Pensiero
Orban: l’egemonia occidentale lunga 500 anni è finita
L’egemonia globale dell’Occidente, durata 500 anni, è finita e il futuro apparterrà all’Eurasia, ha affermato il primo ministro ungherese Viktor Orbán.
L’idea che «il mondo intero dovrebbe essere organizzato su un modello occidentale» e che le nazioni saranno disposte ad aderirvi «in cambio di benefici economici e finanziari» è fallita, ha affermato Orban al Forum Eurasia di Budapest giovedì.
Il mondo occidentale è stato sfidato dall’Oriente, ha dichiarato il leader ungherese, aggiungendo che «il prossimo periodo sarà il secolo dell’Eurasia».
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«Cinquecento anni di dominio della civiltà occidentale sono giunti al termine», ha affermato Orban.
Secondo il leader ungherese, i Paesi asiatici sono diventati più forti e hanno dimostrato di essere capaci di «crescere, esistere e durare come centri indipendenti di potere economico e politico». Ora hanno sia un vantaggio demografico che tecnologico rispetto ai loro pari occidentali, ha affermato.
Di conseguenza, il centro dell’economia mondiale si è spostato a est, dove le economie stanno crescendo quattro volte più velocemente di quelle occidentali, ha detto Orban. «Il valore aggiunto dell’industria occidentale rappresenta il 40% del mondo, e quello dell’industria orientale il 50%. Questa è la nuova realtà».
Mentre l’Asia rappresenta il 70% della popolazione mondiale e ha una quota del 70% nell’economia mondiale, l’UE è emersa come il «perdente numero uno» nella realtà in evoluzione, secondo il primo ministro magiaro, che ha affermato che l’Occidente è «soffocato» nel suo stesso ambiente, affrontando sfide come la migrazione, l’ideologia di genere, i conflitti etnici e la crisi Russia-Ucraina.
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«È comprensibilmente difficile per i leader occidentali rinunciare al senso di superiorità a cui sono abituati, ovvero che siamo i più intelligenti, i più belli, i più sviluppati e i più ricchi», ha sostenuto detto il premier ungherese.
Secondo Orban, le élite occidentali si sono organizzate per proteggere lo «status quo della vecchia gloria», che alla fine porterà a un blocco economico e politico.
Come riportato da Renovatio 21, Orban aveva già esposto il suo pensiero sul tramonto dell’Occidente a inizio anno, sostenendo che l’egemonia occidentale è finita, e chiamando al ruolo salvifico di Donald Trump.
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Immagine di The Left via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0
Pensiero
Gli elettori americani rifiutano l’aborto fino alla nascita. Mentre il papa incontra Emma Bonino
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Stamane, con enorme sorpresa e piena di emozione, Sua Santità mi ha fatto una graditissima visita. Di Papa Francesco emerge sempre l’aspetto umano straordinario. Già dai presenti che ha voluto donarmi, un meraviglioso mazzo di rose e dei cioccolatini. Sono rimasta molto… pic.twitter.com/8ldZ3K9Gwn
— Emma Bonino (@emmabonino) November 5, 2024
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Pensiero
Mistica dell’Ultra-MAGA: Trump e il «mandato del cielo»
Ieri mattina, viaggiando con un amico sull’A4, ho visto due aerei da guerra che volavano bassi.
Erano americani? Non ho fatto in tempo a discernerlo, stavo guidando. Venivano da che base? Ghedi? Istrana? Aviano? Potevo solo fare supposizioni.
Il fatto è che, per qualche attimo, ho sentito distintamente un sentimento di paura. Così, una reazione subitanea, non mediata da nulla se non dall’animo. E se fanno partire una guerra oggi…?
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Se pensate che il pensiero di un disastro militare internazionale nel giorno del voto della grande burocrazia – pardon, democrazia – USA sia peregrino, sappiate che ieri gli USA hanno indetto, per pura coincidenza, un test del Minuteman III, un missile balistico intercontinentale ipersonico a capacità nucleare. Proprio nelle ore delle elezioni: ma guarda che combinazione.
