Nucleare
Parlamentare ex generale russo delinea le condizioni per un possibile attacco nucleare

Un parlamentare russo di estrazione militare ha affermato che la decisione dell’Occidente di consentire all’Ucraina di lanciare attacchi a lungo raggio in profondità nella Russia con armi di fabbricazione straniera potrebbe costringere Mosca a ricorrere all’opzione nucleare.
In un’intervista rilasciata sabato all’agenzia di stampa russa RIA Novosti, Andrej Kartapolov, presidente della commissione parlamentare per la difesa, ha commentato la recente proposta del presidente russo Vladimir Putin di aggiornare la dottrina nucleare del Paese.
Mercoledì scorso, Putin aveva suggerito che la nuova strategia nucleare dovrebbe trattare «l’aggressione contro la Russia da parte di qualsiasi stato non nucleare, ma con la partecipazione o il supporto di uno stato nucleare» come un «attacco congiunto» che supererebbe la soglia nucleare. L’implicazione del cambiamento è che si applicherebbe a un possibile attacco ucraino sul suolo russo con armi fornite da Stati Uniti, Gran Bretagna o Francia.
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Secondo il Kartapolov, se l’Occidente desse il via libera all’uso di assetti a lungo raggio contro il territorio russo riconosciuto a livello internazionale, tutte le opzioni potrebbero essere sul tavolo quando si tratta di una possibile risposta. «Questo potrebbe diventare la causa, ma la decisione sarà presa dal Comandante Supremo», ha detto.
Tuttavia, potrebbero esserci altri fattori in gioco quando si prende la decisione se usare o meno le armi nucleari, e per questo motivo è impossibile dire se verranno effettivamente utilizzate, ha detto Kartapolov. Ha anche suggerito che questa ambiguità che circonda l’annuncio di Putin ha causato un po’ di panico in Occidente.
«I nostri ex partner occidentali si sono innervositi, perché si tratta di un argomento serio», ha affermato il parlamentare, già colonnello generale dell’Esercito di Mosca.
A maggio, gli Stati Uniti hanno permesso a Kiev di usare armi di fabbricazione americana per colpire obiettivi in Russia, ma solo entro una gittata molto limitata, una decisione presa in risposta all’avanzata di Mosca nella regione ucraina di Kharkov.
Putin ha avvertito che l’eliminazione delle restrizioni sugli attacchi in profondità nella Russia coinvolgerebbe direttamente gli Stati Uniti e la NATO in una guerra aperta contro Mosca, sottolineando che Kiev fa affidamento sull’esercito americano per le coordinate dei bersagli per le armi di precisione.
Il New York Times in settimana ha scritto che le agenzie di spionaggio statunitensi avevano avvertito l’amministrazione che la revoca delle restrizioni avrebbe potuto innescare una reazione diretta da parte di Mosca, tra cui «sabotaggi contro strutture in Europa» e «attacchi potenzialmente letali contro basi militari statunitensi ed europee».
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Nato nel 1963 a Weimar in quella che era allora la Germania dell’Est, Kartapolov dal 2018 a fine 2021 ha ricoperto la carica di vice ministro della Difesa e ha diretto la Direzione principale politico-militare delle Forze armate russe. Ha comandato il Distretto militare occidentale dal 2015 al 2016 e di nuovo dal 2017 al 2018. Kartapolov ha ricoperto il grado di colonnello generale dal 2015. Attualmente è membro del Parlamento russo, deputato della Duma di Stato, eletto il 19 settembre 2021.
Kartapolov è stato sanzionato dal governo del Regno Unito nel 2015 per il suo ruolo nella guerra russo-ucraina. Il 16 febbraio 2015, l’Unione Europea lo ha incluso nell’elenco delle sanzioni delle persone i cui beni sono congelati nell’UE e nei confronti delle quali sono state introdotte restrizioni sui visti. È uno dei membri della Duma di Stato sanzionati dal Tesoro degli Stati Uniti il 24 marzo 2022 in risposta all’invasione russa dell’Ucraina.
Come riportato da Renovatio 21, l’ex generale l’anno passato era intervenuto per spiegare le cause dell’ammutinamento della Wagner.
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Immagine di Mil.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Creative Commons Attribution 4.0 International
Nucleare
Stupende immagini della fusione nucleare

