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Mons. Williamson risponde al libro di Padre Georg

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Nel libro di quello che i media chiamano «Padre Georg» Gänswein, ma che in realtà è un arcivescovo e quindi merita il titolo di monsignore, vi è un passaggio che ha destato curiosità in molto del mondo tradizionalista e non solo in quello.

 

Si tratta del passaggio in cui monsignor Gänswein tratta il tema della revoca della scomunica dei quattro vescovi della Fraternità San Pio X (FSSPX), cioè di quelli che i giornali chiamano sbrigativamente «lefebvriani», ordinati da monsignor Marcel Lefebvre nel 1988 e quindi scomunicati latae sententiae da Giovanni Paolo II perché consacrati senza mandato pontificio.

 

Come noto, la revoca della scomunica tramite decreto di remissione fu operata da Benedetto XVI nel 2009, non senza generare qualche scandalo… e anche qualche misterioso, coordinatissimo, contraccolpo: emersero, d’improvviso, immagini di un’intervista TV fatta mesi prima a uno dei quattro, monsignor Williamson, che esponeva le sue idee, difformi dalla storiografia ufficiale ed accettata, sui campi di concentramento nazisti: in una parola, fu accusato di «negazionismo». Seguì uno scandalo mondiale, con monsignor Williamson perfino espulso dall’Argentina di Christina Kirchner come persona non grata.

 

Nel libro di monsignor Gänswein, in un paragrafo intitolato «Una clemenza malintesa», si parla del processo per arrivare alla remissione delle scomuniche dando conto di qualche retroscena sconosciuto.

 

«Per comprendere quanto accadde è però necessario tenere a mente la tempistica, ricostruita dal cardinale Castrillón – scrive il prelato tedesco, virgolettando il cardinale colombiano Darío Castrillón Hoyos (1929-2018), allora presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei – “Il 14 gennaio 2009 ho ricevuto il decreto approvato dal Santo Padre e firmato dal cardinale Re. A casa mia, il 17 gennaio l’ho consegnato a monsignor Fellay, pregandolo di informare gli altri tre vescovi della Fraternità. Solo allora essi seppero che a partire dal 21 gennaio sarebbero stati liberi dalla scomunica, e si chiese loro di conservare il segreto fino al giorno 24, quando sarebbe stato pubblicato ufficialmente il decreto”»

 

La tempistica, di fatto, riserva sorprese.

 

« (…) Il 20 gennaio il settimanale tedesco Der Spiegel – continua Padre Georg – rese nota una dichiarazione rilasciata, il 1° novembre 2008, da monsignor Williamson a un giornalista svedese (poi trasmessa dalla rete Sveriges Television proprio nella serata del 21 gennaio), nella quale il vescovo negava che durante l’Olocausto fossero stati uccisi ebrei nelle camere a gas».

 

A pagina 189 della versione del libro visionata da Renovatio 21, si trova scritto un ulteriore particolare inedito: secondo quanto scritto, il cardinale Castrillón Hoyos aveva fatto al pontefice Ratzinger e al Segretario di Stato Tarcisio Bertone una certa rivelazione: «Castrillón aveva comunicato a Benedetto e a Bertone che Williamson era molto ammalato di cancro e in poco tempo sarebbe morto, per cui si accelerò la procedura per consentirgli di avere rapidamente la remissione della scomunica».

 

«La notizia risultò falsa e suscitò ulteriore irritazione in Vaticano» prosegue il testo.

 

Del cancro di monsignor Williamson, un religioso di cui pur tanto si è parlato e si parla ancora, di fatto nessuno aveva mai sentito nulla – nemmeno lui stesso.

 

Renovatio 21 ha sentito monsignor Williamson tramite il nostro Cristiano Lugli.

 

«Non ho mai avuto il cancro che io sappia» ci dice il prelato inglese. «Non so chi abbia mai detto a qualcuno a Roma che avevo il cancro. Potrebbe essere stato qualche sacerdote con cui ho buoni rapporti, che ha tentato di agire per mio conto, per simpatia. Se qualcuno ha agito in base a qualsiasi informazione, non ho idea da dove provenga».

