inquieta.

 

 

Chrissy Teigen, modella e personaggio TV famoso negli USA, ha ammesso di aver eliminato 60.000 tweet e di bloccare un milione di utenti di Twitter.

 

Chrissy Teigen, modella e personaggio TV famoso negli USA, ha ammesso di aver eliminato 60.000 tweet e di bloccare un milione di utenti di Twitter

Questo avviene dopo le accuse che la Teigen avrebbe una sorta di connessione con Ghislaine Maxwell. Alcuni dei tweet della Teigen pure destano inquietudine. A volte può essere suggestione, come quando twitta frasi come «andrò in galera per la pizza». Come noto, «pizza» è una parola chiave nel linguaggio delle reti pedofile, dove «cheese pizza» starebbe a significare «child pornography». Altre volte si rimane comunque colpiti, come quando chiede di poter vedere in TV un programma di teenager che partoriscono, o come quando in un altro tweet del 2012, la Teigen scherza sul sesso con tredicenni: «sono il miglior piacere».

 

Riemerge d’imperio il Pizzagate, lo scandalo – subito definito «teoria del complotto – in cui una pizzeria di Washington, Comet Ping Pong Pizza, venne considerata come il fulcro di un sistema para-satanico di traffico di bambini. Il Pizzagate partì nel fatale 2016, quando fu hackerata la mail di John Podesta, il capo-campagna elettorale di Hillary Clinton.

 

Del Pizzagate pareva non si parlasse più. E invece…

Fu bizzarro: persino le testate di controinformazione più complottiste improvvisamente smisero di parlarne, degradandola a bufala, mentre chiunque nei media osasse porre delle domande (secondo i sostenitori c’erano coincidenze, simboli pedofili che tornavano etc.). Poco dopo un uomo entrò nella pizzeria armato di fucile d’assalto; nessun morto, criminale arrestato. Del Pizzagate pareva non si parlasse più. E invece, la storia della pizza pare proprio non essere stata digerita, ed ero erompe in mille rivoli nuovissimi.

 

Ricorderete che nelle mail di John Podesta si faceva riferimento allo «spirit cooking» dell’artista serba Marina Abramovic: performance a metà tra l’arte e l’esoterismo con cui la donna intratteneva i potenti, una sorta di cena con il menu particolare. L’immaginario dell’Abramovic, tra teschi di capra e stelle a cinque punte, suggeriva a qualcuno un coté magico-satanico preciso.

 

L’artista ha detto di non curarsi di tutte le «teorie del complotto che la riguardano» in una recente intervista al New York Times. Tuttavia, è con somma sorpresa (oppure no) che il venerdì Santo 2020 è rispuntata in uno spot di Microsoft, l’azienda trilionaria di Bill Gates.

L’arresto di Ghislaine Maxwell, i cui segreti possono far tremare il mondo dei potenti della Terra, capita proprio al centro di questa tempesta

 

Ma è  ovviamente il caso Maxwell quello su cui si sta concentrando in questo momento l’attenzione più intesa, cioè il caso Epstein. L’arresto di Ghislaine Maxwell, i cui segreti possono far tremare il mondo dei potenti della Terra, capita proprio al centro di questa tempesta.

 

Tuttavia, non manchiamo di notare come nel caso Epstein, almeno finora, non ci siano morti: ci sono tante ragazzine incatenate psicologicamente, la loro vita rovinata, certo. Ma, nonostante le minacce che secondo alcune vittime avrebbe proferito chirurgicamente la Maxwell a coloro che si allontanavano, gli scheletri veri e propri non sono ancora saltati fuori.

 

E se Epstein fosse solo la versione patinata del sistema pedofilo internazionale che ora vogliono ora mostrarci per sviare l’attenzione?

Questo per dire: e se Epstein fosse solo la versione patinata del sistema pedofilo internazionale che ora vogliono ora mostrarci per sviare l’attenzione?

