Connettiti con Renovato 21

Cina

Parlava all’estero del Tibet: studentessa cinese sparita durante le vacanze in patria

Pubblicato

il

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Le denuncia degli amici: dal 30 luglio non abbiamo più notizie di Zhang Yadi, 22 anni, che avrebbe dovuto iniziare a Londra un master di antropologia alla School of Oriental and African Studies. All’estero aveva dato vita al gruppo «Chinese Youths Stand for Tibet». A Changsha fermato anche l’avvocato Jiang Tianyong che si stava interessando del suo caso. Sempre più duro il pugno di Pechino per mettere a tacere le critiche anche nelle comunità cinesi all’estero

 

Ventidue anni, brillante studentessa cinese in Francia, proprio in questi giorni avrebbe dovuto spostarsi a Londra per iniziare un master in antropologia presso la prestigiosa School of Oriental and African Studies (SOAS) della University of London. Ma dalla visita estiva alla famiglia a Changsha in Cina Zhang Yadi non è tornata.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Dal 30 luglio è sparita mentre si trovava a Shangri-La, nello Yunnan; e diverse fonti riferiscono che a portarla via siano stati gli agenti della polizia con l’accusa di «aver messo in pericolo la sicurezza nazionale». Perché avrebbero scoperto che online Zhang era @TaraFreesoul, una delle promotrici di CYS4T – Chinese Youths Stand for Tibet – un gruppo di studenti che dal maggio 2024 all’estero hanno fatto propria la causa del Tibet e ne raccontano la «verità nascosta» nelle comunità cinesi della diaspora.

 

Quello della giovane Zhang è un volto nuovo della dissidenza cinese, figlio della «generazione dei fogli bianchi», le proteste venute allo scoperto con il malcontento per la rigidissima politica Zero COVID imposta durante la pandemia. Ma è anche una triste conferma di quanto il controllo imposto da Xi Jinping in nome del “grande rinnovamento della nazione cinese” sia capillare anche fuori dalla Cina, tra i giovani che studiano e lavorano in Occidente.

 

Chi la conosce racconta che in Francia Zhang Yadi era attivamente impegnata su temi accademici e sociali, dedicandosi a promuovere il dialogo tra gruppi etnici diversi. Con coraggio si è attivamente adoperata per promuovere la comprensione reciproca tra Han e tibetani attraverso la ricerca e la scrittura.

 

Appena pochi giorni fa sul profilo X @Tarafreesoul scriveva: «la storia dei gruppi etnici della Cina sud-occidentale è una storia sanguinosa di colonizzazione, lavaggio del cervello, schiavitù, matrimoni misti e assimilazione della popolazione indigena da parte del popolo Han. Dietro lo slogan “costruire una forte comunità nazionale cinese” si celano il sangue e le lacrime di vari gruppi etnici. La loro cultura è stata repressa e scomparsa, la loro lingua madre è stata messa a tacere e scomparsa, e la loro storia non può essere scritta dal loro stesso popolo. Tutto è mascherato dai quattro caratteri di ‘nazione cinese’, come se nulla fosse accaduto, come se questa terra facesse parte dell’Impero cinese fin dall’antichità».

 

Il 5 luglio Zhang è tornata a Changsha per far visita alla famiglia. Prima della sua scomparsa il 30 luglio era in stretto contatto con amici e familiari, ma ogni comunicazione si è poi interrotta bruscamente. E alcuni dichiarazioni contrastanti pubblicate dalla madre sul suo account WeChat hanno sollevato preoccupazioni sulla libertà personale di Zhang e sulla sicurezza della sua famiglia.

 

Per questo motivo alcuni amici hanno coinvolto l’avvocato per i diritti umani Jiang Tianyong, uno dei legali già finiti nel mirino delle autorità dieci anni fa, nella repressione del 9 luglio 2015, il primo grave giro di vite sulle libertà in Cina dell’era Xi Jinping. Nel pomeriggio del 16 settembre l’avvocato Jiang Tianyong si è recato a Changsha per incontrare la signora Zhou, la madre di Zhang. Alle 16:45, proprio mentre incontrava la donna al caffè Guangdian Time City, è stato portato via con la forza da tre uomini non identificati. Si ritiene che sia stato condotto alla stazione di polizia di Yuehu, del distretto di Kaifu (Changsha), ma la sua posizione attuale rimane sconosciuta.

