Spazio
L’India vuole inserire il proprio sistema di navigazione satellitare negli iPhone
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Si chiama NavIC e il primo ministro Narendra Modi ha chiesto a tutte le grandi aziende hi-tech di inserirlo nei propri smartphone. I colossi tecnologici hanno però lamentato gli alti costi di produzione a cui andrebbero incontro. Nel frattempo l’India ha proposto anche incentivi finanziari per sostituire la Cina come base di produzione.
Apple ha spostato la produzione del nuovo iPhone in India sperando di non avere problemi, ma non aveva fatto i conti con le mire nazionalistiche e da superpotenza del primo ministro Narendra Modi: nei giorni scorsi Delhi ha fatto pressioni sul gigante Usa della tecnologia, Samsung e Xiaomi affinché rendano compatibili i loro smartphone con NavIc, il sistema di navigazione satellitare indiano. I colossi hi-tech però sono restii ad accogliere la richiesta a causa dei costi elevati che richiederebbe la riconversione della produzione.
In linea con la spinta all’autosufficienza del premier Modi, dal 2018 l’India ha ampliato l’utilizzo di NavIC (Navigation with Indian Constellation) e limitato l’utilizzo dei sistemi di navigazione stranieri, il più noto dei quali è lo statunitense Global Positioning System (GPS).
Anche l’Unione Europea, la Russia e la Cina possiedono i propri sistemi di navigazione satellitare: l’India sta facendo di tutto per essere considerata una superpotenza al pari di queste Nazioni, ma nel caso di NavIC il suo utilizzo al momento è minimo anche a livello interno, essendo obbligatorio solo per lo spostamento dei veicoli pubblici. Solo una ventina di modelli di cellulare lo utilizza.
Sono sempre le visioni di grandeur internazionale ad aver spinto l’India ad annunciare un aumento degli incentivi finanziari alle aziende produttrici di di laptop e tablet (Apple in primis) nel tentativo di sostituire la Cina come principale base di produzione. Un piano in realtà già stato proposto l’anno scorso ma che non era riuscito ad attrarre le grandi aziende hi-tech per le dimensioni ridotte dei finanziamenti (900 milioni di dollari).
Durante un serie di riunioni tenutesi tra agosto e settembre l’India ha offerto il sostegno dell’agenzia spaziale indiana per modificare l’hardware degli smartphone che saranno venduti a partire da gennaio 2023. Apple, Samsung e Xiaomi hanno declinato la richiesta, ma la questione potrebbe non concludersi qui: Delhi ha sottolineato che il GPS e il russo Glonass sono gestiti dalle agenzie di difesa dei propri Paesi, che potrebbero interromperne la fruizione ai civili da un momento all’altro.
Beidou, il sistema cinese, invece, è integrato in oltre il 90% degli smartphone fabbricati in Cina. Il sito web di Apple sostiene che i propri cellulari siano compatibili con tutti i sistemi di navigazione, ragione in più avanzata da Delhi per far inserire anche NavIC.
Ma il problema riguarda il costo dei chip dual band che dovrebbero essere installati per rendere gli smartphone compatibili anche il sistema satellitare indiano oltre al Gps: Samsung e Xiaomi – che insieme rappresentano il 38% del mercato indiano degli smartphone e riescono a tenere il prezzo dei loro prodotti a meno di 200 dollari a pezzo in India – sono riluttanti a sborsare costi elevati per piccole componenti aggiuntive che, almeno per ora, non promettono grandi ritorni.
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Spazio
L’Europa militarizza la sua agenzia spaziale
L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) avvierà per la prima volta iniziative dedicate alla difesa, qualificando l’iniziativa come «storica». Una delibera adottata dai suoi 23 Paesi membri riconosce che l’ente possiede le competenze necessarie per elaborare tecnologie spaziali «a fini di sicurezza e difesa».
L’Unione Europea e la NATO stanno destinando decine di miliardi di dollari – derivanti da risorse fiscali e indebitamento – per finanziare imprese del settore bellico e incrementare la fabbricazione di armamenti, motivando tali sforzi con la presunta urgenza di fronteggiare la Russia. Il presidente russo Vladimir Putin ha replicato giovedì che i vertici europei stanno amplificando artificiosamente il rischio per avvalorare le proprie agende e convogliare fondi verso l’industria delle armi.
Per il triennio venturo, il bilancio dell’ESA riceverà l’importo senza precedenti di 22,1 miliardi di euro (equivalenti a circa 24 miliardi di dollari), un balzo netto rispetto ai 17 miliardi del ciclo precedente. Tra i membri figurano quasi tutti gli Stati europei della NATO, oltre a nazioni extra-NATO come Svizzera e Austria.
La Germania guida i versamenti con 5 miliardi di euro, tallonata da Francia e Italia, ciascuna oltre i 3 miliardi.
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Il direttore generale dell’ESA, Josef Aschbacher, ha attribuito alla Polonia un ruolo cruciale nel delineare questa virata strategica, confermando che la capitale Varsavia è in fase di negoziato per accogliere un hub dedicato alle attività di sicurezza.
