Economia
Lo Sri Lanka vuole bloccare i generatori a nafta, forniture elettriche di nuovo a rischio

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Ieri sono stati presentati 18 capi d’accusa contro il ministro dell’Elettricità Kanchana Wijesekera. Diversi cittadini dello Sri Lanka hanno detto che se dovesse esserci un incremento dei prezzi si rifiuteranno di pagare e scenderanno in piazza. Già ora molti sono alle prese con difficoltà economiche.
«Si stanno preparando a tagliare la corrente per quattro o cinque ore a partire da gennaio. Il loro fine è di privatizzare il Ceylon Electricity Board (CEB). I ministri che cercano di vendere le risorse nazionali non dovrebbero essere in Parlamento». Sono le parole di un gruppo di consumatori srilankesi che ieri hanno presentato una denuncia di 18 capi d’accusa contro le autorità locali.
«Il problema del carbone, il problema della centrale elettrica e tutto il resto sono stati deliberatamente ignorati. Il pubblico non pagherà per la loro ignoranza. Ci sono gruppi che si sono fatti avanti per far arrivare il carbone entro due settimane, concedendo un periodo di due mesi di sgravio per il pagamento degli interessi e hanno adottato misure per pagare ogni spedizione, il che significa che non ci dovrebbe essere alcuna carenza di elettricità», si legge ancora nella dichiarazione.
Tra gli accusati anche il ministro Kanchana Wijesekera, ritenuto responsabile di voler privatizzare il Ceylon Electricity Board (CEB) e di voler bloccare l’uso della nafta per il 2023.
«Stanno cercando di bloccare l’utilizzo dell’olio combustibile. La centrale elettrica di Kelani-Tissa è stata distrutta di proposito. Intendiamo notificare questi complotti al Dipartimento di investigazione criminale e all’ispettore generale di polizia. Avvieremo un’azione legale contro di loro», hanno continuato i consumatori.
Pradeep Charles, presidente della United National Self-Employed Businessmen’s Association, ha commentato dicendo: «abbiamo discusso con il presidente della Public Utilities Commission of Sri Lanka, Janaka Ratnayake, in merito alla decisione “illegale” di Wijesekera di aumentare le tariffe dell’elettricità il prossimo anno», ha affermato ai media. «Ci ha risposto che Wijesekera non possiede alcuna disposizione legale per aumentare le bollette dell’elettricità», ha detto Charles.
«Abbiamo ripetuto più volte che i cittadini non riescono a sostenere il prezzo delle bollette dell’elettricità. I consumi si sono ridotti del 25%, soprattutto nelle case degli anziani e dei lavoratori a giornata».
In caso di aumento delle tariffe, ha continuato Charles, «nessuno di noi pagherà le bollette dell’elettricità. L’associazione Voce del popolo, l’organizzazione delle donne autonome, l’associazione nazionale degli imprenditori autonomi uniti e tutti i leader delle organizzazioni civili andranno di città in città a dire alla gente di non pagare le bollette».
Nel frattempo, un aumento delle tariffe elettriche nel gennaio 2023 è inevitabile, ha dichiarato il ministro dell’Energia, Kanchana Wijesekera, specificando che l’incremento delle tariffe vedrà i prezzi rivisti a 45-46 rupie per unità (12 centesimi di euro), rispetto alle 56,90 rupie (0,15 euro) rivelate in una precedente occasione.
Nel corso di un briefing con i media tenutosi ieri Wijesekera ha dichiarato che, in occasione della prossima riunione del Consiglio dei ministri, verrà consegnato un rapporto dettagliato a riguardo:
«Alla prossima riunione, che molto probabilmente si terrà il 2 gennaio 2023, sarà presentato al Consiglio dei ministri un rapporto completo sui motivi per cui è necessario un aumento delle tariffe dell’energia. E nel gennaio 2023 si procederà sicuramente a una revisione dei prezzi”, ha dichiarato il ministro».
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Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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