Iscriviti al canale Telegram

Di qui l’appello degli amici che stanno chiedendo alle organizzazioni per i diritti umani fuori dalla Cina di attivarsi per chiedere il rilascio immediato e incondizionato di Zhang Yadi e la possibilità per l’avvocato Jiang Tianyong di offrire assistenza legale alla madre della ragazza.

 

Amnesty International ha definito la vicenda «profondamente inquietante» e ha lanciato un appello affinché a Zhang sia garantito immediatamente l’accesso a un avvocato di sua scelta. L’ONG ricorda anche come proprio pochi mesi fa – in un suo rapporto – avesse evidenziato come l’azione del governo cinese per mettere a tacere le critiche all’estero sia una delle principali tendenze oggi della repressione delle libertà. «Invitiamo tutti gli Stati – conclude Amnesty Iternational – ad adottare misure per monitorare le denunce e fornire supporto alle vittime».

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Laika ac via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic 

Continua a leggere

Cina

Pechino sfida Manila: alzabandiera per la Festa nazionale allo Scarborough Shoal

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   La Cina celebra la fondazione della Repubblica Popolare nelle acque contese del Mar Cinese meridionale, promettendo di «restare a guardia» dell’atollo. Le Filippine da tempo parlano di presenza illegale. Di recente Pechino ha proposta di trasformare l’area in una riserva naturale.   La Guardia costiera cinese ha organizzato una cerimonia di alzabandiera in occasione della Festa nazionale a bordo di una nave nelle acque nei pressi della secca di Scarborough, due scogli contesi con le Filippine nel Mar Cinese meridionale. Pechino ha promesso di «restare a guardia» dell’atollo, da anni epicentro di tensioni diplomatiche e scontri marittimi con Manila.   Un video diffuso oggi, primo ottobre, giornata che segna la fondazione della Repubblica popolare cinese dopo la vittoria delle forze maoiste nella guerra civile, sull’app Douyin (l’equivalente cinese di TikTok) mostra gli ufficiali schierati in formazione sul ponte posteriore della nave Dahao mentre salutano la bandiera cinese che viene issata. «Difendiamo queste acque blu, garantendo alla nazione il nostro impegno incrollabile», recitano i sottotitoli.

Iscriviti al canale Telegram

Lo Scarborough Shoal (chiamato isola di Huangyan da Pechino e secca di Panatag da Manila) è rivendicato da entrambi i Paesi, ma di fatto è sotto controllo cinese dal 2012, quando la Repubblica popolare ne prese possesso dopo un duro stallo navale. Da allora, pattuglie della guardia costiera e pescherecci cinesi presidiano l’area, situata in una rotta cruciale, mentre le Filippine hanno più volte contestato la presenza della nave Dahao definendola «illegale».   Il mese scorso Pechino aveva irritato ulteriormente Manila annunciando la creazione di una riserva naturale «nazionale» nella regione. La Guardia costiera filippina oggi non ha rilasciato nuovi commenti riguardo all’iniziativa cinese. Un arbitrato internazionale del 2016 ha dato ragione a Manila per quanto riguarda la sovranità sulle acque del Mar Cinese meridionale, tradizionalmente una zona di pesca sia per le Filippine che per il Vietnam, ma nella decisione non rientrano gli scogli di Scarborough.   Negli ultimi anni gli scontri intorno allo Scarborough Shoal hanno incluso l’uso di cannoni ad acqua, speronamenti e manovre ravvicinate da parte delle navi cinesi. Anche aerei da caccia cinesi hanno più volte seguito velivoli filippini in missione sulla zona. Nessuno degli episodi è mai degenerato in conflitto armato, ma entrambi i governi si accusano regolarmente di provocazioni e sconfinamenti.   In un comunicato diffuso oggi, la Guardia costiera cinese ha riferito di aver intensificato dal mese di settembre i controlli intorno all’area per respingere le «incursioni illegali» delle imbarcazioni. Separatamente, il Comando meridionale dell’Esercito popolare di liberazione ha annunciato di aver rafforzato pattugliamenti navali e aerei per rispondere alle «provocazioni».   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di dominio pubblico CC0 via Wikimedia  
Continua a leggere

Cina

Pechino condanna a morte 16 gestori dei centri per le truffe online in Birmania

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il tribunale di Wenzhou ha giudicato colpevoli 39 imputati della famiglia Ming, originaria dello Stato Shan nel nord del Myanmar. Le accuse comprendono frode e traffico di droga con proventi stimati in oltre 10 miliardi di yuan. Tra i condannati a morte figurano il figlio e la nipote del patriarca Ming Xuechang, morto in circostanze controverse durante l’arresto. L’operazione si inserisce nella più ampia repressione di Pechino contro i gruppi criminali che operano in Myanmar.

