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Bioetica

Operatori sanitari, non firmate il consenso informato per la vaccinazione anti C-19!

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Lo scorso 26 dicembre l’Ordine Nazionale dei Biologi ha pubblicato il documento del cosiddetto «consenso informato» per il vaccino anti-COVID Pfizer/BioNTech. 

 

Tale modulo – la cui compilazione con firma ed anamnesi viene richiesta per poter accedere alla somministrazione del farmaco o meno  (è richiesto ai sanitari di firmare il diniego alla vaccinazione qualora non volessero sottoporvisi) — presenta dei punti veramente ambigui, che ci portano per forza a dover affermare che di tutto si tratta fuorché di un «consenso informato». 

 

Mancano i criteri esaustivi e fondamentali per poterlo definire realmente un consenso informato. 

Mancano, infatti, i criteri esaustivi e fondamentali per poterlo definire realmente un consenso informato. 

 

Andiamo per gradi.

 

Nelle prime righe del modulo, proprio sotto l’inserimento dei basilari dati anagrafici, si legge:

 

Il modulo può essere richiesto giorni prima della sessione di vaccinazione: com’è possibile sottoscrivere giorni prima un modulo in cui vi è scritto che abbiamo ricevuto «risposte esaurienti» in merito a questa somministrazione da parte di «due professionisti sanitari» addetti alla vaccinazione che ancora non abbiamo visto?

«In presenza di due professionisti sanitari addetti alla vaccinazione ho posto domande in merito al vaccino e al mio stato di salute ottenendo risposte esaurienti e da me comprese».

 

Peccato che questo modulo, specie nelle RSA, può essere richiesto giorni prima della sessione di vaccinazione. Com’è dunque possibile sottoscrivere giorni prima un modulo in cui vi è scritto che abbiamo ricevuto «risposte esaurienti» in merito a questa somministrazione da parte di «due professionisti sanitari» addetti alla vaccinazione che ancora non abbiamo visto?

 

 Andando a pagina 11 del documento, invece, troviamo altri punti davvero imbarazzanti. Si legge:

 

«L’elenco di reazioni avverse sovraesposto non è esaustivo di tutti i possibili effetti indesiderati che potrebbero manifestarsi durante l’assunzione del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19»

 

Parlando di un elenco di effetti indesiderati non esaustivo si contraddice proprio l’obiettivo che tale documento vorrebbe avere

Questa affermazione è essa stessa una contraddizione in termini rispetto a ciò che dovrebbe essere e rappresentare il consenso informato, ovvero una molteplicità di spiegazioni che hanno come obiettivo la verità, esplicata in modo comprensibile ed, appunto, esaustivo. Parlando di un elenco di effetti indesiderati non esaustivo si contraddice proprio l’obiettivo che tale documento vorrebbe avere. 

 

Poco più sotto, al punto 10 sempre di pagina 11, leggiamo inoltre che «non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza». Anche in questo caso la mancata previsione di un rischio, rende nulla la pretesa di offrire all’individuo un vero e proprio consenso informato, per il semplice fatto che il documento, per stessa ammissione di chi lo ha steso, è manchevole di informazioni. 

 

Ancora a pagina 11 viene genericamente fatto notare che «negli studi non sono stati osservati decessi correlati alla vaccinazione».

 

Pag. 11: «non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza». La mancata previsione di un rischio, rende nulla la pretesa di offrire all’individuo un vero e proprio consenso informato

È quindi doveroso chiedersi: quali sono gli studi clinici menzionati, da chi sono stati redatti e quale è il campione oggetto dello studio? Purtroppo la verità è che nessuno di questi dati è presente nel documento, e non vengono specificati i criteri di correlazione tra vaccinazione e decessi o, più semplicemente, tra vaccinazione e reazione avversa. Facile comprendere che simili affermazioni sono del tutto indeterminate e, dunque, palesemente inadatte a fornire un’informazione che possa validamente determinare un consenso così delicato.

