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«Autorità civile e religiosa usurpata da rinnegati che si prostituiscono all’islam»: mons. Viganò sugli auguri «cattolici» per il Ramadan

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affidato alla piattaforma X una sua breve riflessione sul fenomeno ingravescente degli auguri da parte delle autorità «cattoliche» per il ramadan, iniziato qualche giorno fa.

 

«Mentre le Nazioni europee sono invase da orde di maomettani contro la volontà dei popoli e i governi incoraggiano la sostituzione etnica pagandola con il denaro dei contribuenti, la chiesa bergogliana fa gli auguri per il ramadàn “per il bene del Creato”. Che rivoltante ipocrisia: propagandano ecumenismo e frode green in un colpo solo. Libido serviendi» scrive il già nunzio apostolico.

 

Monsignore lancia quindi una inquietante predizione.

 

«L’autorità civile e religiosa sono usurpate da rinnegati che si prostituiscono all’Islam e alla religione woke, credendo di potersi salvare dalla sorte che riserverà loro l’applicazione della sharia. I traditori – governanti e vescovi – saranno i primi a finire vittima di coloro che hanno scelto di servire per interesse personale».

Come riportato da Renovatio 21, aveva fatto scalpore il discorso del cardinale arcivescovo di Nuova York Timoteo Dolan, il quale aveva equiparato il Mercoledì delle Ceneri al ramandan islamico.

 

Come riportato da Renovatio 21, in una recente intervista monsignor Viganò ha trattato la questione dell’ascesa dell’islam in Europa per tramite delle migrazioni massive.

 

«Nella visione distopica – antiumana, anticristiana ed anticristica – di Bergoglio, le nostre nazioni sono terre di conquista maomettana: a questo serve l’ecumenismo conciliare. Per il Corano, dove risuona il richiamo del muezzìn e dove viene steso “il tappeto di preghiera”, lì è territorio islamico. La connivenza del clero bergogliano, che ospita gli imam nelle nostre chiese e concede alla preghiera i sagrati delle nostre Cattedrali, costituisce un tradimento di Cristo e dei fedeli».

 

In un commento del settembre 2024 l’arcivescovo spiegava che «il fenomeno migratorio è tutt’altro che spontaneo e accidentale, e risponde ad un ben preciso progetto di dissoluzione dell’Occidente cristiano mediante l’invasione di islamici violenti, ai quali istituzioni complici accordano impunità, protezione e sovvenzioni».

 

Il tema dell’invasione islamica era stato sollevato da Viganò anche in una lettera aperta al cardinale Matteo Zuppi, elemento proveniente da Sant’Egidio non nuovo a controversie, oggi considerato come «papabile»: «continui a far credere a tante anime perdute che la loro vita peccaminosa non precluderà loro la felicità eterna» scriveva l’arcivescovo al cardinale «e agli immigrati maomettani che sottomettendo l’Europa all’Islam andranno in Paradiso. Ma almeno abbia la coerenza di riconoscere che di Cattolico e conforme alla volontà di Cristo, in quello che Ella fa e che è, non c’è nulla».

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La Papua Nuova Guinea si definisce come «Paese cristiano»: emendamento della Costituzione

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Il Parlamento della Papua Nuova Guinea ha approvato un emendamento costituzionale che riconosce formalmente la nazione come «cristiana».   La decisione, presa martedì (12 marzo), ha ottenuto una schiacciante maggioranza di 80 voti a favore e solo quattro contrari.   L’emendamento introduce una dichiarazione nel preambolo della Costituzione, che recita: «(Noi) riconosciamo e dichiariamo Dio, il Padre; Gesù Cristo, il Figlio; e lo Spirito Santo, come nostro Creatore e Sostenitore dell’intero universo e fonte dei nostri poteri e autorità, delegati al popolo e a tutte le persone all’interno della giurisdizione geografica della Papua Nuova Guinea». Il cristianesimo sarà ora rispecchiato anche nel Quinto Obiettivo della Costituzione e la Bibbia sarà riconosciuta come simbolo nazionale.   «Sono felice» ha dichiarato il primo ministro James Marape, fervente sostenitore dell’emendamento, ha espresso la sua soddisfazione per l’esito. «Questo emendamento costituzionale riconosce finalmente il nostro Paese come Paese cristiano. Ciò riflette, nella sua forma più alta, il ruolo che le chiese cristiane hanno svolto nel nostro sviluppo come Paese».   L’emendamento è il risultato di ampie consultazioni condotte dalla Commissione per la riforma del diritto costituzionale della Papua Nuova Guinea nel 2022. Comunità, chiese e gruppi della società civile di tutto il Paese hanno preso parte alle discussioni, riscontrando un ampio sostegno al cambiamento.   Il premier Marape ha sottolineato il contributo storico e attuale delle chiese cristiane all’unità e allo sviluppo della Papua Nuova Guinea. «Con così tanta diversità, lingue, culture associate e affiliazioni tribali, nessuno può contestare il fatto che le chiese cristiane abbiano consolidato l’unità e la coesione del nostro Paese», ha affermato, sottolineando il ruolo delle chiese nel fornire servizi in aree in cui la presenza del governo è limitata.   Marape ha anche chiarito che l’emendamento non viola i diritti delle persone che praticano altre religioni. L’articolo 45 della Costituzione della Papua Nuova Guinea, che tutela la libertà di coscienza, di pensiero e di religione, rimane intatto.   Come riportato da Renovatio 21, la visita di Bergoglio dell’anno scorso nel Paese aveva visto una strage di donne e bambini in una faida tra villaggi. Scontri con armi da fuoco erano stati registrati anche in un altro episodio nelle Highlands. Il tema del tribalismo guineano era emerso anche dopo le confuse parole dell’ex presidente statunitense Joe Biden, che aveva raccontato di aver avuto uno zio cannibalizzato nel Paese durante la Seconda Guerra Mondiale.   La Nuova Guinea divide il territorio dell’isola della Guinea con l’Indonesia, che con 281,2 milioni di abitanti rappresenta il più grande Paese islamico al mondo.   Non resta che prendere atto che uno Stato può dirsi cristiano solo se piccolo e lontano dall’Europa: al di là di orpelli insignificanti magari ancora presenti in qualche monarchia nordica, nessuno Stato moderno può, come noto, dirsi «cristiano», perché deve votarsi – monoteisticamente – alla «laicità dello Stato», per ragioni che riguardano la storia degli ultimi due secoli ma anche il potere vero esercitato da gruppi occulti che ancora oggi possiedono bottoni del sistema.   Nessuno «Stato cristiano» è possibile: l’idea stessa è definita «sovversiva», come capitò a Renovatio 21 di sentire anni fa in un comune dell’Emilia comunista dove si stava organizzando un convegno sulla famiglia.   Lo «Stato cristiano», quindi, è per tutti tabù.

