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Nucleare

Netanyahu dice di avere «informazioni interessanti» sull’uranio iraniano

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Il premier israeliano Benjamino Netanyahu ha affermato di avere «informazioni interessanti» sulla posizione dell’uranio arricchito iraniano.

 

Il primo ministro dello Stato Giudaico ha rilasciato questa dichiarazione in seguito ai raid aerei statunitensi contro gli impianti nucleari di Teheran a Fordow, Natanz ed Esfahan.

 

Parlando ai giornalisti durante un briefing di domenica, Netanyahu ha confermato che Israele è a conoscenza dell’ubicazione dei 400 chilogrammi di uranio arricchito al 60% dell’Iran, ma ha rifiutato di fornire ulteriori dettagli.

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«Lo stiamo seguendo molto da vicino. Posso dirvi che è una componente importante di un programma nucleare. Non è l’unica. Non è una componente sufficiente. Ma è una componente importante e abbiamo informazioni interessanti al riguardo, che mi scuserete se non vi condivido», ha detto quando gli è stato chiesto dove si trovasse il materiale.

 

Il Netanyahu ha inoltre affermato che il sito nucleare sotterraneo iraniano di Fordow è stato danneggiato domenica da un attacco di bombardieri statunitensi, che avrebbe utilizzato munizioni antibunker, ma ha sottolineato che l’entità dell’impatto rimane poco chiara.

 

Secondo Netanyahu, Israele «ha dovuto agire» in seguito a quella che ha descritto come la spinta accelerata di Teheran verso la dotazione di armi nucleari dopo l’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah nel settembre 2024, accusando l’Iran di espandere il suo programma missilistico e di pianificare la produzione di 300 missili balistici al mese.

 

Il Netanyahu ha aggiunto che Israele è ora «molto, molto vicino» al raggiungimento del suo obiettivo di eliminare quella che ha definito la doppia minaccia rappresentata dalle capacità nucleari e missilistiche dell’Iran.

 

«Non proseguiremo le nostre azioni oltre quanto necessario per raggiungerle, ma non finiremo nemmeno troppo presto. Quando gli obiettivi saranno raggiunti, l’operazione sarà completa e i combattimenti cesseranno», ha detto ai giornalisti, aggiungendo: «Israele è molto vicino agli obiettivi che ci siamo prefissati nella campagna contro l’Iran».

 

L’Iran ha ripetutamente negato di voler sviluppare armi nucleari e sostiene che il suo programma sia pacifico. All’inizio di questo mese, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha confermato che le riserve di uranio arricchito dell’Iran continuavano a crescere, sebbene il materiale rimanesse al di sotto dei livelli di qualità militare.

 

Teheran ha iniziato ad aumentare l’arricchimento dopo che gli Stati Uniti si sono ritirati unilateralmente dall’accordo nucleare del 2015 nel 2018, sotto la presidenza di Donald Trump.

 

Funzionari iraniani hanno accusato Israele di aver inventato minacce per giustificare l’escalation militare e hanno avvertito che ulteriori aggressioni innescheranno una risposta decisa.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia 

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Nucleare

22 Paesi africani vogliono l’energia nucleare

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Ventidue paesi africani sono interessati allo sviluppo dell’energia nucleare e alcuni sono in diverse fasi di firma di accordi con paesi come Russia e Cina per progetti di costruzione. Lo riporta un recente rapporto pubblicato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), «Prospettive per l’Energia Nucleare in Africa», commissionato dal Sudafrica, sede della Presidenza del G20 del 2025,   Ad esempio, l’Egitto sta già costruendo una centrale nucleare a quattro unità a El Dabaa in collaborazione con la russa Rosatom. Lassina Zerbo, presidente del Consiglio per l’Energia Atomica del Ruanda, è intervenuto al Global Atomic Forum, che si è svolto a margine della Settimana Mondiale dell’Atomica dal 25 al 28 settembre a Mosca, dove ha dichiarato alla stampa russa che «l’ammodernamento delle reti nazionali per supportare impianti nucleari su larga scala comporterebbe costi proibitivi».   Al contrario, i microreattori e le piccole unità modulari [SMR] possono funzionare con le infrastrutture esistenti, offrendo una soluzione «plug and play» che evita la necessità di ingenti investimenti nella modernizzazione della rete. Tali reattori richiedono pochi sforzi per l’ammodernamento e comportano «costi non così elevati» che permettano «di beneficiare di un’energia di cui abbiamo bisogno per il nostro sviluppo socioeconomico» ha continuato lo Zerbo, sottolineando che la Russia sta collaborando con il Ruanda e altri paesi anche per formare il personale che costruirà e gestirà i reattori.