Plasma is better in colour! Watch one of our latest #plasma pulses in our ST40 tokamak, filmed using our new high-speed colour camera at an incredible 16,000 frames per second.
Each pulse lasts around a fifth of a second. What you’re seeing is mostly visible light from the… pic.twitter.com/jWKmcl0tEx — Tokamak Energy (@TokamakEnergy) October 15, 2025
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Nucleare
Conferenza mondiale sulla fusione nucleare in Cina

Il 14 ottobre è stata inaugurata nella megalopoli cinese di Chengdu, in Cina, la seconda riunione ministeriale del World Fusion Energy Group dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), con 1.000 partecipanti.
Il Global Times, giornale in lingua inglese del Partito Comunista Cinese, ha titolato: «Il “sole artificiale” di nuova generazione della Cina in fase di aggiornamento per i test al plasma: un esperto», offrendo un riassunto del programma cinese sulla fusione, con particolare attenzione al Tokamak superconduttore sperimentale avanzato (EAST).
Zhong Wulu, vicedirettore del Southwest Institute of Physics della China National Nuclear Corporation (CNNC) e responsabile della Divisione di Scienza della Fusione, ha dichiarato: «Per raggiungere l’energia da fusione commerciale, dobbiamo completare sei fasi, e al momento siamo alla terza». Il Zhong ha elencato le sei fasi come «esplorazione concettuale, esperimenti su larga scala, esperimenti al plasma, reattori sperimentali, reattori dimostrativi e reattori commerciali».
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Huang Mei, capo scienziato del CNNC e responsabile del progetto del ciclotrone elettronico, ha detto al Global Times che, nonostante la tabella di marcia preveda la produzione di energia da fusione entro il 2050 circa, «stiamo lavorando intensamente per anticipare questa scadenza il più possibile». Nella fase 3, il 20 gennaio 2025, il Tokamak EAST ha raggiunto un funzionamento continuo del plasma ad alto confinamento per 1.066 secondi (circa 17 minuti e tre quarti), con temperature superiori a 82 milioni di gradi Celsius.
Tuttavia, questo risultato straordinario non ha ancora raggiunto il punto di pareggio, in cui una reazione di fusione produce più energia di quella usata per riscaldare il plasma, né l’ignizione, in cui la reazione diventa autosostenibile.
Il Global Times sottolinea che gli esperti cinesi evidenziano come «i materiali e l’ingegneria rappresentino ulteriori sfide. È necessario sviluppare materiali strutturali capaci di resistere a temperature estreme e intense radiazioni neutroniche, magneti superconduttori altamente affidabili, sistemi criogenici e sistemi di diagnostica e controllo per monitorare il plasma in tempo reale con feedback rapido».
Questo sta portando a concentrarsi su leghe di tungsteno per componenti strutturali e magneti superconduttori in niobio-stagno, niobio-titanio o materiali superconduttori ad alta temperatura. Un’altra questione cruciale è «l’autosufficienza al trizio». Un obiettivo chiave è il passaggio dell’EAST a un reattore sperimentale, corrispondente alla quarta fase del processo.
Huang Mei del CNNC ha espresso ottimismo, secondo il Global Times, affermando che «il Southwest Institute of Physics, come “squadra nazionale” per la fusione, accelererà i progressi tecnici attraverso diverse piattaforme». Ha aggiunto: «Il momento che attendo con più entusiasmo è quando useremo il primo kilowatt di energia da fusione per accendere una lampadina, sarà l’istante più emozionante».
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa scienziati cinesi avevano introdotto un nuovo dispositivo di prova per la produzione di fusione.
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Lo scorso marzo la Cina aveva fatto sapere che costruirà un reattore ibrido a fusione-fissione entro il 2030, con l’obiettivo di generare 100 megawatt di elettricità continua e connettersi alla rete nazionale entro la fine di questo decennio.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina sta portando avanti le ricerche sulla fusione da anni. La Cina ha accelerato con i suoi studi per la fusione dopo che negli scorsi anni un team di scienziati cinesi aveva affermato di aver trovato un metodo nuovo e più conveniente per il processo.
Una volta scoperto un processo stabile per ottenere la fusione, potrebbe entrare in giuoco l’Elio-3, una sostanza contenuta in grande abbondanza sulla Luna, dove la Cina, come noto, sta operando diverse missioni spaziali di successo. Da qui potrebbe svilupparsi definitivamente il ramo cosmico dello scacchiere internazionale, la geopolitica spaziale che qualcuno già chiama «astropolitica», e già si prospetta come un possibile teatro di guerra.
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Immagine generata artificialmente
Nucleare
«Non c’è vittoria nella guerra nucleare»: parla l’esperto in armamenti del MIT

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