 

E se tutta la storia della Maxwell (il cui arresto è quantomeno incoerente: aveva tre passaporti, molti milioni di dollari e contatti ovunque: cosa ci faceva ancora nell’unico Paese da cui doveva scappare) fosse solo una cortina di fumo? Epstein e la Maxwell con probabilità ricattavano una quantità immane di potenti della terra, di cui forse custodivano filmati mentre si facevano massaggiare o si accoppiavano (secondo qualcuno anche in vere orge) con ragazze minorenni tenute in soggezione.

 

Vi è  una pedofilia fatta di crudeltà se possibile ancora più mortifiere; vi sono  personaggi legati a dinamiche di potere che paiono perfino più intricate.

Vi è poi, come affiora da altre storie di cui sopra, una pedofilia fatta di crudeltà se possibile ancora più mortifiere – come quella del dark web di cui sopra –e ancora attorno a questo male totale vi sono altri personaggi legati a dinamiche di potere politico che paiono perfino più intricate.

 

Lo scorso 26 giugno George Nader, che è stato un testimone chiave dell’indagine del Russiagate, è stato condannato  a 10 anni di carcere per accuse di sesso minorile.

 

Nader si è dichiarato colpevole a gennaio di possedere pornografia infantile e portare un ragazzo di 14 anni negli Stati Uniti per impegnarsi in attività sessuali. Il rapporto Mueller delineava come Nader fungesse da condotto tra i soci Trump e i russi. Lo scorso dicembre è stato anche incriminato per accuse di finanziamento della campagna per presunto utilizzo di donatori fittizi per nascondere i contributi a Hillary Clinton.

 

Lo scorso 26 giugno George Nader, che è stato un testimone chiave dell’indagine del Russiagate, è stato condannato  a 10 anni di carcere per accuse di sesso minorile

Nader non è nuovo alle condanne: nel 1991 venne condannato a 6 mesi in Virginia perché beccato all’aeroporto Dulles con nascosti dentro a scatole di dolciumi (riporta Al Jazeera)i film pedofili tedeschi. A Praga, nel 2003, Nader è stato condannato dal tribunale municipale per ben 10 casi di minori abusati sessualmente e condannato a un anno di prigione. Il giornale israeliano Haaretz va nel dettaglio: «in un caso, Nader ha richiesto del sesso orale da un quattordicenne in una stanza all’Hilton Hotel di Praga (…) Dopo che il ragazzo si è rifiutato, Nader si è masturbato di fronte al ragazzo e gli ha pagato 2.000 corone ceche, un valore di circa 100 dollari di oggi».

 

Nader, di origine libanese, agiva da uomo di collegamento con i poteri del Medio Oriente, l’Occidente ed oltre.

 

Nel dicembre 2016 a New York organizza un incontro tra i funzionari degli Emirati Arabi Uniti e Jared Kushner, Michael Flynn e Steve Bannon.

 

Nader, di origine libanese, agiva da uomo di collegamento con i poteri del Medio Oriente, l’Occidente ed oltre.

Nel gennaio 2017 mette in piedi un meeting alle Seychelles tra gli Emirati e il fondatore della multinazionale dei mercenari Erik Prince (che all’epoca si dice fungesse da advisor diplomatico della squadra di transizione verso la Casa Bianca del presidente eletto Trump) facendo poi incontrare Prince ed i funzionari emiratini con Kirill Dmitriev, capo del Russian Direct Investment Fund (RDIF), fondo sovrano russo impegnato nel cercare altri coinvestitori per le attività economiche russe.

 

Si racconta persino che nel tardo 2015, su uno yacht al largo del Mar Rosso, il Nader riunì il principe degli Emirati Mohamed bin Zayed (quello che ha accolto Bergoglio a Braccia aperte) nonché l’uomo forte del Regno sauidta Mohamed bin Salman, Abdel Fattah al Sisi (il presidente dell’Egitto), il principe Salman (principe ereditario del Bahrain) e il re Abdullah di Giordania.

 

Si tratta di un potere diplomatico che non ha quasi nessuno. Nella rete di Nader, insomma, c’è tutta la geopolitica mondiale.

Si tratta di un potere diplomatico che non ha quasi nessuno. Nella rete di Nader, insomma, c’è tutta la geopolitica mondiale.