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Anche Robert Bright Mawuko Kwabena Sogbagji, vicedirettore del Ministero dell’Energia del Ghana, ha parlato con la testata governativa russa Russia Today, concordando con lo Zerbo. «Indipendentemente dalle dimensioni della rete, i piccoli reattori nucleari modulari sono in grado di soddisfare il fabbisogno energetico dei paesi africani del Sud del mondo». Sia il Ruanda che il Ghana hanno accordi intergovernativi in ​​vigore per lo sviluppo dell’energia nucleare.   Dopo il Global Atomic Forum, il presidente russo Vladimir Putin ha incontrato il primo ministro etiope Abiy Ahmed a Mosca e ha firmato un piano d’azione per lo sviluppo di un progetto di energia nucleare.   Come riportato da Renovatio 21, anche l’Uganda, Paese paria per gli occidentali che condannano le sue leggi anti-LGBT, ha segnalato due anni fa la volontà di dotarsi di tecnologia nucleare russa.   L’Egitto aveva iniziato la costruzione di una centrale nucleare con reattori di terza generazione in grado di produrre 1,2 gigawatt cinque anni fa. Anche in questo caso, la tecnologia viene dall’agenzia atomica russa Rosatom, di fatto il primo esportatore di energia nucleare al mondo.   Come riportato da Renovatio 21, un anno fa il Sudan ha firmato accordi di sviluppo per l’energia nucleare con la Repubblica Popolare Cinese. La Cina è impegnata anche nella costruzione dell’industria atomica nigeriana. La Cina l’anno passato ha triplicato le importazioni di uranio dalla Russia.

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La Cina ha grandi ambizioni nucleari: negli Stati Uniti sono state costruite solo due nuove centrali nucleari in questo secolo, la Cina ne ha costruite quasi 40 e, come ha dichiarato a maggio il vicepresidente dell’Autorità cinese per l’energia atomica, Wang Yiren, alla China Nuclear Energy Association, il Partito comunista cinese (PCC) «mira a superare gli Stati Uniti in termini di capacità nucleare installata entro il 2030».   Mentre il Terzo Mondo e le superpotenze avanzano verso l’atomo e la sua energia abbondante e pulita, l’Italia resta al palo a causa della politica di scellerata denuclearizzazione seguita al referendum ecologista del 1986, indetto nella demagogia di partiti ambientalisti biodegradabili (di fatto, spariti dalla scena).   Ciò lega la Repubblica Italiana alle importazioni di energia nucleare dalle nazioni vicine (con i reattori non lontani dai confini…) come la Francia. L’Italia dipende dall’elettricità francese per il 6%. Ha destato scalpore nel 2022 la possibilità che la Francia possa chiudere il rubinetto dell’energia per l’Italia, mandando potenzialmente la rete elettrica italiana o parte di essa in blackout.   Il governo attuale sembra non voler davvero toccare la questione della rinuclearizzazione.

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Immagine della centrale nucleare di Chooz, Francia Immagine di Raimond Spekking via Wikimedia pubblicata su licenza CC BY-SA 4.0
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Nucleare

I piani nucleari dell’India

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il governo Modi punta a rilanciare l’energia atomica con un nuovo Fondo di responsabilità nucleare per attrarre investimenti. L’obiettivo è portare la capacità di produzione dagli attuali 8,18 a 100 gigawatt entro il 2047. Delhi ha già aperto al settore privato la fornitura e la lavorazione dell’uranio, ma rimangono criticità: costi elevati, la mancanza di un’autorità regolatoria indipendente e le incognite legate ai reattori modulari di nuova generazione.

 

Nei giorni scorsi l’India ha presentato i piani per istituire un Fondo di responsabilità nucleare, una decisione presa per attrarre massicci investimenti privati ed esteri nel settore dell’energia atomica, storicamente molto protetto. Si tratta di un tentativo di superare le rigorose leggi che regolano il nucleare in caso di incidenti al fine di aprire il Paese alla cooperazione internazionale e agli investimenti esteri.

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Una mossa che segue precedenti annunci volti a smantellare il monopolio statale sul ciclo del combustibile, parte di riforme più ampie considerate cruciali dal primo ministro Narendra Modi, che ha fissato l’ambizioso obiettivo di espandere la capacità di produzione di energia nucleare di 12 volte entro il 2047, puntando ad almeno 100 gigawatt di capacità nucleare, attualmente ferma a 8,18 GW. Un’espansione a sua volta legata ai progetti per la transizione energetica dell’India, che punta a raggiungere l’obiettivo di «emissioni zero» entro il 2070.

