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Geopolitica

Mons. Viganò: il Deep State, la guerra ucraina, la Russia

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Renovatio 21 riprende un brano dell’intervista che monsignor Carlo Maria Viganò ha concesso alla testata americana Catholic Family News. Qui l’arcivescovo offre una visione precisa della situazione politica e geopolitica dell’ora presente, oltre la superficie visibile, nel profondo. Nella medesima intervista monsignor Viganò aveva rivelato che vi sarebbero testimonianze e prove della possibile invalidità dell’ultimo conclave.

 

 

Probabilmente l’evento più significativo da quando Joe Biden è entrato in carica è stato lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, che sembra essere stata provocata almeno in parte da cattivi attori. Cosa pensa che il Deep State stia sperando di ottenere attraverso questo conflitto in corso?

La crisi ucraina è stata preparata da anni, allo scopo di distruggere la Federazione Russa tramite un processo di balcanizzazione, così da garantire un’egemonia dell’anglosfera negli equilibri geopolitici internazionali e tenere gli Stati europei in una posizione di subalternità rispetto alla potenza anglo-americana. 

 

Il conflitto avrebbe avuto come conseguenza l’ulteriore avvicinamento di Putin a Xi Jinping, cosa ampiamente prevedibile e che si sarebbe potuta evitare.

 

È d’altronde possibile che l’aver spinto la Russia tra le braccia della Cina potrebbe costituire, nella mente dei gerarchi del Nuovo Ordine Mondiale, il casus belli per una dichiarazione di guerra alla Cina stessa, peraltro coerente con la richiesta della Casa Bianca ai partner europei di porre fine agli accordi commerciali della cosiddetta Via della Seta.

 

Una pretesa, questa, che non solo avrà pesanti ripercussioni per il venir meno di esportazioni verso la Cina e per i prevedibili aumenti delle materie prime e dei semilavorati sinora importanti dalla Cina; ma costituisce la premessa per un’instabilità e una crisi economica che di solito sono l’anticamera di un conflitto, a tutto vantaggio dei venditori di armi e di chi lucra sulla ricostruzione (vedi Iraq, ma anche Grecia).

 

Dubito tuttavia che l’élite disponga del tempo necessario ad ottenere questi scopi: i suoi giorni sono contati, perché la menzogna su cui si fonda il loro potere è ormai scoperta. 

 

Aldilà delle strategie politiche di una parte dell’establishment americano, sappiamo che la guerra in Ucraina è servita anche per nascondere gli scandali della famiglia Biden e insabbiare l’attività dei biolaboratori finanziati dal Pentagono e da enti americani o alleati: in quei laboratori sono stati trovati virus artificiali modificati geneticamente per essere efficaci su determinati gruppi etnici, in violazione degli accordi internazionali.

 

(…)

 

Non dimentichiamo che l’Ucraina è il principale attore nel mercato della maternità surrogata (…)

 

Se la pace in Ucraina fosse il vero obiettivo, quali passi dovrebbero essere fatti per ottenerla?

L’Ucraina agisce come testa di ariete nella proxy war della NATO contro la Federazione Russa, per cui dovremmo anzitutto smettere di considerare Zelens’kyj come un interlocutore negli eventuali accordi di pace: se non ha contato nulla nella dichiarazione di guerra e nel proseguimento delle azioni militari sinora condotte, non vedo quale dovrebbe o potrebbe essere il suo ruolo a un tavolo di pace. 

 

Di certo la crisi ucraina può finire immediatamente, se Kiev ritorna ad essere un cuscinetto tra il blocco della NATO – che si era impegnata a non allargarsi a Est – e garantisce l’autonomia del Donbass e l’indipendenza di Donetsk e Lugansk. Il problema è che i danni subiti e il colossale indebitamento dell’Ucraina per far fronte agli approvvigionamenti di armi e all’invio di soldati al fronte rende difficile la fine del conflitto, anche perché la vittoria contro la Russia è impossibile senza un coinvolgimento ufficiale di altre Nazioni.

 

Finché c’era da mandare vecchi carri armati o qualche volontario, la NATO ha convinto i Paesi membri a sostenere la guerra; ma non credo che essi vogliano far scoppiare una guerra mondiale, nonostante le dichiarazioni farneticanti di alcuni esponenti politici. 

 

Nelle dichiarazioni e interviste passate, Lei ha espresso un notevole sostegno alla Russia nel contesto della guerra. Mentre l’Ucraina ha chiaramente il sostegno dei globalisti occidentali, non è d’accordo sul fatto che la forte alleanza della Russia con la Cina comunista sia altrettanto preoccupante, soprattutto alla luce delle profezie di Nostra Signora di Fatima sugli «errori della Russia»?

