Spirito
Le scuole cattoliche escludono i non vaccinati: manovra annunciata

Terminata la tregua del periodo pasquale, torna a riemergere, in molte città, il problema delle esclusioni dalle materne per i bambini non in regola con tutte le vaccinazioni.
Ciò che è balzato però veramente all’occhio, è la linea dura intrapresa dalla FISM (Federazione Italiana Scuole Materne) organo riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana. Tutte le scuole materne paritarie facente parte della FISM avevano già dato l’ultimatum, garantendo di applicare la legge in tutto e per tutto.
Ora, arrivati alla resa dei conti, si è passati alle minacce che preannunciano i veri atti concreti. A parlarne è Luigi Vico, presidente torinese:
«Rispetteremo la normativa, in attesa di avere dalla Regione o dal Ministero delle informazioni di carattere diverso. Le scuole hanno adottato la procedura prevista e, a seconda del giorno in cui scade la comunicazione, se le famiglie non dimostreranno di essere in regola le dovremmo allontanare».
Questo pugno di ferro era stato già annunciato a pochi giorni dal fatidico 10 marzo dove, con una circolare, la FISM aveva intimidito tutte le famiglie pretendendo documentazioni addirittura al di sopra di quelle richieste dalla legge e minacciando di escludere i bambini che stavano svolgendo normale iter, con tanto di colloqui informativi previsti dalla legge 119/2017.
Secondo noi, però, la questione sta a monte più che a valle. A tutti viene da chiedersi come mai siano le scuole teoricamente cattoliche ad adottare queste decisioni così nette e fuori da ogni schema, pur anche quello etico. La domanda è legittima e, per questo, proviamo a fornire una risposta.
Come è evidente che sia, la maggior parte dei pastori pensa veramente di avere a che fare con un gregge di pecore invece che con uomini in carne ed ossa, e, anche se non in tutti i casi, dotati di intelligenza.
È evidente che la maggior parte dei pastori pensa veramente di avere a che fare con un gregge di pecore invece che con uomini dotati di intelligenza
Chi conosce le dinamiche interne alla Conferenza Episcopale Italiana, sa che sulle questioni farmaceutiche possono esservi interessi non irrivanti.
Questo dai tempi del Cardinal Fiorenzo Angelini, conosciuto anche come «Sua Sanità» Angelini per essersi occupato di sanità e di operatori sanitari presso un apposito Pontificio Consiglio, con l’appoggio della Democrazia Cristiana capitanata in illo tempore da Messer Giulio Andreotti.
Nello specifico delle vaccinazioni, come anche questo è noto, ci sono problemi legati alla sfera morale, etica ed umana: produrre vaccini con linee cellulari di feti abortiti porta ad interrogare non solo i credenti, ma anche le persone dotate di semplice buon senso.
Chi conosce le dinamiche interne alla Conferenza Episcopale Italiana, sa che sulle questioni farmaceutiche possono esservi interessi non irrivanti. Questo dai tempi del Cardinal Fiorenzo Angelini, conosciuto anche come «Sua Sanità» Angelini per essersi occupato di sanità e di operatori sanitari presso un apposito Pontificio Consiglio, con l’appoggio della Democrazia Cristiana capitanata in illo tempore da Messer Giulio Andreotti.
Nel lontano 2005, infatti, con un documento ufficiale la PAV (Pontificia Accademia per la Vita) sollevava per la prima volta il problema, non solo presentando la lista dei vaccini in cui erano – e sono – presenti le linee cellulari prodotte con esperimenti su feti sani abortiti con aborto procurato, ma anche riportando riflessioni di carattere teologico e morale.
In quegli anni, qualcuno di fedele al proprio ministero era probabilmente presente. Ministero che, secondo una certa pastorale, deve difendere il miracolo della vita con le unghie e con i denti, soprattutto se si tratta di vite innocenti macellate sugli altari della sperimentazione scientifica da laboratorio.
Oggi invece siamo davanti ad un palese tradimento, perché della fede non importa niente soprattutto a coloro che dovrebbero non solo rappresentarla, ma anche diffonderla.
Basti pensare alle scese in campo della neo-chiesa per difendere vite innocenti come, ad esempio, quella del piccolo Alfie Evans: in ritardo e, nell’identico modo che ha visto la condanna a morte di Charlie Gard – anche contro la volontà dei genitori – con modalità goffe, tipiche di chi vorrebbe accreditarsi come salvatore senza sporcarsi in nessun modo le mani, ben sapendo che ormai è tardi.
Ebbene, le scandalose comunicazioni congiunte lo scorso luglio fra Pontificia Accademia per la Vita, rappresentata da Mons. Vincenzo Paglia, SIR (Servizio Informazione Religiosa) che lanciò la nota, e tutta la Conferenza Episcopale Italiana, casualmente pervenute nel medesimo giorno della conversione in legge 119/2017 del c.d. decreto Lorenzin, sono state un’abile mossa per prevenire l’obiezione di coscienza in materia morale.
