Spirito
«Lo scopo di Bergoglio è dividere e distruggere»: parla mons. Viganò
Renovatio 21 pubblica un brano dall’ultima intervista che monsignor Carlo Maria Viganò ha concesso al vaticanista Aldo Maria Valli per il sito Duc in Altum. Si parte da una conversazione che Bergoglio avrebbe avuto con un giornalista suo conterraneo della testata Vida Nueva, dove sarebbero state fatte dichiarazioni piuttosto importanti. La prima parte dell’intervista era stata pubblicata da Renovatio 2 fa con il titolo «”Bergoglio lavora per lo scisma”: Intervista di mons. Viganò»; la seconda parte era stata pubblicata da Renovatio 21 con il titolo «Mons. Viganò: “questo è il momento di agire” contro Deep State e Deep Church».
Nel corso dell’intervista [di Bergoglio con Vida Nueva] si evoca un Concilio Vaticano III…
Sì, succede quando un giornalista di Vida nueva chiede provocatoriamente: «questo Sinodo sulla sinodalità sembra coprire tutto: dalle proposte per un rinnovamento liturgico alla necessità di comunità più evangelizzatrici, passando per una vera opzione preferenziale per i poveri, un vero impegno in termini di ecologia integrale, accoglienza dei collettivi LGBTQ. Si è mai pensato di dargli la forma del Concilio Vaticano III?»
Ci sarebbe da inorridire anche al solo sentir ipotizzare che un Sinodo possa affrontare temi delicatissimi – la riforma liturgica e l’evangelizzazione delle comunità – e altri del tutto estranei ai fini della Chiesa, come «una vera opzione preferenziale per i poveri, un vero impegno in termini di ecologia integrale, accoglienza dei collettivi LGBTQ».
Eppure, sono i temi affrontati alla GMG 2023, in questi giorni, con l’indottrinamento criminale di migliaia di giovani sul tema dell’emergenza ecologica e dell’ideologia woke. E sono i temi – ripetuti ossessivamente dai media, nelle scuole, sul posto di lavoro, in politica – dell’Agenda 2030 e del Great Reset, entrambi ontologicamente incompatibili con la Religione Cattolica perché intrinsecamente anticristici e anticristiani.
La risposta di Bergoglio è inquietante: «le cose non sono mature per un Concilio Vaticano III. E non è nemmeno necessario in questo momento poiché il Vaticano II non è ancora stato avviato. Questo era molto rischioso e doveva essere messo in conto. Ma c’è sempre quella paura che serpeggia tra di noi ad opera dei “vecchi cattolici” che già al Vaticano I si definivano “depositari della vera fede”».
Quale l’obiettivo finale?
Abbiamo capito che lo scopo principale di Bergoglio è quello di seminare divisione e distruggere. Il suo modus operandi è sempre lo stesso. Anzitutto, provoca artificialmente un “dibattito” su temi che nella Chiesa non possono essere oggetto di controversia, essendo già stati definiti dal Magistero: da un lato gli ultraprogressisti e dall’altro i conservatori.
I Cattolici tradizionali, come ho già spiegato in precedenza, non seguono questi deliri della neochiesa da un pezzo e fanno benissimo. Poi fa in modo che quello che vuole ottenere – una modifica dottrinale, morale, disciplinare, liturgica – sia proposto da un mediatore, apparentemente neutrale, che cerca di trovare un compromesso mentre in realtà asseconda l’area progressista.
A questo punto Bergoglio, dall’alto e come se scoprisse solo allora che c’è una questione da chiarire su cui occorre un pronunciamento autorevole, impone un cambiamento che sembra meno grave di quello che gli ultraprogressisti avevano chiesto, ma che rimane irricevibile per un Cattolico, a quel punto costretto a disobbedire. E la sua disobbedienza diviene istantaneamente eresia o scisma, col semplice richiamare gli errori dei veterocattolici al Vaticano I.
Ma qui sta l’inganno più infido: le deviazioni dottrinali dei veterocattolici sono liquidate semplicisticamente da Bergoglio come rivendicazione di essere «depositari della vera fede» – cosa che ogni eresiarca ha peraltro sempre cercato di difendere – mentre i veterocattolici hanno dimostrato di condividere con la chiesa bergogliana molte più eresie di quante verità non abbia in comune con i tradizionalisti, ad iniziare dal sacerdozio femminile.
E stupisce che Bergoglio non ricordi che le istanze dottrinali dei veterocattolici iniziarono ben prima del Concilio Vaticano I, per questioni di nomine papali dei Vescovi nei Paesi Bassi, ma mostrarono presto la loro assonanza con i modernisti, sia aderendo al movimento ecumenico protestante – fermissimamente condannato dalla Chiesa Cattolica – sia teorizzando il ritorno alla «fede della Chiesa indivisa del primo millennio», tanto cara ai fautori del Vaticano II.
