Geopolitica
Lula: «Zelens’kyj voleva la guerra con la Russia»

Secondo l’ex presidente brasiliano Lula, Volodymyr Zelensky voleva davvero una guerra con la Russia, altrimenti avrebbe negoziato molto prima dell’inizio dell’operazione militare speciale del Cremlino, secondo l’ex presidente del Brasile e candidato alle nuove elezioni, Luiz Inacio Lula da Silva. Lo ha dichiarato un’intervista con la rivista Time pubblicata la scorsa settimana.
«Voleva la guerra. Se non avesse voluto la guerra, avrebbe negoziato un po’ di più. Questo è tutto» ha detto Lula a Time.
«Questo ragazzo è responsabile quanto Putin della guerra. Perché in guerra non c’è solo una persona colpevole», ha proseguito. “«Il presidente dell’Ucraina avrebbe potuto dire: “Dai, smettiamola di parlare di questa faccenda della NATO, dell’adesione all’UE per un po’. Discutiamo un po’ di più prima”».
L’ex presidente brasiliano ha quindi parlato delle continue trasmissioni di Zelens’kyj in tutto il mondo, rivolgendosi a quasi tutto il pubblico e ricevendo regolarmente standing ovation.
«A volte mi siedo e guardo il presidente dell’Ucraina parlare in televisione, ricevere applausi, ricevere una standing ovation da tutti i parlamentari» ha detto Lula, anche lui con probabilità assai stranito da questo nuovo rito orwelliano del nuovo ordine internazionale.
«Sembra che faccia parte dello spettacolo. È in televisione mattina, mezzogiorno e sera. È nel parlamento del Regno Unito, del parlamento tedesco, del parlamento francese, del parlamento italiano, come se stesse conducendo una campagna politica. Dovrebbe essere al tavolo delle trattative», ha spiegato Lula.
Per l’ex vertice dello Stato brasiliano, nessuno «sta cercando di aiutare a creare la pace», notando inoltre che le persone incitano all’odio nei confronti del presidente russo Vladimir Putin, ma «questo non risolverà le cose!»
«Dobbiamo raggiungere un accordo… ma le persone stanno incoraggiando [la guerra]. Stai incoraggiando questo ragazzo [Zelensky], e poi pensa di essere la ciliegina sulla torta. Dovremmo avere una conversazione seria: “OK, sei stato un simpatico comico. Ma non facciamo la guerra per farti apparire in TV”. E dovremmo dire a Putin: “Hai molte armi, ma non hai bisogno di usarle sull’Ucraina. Parliamo!”».
Il Lula ne ha anche per Joe Biden, che a suo dire non ha saputo gestire la crisi ucraina.
«Gli Stati Uniti hanno molto potere politico. E Biden avrebbe potuto evitare [la guerra], non incitarla. Avrebbe potuto parlare di più, partecipare di più. Biden avrebbe potuto prendere un aereo per Mosca per parlare con Putin. Questo è il tipo di atteggiamento che ti aspetti da un leader. Intervenire affinché le cose non escano dai binari. Non credo che l’abbia fatto».
Inoltre, Lula ha espresso l’opinione che Biden non sarebbe stato tenuto a fare alcuna «concessione» alla Russia se avesse fatto uno sforzo per negoziare.
«Nello stesso modo in cui gli americani persuasero i russi a non lanciare missili a Cuba nel 1961, Biden avrebbe potuto dire: “Parleremo un po’ di più. Non vogliamo l’Ucraina nella NATO, punto e basta”. Non è una concessione».
«Non è solo Putin ad essere colpevole. Anche gli Stati Uniti e l’UE sono colpevoli. Qual è stato il motivo dell’invasione dell’Ucraina? La NATO? Quindi gli Stati Uniti e l’Europa avrebbero dovuto dire: “L’Ucraina non entrerà a far parte della NATO”. Ciò avrebbe risolto il problema», ha dichiarato Lula. Una verità lapalissiana, ma che pare sfuggire alla quasi totalità di politici e giornalisti occidentali.
Inarrestabile, l’ex presidente ne ha avute anche per l’Europa.
«Gli europei avrebbero potuto dire: “No, ora non è il momento per l’adesione dell’Ucraina all’UE, aspetteremo”. Non avrebbero dovuto incoraggiare il confronto».
Luiz Inacio Lula da Silva, esponente della sinistra brasiliana che ha governato il Paese presidente dal 2003 al 2010, sta tornando alla grande politica carioca poco più di un anno fa dopo che la Corte Suprema di Brasilia lo ha scagionato dalle accuse di corruzione e riciclaggio di denaro della mega-inchiesta Lava Jato, permettendogli di candidarsi presidente ancora una volta a queste elezioni presidenziali 2022, dove il suo Partito dei Lavoratori si scontrerà con le forze dell’attuale presidente Jair Messias Bolsonaro.