Chi volesse leggere l’ultima nota della PAV in materia di vaccinazioni, capirebbe benissimo non solo la contraddizione con il documento del 2005, ma anche il tentativo di minimizzare una pratica illecita per ogni persona credente.
Mons. Paglia, in ossequio alla santa siringa nuova madre della neo-chiesa, ha tentato di far cadere in prescrizione ciò che dalla Chiesa viene considerato omicidio: l’aborto.
Mons. Paglia, in ossequio alla santa siringa nuova madre della neo-chiesa, ha tentato di far cadere in prescrizione ciò che dalla Chiesa viene considerato omicidio: l’aborto.
Siccome gli aborti con cui sono state prodotte linee cellulari per produrre alcuni vaccini risalgono a tanto tempo orsono, allora nessuno si preoccupi, dice la nuova chiesa. Ergo, pecca fortiter perché basta poi far passare del tempo e tutto si cancella. L’apoteosi di una cosciente e volontaria contradictio in terminis per non dare spazio all’obiezione di coscienza, è stata messa palesemente in atto come atto politico.
aborti, provette, vaccini, sperimentazione genetica, staminali. Per l’élite, magari anche un po’ di cocaina.
È la pastorale farmaceutica della neo-chiesa:
Niente di tutto ciò non ci spaventa. Il Monsignore, ha fatto i suoi conti male: con Renovatio 21, forti delle leggi italiane e non di quelle vaticane, andremo avanti comunque avvalendoci della nostra identità di essere umani, e non di gregge di ovini da tosare e portare al macello (come pensa la chiesa farmaceutica dell’8 per mille).
È la pastorale farmaceutica della neo-chiesa: aborti, provette, vaccini, sperimentazione genetica, staminali. Per l’élite, magari anche un po’ di cocaina.
L’obiezione di coscienza, purtroppo per la Pontificia Accademia per la Vita, non è una questione che riguarda solo i credenti; ma soprattutto non è qualcosa di legato alla Chiesa, poiché come detto le vere tutele stanno nella Costituzione e nelle leggi dello Stato.
Chi difenderà, ad esempio, la coscienza dei vegani che devono subire i vaccini ben sapendo che vengono squartate scimmie (e polli, e ratti, e cani) per produrli?
Chi difenderà, ad esempio, la coscienza dei vegani che devono subire i vaccini ben sapendo che vengono squartate scimmie (e polli, e ratti, e cani) per produrli?
E infine, cosa aspettarsi da questi pastori perversi? Jorge Mario Bergoglio ha, sostanzialmente, appena abolito l’Inferno.
La domanda è: se ne vuole creare uno alternativo per i bambini non vaccinati?
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Questo sarà ciò che spetterà a tutti quei genitori lavoratori che si troveranno con i bambini esclusi da asili e materne, allontanati con le maniere forti e via discorrendo: sarà, di fatto, un piccolo inferno organizzativo.
Alla faccia della «chiesa della misericordia» sbandierata da chi oggi occupa il Soglio.
Jorge Mario Bergoglio ha, sostanzialmente, appena abolito l’Inferno. Ne vuole creare uno alternativo per i bambini non vaccinati?
Cristiano Lugli
Spirito
Il cardinale Sarah afferma che papa Leone è «consapevole della battaglia» sulle restrizioni alla messa in latino

Il cardinale Robert Sarah ha condiviso in un’intervista pubblicata lunedì di aver parlato con papa Leone XIV delle preoccupazioni di coloro che hanno partecipato alla messa tradizionale in latino e che il pontefice è consapevole delle loro difficoltà.
«Continuiamo a litigare per la liturgia, continuiamo a fare bullismo contro certe persone”, ha dichiarato Sarah alla pubblicazione francese Tribune Chrétienne in un’intervista esclusiva, suggerendo che i cristiani che partecipano e sostengono la Messa in latino non possono essere giustamente privati della Messa in latino, anche perché questi cattolici praticano la loro fede in modo pieno e autentico.
«In realtà, quando guardiamo davvero ai cristiani praticanti oggi, sono loro ad andare alla Messa tradizionale. Allora perché proibirglielo? Al contrario, dovremmo incoraggiarli», ha detto il presule. «Non so cosa farà il papa, ma è consapevole di questa battaglia. È consapevole di questa difficoltà».
Il cardinale ha affermato di aver avuto «l’opportunità» di discutere la questione quando ha incontrato papa Leone, ma non ha rivelato alcun dettaglio specifico sulla loro conversazione, incluso se Leone abbia indicato una linea d’azione riguardo alla messa in rito antico.