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Come insiste Renovatio 21, ciò è soprattutto vero per quella parte del mondo dove più che ne avrebbe necessità, e diritto: la Terra Santa. Dove, come abbiamo ripetuto, lasciano esistere uno Stato Ebraico e persino uno Stato Islamico (ad un certo punto, Israele e ISIS condividevano un confine) ma giammai uno Stato cristiano.   Una vocina dice: se non sorgerà uno Stato neocrociato a Gerusalemme, mai potrà sorgere uno Stato cristiano altrove. E cioè: nessuna possibilità di riforma umana degli Stati moderni, proiettati verso la decadenza più sadica e satanicamente programmata.   Se i cristiani non capiscono questo, come possono pensare di tornare ad essere rilevanti, e salvare i propri fratelli dalla persecuzione?

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Immagine di Taro Taylor via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic        
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Il Cremlino: «profonda preoccupazione» per il riarmo dell’Europa

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Il Cremlino ha condannato il piano dell’UE di aumentare la spesa per la difesa in tutti i paesi dell’Unione, definendolo un percorso verso lo scontro che ostacola gli sforzi di pace con l’Ucraina.

 

Durante un vertice di emergenza tenutosi giovedì a Bruxelles, i leader dell’UE hanno approvato un piano da 800 miliardi di euro per «riarmare l’Europa» proposto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

 

«L’Unione Europea sta discutendo attivamente della sua militarizzazione, in particolare nel settore della difesa», ha dichiarato venerdì il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov. Le misure sono «principalmente rivolte alla Russia, il che è, ovviamente, una questione di profonda preoccupazione», ha aggiunto.

 

Il presidente francese Emmanuel Macron aveva affermato mercoledì che la Russia rappresenta una minaccia diretta per la Francia e l’intera UE facendo eco alle richieste di von der Leyen per un aumento significativo della spesa per la difesa per contrastare il pericolo percepito rappresentato da Mosca.

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente francese ha pure parlato della possibilità di un allargamento dell’ombrello nucleare francese.

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I commenti di Macron sono in linea con la narrazione occidentale convenzionale che descrive la Russia come l’aggressore non provocato nel conflitto ucraino e sostiene che Mosca ha ambizioni di conquista in Ucraina e oltre, negli stati membri dell’UE e della NATO.

 

Mosca, tuttavia, adotterà misure per salvaguardare la propria sicurezza in risposta al blocco, ha avvertito Peskov.

 

«Il tipo di retorica e di piani conflittuali che stiamo vedendo ora a Bruxelles e nelle capitali europee suonano in grave disaccordo con le intenzioni di trovare una soluzione pacifica in Ucraina», ha aggiunto Peskov.

 

Russia e Stati Uniti hanno avviato i negoziati il ​​mese scorso per cercare di risolvere il conflitto in Ucraina, mettendo da parte l’UE. La mossa ha scatenato la condanna del blocco.

 

Mosca ha sostenuto che la posizione aggressiva dell’UE la rendeva inadatta a prendere parte ai colloqui di pace. Trump avrebbe anche sospeso gli aiuti militari americani all’Ucraina, lasciando Bruxelles a lottare per i fondi a sostegno di Kiev. La Russia sostiene che gli aiuti occidentali prolungano la guerra senza alterarne l’esito.

 

Il rischio, ora, è tutto sulle nostre spalle di cittadini dei Paesi dell’Europa impazzita.