 

Come un pedofilo conclamato riesca ad avvicinarsi non solo al vertice di due monarchie del Golfo ma persino alla Casa Bianca (e il Cremlino!) resta un mistero.

 

Nader, dicevamo, è stato ora nuovamente condannato per pedofilia. Di questo caso, come vedete, non parla davvero nessuno.

 

Come un pedofilo conclamato riesca ad avvicinarsi non solo al vertice di due monarchie del Golfo ma persino alla Casa Bianca (e il Cremlino!) resta un mistero.

Come per anni, in questo Paese, non si è parlato del Forteto. Lo scorso mese, il sostituto procuratore Ornella Galeotti è stata scoltata dalla Commissione d’inchiesta parlamentare dove ha ricostruito gli anni dell’inchiesta Forteto riaperta nel 2011: «Ho ricevuto un genere di atteggiamenti e pressioni che non mi è mai più capitato».

 

«Ho detto in aula e lo direi ancora e lo ripeto in questa sede che in Toscana per 30 anni si è assistito alla sospensione di tutte le regole e leggi in questa materia».

 

Per anni, in questo Paese, non si è parlato del Forteto

Nella ricostruzione si parla dell’improvvisa comparsa di personaggi aventi relazioni con personale dei servizi, nonché, cosa assai bizzarra per una coperativa agricola, di un livello di sicurezza delle telecomunicazioni inaspettato:

 

« … Abbiamo fatto una valutazione, con la polizia giudiziaria, sulla possibilità di svolgere intercettazioni telefoniche e ambientali – ha aggiunto Galeotti – e abbiamo scoperto che il Forteto aveva un livello di sicurezza delle intercettazioni altissimo. Avevamo pensato a un “trojan” ante litteram ma non c’era proprio modo di intercettare».

Vedendo l’improvviso accalcarsi di indagini e notizie, non possiamo che chiederci: cosa sta succedendo?

 

Da Epstein in giù, in tutto il mondo, i misteri intorno all’internazionale pedofila si sprecano. Statene certi, è solo la punta dell’Iceberg. E quello che può esserci sotto è perfino peggio di un’isola dove si stuprano ragazzine.

 

Ciò detto, vedendo l’improvviso accalcarsi di indagini e notizie, non possiamo che chiederci: cosa sta succedendo?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Geopolitica

Le truppe americane lasceranno il Ciad

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Pochi giorni dopo l’annuncio da parte dell’amministrazione americana che più di 1.000 militari americani avrebbero lasciato il Niger, Paese dell’Africa occidentale nei prossimi mesi, il Pentagono ha annunciato che ritirerà le sue 75 forze per le operazioni speciali dal vicino Ciad, già la prossima settimana. Lo riporta il New York Times.

 

La decisione di ritirare circa 75 membri del personale delle forze speciali dell’esercito che lavorano a Ndjamena, la capitale del Ciad, arriva pochi giorni dopo che l’amministrazione Biden aveva dichiarato che avrebbe ritirato più di 1.000 militari statunitensi dal Niger nei prossimi mesi.

 

Il Pentagono è costretto a ritirare le truppe in risposta alle richieste dei governi africani di rinegoziare le regole e le condizioni in cui il personale militare statunitense può operare.

 

Entrambi i paesi vogliono condizioni che favoriscano meglio i loro interessi, dicono gli analisti. La decisione di ritirarsi dal Niger è definitiva, ma i funzionari statunitensi hanno affermato di sperare di riprendere i colloqui sulla cooperazione in materia di sicurezza dopo le elezioni in Ciad del 6 maggio.

 

«La partenza dei consiglieri militari statunitensi in entrambi i paesi avviene nel momento in cui il Niger, così come il Mali e il Burkina Faso, si stanno allontanando da anni di cooperazione con gli Stati Uniti e stanno formando partenariati con la Russia – o almeno esplorando legami di sicurezza più stretti con Mosca» scrive il giornale neoeboraceno.