Tuttavia, ha espresso la speranza che Leo tenga conto delle esigenze dei cattolici che frequentano la Messa tridentina. Quando il suo intervistatore gli ha fatto notare che il cardinale Raymond Burke ha ottenuto una Messa tradizionale nella Basilica di San Pietro, Sarah ha risposto:
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«Ciò avverrà, ma a tutti deve essere dato spazio. Il papa è il padre di tutti, di ognuno di noi. È il padre dei tradizionalisti. È il padre dei progressisti, il padre di tutti. Non può ignorare i suoi figli. Ognuno ha il suo carattere, la sua sensibilità. Tutti devono essere tenuti in considerazione. Credo che cercherà di agire in questo modo».
In precedenza nella sua intervista, Sarah aveva sottolineato che la Messa è diventata un «campo di battaglia tra tradizionalisti e progressisti» e si era chiesto il perché, incoraggiando i fedeli a riflettere sulla provenienza dell’autorità di proibire una Messa.
«Penso che dobbiamo riflettere su questo. È l’unico momento in cui l’uomo è in rapporto faccia a faccia con Dio», ha detto riferendosi alla Messa. «È l’unico momento in cui l’uomo è in contatto diretto con Dio, quando Dio lo ascolta, quando l’uomo parla con Dio».
«Perché dobbiamo combattere? Perché proibire questo? Perché proibire quello? Chi ci dà questo diritto? Chi ci dà questo potere? Qualcuno che ha un rapporto personale con Dio? Non abbiamo mai visto una cosa del genere nella storia della Chiesa», ha continuato il cardinale, riferendosi al divieto senza precedenti di una venerabile liturgia sviluppatasi organicamente nel corso di molti secoli.
«Quindi penso che se il papa cerca di capirlo non sia facile, perché la questione è una questione di fede. Come crediamo, come preghiamo», ha detto Sarah, invertendo il detto latino Lex orandi, lex credendi».
Quando Leone ha finalmente affrontato pubblicamente la questione il mese scorso, ha evitato di dare una risposta chiara sulla sua posizione in merito alla legittimità delle restrizioni al TLM, affermando che l’argomento è «molto complicato».
Il papa ha inoltre definito la messa in latino un «argomento scottante» e ha rivelato di aver già ricevuto «numerose richieste e lettere» sull’argomento.
La messa tradizionale della Chiesa è stata sottoposta a pesanti restrizioni nel luglio 2021 a causa della Traditionis Custodes di papa Francesco e delle successive misure imposte dal cardinale Arthur Roche nel suo ruolo di prefetto della Congregazione per il Culto Divino.
Mentre il Vaticano, sotto Leone XIII, ha concesso a una parrocchia del Texas una proroga di due anni per celebrare la messa latina tradizionale, il papa non ha finora dato alcuna indicazione, nemmeno in questa decisione, che dichiarerà abrogata la Traditionis Custodes o ne modificherà i diktat.
La Traditionis Custodes è stata fermamente condannata dal clero e dagli studiosi come un ripudio della pratica perenne della Chiesa cattolica e perfino del solenne insegnamento della Chiesa.
Il cardinale Burke ha affermato che la liturgia tradizionale non può essere proscritta, nemmeno dal Papa stesso. «Si tratta di una realtà oggettiva della grazia divina che non può essere modificata da un mero atto di volontà, nemmeno dalla più alta autorità ecclesiastica», ha scritto il cardinale statunitense nel 2021.
La bolla Quo Primum di San Pio V del 1570 autorizzò in modo permanente la Messa tradizionale, dichiarando che poteva essere usata «liberamente e lecitamente» «in perpetuo» e che persino l’ira di Dio si sarebbe abbattuta su coloro che avessero osato limitare o abolire la Messa di sempre.
«(…) Decretiamo e dichiariamo che le presenti Lettere in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma sempre stabili e valide dovranno perseverare nel loro vigore. E ciò, non ostanti: precedenti costituzioni e decreti Apostolici; costituzioni e decreti, tanto generali che particolari, pubblicati in Concilii sia Provinciali che Sinodali; qualunque statuto e consuetudine in contrario (…)» scrive Quo Primum.
«Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo».
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Immagine di Lawrence OP via Flickr pubblicata su licenza Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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Messi in vendita gli effetti personali di Pio XII

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Spirito
Mons. Eleganti critica duramente il Vaticano II e la nuova liturgia

Il vescovo Marian Eleganti era vescovo ausiliare della diocesi di Coira, in Svizzera, quando era vescovo il vescovo Vitus Huonder. Dopo il suo ritiro, ha criticato apertamente le politiche vaticane, incluso il disastroso Sinodo sulla sinodalità. Di recente, insieme ad altri tre vescovi, ha riparato la profanazione della Basilica di San Pietro da parte del pellegrinaggio LGBT.
