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Lorenzin e brogli elettorali, in un trafiletto del giornale di Confindustria

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I brogli elettorali all’estero sono qualcosa di cui si parla da anni, è vero.

Ciò potrebbe indurre a credere che di inutile chiacchierio si tratti, condito dalla falsità dei candidati non eletti che getterebbero fango addosso a quelli, invece, eletti in modo regolare – a dire di questi ultimi. Tutte considerazioni lecite, ci mancherebbe, tuttavia ciò non toglie che dietro alla possibilità di votare all’estero via sia molta più probabilità, specie per i candidati all’estero, di ricorrere a traffici illegali con i cosiddetti «cacciatori di plichi».

Questo traffico scandaloso è stato con trasparenze presentato da un recente servizio de Le Iene, dove sono stati coinvolti i nomi dell’Onorevole Di Biagio e dell’Onorevole Caruso. Ma, prima di scendere nello specifico fatto che ci interessa, per chi non lo sapesse, spieghiamo in poche parole come funziona il voto all’estero e, dunque, perché in questo caso sia molto più facile brogliare.

In vista delle elezioni, tutti gli italiani residenti all’estero hanno diritto a votare in modo diretto dagli stati in cui risiedono. Vi è un registro ove sono iscritti tutti questi italiani con residenza estera e, a ciascuno di questi, vengono inviati a casa i plichi, le buste contenenti le schede elettorali sopra le quali apporre il proprio voto.

Questi voti sono destinati ad eleggere in Parlamento i candidati delle liste estere, anche loro italiani non più residenti in Italia. Una volta apposta la X sulla propria scheda, ogni italiano spedisce, in busta chiusa, il plico al consolato più vicino e da qui, tutti i consolati del mondo, spediscono i plichi a Castelnuovo di Porto (Roma) nella sede nazionale della Protezione Civile, adibita a grande seggio elettorale dove vengono raggruppati e poi contati tutti i voti provenienti dall’estero.

E veniamo alla facilità di brogliare con questi voti. Perché risulta così facile? Ebbene, molto spesso agli italiani che hanno scelto di andarsene dall’Italia poco interessa di votare. Ecco allora che subentrano gli interessi dei candidati i quali, con l’aiuto di questi mercanti di plichi, riescono a racimolare schede elettorali nei bar, nei locali italiani e persino dai postini che smuovono i grossi blocchi.

Come? Semplice, in cambio di soldi si acquistano i plichi dei disinteressati o dagli stessi addetti a recapitare le buste via posta. Il servizio de Le Iene, infatti, ha raccolto le testimonianze di tanti italiani a cui non è mai arrivato nessun plico, nessuna scheda elettorale sopra la quale esprimere il proprio voto. La cosa, tuttavia, non pareva interessargli molto ed ecco perché, come si è detto, è facile muovere questo traffico disgustoso.

Ma quale sarebbe il fatidico simbolo coinvolto in questo presunto scandalo di pacchetto voti comprato? Non lo diciamo noi, ma lo dice Il Sole 24ore: ‘Stando ai verbali, tutte – con la medesima calligrafia – presenterebbero la preferenza alla lista civica della Lorenzin’

Un traffico che, sempre secondo quanto rivelato dal «cacciatore di plichi», ha smosso fra i 3000 e i 4000 voti, che i rappresentanti delle liste all’estero avrebbero acquistato tracciando su ogni scheda il simbolo che li rappresenta. Qualche migliaio di euro in cambio, da spartire fra amici, postini, e trafficanti di buste.

Dal canto loro, quelli indicati come compratori di voti – ovvero Di Biagio e Caruso – negano tutto parlando delle invidie dei candidati che negli anni passati non hanno vinto. Di contro, uno degli ex-candidati, nel servizio registrato da Le Iene si dichiara pronto a dimostrare tutto, riportando documenti e testimonianze.