 

In breve, la Russia potrebbe riassestare il focus della sua difesa sulla UE, che sulla carta nasce dalle ceneri della guerra per garantire la pace al continente.

 

Qualcosa è andato storto. O forse no.

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Immagine di Andrey Korzun via Wikimedia pubblicato su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Elevati livelli di microplastiche nei polmoni degli uccelli

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I polmoni degli uccelli contengono notevoli quantità di microplastiche, il che dimostra quanto l’aria sia oggi contaminata dall’inquinamento causato dalla plastica.   Secondo un nuovo studio cinese, il tessuto polmonare degli uccelli contiene centinaia di particelle di materiali plastici di uso comune, come il polietilene.   «Gli uccelli sono importanti indicatori delle condizioni ambientali», ha affermato uno degli autori dello studio. «Ci aiutano a comprendere lo stato dell’ambiente e a prendere decisioni informate sulla conservazione e sul controllo dell’inquinamento».

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Gli scienziati cinesi hanno studiato oltre 50 specie diverse di uccelli selvatici nella Cina occidentale, prelevando campioni di tessuto polmonare dagli uccelli e li hanno analizzati utilizzando la tecnologia a infrarossi per rilevare e contare le microplastiche. È stata utilizzata anche la gascromatografia-spettrometria di massa con pirolisi per identificare nanoplastiche più piccole, che possono entrare nei polmoni attraverso il flusso sanguigno.   Centinaia di microplastiche sono state trovate nei polmoni degli uccelli, con una media di 221 particelle per specie e 416 particelle per grammo di tessuto polmonare. I tipi più comuni identificati erano il polietilene clorurato, utilizzato per isolare tubi e fili, e la gomma butadiene, un materiale sintetico negli pneumatici.   Attualmente non esistono livelli «sicuri» stabiliti di esposizione alle microplastiche e alle nanoplastiche.   Si stima che tra il 1950 e il 2017 siano state prodotte più di nove miliardi di tonnellate di plastica, di cui oltre la metà è stata prodotta dal 2004. La stragrande maggioranza della plastica finisce nell’ambiente in una forma o nell’altra, dove si scompone, attraverso l’esposizione agli agenti atmosferici, ai raggi UV e a organismi di ogni tipo, in pezzi sempre più piccoli: microplastiche e poi nanoplastiche ancora più piccole. Queste sono chiamate microplastiche «secondarie», perché diventano piccole, ma esiste anche un’intera classe di microplastiche «primarie» che sono piccole per progettazione, come le cosiddette «microsfere» utilizzate nei cosmetici.   Nelle nostre case, le microplastiche vengono prodotte principalmente quando si perdono fibre sintetiche da vestiti, arredi e tappeti. Si accumulano in grandi quantità nella polvere e fluttuano nell’aria, che poi inaliamo.

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La microplastica nell’intestino è stata correlata da alcuni studi a malattie infiammatorie croniche intestinali. Altre ricerche hanno scoperto che le microplastiche causano sintomi simili alla demenza.   L’esposizione alla microplastica è stata collegata a un terrificante declino della fertilità maschile, il cosiddetto scenario «spermageddon», in cui entro il prossimo quarto di secolo potrebbe essere impossibile per la razza umana riprodursi con mezzi naturali, perché gli uomini producono pochissimi spermatozoi.   Come riportato da Renovatio 21, una ricerca dell’Università del Nuovo Messico ha recentemente mostrato che l’esposizione alle microplastiche è collegata ai casi di nascite premature.   Gli scienziati stanno trovando tracce della plastica in varie parti del corpo umano, compreso il cervello. Un altro studio ha provato la presenza di plastica nelle nuvole della pioggia.   Come riportato da Renovatio 21, quantità di microplastica avrebbero raggiunto i polmoni umani con l’uso delle mascherine imposto durante il biennio pandemico.   Come riportato da Renovatio 21un nuovo studio emerso settimane fa ha stabilito che le comuni bustine da tè realizzate in fibre polimeriche rilasciano enormi quantità di micro e nanoplastiche tossiche nel liquido durante l’infusione.   Come riportato da Renovatio 21recenti studi danesi hanno mostrato che nel caso degli individui maschi l’esposizione ai PFAS durante il primo trimestre potrebbe ridurre il numero di spermatozoi dei figli. I PFAS avevano sollevato molte preoccupazioni anche in Italia, che, dopo un incidente industriale dei primi anni 2000, avrebbero contaminato le acque sotterranee di zone del Vicentino. Si tratta del più grave inquinamento delle acque della storia italiana: tre province, 350 mila persone coinvolte, 90 mila cittadini a cui fare check up clinici.   Uno studio sottoposto a revisione paritaria, pubblicato sulla rivista Toxicological Sciences a inizio anno aveva trovato nella placenta umana microplastiche dannose, alcune delle quali sono note per scatenare l’asma, danneggiare il fegato, causare il cancro e compromettere la funzione riproduttiva.   Come riportato da Renovatio 21, uno studio recente ha correlato alle microplastiche nell’inquinamento atmosferico i tassi di infertilità e di cancro.

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