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L’imminente partenza dei consiglieri militari statunitensi dal Ciad, una vasta nazione desertica al crocevia del continente, è stata provocata da una lettera del governo ciadiano di questo mese che gli Stati Uniti hanno visto come una minaccia di porre fine a un importante accordo di sicurezza con Washington.

 

La lettera è stata inviata all’addetto alla difesa americano e non ordinava direttamente alle forze armate statunitensi di lasciare il Ciad, ma individuava una task force per le operazioni speciali che opera da una base militare ciadiana nella capitale e funge da importante hub per il coordinamento delle operazioni militari statunitensi. missioni di addestramento e consulenza militare nella regione.

 

Circa 75 berretti verdi del 20° gruppo delle forze speciali, un’unità della Guardia nazionale dell’Alabama, prestano servizio nella task force. Altro personale militare americano lavora nell’ambasciata o in diversi incarichi di consulenza e non è influenzato dalla decisione di ritirarsi, hanno detto i funzionari.

 

La lettera ha colto di sorpresa e perplessi diplomatici e ufficiali militari americani. È stata inviata dal capo dello staff aereo del Ciad, Idriss Amine; digitato in francese, una delle lingue ufficiali del Ciad; e scritto sulla carta intestata ufficiale del generale Amine. Non è stata inviata attraverso i canali diplomatici ufficiali, hanno detto, che sarebbe il metodo tipico per gestire tali questioni.

 

Attuali ed ex funzionari statunitensi hanno affermato che la lettera potrebbe essere una tattica negoziale da parte di alcuni membri delle forze armate e del governo per fare pressione su Washington affinché raggiunga un accordo più favorevole prima delle elezioni di maggio.

 

Mentre la Francia, l’ex potenza coloniale della regione, ha una presenza militare molto più ampia in Ciad, anche gli Stati Uniti hanno fatto affidamento sul Paese come partner fidato per la sicurezza.

 

La guardia presidenziale del Ciad è una delle meglio addestrate ed equipaggiate nella fascia semiarida dell’Africa conosciuta come Sahel.

 

Il Paese ha ospitato esercitazioni militari condotte dagli Stati Uniti. Funzionari dell’Africa Command del Pentagono affermano che il Ciad è stato un partner importante nello sforzo che ha coinvolto diversi paesi nel bacino del Lago Ciad per combattere Boko Haram.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Missili Hezbollah contro basi israeliane

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Hezbollah ha preso di mira diverse installazioni militari israeliane, inclusa una base critica di sorveglianza aerea sul Monte Meron, con una raffica di razzi e droni sabato, dopo che una serie di attacchi aerei israeliani avevano colpito il Libano meridionale all’inizio della giornata.   Decine di missili hanno colpito il Monte Meron, la vetta più alta del territorio israeliano al di fuori delle alture di Golan, nella tarda notte di sabato, secondo i video che circolano online. I quotidiani Times of Israel e Jerusalem Post scrivono tuttavia che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che tutti i razzi sono stati «intercettati o caduti in aree aperte», senza che siano stati segnalati danni o vittime.   Il gruppo militante sciita libanese ha rivendicato l’attacco, affermando in una dichiarazione all’inizio di domenica che «in risposta agli attacchi del nemico israeliano contro i villaggi meridionali e le case civili» ha preso di mira «l’insediamento di Meron e gli insediamenti circostanti con dozzine di razzi Katyusha».   Il gruppo paramilitare islamico ha affermato di aver anche «lanciato un attacco complesso utilizzando droni esplosivi e missili guidati contro il quartier generale del comando militare di Al Manara e un raduno di forze del 51° battaglione della Brigata Golani», sabato scorso. L’IDF ha affermato di aver intercettato i proiettili in arrivo e di «aver colpito le fonti di fuoco» nell’area di confine libanese.     Ieri l’aeronautica israeliana ha condotto una serie di attacchi aerei nei villaggi di Al-Quzah, Markaba e Sarbin, nel Libano meridionale, presumibilmente prendendo di mira le «infrastrutture terroristiche e militari» di Hezbollah. Venerdì l’IDF ha colpito anche diverse strutture a Kfarkela e Kfarchouba.   Secondo quanto riferito, gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno tre persone, tra cui due combattenti di Hezbollah. I media libanesi hanno riferito che altre 11 persone, tra cui cittadini siriani, sono rimaste ferite negli attacchi.   Il gruppo armato sciita ha ripetutamente bombardato il suo vicino meridionale da quando è scoppiato il conflitto militare tra Israele e Hamas lo scorso ottobre. Anche la fondamentale base israeliana di sorveglianza aerea sul Monte Meron è stata attaccata in diverse occasioni. Hezbollah aveva precedentemente descritto la base come «l’unico centro amministrativo, di monitoraggio e di controllo aereo nel nord dell’entità usurpatrice [Israele]», senza il quale Israele non ha «alcuna alternativa praticabile».