Rimane poi l’incognita dell’eventuale affidabilità del «cacciatore» che però, volendo rimanere nell’anonimato, fa presente che la soffiata funge come arma di vendetta dal momento che Caruso non gli avrebbe mai dato i soldi promessi per esercitare il traffico illecito e portando a lui voti.

Veniamo però ora a quanto ci interessa. Era inevitabile che il servizio trasmesso su Italia 1 in pieno spoglio elettorale, cioè domenica scorsa (4 marzo), avrebbe generato forti conseguenze.

La procura di Roma ha infatti aperto un’indagine per presunti brogli elettorali con le schede in prevalenza provenienti dal Canada, secondo quanto riportato da una segnalazione diplomatica, alla quale si aggiungono, ovvio, quelle inviate dalla Germania a cui si fa riferimento nell’intero servizio mandato in onda da Le Iene.

La Farnesina nel mentre minaccia azioni legali, evocando il rischio di essere stati oggetto di fake news, termine e accusa oggi tanto in voga. La procura lavora però su un altro fronte, ovvero a 600 presunte schede elettorali con probabilità contraffatte e partite dalla Repubblica di San Marino.

Gli inquirenti ora sono al lavoro per verificare che non ci siano state irregolarità nello svolgimento del voto per i nostri concittadini, perché se nei giorni scorsi era tacciata come bufala, ad oggi il giallo rimane aperto fino a che da Roma non ci saranno precisi chiarimenti nel merito.

La cosa strana rimane però una: la portata della notizia è grossa, eppure non ha fatto un gran giro mediatico nonostante il forte servizio di Mediaset sopracitato. Da un paio di giorni, invece, sul web circola un interessante articolo – o meglio sarebbe definirlo trafiletto – che parla di queste vicende. Il quotidiano che riporta di questa notizia è Il Sole 24 Ore, a pagina 3, in due microscopiche colonnine in basso a destra, nell’edizione di martedì 5 marzo.

La stessa segnalazione, Il Sole – che ricordiamo è l’autorevole giornale di Confindustria – l’ha data nella versione online, epperò non parlando del partito o della lista verso la quale il pacchetto di presunti voti truccati andrebbe in appoggio. Nella versione cartacea, invece, firmata «I. Cimm.», se ne parla eccome e la cosa non è piccola. Tutte le schede oggetto di verifica presenterebbero la preferenza a una lista civica della coalizione di centrosinistra. Le croci poste a matita, sembrerebbero state fatte dalla stessa mano sul medesimo simbolo.

L’accusa mossa sarebbe poi che le schede apparirebbero false per tipo di carta e colori non conformi agli standard. Ma quale sarebbe il fatidico simbolo coinvolto in questo presunto scandalo di pacchetto voti comprato? Non lo diciamo noi, ma lo dice Il Sole 24ore: «Stando ai verbali, tutte – con la medesima calligrafia – presenterebbero la preferenza alla lista civica della Lorenzin».

Ci si dovrebbe chiedere perché. E noi, senza reticenze, ce lo chiediamo. Il disarmante 0,5% ricevuto dal partito Civica Popolare, alla quale fa capo la Sig.ra Beatrice Lorenzin, sembrerebbe comunque a tal punto misero da non aver avuto nemmeno bisogno di voti contraffatti.

Questo deve pure farci riflettere sul tema vaccini e sulla annessa legge Lorenzin (119/2017) : se tali brogli elettorali si rivelassero fondati  ciò confermerebbe l’interesse sovranazionale  riguardo le vaccinazioni di massa

O meglio, se ci sono stati, la cosa è ancora più triste perché non sono nemmeno stati utili per raggiungere – quantomeno – un indegno 1%. Tuttavia la Lorenzin Beatrice, con la candidatura modenese, è riuscita a passare alle uninominali: Modena lo vedeva un porto sicuro grazie al voto feudale postcomunista e lì, presentando la sua lista praticamente in chiesa, nella Festa del Patrono San Geminiano il 31 gennaio ha pure risvegliato le ire dell’ex compagno di partito Giovanardi, anche lui scissionista PDL nel partito biodegradabile NCD ma indignato con la ex più fortunata collega per lo spot elettorale consumatosi fra le mura della chiesa di San Francesco, mura dentro alla quale Giovanardi riferisce di non aver mai visto nessun politico prima di allora, a parte lui – si è aggiudicata un probabile posto. O almeno staremo a vedere, a seconda di governo sì,  governo no.