 

Parrebbe quindi che non solo la notizia sia falsa, ma che non sia nemmeno arrivata alle orecchie del diretto interessato.

 

Monsignor Williamson ha aggiunto parole concilianti.

 

«Non rimprovero al Vaticano di essersi irritato, al loro posto mi sarei irritato anch’io, ma in questo caso ho avuto la colpa di non aver disinformato nessuno».

 

Seguendo quanto scritto nel testo, dove Padre Georg scrive dell’esclusione del «vescovo negazionista» dalla FSSPX del 24 ottobre 2012 «formalmente “dichiarato escluso per decisione del superiore generale e del suo Consiglio”», monsignor Williamson commenta che «monsignor Ganswein ha il diritto di giudicare» che si sia «fatto bene ad escludermi» dalla Fraternità San Pio X.

 

Infine, il vescovo inglese, a capo dell’Unione Sacerdotale Marcel Lefebvre nota anche come «la Resistenza», ha voluto farci arrivare un suo giudizio storico sull’attuale stato delle cose.

 

«Tra il Sistema (Vaticano più FSSPX) e BpW [Bishop Williamson, il «vescovo Williamson», ndr] c’è davvero un’inconciliabilità che era la stessa che c’era tra il Sistema (Vaticano) e Mons. Lefebvre. Questa inconciliabilità finirà solo quando il Vaticano tornerà alla Fede di sempre».

 

 

 

 

 

 

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I funerali di mons. Huonder

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Secondo il suo desiderio, espresso più volte, mons. Vitus Huonder è stato sepolto nel seminario di Ecône, «vicino al vescovo che ha tanto sofferto per la Chiesa», ha detto. La messa funebre pontificia è stata celebrata nella chiesa del seminario da mons. Bernard Fellay. Successivamente nella cripta del seminario furono deposte le spoglie del vescovo emerito di Coira.

 

Un lungo corteo ha accompagnato il feretro del vescovo Huonder dalla cripta alla chiesa dove è stato celebrato il pontificale, dove è stata vegliata tutta la notte dopo il canto dell’Ufficio dei Morti. Il corteo lo accompagnerà poi alla tomba dove furono resi gli ultimi onori al vescovo Huonder e dove troverà la sua ultima dimora.

 

Erano presenti, infatti, 150 sacerdoti e seminaristi, una trentina di suore e circa 900 fedeli tra cui i 150 studenti della scuola Wangs, dove mons. Huonder ha concluso santamente e felicemente i suoi giorni.

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

Immagini da FSSPX.news

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Malesia, condanna a punizioni corporali per una donna applicando la sharia

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Una mamma single è stata ritenuta recidiva nel peccato di «khalwat» (vicinanza) in uno Stato governato dal partito islamista. La sentenza – che rappresenta una prima volta – dovrebbe essere eseguita nella prigione di Marang il 6 maggio. Una vicenda destinata a offrire un termometro dei rapporti di forza con i fondamentalisti nella Malaysia di Anwar Ibrahim

 

In Malaysia nello Stato nord-orientale di Terengganu, governato dagli islamisti del Partito Islamico della Malesia (PAS), una donna è stata condannata alle percosse per rapporti inappropriati con un uomo, applicando la sharia, la legge islamica. Se eseguita si tratterebbe del primo caso di questo tipo nello Stato.

 

N. A. N., che ha 37 anni ed è madre di un figlio, è stata accusata ai sensi della sezione 31 (b) del Syariah Criminal Offences (Takbir) (Terengganu) (Amendment) Enactment 2022, per essere stata da sola con un uomo di 40 anni che non era suo marito in una casa nel distretto di Kemaman, il 31 gennaio scorso.

 

N. A. si è dichiarata colpevole del reato. Il giudice Rosli Harun l’ha quindi condannata a sei colpi di bastone e a una multa di 4.000 ringgit (785 euro), oltre a otto mesi di carcere.