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Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati

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Il funzionario di Hamas Khalil al-Hayya ha dichiarato il 24 aprile che Hamas deporrà le armi se ci fosse uno Stato palestinese in una soluzione a due Stati al conflitto.

 

In un’intervista di ieri con l’agenzia Associated Press, al-Hayya ha detto che sono disposti ad accettare una tregua di cinque anni o più con Israele e che Hamas si convertirebbe in un partito politico, se si creasse uno Stato palestinese indipendente «in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e vi fosse un ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali».

 

Al-Hayya è considerato un funzionario di alto rango di Hamas e ha rappresentato Hamas nei negoziati per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi.

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Nonostante l’importanza di una simile concessione da parte di Hamas, si ritiene improbabile che Israele prenda in considerazione uno scenario del genere, almeno sotto l’attuale governo del primo ministro Benajmin Netanyahu.

 

Al-Hayya ha dichiarato ad AP che Hamas vuole unirsi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo unificato per Gaza e la Cisgiordania, spiegando che Hamas accetterebbe «uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali», lungo i confini di Israele pre-1967.

 

L’ala militare del gruppo, quindi si scioglierebbe.

 

«Tutte le esperienze delle persone che hanno combattuto contro gli occupanti, quando sono diventate indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro Stato, cosa hanno fatto queste forze? Si sono trasformati in partiti politici e le loro forze combattenti in difesa si sono trasformate nell’esercito nazionale».

 

Il funzionario di Hamas ha anche detto che un’offensiva a Rafah non riuscirebbe a distruggere Hamas, sottolineando che le forze israeliane «non hanno distrutto più del 20% delle capacità [di Hamas], né umane né sul campo. Se non riescono a sconfiggere [Hamas], qual è la soluzione? La soluzione è andare al consenso».

 

Per il resto ha confermato che Hamas non si tirerà indietro rispetto alle sue richieste di cessate il fuoco permanente e di ritiro completo delle truppe israeliane.

 

«Se non abbiamo la certezza che la guerra finirà, perché dovrei consegnare i prigionieri?» ha detto il leader di Hamas riguardo ai restanti ostaggi nelle mani degli islamisti palestinesi.

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«Rifiutiamo categoricamente qualsiasi presenza non palestinese a Gaza, sia in mare che via terra, e tratteremo qualsiasi forza militare presente in questi luoghi, israeliana o meno… come una potenza occupante», ha continuato

 

Hamas e l’OLP hanno discusso in varie capitali, tra cui Mosca, nel tentativo di raggiungere l’unità, scrive EIRN. Non è noto quale sia lo stato di questi colloqui.

 

L’intervista di AP è stata registrata a Istanbul, dove Al-Hayya e altri leader di Hamas si sono uniti al leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 20 aprile. Non c’è stata alcuna reazione immediata da parte di Israele o dell’autore palestinese.

 

Nel mondo alcune voci filo-israeliane hanno detto che le parole del funzionario di Hamas sarebbero un bluff.

 

Come riportato da Renovatio 21, in molti negli ultimi mesi hanno ricordato che ai suoi inizi Hamas è stata protetta e nutrita da Israele e in particolare da Netanyahu proprio come antidoto alla prospettiva della soluzione a due Stati.

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Immagine di Al Jazeera English via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

 

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