Questo deve pure farci riflettere sul tema vaccini e sulla annessa legge Lorenzin (119/2017) : se tali brogli elettorali si rivelassero fondati  ciò confermerebbe l’interesse sovranazionale  riguardo le vaccinazioni di massa.

La Lorenzin parrebbe l’agente giusto, vista la sua ostinazione sul tema vaccinale (ha definito il suo stesso partitino «un vaccino contro i populismi»), nonché la sua capacità di evoluzione e sopravvivenza politica. Il suo talento proteiforme, che la porta dai vertici della Gioventù berlusconiana all’abbraccio di Renzi passando indenne per i rimpasti di 3 (tre) governi della scorsa legislatura, è fuori discussione. La sua parabola di potere, invero vincente, è densa e potente.

C’è da chiedersi se abbia preso nota Big Pharma. E cioè  il grande sistema farmaceutico che lucra in maniera massiva sulla salute dei popoli, e che per noi, al di fuori dei ministri e dei fatturati miliardari, è il riflesso di un attacco demoniaco alla sovranità familiare e biologica.

 

Cristiano Lugli

 

 

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Bergoglio dice di non sapere quale tra Trump e Harris sia il «male minore»

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Bergoglio è intervenuto sulla corsa alla presidenza degli Stati Uniti affermando di non sapere se Donald Trump o Kamala Harris sia il candidato peggiore, perché opporsi all’immigrazione e sostenere l’aborto sono entrambi «anti-vita»: «ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti, sia quello che uccide i bambini».

 

«Non andrò a votare lì, ma non si può decidere. Mandare via i migranti, non dare loro la capacità di lavorare, non dare ai migranti accoglienza è un peccato, è grave», ha detto Francesco durante una conferenza stampa di quasi 45 minuti a bordo dell’aereo papale di ritorno da una visita di 12 giorni in Indonesia e in altri Paesi asiatici oggi, dopo essere stato interrogato sulla questione da un giornalista della CBS.

 

Il viaggio è stato rovinato da polemiche perché Francesco non solo non è riuscito a fare il segno della croce per una benedizione che ha detto essere «valida per tutte le religioni», ma ha anche detto ai giovani di Singapore che «ogni religione è una via per arrivare a Dio», il che è un’affermazione eretica che contraddice le parole di Cristo nel Vangelo di Giovanni e millenni di dottrina cattolica.

 


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I commenti di Francesco sull’immigrazione sono un attacco a Donald Trump, che ha ripetutamente attirato l’attenzione sui crimini perpetrati da persone che si trovano illegalmente negli Stati Uniti e ha promesso di deportarne fino a 20 milioni se verrà rieletto, per garantire la sicurezza dei cittadini americani.

 

Allo stesso tempo, ha detto Francesco, «allontanare un bambino dal seno della madre è un omicidio, perché lì c’è la vita». La Chiesa «non consente l’aborto perché è un omicidio», ha aggiunto, un probabile riferimento al sostegno esplicito di Harris alla pratica barbara.

 

Nel suo dibattito contro Trump di questa settimana, Harris non ha detto se è a favore di restrizioni all’aborto durante qualsiasi mese di gravidanza, un fatto notato da Trump, che ha insistito con lei e i moderatori di parte per chiederle di chiarire se avrebbe sostenuto l’aborto al settimo, ottavo o nono mese.

 

Bergoglio ha concluso che, «sia colui che butta fuori i migranti sia colui che uccide i bambini. Entrambi sono contro la vita». L’argentino inoltre espresso incertezza sul fatto che gli elettori debbano sostenere Trump o Harris.