 

Questi tre punti summenzionati, senza entrare nello specifico credo verso il vaccino o meno, minano radicalmente i i presupposti e i concetti fondamentali che determinano il consenso informato, troppo spesso relegato ad un semplice foglio da far firmare senza spiegazioni ed in modo del tutto sbrigativo. 

 

In questo documento mancano delle informazioni importantissime. Oseremmo dire le più importanti.

Non vengono specificati i criteri di correlazione tra vaccinazione e decessi o, più semplicemente, tra vaccinazione e reazione avversa

 

Il consenso informato è una cosa seria, disciplinato dagli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, oltre che dall’articolo 3 della Carta di Nizza. Ha una forte componente etica, bioetica, incentrata sulla conoscenza, sulla verità e sulla trasparenza nelle informazioni mediche e cliniche rilasciate al soggetto.

 

Siamo davanti all’omissione — volontaria o no —  del dovere di somministrate un’informazione completa e coerente, cosa che configura un comportamento contro il diritto e contro la legge stessa, a prescindere dall’assunzione del rapporto medico paziente nello schema contrattuale del contratto professionale, del contatto sociale o dell’illecito extracontrattuale: la violazione del dovere informativo costituisce un illecito e, come tale, è in grado di annullare qualsiasi «contratto», ivi compreso quello che in questo caso specifico viene richiesto di firmare. 

Il consenso informato è una cosa seria, disciplinato dagli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, oltre che dall’articolo 3 della Carta di Nizza

 

È poi doveroso menzionare il principio espresso più di venticinque anni fa dalla Corte Costituzionale, cioè quello in base al quale sia necessario individuare «con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione, al fine di realizzare un corretto bilanciamento tra la tutela della salute del singolo e la concorrente tutela della salute collettiva, entrambe costituzionalmente garantite, fissando standards di fattibilità che nella discrezionale valutazione del legislatore potrebbero tener conto del rapporto tra costi e benefici, eventualmente stabilendo criteri selettivi in ordine alla utilità di eseguire gli accertamenti in questione».

 

Se questa precisa affermazione poteva esser valida per la vaccinazione contro la polio, ad esempio, i cui effetti erano già noti da molto tempo ed il volume di dati raccolti era corposo, a maggior ragione deve valere per un farmaco che ancora non si conosce, se non per pochi e limitati aspetti, soprattutto poi quelli inerenti gli affetti sul lungo periodo che sono del tutto «incerti», come già fatto notare.

Consigliamo dunque fortemente a chi non si vaccina di non firmare alcun diniego, dal momento che fino a prova contraria siamo davanti ad un vaccino per ora ancora facoltativo. Farlo vorrebbe dire deresponsabilizzare l’azienda farmaceutica e le autorità sanitarie in caso di eventi avversi non solo nel breve termine, ma anche verso quelli a lungo termine

 

Consigliamo dunque fortemente a chi non si vaccina di non firmare alcun diniego, dal momento che fino a prova contraria siamo davanti ad un vaccino per ora ancora facoltativo, ma altresì a tutti gli operatori sanitari che hanno deciso di sottoporsi alla vaccinazione: firmare un simile consenso equivale ad ammettere di sottoporsi alla cieca ad un trattamento sanitario ai margini del quale non è stata fornita una corretta, integra, precisa ed esaustiva informazione a riguardo. Farlo vorrebbe dire deresponsabilizzare l’azienda farmaceutica e le autorità sanitarie in caso di eventi avversi non solo nel breve termine, ma anche verso quelli a lungo termine laddove viene ammessa la scarsa se non nulla conoscenza.

 

Cristiano Lugli 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Bioetica

Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

Alcuni bioeticisti mettono in dubbio l’importanza di una relazione genetica tra genitori e figli. Ciò che conta, sostengono, è un ambiente familiare favorevole, non i geni. 