Ogni cosa poteva succedere in queste ore. Come avevo predetto, non c’è stato discorso di concessione da parte di Kamala – è troppo vuota, troppo pupazza, per ammettere la sconfitta; parlerà solo quando i pupari le diranno di farlo, e abbiamo già visto come Obama poche ore fa se ne è uscito con un discorso pazzesco sul fatto che ci potrebbero volere giorni per certificare il voto.
(Sulla strana personalità di Kamala, che sembra direzionabile, malleabile a piacimento, capace di qualsiasi contraddizione e non in grado di esprimere un’idea sua che non sia la ripetizione di un talking point assegnatole, sono avanzate in questi ultimi giorni ipotesi sorprendenti, come quella secondo cui potrebbe essere un prodotto del progetto MK-Ultra: non sappiamo se chi ha fatto la sparata ora sentirà il bisogno di approfondire).
Non mi aspettavo, certo, la valanga di voti, con il ribaltamento di Georgia, Pennsylvania, Wisconsin, i tre Stati chiave, finiti tutti e tre senza problemi in mano a Trump. Vedevo l’uomo e il suo entourage – tra cui contiamo, ora, pure Elon Musk – particolarmente tranquilli. Dobbiamo farlo too big to rig, troppo grande per un broglio. Seguendo alchimie politiche percentuali precise, hanno portato a casa il risultato. E magari i voti sarebbero ancora di più, perché è impensabile che non vi siano stati tentativi da parte dell’establishment di truccare anche queste elezioni.
È più che una vittoria storica, è un cambiamento di paradigma totale. Più che il Partito Repubblicano, che certo ha fornito l’infrastruttura, ha vinto il movimento MAGA. La spinta popolare più netta, unita, potente vista in questi anni, in tutto il mondo. Come se il popolo americano avesse ritrovato, dopo decadi di sentimenti oscuri, fiducia in se stesso.
Il popolo ha fatto vincere la democrazia, o forse no. Di fatto, gli USA paiono ora una monarchia – un unico al vertice, con tantissimo potere, secondo alcuni esattamente quello che volevano i padri fondatori americani, che si ribellarono a Londra perché volevano una monarchia senza re ed una aristocrazia senza nobili.
Chi ha visto la convention repubblicana di luglio, quella fatta con il cerotto all’orecchio poche ore dopo l’attentato di Butler, si è reso conto che oramai l’intera famiglia Trump ha colonizzato il partito e il discorso politico: dopo che al microfono si sono susseguiti figli e nuore varie, parenti amici di famiglia di ogni sorta, ha parlato dal palco persino la nipote 18enne, figlia di Don jr. È un casato, una dinastia reale. E con il popolo, nella democratica America, che l’acclama come tale.
Non abbiamo mai dato peso alle storie di QAnon, che come avete visto sono sparite completamente in questi anni. C’era questa sorta di religione oracolare, alimentata da misteriosi, criptici messaggi postati su internet, che descriveva Trump come una sorta di eroe con un’agenda segreta, un piano occulto in via di svolgimento che avrebbe sconvolto il Paese e riportato la giustizia.
Si trattava di una sorta di messianismo immanente: Trump non era investito di poteri soprannaturali, ma gli veniva assegnato questo ruolo salvifico nell’opera di imminente distruzione, dicevano, dell’élite corrotta e perversa. Ho ritenuto che si trattasse di qualcosa di vago e di losco, e guardando il documentario HBO Q Into the Storm (2021), con il regista che ritiene di aver capito chi vi era dietro, ho trovato conferma alle mie sensazioni.
Tuttavia, vale la pena di ricordare che la realtà, anche stavolta, è ben più bizzarra della finzione. I Qanonisti sostenevano che Trump avrebbe tirato fuori i nomi dell’élite pedofila di Washington ed Hollywood: il biondo ha annunciato che vuole pubblicare la lista di Epstein, mentre ci si chiede cosa accadrà a quella di Puff Daddy – con quantità di divi ospiti del rapper lubrificatore che hanno apertamente appoggiato la Harris, compresa l’ex fidanzata, l’irriconoscibile Jennifer Lopez.