 


«In genere, si dice che non votare è brutto, non è buono. Si deve votare. E si deve scegliere il male minore. Chi è il male minore, quella signora o quel signore? Non so, ognuno in coscienza pensi e faccia questo».

 

Francesco ha parlato anche dei rapporti con la Cina, della necessità della pace a Gaza, del suo desiderio che la pena di morte venga abolita e del fatto che non visiterà la cattedrale di Notre Dame a Parigi per la sua riapertura a dicembre.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’idea di Trump come candidato «non pro-life» era stata tracciata con decisione da monsignor Joseph Strickland, il vescovo di Tyler, Texas, noto per la sua posizione contro vaccini fatti con feti abortiti e a favore della Messa tradizionale, rimosso imperiosamente dal Bergoglio mesi fa. Lo Strickland ha dichiarato che le posizioni di Trump su riproduzione in provetta e aborto lo rendono un candidato non etichettabile come a favore della vita.

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C’è da dire che la delusione dei cattolici americani per Trump viene dalle sue parole sulla provetta libera, che è un tema che invece non sembra in realtà tangere Francesco, anzi: la sua Pontificia Accademia per la Vita piano piano apre ai bambini fatti in laboratorio, mentre lui si è fatto fotografare attorniato dai figli di Elon Musk, tutti creati artificialmente.

 

Non si tratta della prima volta che Bergoglio entra a gamba tesa nelle elezioni USA.

 

Nel 2016, sempre in una conferenza stampa «aeronautica», il gesuita attaccò Trump definendo il suo progetto di erigere un muro contro l’immigrazione clandestina dal confine meridionale americano come «non cristiano». All’epoca sembrò che il papa volesse tirare la volata a Hillary Clinton, poi si vide come andò a finire.

 

Le realtà è che la gerarchia cattolica – incluso il papa – non ha più alcun peso nelle indicazioni di voto, né in America, né in Italia, né in qualsiasi altra nazione. Lo abbiamo visto otto anni fa, lo vedremo sempre fino a che il Vaticano continuerà il suo processo con la politica e le élite mondialiste, senza più alcun elemento trascendente che chiama l’obbedienza delle persone che cercano qualcosa di diverso degli ordini della società mondana.

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Melania Trump chiede la verità sull’attentato al marito

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L’ex First Lady Melania Trump ha chiesto risposte per «scoprire la verità» dietro il tentato assassinio di suo marito, l’ex presidente Donald Trump, avvenuto circa due mesi fa.   Trump è scampato per pochi millimetri alla morte quando Thomas Matthew Crooks, 20 anni, ha aperto il fuoco su di lui durante un comizio a Butler, Pennsylvania, il 13 luglio. L’incidente è stata un’esperienza «orribile e angosciante» per la famiglia, ha detto Melania in un video pubblicato su X lo scorso martedì.   «Ora, il silenzio che lo circonda è pesante. Non posso fare a meno di chiedermi: perché le forze dell’ordine non hanno arrestato l’assassino prima del discorso?»  