 

Nel Journal of Medical Ethics, una bioeticista svedese, Daniela Cutas, e una collega norvegese, Anna Smajdor, affermano che la riproduzione assistita apre le porte a nuove relazioni tra generazioni. Ma, purtroppo, l’aspettativa è che le persone imitino una famiglia nucleare convenzionale e una struttura genitore-figlio. C’è pochissima varietà o creatività.

 

Ad esempio, dopo la donazione di sperma postumo, una madre o una nonna portano in grembo il bambino in modo da mantenere una relazione genetica. Ma perché la genitorialità genetica e quella sociale dovrebbero coincidere?

 

Cutas e Smajdor sono realiste. Nel mondo di oggi, è improbabile che le persone abbandonino il loro attaccamento alle relazioni genetiche. Nel frattempo, ciò che propongono è una maggiore creatività nell’uso degli embrioni fecondati in eccedenza. 

 

«Considerando la crescente prevalenza di infertilità in combinazione con una scarsità di gameti donati, qualcuno potrebbe, ad esempio, scegliere di utilizzare gli embrioni di propri zii. Oppure potrebbero desiderare di avere gli embrioni rimanenti dei loro fratelli. Se la preferenza delle persone ad avere una prole geneticamente imparentata è importante nei servizi di fertilità, allora ha importanza quale sia l’esatta relazione genetica?»

 

Esaminano più in dettaglio il caso di una donna i cui genitori hanno creato embrioni IVF. Se sono ancora disponibili, perché non dovrebbe dare alla luce i suoi fratelli? In un certo senso, questo potrebbe essere migliore di una relazione eterosessuale convenzionale:

 

«Innanzitutto perché gli embrioni sono già creati: non è necessario sottoporsi alla stimolazione ovarica per raccogliere e fecondare gli ovociti. In secondo luogo, le relazioni genitore-figlio sono piene di tensioni, alcune delle quali derivano da una lunga tradizione di non riconoscimento completo dello status morale dei bambini e di vederli come parte dei loro genitori in modo quasi proprietario».

 

Sembra un peccato sprecare tutti quegli embrioni congelati. Concludono con questo pensiero:

 

«In un mondo in cui i tassi di infertilità sono in aumento e i costi sociali, medici e sanitari dei trattamenti per la fertilità sono elevati, suggeriamo che ci siano motivi per ampliare le nostre prospettive su chi dovrebbe avere accesso ai materiali riproduttivi conservati».

 

Michael Cook

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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Bioetica

Approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta europea

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Mercoledì 11 aprile 2024 gli eurodeputati hanno adottato, con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, una risoluzione che chiede l’inclusione dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce “diritti, libertà e principi riconosciuti” negli Stati membri.

 

La risoluzione, promossa dai liberaldemocratici (Renew), dai socialdemocratici (S&D) e dalla sinistra, afferma che «controllare la propria vita riproduttiva e decidere se, quando e come avere figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani per le donne, le ragazze e tutte coloro che possono rimanere incinte».

 

I promotori hanno motivato la loro posizione con documenti delle Nazioni Unite che invitano a mantenere la «decisione individuale di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza».

 

La mozione cita anche la decisione della Francia di includere l’aborto nella Costituzione come esempio da seguire, sostenendo la «necessità di una risposta europea al declino dell’uguaglianza tra uomini e donne».

 

Minaccia ai gruppi pro-vita

I deputati sono preoccupati anche per «l’aumento dei finanziamenti ai gruppi contrari all’uguaglianza di genere e all’aborto» in tutto il mondo e nell’UE. Chiedono alla Commissione di garantire che le organizzazioni che «lavorano contro l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne» non ricevano finanziamenti dall’UE.

 

Il testo insiste affinché gli Stati membri e le amministrazioni aumentino la spesa per programmi e servizi sanitari e di pianificazione familiare.

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Contro gli «agenti religiosi ultraconservatori»

La mozione adottata parla ancora di «forze regressive e attori religiosi ultraconservatori e di estrema destra» che «stanno cercando di annullare decenni di progressi nel campo dei diritti umani e di imporre una visione del mondo dannosa sui ruoli degli uomini e delle donne nelle famiglie e nella vita pubblica».