Il mondo di QAnon bisbigliava di tunnel sotterranei a Nuova York, dove avvenivano indicibili traffici: ebbene, tutti ricordiamo con stupore ancora vivo i sotterranei scoperti sotto le sinagoghe hassidiche di Brooklyn.
Ancora: i Qanonimi dicevano che, ad una certa, grazie a Trump e al suo piano sarebbe uscito dalla latitanza John John Kennedy, il figlio di JFK morto nel 1999 in un incidente aereo (en passant, rammentiamo che sarebbe stato sfidante di Hillary Clinton per il seggio senatoriale democratico nella Grande Mela): ebbene, con Trump un Kennedy, il cugino Robert junior, sta per tornare davvero al governo degli USA.
Sì, what a time to be alive stanno dicendo molti ora. Che epoca incredibile ci tocca di vivere.
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Eppure, vogliamo andare un po’ oltre, e parlare di qualcosa che va oltre la stramberia del cospirazionismo realizzato. Vogliamo parlare dello spirito, vogliamo parlare della cifra mistica di ciò che sta accadendo.
In Cina, le dinastie imperiali iniziate 3000 anni fa con i Zhou hanno goduto nei millenni del Tiānmìng (天命), il «mandato del cielo».
L’idea, definita in seguito da filosofo confuciano Mencio, è che il cielo (天, Tiān) approva il sovrano giusto fornendogli un mandato a regnare. Il potere politico, quindi, ha giustificazione politica che viene dalla morale e dalla divinità. A differenza dell’Europa, non era necessario che alla base di una dinastia ci fosse un nobile: il mandato del cielo si estendeva a uomini comuni, come i fondatori delle dinastie Han e Ming, perché esso derivava dalla virtù del regnante, prima che dal suo lignaggio.
Possiamo dire che Trump abbia avuto un mandato del cielo? Sì. Di questo, personalmente, siamo convinti – dopo l’attentato che gli ha sfiorato l’orecchio, dal quale si è rialzato mostrando una fibra morale mai vista prima (con annessa foto del secolo, ottenuta naturalmente a fronte di immagini iconiche come quella di Iwo Jima che sono artefatte) e disprezzando l’idea di rintanarsi in casa lontano dai comizi mentre in circolo ci sarebbero almeno cinque team di assassini, alcuni dotati di missili terra-aria, con l’ordine di ucciderlo. (Qui ricordiamo i dittatori uccisi mentre scappano o suicidi mentre si rintanano tra il tanfo del piscio nel bunker)
L’attentato di Butler ci ha lasciato senza parole: perché una cosa così non l’abbiamo mai vista. O meglio: giammai abbiam veduto qualcosa che assomiglia di più ad un intervento divino.
Come ha detto Tony Hinchliffe, il comico che al comizio del Madison Square Garden della settimana scorsa ha rischiato di far deragliare la campagna di Trump con la battuta su Porto Rico e spazzatura (in realtà, è stata la propulsione per la gaffe odiosa di Biden e il conseguente irresistibile sketch del Trump-netturbino): «noi voteremo il 5 novembre, Dio ha votato il 13 luglio».
Non è possibile spiegare in altro modo l’accaduto: i complottisti, che ora stanno a sinistra, hanno provato a dire che era tutta una scenata per prendere voti, tuttavia, oltre ai morti, ricordiamo anche il New York Times che pubblicò l’immagine della pallottola che sfreccia nell’aere, captata per caso dalla macchina del fotografo.
Dio vuole che Trump governi? È molto probabile. E la spiegazione che ci siamo dati è piuttosto semplice: certo, Nostro Signore odia l’aborto, ma potrebbe odiare ancora di più la guerra termonucleare globale. Perché la guerra atomica è l’aborto della civiltà. L’assassinio dell’umanità tutta.
Il cielo ha assegnato il suo mandato, perché il rischio è che il cielo si ritrovi senza la terra.
