Geopolitica
Nella lista degli ebrei più influenti entra Prigozhin ed esce Zelens’kyj
Il presidente ucraino Zelens’kyj non è stato incluso nella lista dei 50 «ebrei più influenti» del 2023 compilata ogni anno dal quotidiano israeliano Jerusalem Post.
Lo Zelens’kyj era in cima alla lista nel 2022 nel conflitto in corso tra Mosca e Kiev.
Quest’anno, il primo posto nella lista del giornale è stato assegnato a Sam Altman, CEO di OpenAI, la società tecnologica americana che ha creato il chatbot ChatGPT. Seguono il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro degli Esteri americano Antony Blinken, che occupano rispettivamente il secondo e il terzo posto tra gli «ebrei più influenti» di questa annata.
Il Jerusalem Post ha anche assegnato una menzione d’onore al defunto uomo d’affari russo e fondatore della compagnia militare privata Gruppo Wagner, Evgenij Prigozhin, sebbene lo abbia classificato al 52° posto.
L’imprenditore, che aveva un «patrigno ebreo», ha trasformato un «chiosco di hot dog in un impero di ristoranti di lusso», scrive il giornale gerosolomitano, aggiungendo che la sua eredità è stata «cementata» dal suo ruolo di capo del gruppo Wagner.
Sulla mancanza del nome dello Zelens’kyj nella lista il quotidiano non ha fornito alcuna spiegazione.
A settembre 2022, il giornale aveva piazzato Zelens’kyj al primo posto della lista prima di spostarlo al secondo posto, dietro all’allora primo ministro israeliano, Yair Lapid, riporta RT.
A quel tempo, si diceva che il conflitto di Kiev con Mosca lo aveva promosso allo status di «icona», guadagnandosi il paragone con il primo ministro britannico della Seconda Guerra Mondiale, Winston Churchill, idea ripetuta anche dal controverso, non acutissimo, presidente americano George W. Bush, responsabile degli immani massacri in Iraq, Afghanistan e oltre.
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Il giornale dello Stato Ebraico ha tuttavia notato che prima del conflitto, il leader ucraino era stato «considerato una curiosità se qualcuno fuori dall’Ucraina pensava a lui» a causa del suo passato di comico che interpretava il presidente dell’Ucraina nel telefilm locale «Servo del Popolo», che divenne poi il nome del partito.
La serie fu lanciata dall’emittente 1+1 posseduta dall’oligarca Igor Kolomojskij, ebreo con passaporto israeliano (oltre che cipriota) ritenuto il suo primo mentore.
Kolomojskij è stato presidente della Comunità Ebraica Unita dell’Ucraina, e nel 2010 è stato nominato – con quello che poi sarà definito «un putsch» – presidente del Consiglio Europeo delle Comunità Ebraiche (ECJC). Tuttavia, dopo le veementi proteste degli altri membri del consiglio, dovette lasciare e fondarsi una lega ebraica tutta sua, la European Jewish Union.
Ciò non lo ha fermato dal finanziare, secondo un articolo di Reuters del 2015, i battaglioni ucronazisti. «Il battaglione Azov, parzialmente finanziato da Taruta e Kolomojskij, usa il simbolo nazista Wolfsangel come logo e molti dei suoi membri sposano apertamente opinioni neo-naziste e antisemite» scriveva l’agenzia Reuters oramai otto anni fa.
Secondo un vecchio servizio di VOA, testata pubblica statunitense orientata decisamente sugli interessi degli Stati Uniti, Zelens’kyj sarebbe andato a trovare Kolomojskij un gran numero di volte sia a Ginevra sia in Israele.
Nello Stato Ebraico l’attuale presidente ucraino avrebbe comprato una casa per i genitori. Come noto, possiede anche una lussuosa villa a Forte dei Marmi. Secondo Seymour Hersh, funzionari polacchi e ungheresi, con i funzionari USA (che sono fonti del giornalista Pulitzer) in piena coscienza della cosa, avrebbero prospettato a Zelens’kyj la possibilità di essere esiliato proprio in Italia. All’epoca i giornali italiani cercarono di capire la rete di varie società coinvolte nella proprietà della villa, tra cui alcune registrate a Cipro, dove operava anche, pure con cittadinanza del Paese, il Kolomojskij.
Come riportato da Renovatio 21, Kolomojskij non è più nelle grazie del suo pupazzo: ora subisce raid in casa da parte dei servizi di sicurezza interna SBU e accuse di riciclaggio internazionale. Su Kolomojskij pendono accuse anche negli USA.
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A giugno, il presidente russo Vladimir Putin aveva denunciato Zelens’kyj, definendolo una «vergogna per il popolo ebraico» criticando Kiev per aver celebrato apertamente i nazionalisti ucraini collaborazionisti della Germania hitleriana come Stepan Bandera, la cui organizzazione è stata responsabile delle uccisioni di massa di ebrei e polacchi in Ucraina durante la Seconda Guerra Mondiale.
La scorsa settimana Putin ha accusato l’Occidente di usare le origini ebraiche di Zelens’kyj per distrarre dal ritorno del nazismo in Ucraina. Tre mesi fa una timida critica, superficiale e con paraocchi, era stata tentata anche dall’ambasciatore israeliano a Kiev. Nel frattempo, una delegazione del battaglione Azov, un tempo denunciato da vari quotidiani internazionali come neonazista, è andata in visita in Israele.
Come riportato da Renovatio 21, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbe ora fuggita all’estero, ha rivelato un rabbino di Kiev al Washington Post a inizio mese.
Zelens’kyj lo scorso mese ha dichiarato di voler perseguire un «modello israeliano», facendo dell’Ucraina un alleato finanziato e armato pesantemente dagli USA.
Israele in questi mesi aveva dichiarato di non voler fornire il sistema di difesa antiaerea «Iron Dome» agli ucraini per timore che potesse cadere poi in mano iraniana. A inizio anno Tel Aviv aveva rifiutato la pressione USA per fornire batteria di difesa aerea all’Ucraina.
Immagine di Gabinetto dei ministri dell’Ucraina via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
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Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.
Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.
«Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.
Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».
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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».
Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.
Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».
Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».
Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.
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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
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