Il mio sostegno non è alla Russia in sé, ma a chi in questo frangente si oppone di fatto ai piani del Nuovo Ordine Mondiale. Si sapeva benissimo che un conflitto tra USA e Federazione Russa avrebbe inevitabilmente rinsaldato i legami di quest’ultima con la Cina: c’è solo da sperare che l’alleanza tra Putin e Xi Jinping non sia a solo vantaggio della dittatura comunista cinese, e che si mantengano gli equilibri. 

 

Credo che sia però giunto il momento di uscire dalla gabbia ideologica che ci porta a considerare gli Americani buoni e i Russi cattivi, sulla base di un pregiudizio voluto dal Deep State. Come giustamente osservava Giulio Andreotti – prima di essere estromesso dalla politica internazionale dall’intervento dei servizi atlantici con la collaborazione della criminalità organizzata e dei pentiti della mafia – «La NATO si sarebbe dovuta sciogliere per raggiunto fine sociale quando nell’89 è caduto il muro di Berlino» (Repubblica, 28 Ottobre 2004).

 

Finché non ci rendiamo conto che i governi occidentali sono ostaggio di una cupola di eversori che gestiscono il potere contro i popoli, non potremo sconfiggere questo cancro istituzionale che altera gli equilibri internazionali e si nutre di guerre, di carestie, di povertà. 

 

Quando Nostra Signora parla degli «errori della Russia», dovremmo considerare che essi si sono ormai diffusi in tutto l’Occidente, mentre in Russia l’ateismo materialista e il comunismo sono divenuti minoritari.

 

È in Occidente – e persino in seno alla Chiesa cattolica – che quegli errori sono oggi professati pubblicamente dai governi, in un infernale connubio tra socialismo e liberalismo che è espressione delle due grandi correnti massoniche, quella socialista e rivoluzionaria di matrice francese e quella liberale e istituzionale di matrice angloamericana. 

 

(…)

 

 

 

 

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Geopolitica

Europa e Gran Bretagna preparano il blocco navale della Russia: parla il consigliere di Putin

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L’UE e il Regno Unito si stanno preparando a imporre un blocco navale alla Russia, ha affermato l’alto collaboratore del presidente russo Vladimir Putin Nikolaj Patrushev. Lo riporta il giornale russo Kommersant.

 

L’alto funzionario russo ha avvertito che Mosca dispone di una flotta sufficientemente potente da rispondere a qualsiasi mossa del genere.

 

In un’intervista pubblicata lunedì, Patrushev, che presiede il Consiglio marittimo russo, un organismo che supervisiona la politica nazionale in questo settore, ha affermato che Mosca sta affrontando crescenti minacce e sfide in mare nel contesto delle crescenti tensioni geopolitiche.

 

«L’Occidente nel suo insieme non nasconde più la sua intenzione di espellere le nostre navi dai mari, mentre i piani di sanzioni valutati, ad esempio, dagli inglesi e da alcuni membri dell’UE assomigliano sempre più a un blocco marittimo», ha affermato.

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Patrushev ha avvertito che queste misure «incontreranno una risposta adeguata e proporzionata» da parte di Mosca. «Se gli strumenti diplomatici o legali non entreranno in vigore, la sicurezza della navigazione russa sarà garantita dalla nostra Marina. Le teste calde di Londra o Bruxelles devono capirlo chiaramente», ha affermato.

 

Il  consigliere del presidente Putin ha sottolineato che la Russia sta portando avanti un programma di modernizzazione navale su larga scala, che include lo sviluppo e l’impiego di sistemi senza pilota, perfezionando al contempo le tattiche navali. Tuttavia, Mosca non intende impegnarsi in una «corsa agli armamenti navali», ha aggiunto.

 

 

I Paesi occidentali hanno introdotto restrizioni marittime nei confronti della Russia nel 2022 a causa del conflitto in Ucraina e hanno sanzionato decine di navi russe per aver presumibilmente aggirato il tetto massimo del prezzo del petrolio. Le navi russe hanno inoltre incontrato notevoli ostacoli nell’accesso ai porti, alle compagnie assicurative e agli istituti finanziari dell’UE.

 

Da mesi la Marina britannica monitora le navi russe che transitano nelle sue acque, esprimendo preoccupazione per una possibile minaccia alla sicurezza nazionale e alle infrastrutture marittime.