 

Il testo adottato dal Parlamento europeo critica alcuni Stati membri: Polonia, Malta, Slovacchia e Ungheria, le cui politiche sull’aborto sono più conservatrici della maggior parte degli altri. Esorta i governi europei a «rendere obbligatori i metodi e le procedure di aborto nel curriculum dei medici e degli studenti di medicina».

 

Nel 2022, il Parlamento Europeo aveva già adottato una risoluzione a favore dell’aborto, che condannava la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire Roe vs Wade.

 

Una risoluzione che, si spera, non dovrebbe essere adottata

Questa risoluzione chiede solo una modifica alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza avere il potere di apportare tale modifica. La risoluzione adottata propone che l’articolo 3.2a sia modificato come segue:

 

«Tutte le persone hanno diritto all’autonomia corporea, all’accesso libero, informato, pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale».

 

Per apportare una modifica alla Carta dei diritti fondamentali sarebbe necessaria l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Alcuni Paesi in cui la vita dei bambini non ancora nati è meglio tutelata – Malta, Ungheria e Polonia – non dovrebbero, al momento, dare il loro consenso.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Bioetica

Il Gambia potrebbe revocare il divieto di mutilazione genitale femminile

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Negli Stati Uniti, in Australia e in Europa non può esserci causa più popolare, più umana e più progressista dell’abolizione della mutilazione genitale femminile (MGF). Molti paesi lo hanno vietato; le ONG educano le persone al riguardo. Le Nazioni Unite hanno proclamato la Giornata internazionale della tolleranza zero nei confronti delle mutilazioni genitali femminili.   Tuttavia tale consenso è crollato in Gambia. Il parlamento di questo paese dell’Africa occidentale a maggioranza musulmana ha appena votato a stragrande maggioranza per revocare il divieto delle MGF del 2015.   Molti parlamentari affermano che le MGF sono necessarie per «sostenere la lealtà religiosa e salvaguardare norme e valori culturali». Il disegno di legge sarà esaminato da una commissione parlamentare prima del voto finale.   In breve, il Gambia potrebbe diventare il primo paese a sfidare il consenso internazionale sulle MGF.

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Da un punto di vista politico, il dibattito sul divieto delle MGF rappresenta un enigma per i valori democratici. Il divieto è stato imposto da un autocrate che ha governato dal 1996 al 2017, Yahya Jammeh. Pertanto i cittadini del Gambia si trovano di fronte alla scelta tra una politica impopolare imposta loro da un dittatore o una politica popolare adottata democraticamente.   Come riportato dal quotidiano locale The Point, un deputato ha dichiarato nel corso del dibattito:   «Il 99,9% non è d’accordo con il divieto della circoncisione femminile. Ciò è presente nel Women Act dal 2015 ma non nella Costituzione. La Costituzione è la legge suprema del popolo; la libertà dei diritti e la legge religiosa, l’Assemblea nazionale non dovrebbe emanare alcuna legge che sia contro la volontà dei cittadini. Lo scopo di ciò non è basato sulla salute ma piuttosto contro la nostra religione».   Un altro ha detto: «non possiamo condannare la nostra tradizione. Anche i bianchi hanno la loro tradizione. Non possiamo imporre ciò che la gente non vuole».   Tuttavia, Jaha Durekeh, la fondatrice della ONG Safe Hands for Girls, una giovane donna diventata famosa in tutto il mondo per la lotta alle MGF, protesta dicendo che le MGF non sono autenticamente islamiche.   «Amo l’Africa e amo il mio Paese, e non lo faccio per promuovere alcuna agenda occidentale. È piuttosto triste che la nostra gente pensi che non abbiamo la mente per pensare con la nostra testa e difendere la nostra gente».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni. SOSTIENI RENOVATIO 21
 
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