 

Un tribunale cinese ha condannato a morte 16 membri della famiglia Ming, potente gruppo criminale della regione Kokang, nello Stato Shan del nord del Myanmar, coinvolto nei commerci illeciti legati ai centri per le truffe online, una questione a cui Pechino da tempo sta rispondendo con una dura repressione.

 

Secondo i media cinesi, il Tribunale intermedio di Wenzhou, nella provincia orientale di Zhejiang, ha riconosciuto colpevoli 39 imputati per 14 reati, tra cui frode, omicidio e lesioni volontarie. Le condanne sono state differenziate: 11 imputati hanno ricevuto la pena capitale immediata, cinque la condanna a morte con sospensione di due anni, 11 l’ergastolo e gli altri pene comprese tra i cinque e i 24 anni di carcere.

 

Per alcuni sono state inoltre disposte anche multe e la confisca dei beni.

Iscriviti al canale Telegram

L’accusa ha ricostruito che, a partire dal 2015, la famiglia Ming ha sfruttato la propria influenza nella regione Kokang per costituire una fazione armata e creare diversi «parchi» composti da edifici dediti alle truffe online. I gruppi armati hanno stretto alleanze con altre bande per fornire protezione alle attività illecite del clan: truffe telefoniche, traffico di droga, prostituzione, gestione di casinò e giochi d’azzardo online. I proventi stimati da frodi e gioco d’azzardo superano i 10 miliardi di yuan, circa 1,4 miliardi di dollari, secondo l’accusa.

 

Al centro del processo è finita in particolare la «Crouching Tiger Villa», una base utilizzata per le truffe online di proprietà di Ming Xuechang, patriarca della famiglia. Il 20 ottobre 2023 le guardie del complesso aprirono il fuoco contro lavoratori che cercavano di fuggire: fra le vittime vi furono 14 cittadini cinesi, alcuni dei quali – secondo indiscrezioni non verificate – erano agenti di sicurezza sotto copertura inviati da Pechino.

 

Tra i condannati a morte figurano anche il figlio di Ming Xuechang, Ming Xiaoping (noto anche come Ming Guoping), e la nipote, Ming Zhenzhen. Non compare invece la figlia, Ming Julan, il cui arresto era stato annunciato in un primo momento ma non confermato nella successiva comunicazione ufficiale da parte della giunta birmana.

 

Il patriarca Ming Xuechang, 69 anni, era stato arrestato nel novembre 2023 insieme ad altri membri della famiglia, nel quadro della pressione esercitata da Pechino sul Myanmar per smantellare i sindacati criminali del Kokang.Secondo le autorità di Naypyidaw, Xuechang si sarebbe sparato durante l’arresto ed è morto in seguito per le ferite riportate. In passato era stato membro della Zona a statuto speciale del Kokang e deputato del parlamento statale dello Shan per l’Union Solidarity and Development Party (USDP), partito legato ai militari birmani.

 

Il caso della famiglia Ming si inserisce nella vasta campagna lanciata da Pechino contro le truffe telefoniche transnazionali. Il ministero della Pubblica sicurezza ha dichiarato che, solo nel periodo del 14° Piano quinquennale (2021-25), la polizia cinese ha risolto 1,74 milioni di casi di frode, smantellato oltre 2mila centri di truffe all’estero e arrestato più di 80mila sospetti.

 

In parallelo, anche la milizia legata a Pechino che controlla il Wa State, un’area anch’essa al confine tra Cina e Myanmar, ha di recente intensificato i rimpatri forzati verso la Cina: solo negli ultimi nove mesi sono state deportate 448 persone sospettate di frodi online, in una dozzina di operazioni coordinate con Pechino.