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Il potenziale assassino si è posizionato su un tetto vicino che forniva una visuale libera del candidato repubblicano. Un proiettile ha sfiorato l’orecchio destro dell’ex presidente, causando la morte di un partecipante e il ferimento di altri due. Il tiratore è stato successivamente ucciso dagli agenti dei servizi segreti.   La Camera dei rappresentanti ha votato all’unanimità per creare una task force bipartisan per indagare sul tentato assassinio. Composta da sette repubblicani e sei democratici, la task force mira a esaminare potenziali falle nella sicurezza a livello federale, statale e locale delle forze dell’ordine che hanno preceduto l’incidente.   In un’intervista del mese scorso, Trump ha accusato il presidente Joe Biden e la sua rivale democratica, Kamala Harris, di essere in parte responsabili del tentato assassinio.   «Penso che in una certa misura sia colpa di Biden e di Harris», ha detto, sostenendo che «stavano rendendo molto difficile avere personale adeguato in termini di Secret Service» e «non erano troppo interessati alla mia salute e sicurezza», mentre promuovevano una retorica che avrebbe potuto incoraggiare l’attentatore.   «C’è sicuramente molto di più in questa storia e dobbiamo scoprire la verità», ha detto Melania nel video, che è una promozione della sua prossima autobiografia.   Melania Trump, al secolo Melania Knavs (nome per qualche ragione germanizzato in Knauss), è nata nel 1970 a Novo Mesto, nella Slovenia sud-orientale, a 80 chilometri dalla capitale slovena Lubiana e ottanta da quella croata Zagabria. A 18 anni andò a vivere a Milano per fare la modella, per poi trasferirsi a Parigi e quindi a Nuova York, dove conobbe il suo futuro marito.   Si tratta della terza moglie di Donald Trump. Al matrimonio, nel 2005, furono invitati anche Bill e Hillary Clinton, allora amici del Donald. In seguito Trump avrebbe detto che avendo fatto una grossa donazione alle loro fondazioni non potevano esimersi dal presentarsi alle nozze.   Ritenuta la più bella ed elegante First Lady americana della storia, Melania si dice parli lo sloveno, il serbo-croato, il francese, il tedesco e l’italiano, oltre ovviamente all’inglese.   Come riportato da Renovatio 21, i rapporti con l’adorata figlia di Donald, Ivanka, non sarebbero idilliaci.   Dopo l’attentato, Melania aveva emanato una rara dichiarazione in cui diceva che «i venti del cambiamento sono arrivati».

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Immagine di Chairman of the Joint Chief of Staff via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0  
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Trump non farà più dibattiti TV con la Harris. Virale il remix di Trump sugli immigrati che mangiano cani e gatti

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L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha escluso un altro dibattito con Kamala Harris, paragonando la vicepresidente a un pugile che ha perso un incontro e vuole una rivincita. Harris, che ha rifiutato due precedenti offerte di dibattito da parte di Trump, ha detto che i due candidati «devono agli elettori» di affrontarsi di nuovo.

 

Harris era ampiamente considerata la vincitrice del dibattito di martedì sera su ABC News contro Trump, sebbene i sondaggi successivi abbiano mostrato pochi cambiamenti negli atteggiamenti degli elettori e diversi sondaggi informali abbiano rilevato elettori indecisi che sostenevano Trump dopo la resa dei conti in prima serata. La campagna del vicepresidente ha immediatamente chiesto un secondo dibattito e Trump è sembrato aperto all’idea, dicendo a Fox News mercoledì che avrebbe preso parte, ma solo se il dibattito fosse stato ospitato da «una rete imparziale».

 

Tuttavia, in un post pubblicato giovedì sulla sua piattaforma Truth Social, il repubblicano ha annunciato che non avrebbe più dibattuto con il suo rivale democratico.

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«Quando un pugile perde un incontro, le prime parole che gli escono dalla bocca sono: “VOGLIO UNA RIVINCITA”», ha scritto Trump. «I sondaggi mostrano chiaramente che ho vinto il dibattito contro la compagna Kamala Harris, la candidata radicale di sinistra dei Democratici, martedì sera, e lei ha immediatamente chiesto un secondo dibattito».

 

Trump inizialmente ha chiesto a Harris di accettare tre dibattiti: uno ospitato da Fox News il 4 settembre, un altro ospitato da ABC il 10 settembre e un terzo ospitato da NBC News in una data non confermata. La campagna di Harris accettò solo il dibattito ABC, sebbene Trump esitasse a impegnarsi in questa resa dei conti, accusando la rete di una copertura «ridicola e di parte» nei suoi confronti.

