Economia
L’economia tedesca perderà 200 miliardi di euro
«La guerra in Ucraina ha causato ingenti danni all’economia tedesca», ha detto a Reuters Marcel Fratzscher, presidente del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW, Istituto tedesco per la ricerca economica), in un’intervista del 24 agosto.
Secondo il Fratzscher dell’aumento del 4,5% del PIL quest’anno ritenuto possibile all’inizio dell’anno, nella migliore delle ipotesi potrebbe rimanere un aumento dell’1,5%, in gran parte a causa delle conseguenze economiche della guerra, ha affermato.
«E questo è solo l’impatto su quest’anno». Tutto questo continuerà per i prossimi due o tre anni, «finché non saremo veramente indipendenti dal gas russo», ha affermato l’economista.
«Stiamo parlando di circa tre anni di circa il 4-5% del prodotto interno lordo che andrà perso», ha affermato. «Sono 150-200 miliardi di euro in meno di produzione economica».
«Questa crisi è accompagnata da una massiccia perdita di potere d’acquisto delle persone a causa dell’elevata inflazione».
In questo senso, i costi della recessione si stanno distribuendo su molte più spalle del solito. Il problema è che colpisce in modo insolitamente duro le persone a basso reddito. «Subiscono da tre a quattro volte l’inflazione rispetto alle persone con redditi alti (…) quindi le persone a basso reddito sperimentano una maggiore perdita di potere d’acquisto e devono ridurre maggiormente i propri consumi, soprattutto perché molti di loro non hanno risparmi».
Come riportato da Renovatio 21, un recente studio sempre del DIW aveva calcolato che la carestia di gas distruggerà in Germania 330 mila posti di lavoro.
Secondo il ricercatore Andreas Zick dell’Istituto per la ricerca interdisciplinare sui conflitti e la violenza dell’Università di Bielefeld, «l’inflazione persistente è una sfida enorme, perché in determinate circostanze può portare a enormi conflitti sociali», ha detto a RedaktionsNetzwerk Deutschland (RND).
Le rivolte per gas, riscaldamento e inflazione colpiranno la Germania questo autunno: ne è convinto il vicecancelliere verde Robert Habeck, e non solo lui.
La Germania sta quindi approntando una strategia di repressione di quelli che ora chiama «estremisti» ma che sono in realtà solo cittadini esasperati da uno Stato che non solo non ha fatto il loro interessi, ma non li ha protetti in alcun modo.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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