Nell’intero perimetro dell’UE, le voci di spesa per la difesa registrano un’impennata, mentre Bruxelles e i suoi partner sollecitano un potenziamento armato in nome della protezione. Il programma «ReArm Europe» della Commissione mira a iniettare centinaia di miliardi in commesse e dotazioni per equipaggiamenti condivisi, allineandosi a un incremento del 40% negli acquisti di armamenti da parte dei membri in un solo anno. Pure gli stanziamenti per ricerca e innovazione bellica sono in ascesa marcata, segnalando un’accelerazione verso priorità marcatamente militari.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio 2022, a poche settimane dallo scoppio della guerra ucraina, la NATO aveva pubblicato un documento ufficiale – NATO’s overarching Space Policy («Politica spaziale globale NATO») che introduce la dottrina spaziale del Patto Atlantico: le minacce spaziali devono essere incluse nell’articolo 5, la celeberrima clausola di mutua difesa della NATO che impegna a dare una risposta collettiva nel caso un singolo Paese venga attaccato. In precedenza, la NATO aveva già avviato un centro spaziale, parte del comando aereo di Ramstein, in Germania.
La Russia aveva risposto duramente definendo il documento «unilaterale ed incendiario». «Possiamo vedere dove si sta effettivamente dirigendo il mondo spaziale occidentale. Si sta dirigendo verso la guerra», aveva detto al canale televisivo Rossiya 24 in un’intervista l’allora direttore dell’agenzia russa spaziale Roskosmos Dmitrij Rogozin la scorsa estate.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Bizzarria
Astronauta lesbica non violò i conti bancari della «moglie» mentre era in orbita: nessun crimine spaziale
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Spazio
La Terra potrebbe essere intrappolata in un enorme bizzarro vuoto
Gli astronomi che hanno esaminato le onde sonore del Big Bang affermano che la Terra, e l’intera galassia della Via Lattea, potrebbero essere intrappolate in un enorme vuoto largo miliardi di anni luce.
Il loro studio, presentato al National Astronomy Meeting della Royal Astronomical Society nel Regno Unito, potrebbe risolvere uno dei più grandi misteri della cosmologia: la tensione di Hubble, ovvero il motivo per cui l’universo più vecchio sembra espandersi più lentamente delle regioni più giovani.
«La tensione di Hubble è in gran parte un fenomeno locale, con poche prove che il tasso di espansione sia in disaccordo con le aspettative della cosmologia standard più indietro nel tempo. Quindi una soluzione locale come un vuoto locale è un modo promettente per risolvere il problema», ha affermato Indranil Banik, cosmologo dell’Università di Portsmouth che ha guidato la ricerca, in una dichiarazione sul lavoro.
Il nostro universo si sta espandendo a un ritmo accelerato, ma quale sia esattamente il ritmo è oggetto di intenso dibattito. Quando gli astronomi analizzano la radiazione cosmica di fondo a microonde, la luce residua del Big Bang e la luce più antica dell’universo, il ritmo è inferiore rispetto a quello derivato dalle osservazioni nell’universo vicino di supernove di tipo Ia e stelle luminose e pulsanti note come Cefeidi.
La discrepanza è diventata innegabile e le sue implicazioni sono così profonde che è stata definita una «crisi cosmologica». La nostra comprensione dell’universo è sbagliata? Esiste forse qualche nuova fisica di cui non siamo ancora a conoscenza?
Ma quest’ultima ricerca potrebbe frenare un po’. Se la Terra si trovasse vicino al centro di un «vuoto» a bassa densità nello spazio, con un raggio di circa un miliardo di anni luce e circa il 20% al di sotto della densità media dell’universo, questo potrebbe spiegare chiaramente la discrepanza.
Il Banik spiega che una tale regione «farebbe sì che la materia venisse attratta dalla gravità verso l’esterno del vuoto, dove la densità è più elevata, facendo sì che il vuoto diventi più vuoto col tempo».
«Mentre il vuoto si svuota», continua, «la velocità degli oggetti che si allontanano da noi sarebbe maggiore rispetto a quella che si avrebbe se il vuoto non ci fosse. Questo dà quindi l’impressione di un tasso di espansione locale più rapido».
L’idea di un vuoto locale era già stata avanzata in precedenza. Ma quest’ultimo lavoro aggiunge credibilità alla teoria analizzando le oscillazioni acustiche barioniche (BAO), o come le chiamano i ricercatori, il «suono del Big Bang» – emanazioni prodotte quando il mare uniforme di materia calda formatosi dal Big Bang si è ripetutamente contratto e poi espanso in un tiro alla fune con la gravità, prima di raffreddarsi definitivamente.
«Queste onde sonore hanno viaggiato solo per un breve periodo prima di congelarsi sul posto una volta che l’universo si è raffreddato abbastanza da permettere la formazione di atomi neutri», ha ribadito il Banik, consentendo agli astronomi di usarle come «righello standard» per misurare il cosmo.
Se questo vuoto esistesse, sostiene Banik, allora distorcerebbe il BAO in un modo che potremmo misurare. Dopo aver analizzato tutte le misurazioni del BAO effettuate negli ultimi 20 anni, questo è esattamente ciò che Banik afferma di aver scoperto.
Il problema più grande in cui incorre questa teoria è che sfida la nostra comprensione della struttura dell’universo: alle scale più grandi, dovrebbe apparire uniforme e distribuito uniformemente. Una regione di miliardi di anni luce di diametro che è in qualche modo meno densa di tutto ciò che la circonda viola chiaramente questa regola.
Ciononostante, lo scienziato intende testare il suo modello di vuoto locale con altri metodi per stimare l’espansione dell’universo.
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