 

«Non si è presentata al dibattito sulla Fox e si è rifiutata di partecipare alla NBC e alla CBS», ha continuato Trump, concludendo: «KAMALA DOVREBBE CONCENTRARSI SU CIÒ CHE AVREBBE DOVUTO FARE DURANTE GLI ULTIMI QUATTRO ANNI. NON CI SARÀ NESSUN TERZO DIBATTITO!»

 

“Dobbiamo agli elettori un altro dibattito”, ha scritto giovedì la campagna di Harris su X.

 

Durante il dibattito, Trump è stato ripetutamente interrotto e sottoposto a verifica dei fatti dai conduttori della ABC David Muir e Linsey Davis, quest’ultima membro della confraternita di Harris alla Howard University di Washington. Harris non è stata sottoposta allo stesso fact-checking, nonostante entrambi i candidati abbiano fatto affermazioni fuorvianti.

 

«Molte cose che ho detto sono state smentite, del tutto smentite», ha detto Trump a Fox News mercoledì. «Ma lei poteva dire tutto quello che voleva. Le mie cose erano giuste, ma loro ti avrebbero corretto», ha continuato, definendo il dibattito «totalmente truccato» è l’definito ò’ABC «l’organizzazione giornalistica più disonesta».

 

«Molte cose che ho detto sono state smentite, del tutto smentite», ha detto a Fox. «Ma lei poteva dire tutto quello che voleva. Le mie cose erano giuste, ma loro ti avrebbero corretto».

 

Harris non è stata sottoposta a fact-checking quando ha ripetutamente associato Trump al «Progetto 2025», un manifesto conservatore esplicitamente sconfessato dall’ex presidente. Né è stata corretta quando ha affermato che Trump una volta si era riferito ai neonazisti come «brave persone». In realtà, Trump ha detto che c’erano «brave persone da entrambe le parti» di un raduno della destra statunitense a Charlottesville, Virginia, nel 2017, ma che «non stava parlando dei neonazisti e dei nazionalisti bianchi, perché dovrebbero essere condannati totalmente».

 

Trump, al contrario della Harris, è stato ripetutamente interrotto e verificato dai conduttori Muir e Davis durante il dibattito, ad esempio quando ha affermato che i migranti haitiani stanno «mangiando gli animali domestici» delle persone in Ohio. Mentre diversi abitanti del posto hanno testimoniato che gatti domestici e uccelli selvatici vengono mangiati dai migranti, la polizia locale afferma di non aver ricevuto segnalazioni di tali incidenti. Vi sono, ad ogni modo, molte indagini di giornalisti ed attivisti in corso a riguardo.

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Come riportato da Renovatio 21, la storia degli haitiani che mangiano gatti, cani domestici e anatre dei parchi ha prodotto, anche grazie ai nuovi strumenti di generazione di immagini via Intelligenza Artificiale, meme memorabili.

 

Tuttavia, ora un altro fenomeno virale sembra aver preso la rete: un remix delle parole di Trump al dibattito che dice «they eat the dogs / the eat the cats» («mangiano i gatti / mangiano i cani»).

 

 

 

 

 

 

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Secondo quanto pare di capire, la musichetta – che ora spopola tra i giovani di TikToK – è stata create come sbeffeggiamento del Trump ma si è trasformata immediatamente in un inno al biondo 45° presidente USA.

 

Si tratta di un fenomeno non dissimile da quello visto con «Io sono Giorgia», remix che era stato fatto per prendere in giro un discorso della Meloni (allora ancora capo dell’opposizione): al contrario fu abbracciato immediatamente – e rilanciato – dalle forze meloniane.

 

Si tratta di una question evidente nel nostro tempo: la sinistra non sa più fare satira, né fare comunicazione – perché ha perso la capacità di fare cultura.

 

Tale evidente inferiorità, rispetto all’ondata attivisti creativi di facitori di meme della destra occidentale, è alla base anche della censura sui social media, dove, come appena ammesso da Mark Zuckerberg, il governo USA chiedeva di far sparire perfino post di evidente satira.

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