La critica nei confronti della politica ucraina degli USA deve circolare parecchio nella sinistra brasiliana: il premier successore di Lula, l’ex guerrigliera marxista Dilma Roussef, in un recente incontro ha sottolineato che il mondo sta andando verso la de-dollarizzazione.
Immagine PT – Partito dos Trabahadores via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Geopolitica
Israele spara contro la delegazioni di diplomatici stranieri

Soldati israeliani hanno sparato nei pressi di un gruppo di diplomatici stranieri in visita al campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania occupata, spingendo i rappresentanti di oltre 20 paesi e i giornalisti al seguito a cercare riparo, secondo i video ripresi dalla scena.
Il tour, organizzato dall’Autorità Nazionale Palestinese, coinvolgeva delegati provenienti da decine di paesi, tra cui Regno Unito, Canada, Francia, Italia, Spagna, Cina, Giappone, Messico, Egitto e altri. Non sono stati segnalati feriti, ma le riprese video hanno mostrato i diplomatici fuggire in preda al panico mentre si scatenavano gli spari intorno alle 14:00 ora locale.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che la delegazione aveva deviato dal percorso precedentemente approvato ed era entrata in un’area non autorizzata, da loro descritta come una «zona di combattimento attiva».
Israeli forces opened fire towards an EU delegation on an approved visit to #Jenin in the #WestBank earlier today.
The IDF said they were approaching an area they weren’t allowed to be, so “warning shots” were fired AT EUROPEAN DIPLOMATS. pic.twitter.com/0Y6SHxk73N
— Charles Lister (@Charles_Lister) May 21, 2025
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«Secondo una prima indagine, la delegazione ha deviato dal percorso approvato ed è entrata in un’area non autorizzata. I soldati dell’IDF che operavano nella zona hanno sparato colpi di avvertimento per allontanarli», ha dichiarato l’IDF, esprimendo rammarico per il «disagio causato».
Israeli occupation soldiers open fire on a diplomatic delegation during their visit to Jenin refugee camp. pic.twitter.com/yI3MAyXyZZ
— Eye on Palestine (@EyeonPalestine) May 21, 2025
Il ministero degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese ha descritto la sparatoria come una violazione del diritto internazionale, affermando che la delegazione era in missione ufficiale per valutare la situazione umanitaria nel contesto delle crescenti critiche internazionali alle operazioni militari israeliane a Gaza e in Cisgiordania.
The israelis shoot at an int’l delegation visiting Jenin: the targeted group includes EU envoys; but.. but.. aren’t they your allies @EU_Commission pic.twitter.com/eTP3FoCUzz
— Sarah Wilkinson (@swilkinsonbc) May 21, 2025
I leader internazionali hanno prontamente condannato l’incidente. Francia e Italia con il ministro Antonio Tajani hanno convocato gli ambasciatori israeliani per chiedere spiegazioni. Il vice primo ministro irlandese ha definito l’evento «totalmente inaccettabile», mentre il Canada ha chiesto un’indagine approfondita. Anche l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Kaja Kallas, ha definito «inaccettabile» l’atto di sparare vicino ai diplomatici e ha chiesto che si assuma la responsabilità.
Della delegazione, in cui vi erano anche giornalisti, faceva parte il vice console italiano Alessandro Tutino, uscito illeso. Il diplomatico italiano ha parlato subito con il Tajani.
«Ho appena parlato con Alessandro Tutino il vice console d’Italia a Gerusalemme che sta bene e che era fra i diplomatici che sarebbero stati attaccati a colpi di arma da fuoco vicino al campo profughi di Jenin. Chiediamo al governo di Israele di chiarire immediatamente», ha dichiaro su X il ministro degli Esteri. Il vice console sarebbe rientrato a Gerusalemme.
Tajani ha quindi convocato l’ambasciatore israeliano a Roma: «ho appena dato disposizione al Segretario generale del Ministero degli Esteri di convocare l’Ambasciatore di Israele a Roma per avere chiarimenti ufficiali su quanto accaduto a Jenin» ha scritto sui social il Tajani.
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L’incidente, va notato, a poche dalla decisione UE di aprire una revisione dell’accordo di associazione con Israele.
Il ministero degli Esteri egiziano ha affermato che l’incidente «viola tutte le norme diplomatiche», mentre il ministero degli Esteri turco ha «fermamente condannato» gli spari di avvertimento contro i suoi diplomatici.
Il caso dovrebbe riportare alla memoria l’attacco che l’IDF ha portato contro i nostri soldati attivi in Libano con le forze di pace UNIFIL – con Netanyahu che arrivò a minacciare direttamente il corpo ONU di peacekeeping nel Libano meridionale, accusato di «fornire uno scudo umano ai terroristi di Hezbollah»
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Immagine screenshot da YouTube
Geopolitica
Ex consigliere presidenziale ucraino assassinato in Spagna

#SUMMA112 confirma el fallecimiento de un varón con heridas por arma de fuego en #PozueloDeAlarcón.