Abbiamo dunque compreso che l’identificazione di un nemico – in questo caso «i rigidi», ossia i Cattolici fedeli al Magistero immutabile – è il corollario della deificazione della Rivoluzione nella Chiesa: il Sinodo è opera dello Spirito Santo e Bergoglio è vittima della Provvidenza.
Quindi o accettiamo l’apostasia come voluta da Dio – il che è assurdo, oltre che blasfemo – o finiamo ipso facto nel girone dei nemici di Bergoglio, meritando per ciò stesso la condanna riservata agli eretici e agli scismatici. Strano modo di intendere la parresia e l’inclusività della chiesa della misericordia.
(…)
L’intervista di gruppo tocca anche il tema della svolta green…
Sì, immancabile. «Per novembre, prima che si tenga a Dubai il Summit sul clima delle Nazioni Unite, stiamo organizzando un incontro di pace con i leader religiosi ad Abu Dhabi. Il cardinale Pietro Parolin sta coordinando questa iniziativa, che si svolgerà fuori dal Vaticano, in un territorio neutrale che invita tutti all’incontro».
Perché – l’abbiamo capito – l’importante è incontrarsi, camminare insieme, «in un luogo neutrale» anche se la strada intrapresa porta verso il baratro. E sappiamo bene che «neutrale» significa ostentatamente non cattolico, in cui non c’è spazio per Nostro Signore: basterebbe questa smania di Bergoglio di comparire in tutti gli eventi dichiaratamente ostili a Cristo per comprendere quanto egli sia del tutto alieno, estraneo, incompatibile e eterogeneo rispetto al ruolo che ricopre.
Gli unici verso cui non conosce pietà sono i cattolici, e massimamente i sacerdoti, perché essi hanno il potere di offrire il Santo Sacrificio alla Maestà divina e di riversare infinite grazie sulla Chiesa, che ostacolano i piani degli operatori di iniquità.
Che cosa prevede per l’immediato futuro?
Prepariamoci a un crescendo di provocazioni inaudite: bombe a orologeria pronte a esplodere per seminare disorientamento, confusione, divisione. Ma prepariamoci anche al risveglio delle coscienze, anzitutto dei fedeli e del Clero, ma – volesse il Cielo – anche di qualche Vescovo, dinanzi a tali enormità, in difesa della Chiesa di Cristo. Molto presto potremmo avere al nostro fianco persone coraggiose oneste e buone che non possono assecondare ulteriormente i farneticamenti di una setta di eretici senza fede, senza speranza e senza carità.
Spirito
Il Vaticano riforma il suo sistema giudiziario
Attraverso un nuovo motu proprio reso pubblico il 19 aprile 2024, il Sommo Pontefice ha modificato molte leggi che regolano l’ordinamento giudiziario della Santa Sede, armonizzandolo con il vicino ordinamento italiano. È questo un modo per trarre insegnamento da numerose questioni nate all’indomani del «processo del secolo», la cui onda d’urto continua a scuotere le mura del recinto leonino.
69 è il numero delle Lettere apostoliche in forma di motu proprio promulgate sotto l’attuale pontificato.
Questo atto giuridico è un motu proprio che, in sei articoli, modifica le norme giudiziarie dello Stato Pontificio. Il documento riguarda in parte l’attività dei magistrati ordinari fino ai 75 anni, e fino agli 80 anni per i giudici cardinali. Resta inoltre aperta la possibilità da parte del Sommo Pontefice di prolungare caso per caso il mandato dei magistrati, fissando modalità di remunerazione, di fine rapporto e di pensioni.
Altri provvedimenti hanno suscitato una reazione più forte da parte dei giuristi italiani, come quelli riguardanti la responsabilità civile dei magistrati o il potere conferito al Papa di intervenire nel corso di un processo nominando un vicepresidente o cessando dal servizio di un magistrato il quale, «per comprovata incapacità», non sarebbe più in grado di esercitare le sue funzioni.
D’ora in poi chi ritiene di aver subito un danno potrà avviare un procedimento giudiziario contro lo Stato della Città del Vaticano, che potrà a sua volta rivolgersi a un magistrato se sarà dimostrato che ha causato un danno.
Questo è un modo per allineare il sistema del microStato a quanto avviene in Italia, dove la responsabilità del magistrato è indiretta, per far sì che un cittadino non possa agire direttamente contro un giudice che gli ha fatto torto nel corso di un processo. Si tratta di una misura intesa a garantire la libertà, l’indipendenza e la tutela dei magistrati contro eventuali pressioni esterne.
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Per motivare questa evoluzione, Francesco evoca «gli anni di esperienza che hanno fatto sentire la necessità di una serie di cambiamenti». È difficile non vedere in ciò una scossa di terremoto provocata dal processo del secolo conclusosi provvisoriamente nel dicembre 2023. Provvisoriamente, perché, oltre alla Segreteria di Stato e all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), tutti gli altri attori, imputati e parti civili, hanno impugnato la decisione dei giudici.