E quindi, è giusto, per quanto possa sembrare sconsiderato, sentire la cifra mistica di questo momento. È possibile dire: ma Trump ha detto di essere abortista, vuole liberalizzare la provetta (che fa più vittime dell’aborto), con la religione cristiana c’entra poco. Magari è tutto vero: ma quando mai si era visto al mondo che una regolamentazione abortista – la Roe v. Wade – venisse ritirata? Con Trump: una promessa mantenuta tramite la Corte Suprema.
Perché se Trump è uno strumento della Provvidenza lo è in quanto essere umano, in quanto essere imperfetto – come tutti noi. È Dio che sa scrivere dritto su righe storte. E al momento, sembra proprio che questa pagina la vuole scrivere.
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Da qui, mandiamo un caro saluto anche ai Soloni ebeti, abbondanti assai nel giro della cosiddetta «controinformazione», che ora berciano il classico «tanto non cambia nulla». Imbecilli: se solo cambiano gli algoritmi censorii di internet (cosa fattibile in un minuto) la rivoluzione sulle nostre vite, potendo dire ed ascoltare la verità, sarebbe immane. Ne sappiamo qualcosa.
E ribadiamo: la fine dei banning su internet (non solo sui social), sarebbe un low hanging fruit, un risultato semplice da ottenere.
Immaginiamoci il resto: e se Trump comincia, come ha promesso, aa deportare gli immigrati, significa che anche in Italia possiamo cominciare a parlare di «remigrazione»?
Se Trump toglie, come promesso, gli uomini dagli sport femminili, significa che magari possiamo arginare la follia gender anche nelle scuole e nelle cliniche italiane?
Se Trump chiude con la buffonata ucraina, significa che possiamo tornare ad avere energia a basso costo?
Se Trump affonda la NATO, significa che finalmente possiamo avere la pace in Europa?
È tanta roba. C’è davvero da perdersi in questa mistica del MAGA, anzi, come si era iniziato a dire l’anno passato, ultra-MAGA. Perché né più e né meno potrebbe trattarsi di un movimento di rigenerazione dell’intero mondo – con le nostre esistenze quotidiane incluse.
Concludiamo con un segno concreto di celebrazione, un qualcosa per ricordarsi per sempre di questa giornata. Quattro anni fa, nei mesi in cui la lotta post-elettorale di Trump sembrava possibile, avevamo avuto l’idea di fare una maglietta da vendere ai lettori di Renovatio 21, che allora ci raggiungevano, en masse, tramite Facebook. Circolava questa espressione, quella del «Kraken», il mostro che – come da battuta del film Scontro di Titani (1981) conservata pure nel remake del 2010– sarebbe stato liberato con esiti devastanti.
Creammo dunque un simbolo, che chiamammo «Donald Kraken». Un’icona che doveva finire su di una t-shirt per chi segue Renovatio 21. Non facemmo in tempo a realizzarne la produzione – erano, peraltro, i mesi del lockdown duro, e di lì a poco si sarebbero abbattute su di noi censure ed avvertimenti…
Il Kraken, come sapete, nel 2020 non venne liberato. È libero ora.
La maglietta quindi, a questo punto la rendiamo disponibile.
È questa.
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Cotone organico, realizzata in serigrafia – cioè, senza stampa digitale, ma con macchine manuali.
Se la volete, costa €49, spese di spedizione in Italia incluse: potete pagare con PayPal, indicando la taglia e l’indirizzo. Per ogni questione ulteriore, scriveteci.
Portate pazienza: a breve avremo un ecommerce serio, sì. E con altri prodotti. A breve, giuriamo – perché senza non è che possiamo andare avanti molto.
Intanto però volevamo fare questa maglietta, e spedirla a chiunque voglia ricordarsi di questa storia.
Lo dobbiamo allo spirito dell’Ultra-MAGA, lo dobbiamo al mandato celeste palesatosi sotto i nostri occhi.
Lo dobbiamo ai nostri lettori, perché oggi siamo mostruosamente felici.
Roberto Dal Bosco
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