 

Il Fondo di responsabilità nucleare dovrebbe coprire gli importi di risarcimento per incidenti che superano i 15 miliardi di rupie (circa 169 milioni di dollari) dovuti dagli operatori degli impianti nucleari. Questo strumento, che sarà introdotto tramite un nuovo disegno di legge sull’energia atomica, agirebbe come un supplemento alla responsabilità già prevista per gli operatori. Secondo le prime indicazioni, il piano mira anche ad alleggerire le norme sulla responsabilità dei fornitori previste dalla Civil Liability for Nuclear Damage Act (CLNDA) del 2010, considerate finora un forte deterrente alla partecipazione di aziende straniere.

 

Ci si aspetta quindi che con la nuova normativa vengano sbloccati investimenti privati ed esteri nel settore nucleare: grandi conglomerati nazionali, tra cui Tata Power, Adani Power e Reliance Industries, stanno già preparando piani di investimento in previsione dell’entrata della nuova legge.

 

Ad agosto il governo indiano aveva inoltre annunciato l’intenzione di porre fine a un monopolio statale sulla fornitura e la lavorazione dell’uranio che durava da decenni, permettendo alle aziende private di estrarre, importare e trattare uranio. Tuttavia, le riserve nazionali non basteranno a coprire il fabbisogno previsto per l’espansione del settore, e una parte significativa del combustibile dovrà continuare a essere importata, richiedendo all’India una maggiore capacità di lavorazione.

 

Restano comunque alcune sfide, le più immediate delle quali riguardano il piano legislativo che regola il settore nucleare. Inoltre, i progetti nucleari sono caratterizzati da elevati costi di capitale iniziali e periodi di gestazione più lunghi rispetto alle fonti energetiche alternative, il che presenta difficoltà per la competitività dei costi e l’efficace mobilitazione del capitale.

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L’Atomic Energy Regulatory Board (AERB) rimane subordinato al Dipartimento dell’Energia atomica (DAE). Con l’ingresso del settore privato, l’istituzione di un regolatore indipendente separato dagli interessi commerciali del DAE diventa fondamentale. Gli impianti nucleari sono anche esposti a rischi climatici, come ondate di calore e siccità, che hanno costretto a interruzioni temporanee in altre parti del mondo quando le temperature dell’acqua di raffreddamento sono diventate troppo elevate.

 

L’India sta anche investendo in tecnologie come i reattori modulari (SMRs), con l’obiettivo di svilupparne almeno cinque entro il 2033. Alcuni studi hanno avvertito che gli SMR potrebbero generare scorie più voluminose e radioattive per unità di energia rispetto ai grandi reattori tradizionali, sebbene la questione sia ancora dibattuta nella comunità scientifica. Ottenere l’accettazione da parte della società indiana richiede quindi lo sviluppo di solide garanzie normative e di adeguate infrastrutture per lo smaltimento delle scorie.

 

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Immagine: grancobollo del 1976 che ritrae la centrale atomica di Trombay, con la sua caratteristica architettura a forma di lingam shivaita.

Immagine di Post of India via Wikimedia pubblicata su licenza Government Open Data License – India (GODL)

 

 

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Nucleare

Gli attacchi aerei israelo-USA non hanno distrutto gli impianti nucleari iraniani: parla il capo della diplomazia nucleare di Teheran

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Il vicepresidente iraniano e responsabile dell’Organizzazione per l’Energia Atomica dell’Iran, Mohammad Eslami, in visita a Mosca per discutere dell’espansione del programma nucleare iraniano con il supporto russo, ha dichiarato in un’intervista televisiva del 26 settembre che gli attacchi israelo-americani di giugno non hanno danneggiato l’infrastruttura nucleare del Paese.   «I bombardamenti non hanno distrutto le nostre strutture nucleari. Abbiamo un piano ben definito per proseguire il nostro programma, senza deviazioni dal nostro impegno per lo sviluppo pacifico delle tecnologie nucleari. Stiamo procedendo senza ostacoli», ha detto, secondo l’agenzia stampa statale russa TASS.   Eslami ha anche criticato l’AIEA per non aver condannato gli attacchi, accusandola di complicità. «Quando le nostre strutture, registrate sotto la supervisione dell’AIEA, vengono colpite militarmente e né l’AIEA, né il Consiglio di Sicurezza, né il Consiglio dei Governatori li denunciano, cosa significa? Significa che queste istituzioni sono complici dell’attacco militare», ha dichiarato alla testata governativa russa Sputnik, rispondendo a una domanda sulla futura collaborazione con l’agenzia nucleare dell’ONU.   «Se non condannano gli attacchi, come possiamo fidarci di loro? Questo tocca la nostra sicurezza nazionale. Secondo lo statuto dell’AIEA e il sistema di garanzie, l’Agenzia aveva l’obbligo legale di denunciare gli attacchi. Il suo silenzio genera sfiducia», ha aggiunto, sottolineando che Teheran aveva ufficialmente notificato gli incidenti all’AIEA.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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