 

L’imputata era già stata condannata per un reato simile nel 2018 ed era stata multata. Il giudice ha anche consigliato a N. A. di sposarsi immediatamente per evitare di commettere nuovamente un reato simile. «In precedenza hai detto che ti saresti sposata, ma non è successo. Non c’è rimorso in te», ha detto il giudice alla donna raccomandandole anche di non sposarsi nella città di confine di Golok, in Thailandia, dove le coppie musulmane contraggono matrimoni clandestini.

 

Il PAS governa gli Stati nord-orientali di Terengganu e Kelantan dal 2018. Ideologicamente incentrato sul fondamentalismo islamico, la sua base elettorale è in gran parte concentrata sulle quattro coste rurali e orientali della Malesia peninsulare, compreso il nord conservatore, in particolare nel Kelantan, Terengganu, Perlis e Kedah.

 

Con queste vittorie, il PAS ha spinto per inasprire le punizioni ai sensi della legge islamica attraverso il codice penale della Sharia di ogni Stato. Il partito deve però fare i conti con nuovi attori ora dopo il governo di Najib Razak, che sosteneva l’agenda del PAS, ha perso il suo mandato elettorale.

 

In passato, l’ex primo ministro Mahathir Mohamed aveva bloccato i tentativi del PAS di approvare le leggi islamiche nel Kelantan e nel Terengganu.

 

Il National Trust Party (Amanah), un partito scissionista del PAS che ora fa parte della coalizione di governo sotto il «governo di unità» del primo ministro Anwar Ibrahim, dovrebbe bloccare i tentativi del PAS di spingere per l’attuazione della sharia. Tuttavia, il PAS e la coalizione di cui fa parte oggi – Perikatan Nasional – hanno ottenuto buoni risultati nelle ultime elezioni.

 

Il partito islamista ha ottenuto il maggior numero di seggi e il patto Perikatan Nasional ha riaffermato il suo controllo su quattro governi statali dall’agosto 2023. Questo ha portato molti osservatori a suggerire che un’ondata «verde» o «islamista» sta trasformando il panorama politico della Malaysia.

 

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Il cardinale Fernandez vittima di se stesso

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La dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, Fiducia supplicans (18 dicembre 2023) che autorizza la benedizione delle coppie irregolari o omosessuali, è molto più di una semplice dichiarazione. Col tempo, ci rendiamo conto che la sua ambizione è quella di introdurre un nuovo modo di pensare e agire in tutti gli ambiti, ben oltre le coppie irregolari o dello stesso sesso.   Inventando una benedizione non liturgica, ma «pastorale, spontanea e breve», il cardinale Victor Manuel Fernández ha stabilito una prassi che intende applicare a molte situazioni. Potremo così presto vedere un’ordinazione delle donne che non sia liturgica, ma «pastorale, spontanea e breve». Un riconoscimento dei liberi muratori che non è dottrinale, ma «pastorale, spontaneo e breve». E così via.   Comprendiamo facilmente come questa spontaneità e brevità pastorale siano mezzi appositamente inventati per liberarsi dalla dottrina e dalla morale cattolica, pur affermando – puramente per forma – che non sono in alcun modo messe in discussione.

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Di fronte a simili inganni è inutile discutere all’infinito. In modo più semplice ed efficace, dobbiamo applicare al cardinale Fernández il suo stesso metodo. Chiaramente il prefetto deve essere fiducializzato. Ciò significa concretamente che ogni documento emanato dal suo dicastero, che non sia conforme alla tradizione, deve essere considerato come:   – una dichiarazione «pastorale», quindi non dottrinale e perfino antidottrinale;   – una decisione «spontanea», quindi sconsiderata e perfino irrazionale;   – un’indicazione «breve», quindi non durevole, caduca, biodegradabile.   Questo è il valore dell’insegnamento dell’attuale prefetto del Dicastero per la dottrina della fede. Né più né meno.   In sostanza, applicare il metodo Fiducia supplicans al cardinale Fernández equivale a sfruttare quello che gli anglofoni chiamano self-refuting system, un metodo che confuta se stesso.   Parafrasando il filosofo britannico Roger Scruton, potremmo dire: «un prelato che afferma che non esistono verità, o che ogni verità è “semplicemente relativa” perché conta solo la pastorale, ti chiede di non crederci. Quindi non farlo».   Don Alain Lorans

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