Persecuzioni
Pakistan, medici rifiutano di curare anziano gravemente malato perché cristiano
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La vicenda è avvenuta all’Ospedale civile di Sahiwal, nel Punjab. Secondo quanto denuncia Yousaf Masih Gill, al genitore i dottori hanno rifiutato un intervento chirurgico urgente per motivi di natura confessionale. Una sanitaria ha affermato: «Se avessi saputo prima che lei è cristiano, non avrei toccato suo padre». La protesta della famiglia e le scuse della direzione sanitaria.
Un nuovo episodi, dai risvolti drammatici, di intolleranza a sfondo confessionale avvenuto all’Ospedale civile di Sahiwal, nel Punjab, evidenzia una volta di più le discriminazioni di cui sono vittime le minoranze in Pakistan.
I medici del nosocomio, cui dovrebbe essere affidato il compito di salvare vite umane, si sono resi protagonisti di un fatto di negligenza grave sul piano clinico oltre che di odio verso altri concittadini solo per la fede praticata. A denunciare la vicenda è Yousaf Masih Gill, il cui padre seriamente malato e in lotta per la vita è stato oggetto di un trattamento «non professionale e discriminatorio» dei sanitari.
Secondo il racconto dei fatti avvenuti il primo ottobre scorso da parte di Yousaf Masih, una dottoressa musulmana dell’ospedale avrebbe fatto una dichiarazione agghiacciante alla famiglia in cerca di aiuto: «se avessi saputo prima che lei è cristiano, non avrei toccato suo padre». Questo commento, carico di pregiudizi religiosi, riflette un terribile livello di discriminazione che viola non solo l’etica professionale ma anche i diritti umani fondamentali.
Il figlio ha quindi aggiunto che quando lui e la sua famiglia sono entrati nella stanza del medico, sono rimasti scioccati nel trovare tutti i colleghi impegnati in una partita di Parchisi (Ludo) durante l’orario di servizio. Alla disperata ricerca di aiuto, Yousaf Masih ha infine chiesto loro di occuparsi del padre gravemente malato, ma gli è stato risposto con disprezzo: «stiamo giocando. Lo controlleremo più tardi». Questo palese disinteresse per la vita di un paziente rivela un’estrema negligenza e un grave abuso della responsabilità sul piano professionale.
All’esterno del nosocomio vi era anche Babu Nadeem, catechista cattolico, fratello di Yousaf Masih, che ha promosso un capannello di protesta insieme ad altre decine di persone, quando ha saputo che al padre era stato negato l’intervento chirurgico.
«Mio padre sta lottando con la morte e deve sopportare un dolore e un’agonia immensi, ma il comportamento dei medici è scortese nei confronti dei pazienti. Veniamo negli ospedali – prosegue – per le nostre cure mediche e crediamo di poter essere trattati senza alcuna discriminazione, perché persone di ogni religione o etnia si recano negli ospedali per medicine, visite o esami».
«Abbiamo assistito a un comportamento molto deludente – accusa – dei nostri medici solo perché siamo cristiani. Ciò non è assolutamente accettabile, chiedo a tutti voi di unirvi a noi e di alzare la voce contro questo comportamento insoddisfacente dei medici, in modo che non osino trattare male altri come stanno facendo noi. L’operazione di mio padre –conclude – è rimasta in sospeso, ma noi continueremo a protestare finché la nostra voce non sarà ascoltata e saremo trattati con equità».
Dopo la protesta, ieri l’ufficiale sanitario dell’ospedale ha visitato la famiglia in difficoltà e si è scusato per il comportamento palesemente poco professionale dei medici, assicurando loro un migliore trattamento e garantendo l’intervento chirurgico per il padre. Il medico legale ha chiesto loro di predisporre i globuli rossi e scorte di sangue per l’intervento del padre, che dovrebbe poi essere operato entro i prossimi giorni.
L’attivista per i diritti umani Ashiknaz Khokhar ha dichiarato ad AsiaNews che i cristiani continuano a subire persecuzioni e discriminazioni diffuse in quasi tutti i settori della vita.
«Nelle scuole e nelle università, gli studenti cristiani spesso incontrano pregiudizi e bullismo e vengono emarginati per la loro fede. E anche negli ospedali la situazione non è migliore e, come emerso in alcuni incidenti tragici del recente passato, i cristiani sono soggetti a negligenza e a trattamenti parziali da parte del personale medico».
Infine, anche nelle istituzioni governative e semi-governative ai cristiani «vengono spesso negate pari opportunità, subendo discriminazioni sistematiche nelle assunzioni, promozioni e diritti fondamentali».
«Questo pregiudizio generale» conclude Ashiknaz «crea un ambiente di disuguaglianza che rende difficile per i cristiani prosperare e vivere con dignità in Pakistan».
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Persecuzioni
Antica cattedrale ortodossa in Ucraina «trasformata in un cinema»
Ukrainian activists have removed all the icons from the Cathedral of the Transfiguration in Chernigov and set up a cinema inside.