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine da AsiaNews

Continua a leggere

Cina

Cina, Bambini presi di mira da politiche antireligiose

Pubblicato

il

Da

L’estate del 2025 ha visto una nuova escalation nella sinizzazione delle religioni in Cina. I bambini sono diventati i bersagli preferiti del regime comunista, che organizza attività di propaganda mirate a scoraggiarli dall’aderire a qualsiasi religione che si discosti dai principi decretati dal Partito Comunista sotto l’onnipotente Xi Jinping.   In una preoccupante dimostrazione di propaganda orchestrata dallo Stato, il governo cinese sta ancora una volta rivolgendo il suo apparato ideologico verso i membri più vulnerabili della società: i bambini.   A Shanghai, più precisamente nel distretto di Baoshan, sono state organizzate attività estive per trasformare i giovani in «piccoli guardiani» della comunità, come rivelato dal sito web di notizie Bitter Winter, che si impegna a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla persecuzione della religione, cristiana o di altro tipo, in Cina.   Scoraggiati dall’essere motivati ​​dalla curiosità o dalla compassione, questi bambini indottrinati sono armati di slogan e narrazioni volte a denigrare i cosiddetti gruppi religiosi «illegali», chiamati xie jiao, spesso tradotti come “sette malvagie”, ma che in realtà si riferiscono a organizzazioni religiose non riconosciute dallo Stato e non affiliate al Partito Comunista Cinese (PCC). A partire dall’inizio dell’estate del 2025, i bambini del distretto di Baoshab sono stati mobilitati per distribuire volantini contro gli xie jiao.   Sotto la maschera di concetti come «servizio alla comunità» o «alfabetizzazione scientifica», queste attività sono puro e semplice condizionamento ideologico. I bambini sono incoraggiati a recitare discorsi ostili agli xie jiao, distribuire opuscoli e mettere in scena sketch che demonizzano le minoranze religiose. L’obiettivo è chiaro: instillare fin dalla tenera età una lealtà incrollabile alla dottrina ufficiale di Xi Jinping e normalizzare la repressione di ogni espressione religiosa.   Ciò che colpisce è il tono celebrativo con cui viene presentata questa manipolazione. I contenuti digitali resi pubblici dall’Associazione Cinese Anti-Xie Jiao esaltano la «purezza» della forza dei bambini nel difendere la loro «patria armoniosa». Uno dei momenti più inquietanti della campagna di propaganda è stata l’organizzazione di un processo simulato in una reale aula di tribunale.

Sostieni Renovatio 21

Sotto la supervisione dei giudici, i bambini hanno assunto i ruoli di «giudici», «pubblici ministeri», «imputati» e «avvocati difensori», rievocando con agghiacciante realismo un caso penale in cui i membri degli xie jiao sono stati condannati a lunghe pene detentive.   Presentata come una lezione di alfabetizzazione giuridica, questa performance aveva uno scopo ben più sinistro: radicare nella mente dei bambini una visione di «moralità» definita dallo Stato ed equiparare il comportamento «illegale» all’espressione religiosa.   Gli xie jiao sono da tempo uno strumento utilizzato dalla Cina per delegittimare e criminalizzare i gruppi religiosi che si discostano dalla dottrina ufficiale del PCC. Dal Falun Gong al culto di Dio Onnipotente, fino alle chiese cristiane clandestine, questa etichetta ha giustificato programmi di sorveglianza, detenzione e rieducazione. Coinvolgendo i bambini in questa crociata, lo Stato non solo perpetua la sua repressione, ma ne garantisce anche la longevità.   Per inciso, è comico vedere uno Stato totalitario comunista ufficialmente ateo conferire un attestato di merito alle buone religioni che accettano di sottomettersi ai suoi criteri. Da quando ha stretto la morsa sull’apparato statale cinese, Xi Jinping ha intrapreso una feroce campagna di «sinizzazione» delle religioni che, con il pretesto di acculturare ogni forma di religiosità allo spirito cinese, in realtà si sforza di rendere le religioni sempre più subordinate al PCC e alla sua dottrina.   È in questo contesto di tensione che si pone il dilemma dell’accordo provvisorio firmato nel 2018 tra la Santa Sede e la Cina: uno sforzo per porre fine allo scisma delle consacrazioni episcopali avvenute senza mandato papale per alcuni, e una capitolazione di fronte alle richieste comuniste per altri.   Una questione scottante che, come molte altre, è ora sulla scrivania di Papa Leone XIV.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
   
Continua a leggere

Più popolari