Molti giuristi italiani sottolineano che l’attuale pontificato ha riscritto le regole quattro volte durante la fase istruttoria del recente grande processo, sia come modo per colmare un vuoto normativo per alcuni, sia come modo per il Romano Pontefice di mantenere il controllo sullo svolgimento del processo.
Inoltre, il Tribunale vaticano – che è stato teatro di diverse riforme negli ultimi anni – resta composto prevalentemente da avvocati e pubblici ministeri che hanno ricoperto o ricoprono incarichi in Italia e che, di conseguenza, non sempre hanno una perfetta conoscenza della normativa usi e consuetudini della Santa Sede, né del diritto della Chiesa.
In un contributo scritto dopo la sentenza, uno dei legali degli imputati nel processo del secolo, Cataldo Intrieri, ha denunciato le «contraddizioni» del sistema giudiziario vaticano e gli «esorbitanti poteri» concessi ai pubblici ministeri che, a suo dire, aveva portato ad una procedura giudiziaria «molto lontana dai criteri adottati in uno Stato di diritto».
È una critica che il nuovo motu proprio tenta forse di disarmare, anche se non è realistico pretendere dal papato – che resta nella sua essenza monarchico – una separazione assoluta dei poteri.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Jorge Valenzuela A via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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Capitano della squadra campione di pallavolo entra in un ordine cattolico tradizionale
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Spirito
Spagna, crollo delle vocazioni dopo il Concilio Vaticano II
Il sito Religión Confidencial ha pubblicato un’analisi approfondita sullo stato dei seminari in Spagna. Il calo delle vocazioni al sacerdozio sembra inevitabile. Di fronte a questa situazione molto preoccupante, la Conferenza episcopale spagnola ha deciso di non fornire tutti i dati degli ultimi cinque anni.
Una mancanza di trasparenza
Dall’analisi di Religion Confidencial emerge la crescente preoccupazione per la mancanza di trasparenza in seguito alla decisione della Commissione episcopale per il clero e i seminari di non pubblicare i dati annuali suddivisi per diocesi sui seminaristi in Spagna.
Questa pratica si è interrotta dopo l’anno accademico 2018/2019, che ha suscitato preoccupazioni in diversi ambienti ecclesiali che vedono in essa un passo indietro in termini di trasparenza e un possibile occultamento delle crisi vocazionali in alcune diocesi.
Nonostante la sua riluttanza a pubblicare dati dettagliati, la Conferenza Episcopale continua ad aggiornare sul suo sito alcuni dati sulle diocesi, anche se con alcune incongruenze e senza precedenti dettagli per diocesi.
Una forte tendenza al ribasso a partire dagli anni ’60
Il numero dei seminaristi in Spagna ha visto un notevole calo a partire dagli anni ’60. A quel tempo la Spagna contava più di 7.000 seminaristi. Dieci anni dopo, quel numero era sceso a 1.500. Un calo di quasi l’80%. Dopo aver superato quota 2.000 tra il 1985 e il 1990, lo scorso anno la tendenza è tornata a scendere sotto quota 1.000.
Se consideriamo la distribuzione dei seminaristi per diocesi, anche qui la situazione è allarmante: nel 2023, 6 diocesi non avevano seminaristi. Inoltre, 8 diocesi hanno avuto un solo seminarista per l’anno accademico 2022/2023. Così, l’anno scorso, 14 delle 69 diocesi spagnole avevano da 0 a 1 seminarista.
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All’estremo opposto, 14 diocesi hanno più di 20 seminaristi, il seminario più attrezzato è quello di Madrid con 119 seminaristi. Nella capitale il calo del numero dei seminaristi appare catastrofico.
Il calo del numero delle ordinazioni segue ovviamente il calo del numero dei seminaristi, e negli ultimi due anni sono stati ordinati meno di 100 seminaristi diocesani nella penisola iberica – esclusi i sacerdoti ordinati in una società religiosa. Quindi sono stati ordinati solo 97 sacerdoti nel 2022 e 79 nel 2023.
Questa preoccupante dinamica ha portato alla chiusura di un certo numero di seminari: il numero è difficile da specificare, perché recentemente i nomi hanno cambiato, da seminario a casa di formazione. In ogni caso, l’indagine di Religion Confidential ha contato 21 seminari attualmente chiusi in Spagna.
Roma impone l’unificazione dei seminari
Con una simile realtà davanti agli occhi si può comprendere il recente intervento romano per il quale i vescovi sono stati convocati in Vaticano. Papa Francesco ha imposto un processo di unificazione dei seminari. Non sembra necessario imporlo, perché la realtà impone di ripensare la mappa dei seminari e delle case di formazione.
In questo Paese dal passato gloriosamente cattolico, il progressismo ha provocato un profondo caos che ora lascia la Chiesa quasi senza sangue.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Basotxerri via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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