This was reported by Rada deputy Artyom Dmytruk. He recalled that the 1030-year-old cathedral was seized in October 2023. Now there is a screen for… pic.twitter.com/haXUsdAaNw — Zlatti71 (@Zlatti_71) November 3, 2024
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Gli affreschi hanno ricevuto, a quanto si dice, reazioni contrastanti persino tra i seguaci locali dell’OCU, con alcuni che hanno bollato l’esposizione come un sacrilegio e ne hanno chiesto la rimozione. Tuttavia, dipingere ritratti di ktetors, i principali donatori che forniscono fondi per la costruzione o la ricostruzione di una chiesa, è una tradizione di lunga data nel cristianesimo orientale e non è in alcun modo offensivo.🇺🇦 ☦️ The Ukrainian government seized the Transfiguration Cathedral of Chernigov from the Orthodox Church, and now the building is used to show propaganda films on a medium-sized TV.
It was one of the oldest churches in Ukraine pic.twitter.com/UFzEVaP0lY — senore_amore (@SenoreAmore) November 3, 2024
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Persecuzioni
Birmania: un vescovo discute delle condizioni di vita dei cristiani
La recente proposta di papa Francesco di offrire asilo politico alla dissidente Aung San Suu Kyi ha avuto l’effetto di riportare sotto i riflettori la sanguinosa guerra civile in Myanmar (ex Birmania). In questo Paese al 90% buddista, la minoranza cristiana sta subendo il peso di una guerra civile che mescola dimensione religiosa ed etnica.
Un vescovo testimonia le condizioni vissute dai cristiani nella sua diocesi situata nell’est del Paese
La giunta militare, guidata dal generale Min Aung Hlaing, è salita al potere con il colpo di stato del febbraio 2021 che ha spodestato il governo di Aung San Suu Kyi, ponendo fine a una parentesi decennale di democrazia «all’occidentale», e precipitando il Paese in una violenza senza precedenti. Oltre agli attivisti pro-democrazia, la giunta, il cui potere vacilla, sta combattendo diversi gruppi armati etnici.
In visita a Roma per partecipare all’incontro di formazione per i vescovi di nuova nomina, mons. Celso Ba Shwe, vescovo di Loikaw, capitale dello Stato di Kayah, ha portato la sua preziosa testimonianza all’agenzia di stampa Asianews.
Dallo scorso novembre il presule è costretto a lasciare la sua cattedrale di Cristo Re, occupata dall’esercito per ordine della giunta. Ora vive tra i rifugiati nello stato di Kayah, le cui sistemazioni – principalmente tende e alloggi improvvisati in bambù – hanno dovuto far fronte al diluvio causato dal tifone Yagi.
«A Loikaw non vive più nessuno», precisa mons. Celso Ba Shwe. «La maggior parte degli edifici sono stati bruciati e distrutti, soprattutto nelle zone cristiane. In molte parti della città è anche impossibile tornare a casa a causa delle mine».
«Questi giovani sono convinti di lottare per la giustizia; nessuno di noi vuole tornare ai tempi della dittatura militare, ma anche i giovani sanno che la guerra non è la soluzione per raggiungere uno stato democratico. Ciò che la Chiesa vuole e chiede è che i PDF si presentino come un gruppo unito: questo un giorno, forse, avverrà, ma per il momento è ancora molto difficile» spiega il Vescovo di Loikaw.
Quando gli è stato chiesto di lasciare la regione per recarsi in un luogo più sicuro, il prelato ha risposto: «Sono un vescovo senza cattedrale, ma sono felice. Come posso lasciare la mia gente? Devo andare dove si trova il mio gregge. Le persone non hanno una chiesa, ma hanno i propri posti dove pregare. È un’esperienza che, con tutte le sue difficoltà, mi ricorda la vita dei primi cristiani»
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In questo stato di emergenza che vivono i cristiani del Myanmar, suore e sacerdoti si fanno protagonisti: «non possiamo darci la struttura di una ONG, ma siamo sempre vicini alla gente, con una clinica mobile per le visite mediche e un gruppo di sostegno per coloro che sono più gravemente traumatizzati».
«Le suore, soprattutto, sono vicine a chi soffre. Ed è così che raggiungiamo queste persone in regioni remote che le agenzie internazionali non possono raggiungere», specifica mons. Celso Ba Shwe che ha anche formato con urgenza catechisti per sostenere i religiosi sopraffatti.
Il futuro del Myanmar comporterà la creazione di regioni autonome? Forse perché, dall’indipendenza del Paese nel 1948, le milizie etniche hanno sempre combattuto, più o meno, contro il governo centrale in mano all’etnia maggioritaria Bamar, a maggioranza buddista.
Ma «in passato», aggiunge il prelato, «queste milizie hanno talvolta creato amministrazioni contrarie alla volontà delle popolazioni locali». Il futuro rimane quindi incerto, soprattutto perché la vicina Cina ha numerosi interessi nel Paese e rimane un attore chiave nella regione.
Ma il vescovo di Loikaw resta fiducioso: «anche se le sfide e le difficoltà sono immense, Dio non ci abbandona! Quando una famiglia mi avvisa: “non abbiamo più riso per nutrire i bambini”, qualcuno si fa avanti per fare una donazione. Non abbiamo quasi nulla, ma facciamo quello che possiamo ogni volta».
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine screenshot da YouTube
Droni
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