 

Anche le tensioni marittime si sono acuite negli ultimi mesi a seguito di diverse rotture nelle infrastrutture sottomarine del Mar Baltico. Nonostante le speculazioni su un presunto coinvolgimento russo, i funzionari occidentali non hanno fornito prove. Il Cremlino ha liquidato le speculazioni come «assurde».

 

A seguito delle accuse di sabotaggio, la NATO ha aumentato la sua presenza militare nel Mar Baltico, spingendo la Russia ad avvertire che avrebbe risposto in modo appropriato a qualsiasi «violazione» da parte delle navi del blocco.

 

Come riportato da Renovatio 21, un mese fa Patrushev aveva dichiarato che la NATO starebbe preparando attacchi sottomarini contro la Russia.

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Come riportato da Renovatio 21le forze britanniche hanno addestrato militari ucraini nell’uso di droni sottomarini sminatori.

 

All’inizio del conflitto russo-ucraino la trasmissione del giornalista Dmitrij Kiselev sul canale Rossija 1 mostrava il Regno Unito sommerso da uno tsunami radioattivo provocato da un nuovo tipo di arma, il drone atomico Poseidon, che sarebbe in grado di provocare maremoti immani.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’idea di far inabissare la Gran Bretagna fu ripetuta anche dall’ex presidente russo Demetrio Medvedev.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine ingrandita.

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Geopolitica

«Basta demonizzare Putin»: parla il leader del serbi di Bosnia

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L’UE dovrebbe smettere di denigrare la Russia e il suo leader, Vladimir Putin, ha affermato il presidente della Repubblica Serba, Milorad Dodik. Il leader serbo della regione autonoma della Bosnia-Erzegovina ha anche respinto le accuse secondo cui Mosca nutre piani aggressivi contro i paesi dell’UE.   In un’intervista rilasciata mercoledì alla rivista svizzera Die Weltwoche, Dodik ha affermato che «il punto di vista russo è che la guerra in Ucraina è stata imposta alla Russia dall’élite mondiale occidentale», citando quindi il presunto ruolo di Boris Johnson nel fallimento dei negoziati di pace tra Mosca e Kiev a Costantinopoli, in Turchia, nel 2022. Da allora, funzionari russi hanno affermato che l’allora primo ministro britannico avrebbe convinto l’Ucraina a non firmare un accordo e a «continuare a combattere».   Nel novembre 2023, David Arakhamia, parlamentare alleato di Zelens’kyj e alla guida della delegazione ucraina, ha confermato che le accuse erano fondate. Johnson ha negato l’accusa.   Secondo Dodik, «i russi hanno imparato che non possono fidarsi dell’Occidente perché l’Occidente mente continuamente». Il leader dei serbi di Bosnia ha fatto riferimento alle ammissioni dell’ex cancelliera tedesca Angela Merkel e dell’ex presidente francese François Hollande, secondo cui gli accordi di Minsk del 2014-2015 erano stati un mero stratagemma per aiutare Kiev a rafforzare le sue capacità militari.

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Commentando le preoccupazioni di alcuni stati membri dell’UE sul fatto che la Russia potrebbe pianificare un attacco contro i membri orientali del blocco, Dodik ha affermato: «penso che questa non sia una spiegazione o un’aspettativa razionale e che Putin non nutra alcuna aspirazione nei confronti di quegli Stati».   Quando gli è stato chiesto di fornire raccomandazioni a Bruxelles su come rapportarsi con la Russia, ha sostenuto che «dovrebbero, prima di tutto, smettere di demonizzare Putin e la Russia, e cercare di inventare una narrazione che possa sostenere ciò». Secondo Dodik, il presidente russo sembra voler dialogare con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, senza tuttavia avere alcuna intenzione di «dialogare con l’Europa».   Il Dodik ha suggerito che nei suoi colloqui con Mosca, Trump «dovrebbe prendere in considerazione e rispettare le esigenze e le richieste russe» e puntare a un «accordo globale», anziché a uno incentrato solo sull’Ucraina.   Parlando ai media serbi questa settimana, Dodik ha sfidato l’avvertimento rivolto dalla diplomatica di alto rango dell’UE Kaja Kallas ai paesi candidati all’adesione all’UE, chiedendo loro di «non prendere parte agli eventi del 9 maggio a Mosca». Il 9 maggio è il giorno in cui la Russia celebra la vittoria nella «Guerra Patriottica», cioè la Seconda Guerra Mondiale.   «Voglio essere lì e ci andrò», ha detto il leader serbo-bosniaco, aggiungendo di non temere possibili ripercussioni da parte di Bruxelles.   Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa un tribunale della Bosnia-Erzegovina ha condannato Dodik a un anno di prigione per aver sfidato l’autorità di un funzionario internazionale incaricato di supervisionare la pace nel Paese balcanico.