Colabora @SEAPAPozuelo y #PolicíaLocal.@policia se encarga de la investigación. pic.twitter.com/yJJnoCcval — 112 Comunidad de Madrid (@112cmadrid) May 21, 2025
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Geopolitica
Vance annulla improvvisamente la visita in Israele mentre l’esercito ebraico espande le operazioni a Gaza

Il vicepresidente J.D. Vance ha annullato un viaggio ufficiale programmato in Israele a causa dell’espansione delle operazioni militari israeliane a Gaza. Lo riporta la testata Axios, che cita un alto funzionario statunitense.
Si tratta di un ulteriore segnale delle sempre crescenti tensioni tra lo Stato Ebraico e Stati Uniti.
L’articolo scrive che «il funzionario statunitense ha affermato che Vance ha preso questa decisione perché non voleva che il suo viaggio suggerisse che l’amministrazione Trump approvasse la decisione israeliana di lanciare un’operazione su larga scala in un momento in cui gli Stati Uniti stanno spingendo per un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi».
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Tuttavia, Vance ha cercato di minimizzare la questione, definendola una mera mossa di pressione politica o un forte segnale a Israele, affermando che si tratta di questioni «logistiche».
«Dal punto di vista logistico, è stato un po’ troppo difficile per questioni basilari come: chi diavolo si prenderà cura dei nostri figli se ci prendiamo un altro paio di giorni all’estero?», ha detto lunedì in risposta a una domanda sul viaggio. «Sono sicuro che visiteremo Israele in futuro, ma non oggi», ha aggiunto Vance, che era a Roma per la messa di insediamento di papa Leone XIV – il quale, ricordiamo en passant, aveva attaccato Vance riguardo al concetto agostiniano dell’ordo amoris relativo al dibattito sull’immigrazione massiva.
La risposta del vicepresidente, che dice di non poter far visita ai vertici dello Stato Giudaico per mancanza di baby-sitter, non sembra seria. La reazione, tuttavia, coincide con nuovi movimenti militari israeliani nell’énclave palestinese.
A partire da venerdì, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno annunciato un’estesa mobilitazione di truppe per l’operazione «Carri di Gedeone». Si prevede che circa due milioni di palestinesi saranno costretti a rifugiarsi in una «zona umanitaria», mentre la maggior parte dell’enclave verrà distrutta e rasa al suolo.
Questa politica contraddice in qualche modo il messaggio principale lanciato da Trump durante il suo tour nel Golfo della scorsa settimana, in cui ha sottolineato l’importanza della pace attraverso la conclusione di accordi e non del «caos» nel Medio Oriente dilaniato dalla guerra.
«Il presidente si sta muovendo il più rapidamente possibile e sta lavorando senza sosta per porre fine a questi conflitti sia in Israele che a Gaza, e anche alla guerra tra Russia e Ucraina», ha detto la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt. «Il presidente ha detto chiaramente ad Hamas che voleva il rilascio di tutti gli ostaggi».
Diversi fonti di stampa all’inizio di questo mese hanno evidenziato una forte tensione nei rapporti tra Trump e Netanyahu; tuttavia, il presidente degli Stati Uniti ha cercato di minimizzare la situazione. Eppure, l’improvvisa cancellazione del viaggio in Israele da parte di Vance è certamente indicativa di tensioni tra Washington e Tel Aviv.
Come riportato da Renovatio 21, a gennaio il Netanyahu aveva annullato il viaggio per la cerimonia di insediamento di Trump.
Tre settimane fa si era parlato di un «incontro teso» tra l’inviato dell’allora presidente eletto Trump, Steve Witkoff, e Netanyahu, a cui è seguita la tregua.
Due settimane fa il giornale israeliano Haaretz aveva scritto, destando una certa sorpresa, che ora Gaza è sotto il controllo di Donald Trump. Ora la prospettiva è più chiara, ed è difficile pensare che si tratti di un puro cedimento al Netanyahu.
Come riportato da Renovatio 21, in passato Trump aveva attaccato Netanyahu arrivando a chiederne la sostituzione e ad ipotizzare tagli agli aiuti ad Israele.
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Nel contesto di questi commenti aveva rivelato anche dettagli sull’assassinio del generale dei servizi iraniani Qassem Soleimani, suggerendo che fu indotto ad ordinarne la morte dagli israeliani, che poi però si tirarono indietro.
Il rapporto fra The Donald e Netanyahu è assurto a colori grotteschi ed inquietanti quando il premier israeliano in visita alla Casa Bianca ha portato in dono un cercapersone di quelli utilizzati per fare strage in Libano. Secondo alcuni una mossa che, più che di cattivo gusto, sa di avvertimento, segnale di boriosa prepotenza.
Gli inviti alla moderazione ad Israele e gli attacchi diretti a Netanyahu possono costare a Trump una grossa parte dell’elettorato evangelico USA, portato su posizioni sioniste negli scorsi decenni da una teologia apocalittica che intende accelerare la venuta dell’anticristo e quindi il ritorno di Gesù Cristo.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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