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Immagine di Medija centar Beograd via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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Geopolitica

Il giornale israeliano Haaretz chiede al mondo di costringere Israele a «smettere di affamare Gaza»

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Uno dei maggiori giornali dello Stato di Israele lancia l’allarme sulla fame a Gaza, chiedendo un intervento internazionale che scavalchi il governo israeliano stesso.

 

Un editoriale del quotidiano israeliano Haaretz, sia in ebraico che in inglese, infrange il rifiuto prevalente di parlare del «crimine umanitario continuo» della carestia di massa che il governo israeliano sta perpetrando a Gaza, con il sostegno dell’amministrazione Trump, come sottolinea.

 

Haaretz invita le nazioni del mondo a fare pressione sul «governo da incubo» israeliano affinché fermi questo crimine, un grido che proviene dall’interno di Israele e che deve essere accolto.

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«La carestia di oltre due milioni di palestinesi da parte di Israele è stata pienamente normalizzata… La carestia è diventata una politica apertamente dichiarata e persino motivo di orgoglio», afferma l’editoriale.

 

Da oltre sei settimane, nella Striscia non sono arrivate spedizioni di cibo, medicine, tende o altri aiuti. Non sono i membri di Hamas a pagarne il prezzo, ma centinaia di migliaia di bambini, madri, anziani e poveri.

 

Secondo un’indagine condotta dalle agenzie umanitarie a Gaza, solo a marzo 3.696 bambini sono stati ricoverati in ospedale a causa di grave malnutrizione. Il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite è stato costretto a chiudere tutte le panetterie che gestiva nella Striscia e la maggior parte dei residenti ora fa affidamento su un singolo pasto giornaliero fornito dalle cucine gestite dalle Nazioni Unite.

 

La maggior parte della popolazione di Gaza non ha accesso a cibo fresco, inclusi carne, latticini, uova, verdura o frutta. La grave crisi alimentare è aggravata dalla mancanza di acqua pulita, dalla diffusione delle tende, dal collasso dei sistemi fognari e di raccolta dei rifiuti, dalla distruzione del sistema sanitario e da altri fattori di rischio cumulativi.

 

Secondo i medici di Gaza, la maggior parte della popolazione soffre di gravi carenze di calorie, proteine ​​e vitamine. Esperti nutrizionisti israeliani descrivono inoltre la situazione come causa di «danni irreversibili allo sviluppo cerebrale dei bambini e di un calo sia della produzione che della qualità del latte materno».

 

«Esperti internazionali sulla mortalità hanno lanciato l’allarme su potenziali epidemie e malattie diffuse a Gaza, e all’inizio di questa settimana le Nazioni Unite hanno descritto la situazione umanitaria come la peggiore dall’inizio della guerra.

 

«La sofferenza e la morte causate dalla politica israeliana di fame a Gaza non favoriscono nessuno degli obiettivi della guerra. La morte di bambini dovuta a malnutrizione e malattie non porterà al rilascio degli ostaggi o alla caduta di Hamas. Israele deve riprendere immediatamente il flusso di aiuti nella Striscia di Gaza, e tutte le nazioni del mondo devono fare pressione su Israele in ogni modo possibile per costringerlo a farlo», conclude Haaretz.

 

Come riportato da Renovatio 21, il ministro israeliano Bezalel Smotrich aveva dichiarato che permettere a due milioni di abitanti di Gaza di morire di fame «potrebbe essere morale».

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Come riportato da Renovatio 21, a fine marzo 2024 un rapporto ONU riferiva quella di Gaza come una «fame catastrofica», portando alla luce il tema dei bambini che stanno letteralmente morendo di fame a Gaza. Un articolo dell’Associated Press di mesi fa indicava che quella di Gaza è una «fame artificiale».

 

A maggio la direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale (WFP), Cindy McCain, ha dichiarato in un’intervista a «Meet the Press» che «c’è una carestia, una carestia in piena regola nel Nord, e si sta spostando verso sud».

 

Secondo l’ONU, il 90% della popolazione gazana è sfollata.

 

L’ONU ha documentato ingenti perdite civili a Gaza e ha criticato le tattiche militari di Israele, suggerendo che alcune azioni potrebbero costituire gravi violazioni del diritto internazionale, tra cui crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Amnesty International ha pubblicato un rapporto secondo cui il genocidio è l’«unica conclusione ragionevole» per i crimini di Israele a Gaza, tra cui il blocco degli aiuti alimentari e della fornitura di acqua.

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Immagine del 10 ottobre 2023 di Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

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