Attacca il Concilio Vaticano II e la riforma liturgica in un articolo pubblicato sul suo blog, dal titolo evocativo: «Vaticano II: la primavera annunciata non è arrivata». Con la sua consueta semplicità, mons. Eleganti racconta di aver servito la Messa nel rito tradizionale, prima di essere formato alla nuova Messa. Poi è arrivato il grande sconvolgimento. I sottotitoli sono della redazione.
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Un’infanzia segnata dal Concilio
«Da bambino, ho assistito all’iconoclastia nella venerabile Chiesa della Santa Croce nella mia città natale. Gli altari gotici scolpiti furono demoliti davanti ai miei occhi infantili. Tutto ciò che rimase fu un altare comune, una sala del coro vuota, la croce nell’arco del coro, Maria e Giovanni a sinistra e a destra su pareti bianche e spoglie».
«Nuove vetrate inondavano la chiesa con il sole che sorgeva a est. Niente di più: era una deforestazione senza precedenti. Noi bambini trovavamo tutto questo normale e appropriato e risparmiavamo con fervore per il nuovo pavimento in pietra, così da dare il nostro contributo alla riforma o al rinnovamento della chiesa. L’euforia del Concilio veniva trasmessa dai sacerdoti; venivano convocati sinodi, ai quali io stesso partecipavo da adolescente. Non avevo assolutamente idea di cosa stesse succedendo».
Un’accettazione sicura ma lucida
«All’età di 20 anni, come novizio [benedettino, ndr], ho sperimentato da vicino e dolorosamente le tensioni liturgiche tra tradizionalisti e progressisti tra i riformatori. Furono introdotte nuove professioni ecclesiastiche, come quella di assistente pastorale (principalmente per i coniugati)».
«Ricordo i miei commenti critici su questo perché le tensioni e i problemi che stavano lentamente emergendo tra ordinati e non ordinati erano prevedibili fin dall’inizio. Il calo del numero di candidati al sacerdozio era prevedibile e divenne rapidamente evidente».
«Da giovane, ho sostenuto con tutto il cuore il Concilio e in seguito ne ho studiato i documenti con fede e fiducia. Tuttavia, fin dall’età di vent’anni, ho notato diverse cose: la desacralizzazione del santuario, del sacerdozio, del Santissimo Sacramento, così come la ricezione della Santa Eucaristia, e l’ambiguità di alcuni passaggi nei documenti conciliari. Da giovane laico ancora poco versato in teologia, ho notato tutto questo molto presto».
«Sebbene il sacerdozio fosse la scelta che mi stava più a cuore fin dall’infanzia, non sono stato ordinato sacerdote fino all’età di 40 anni. Sono cresciuto con il Concilio, ho raggiunto l’età adulta e ho potuto osservarne gli effetti fin da quando ha avuto luogo. Oggi ho 70 anni e sono vescovo».
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La consapevolezza del fiasco conciliare
«Guardando indietro, devo dire che la primavera della Chiesa non è mai arrivata; ciò che è arrivato è stato invece un declino indescrivibile nella pratica e nella conoscenza della fede, una diffusa mancanza di forma liturgica e una certa arbitrarietà (alla quale io stesso ho in parte contribuito senza rendermene conto)».
«Guardando indietro, sono sempre più critico verso tutto, compreso il Concilio, i cui testi la maggior parte delle persone ha già abbandonato, pur invocandone costantemente lo spirito. Cosa non è stato confuso con lo Spirito Santo e attribuito a lui negli ultimi 60 anni? Cosa è stato chiamato “vita” senza apportare vita, ma al contrario dissolvendola?»
«I cosiddetti riformatori volevano ripensare il rapporto della Chiesa con il mondo, riorganizzare la liturgia e rivalutare le posizioni morali. E continuano a farlo. Il segno distintivo della loro riforma è la fluidità nella dottrina, nella moralità e nella liturgia, l’allineamento con le norme secolari e una rottura spietata, post-conciliare, con tutto ciò che era venuto prima».
«Per loro, la Chiesa è, soprattutto, ciò che è stata dal 1969 (Editio Typica Ordo Missae, Cardinale Benno Gut). Ciò che è venuto prima può essere trascurato o è già stato rivisto. Non si può tornare indietro. I più rivoluzionari tra i riformatori sono sempre stati consapevoli dei loro atti rivoluzionari. Ma la loro riforma postconciliare, i loro processi, sono falliti – su tutta la linea. Non sono stati ispirati. L’altare del popolo non è un’invenzione dei padri conciliari».
«Io stesso celebro la Santa Messa secondo il nuovo rito, anche in privato. Tuttavia, grazie alla mia attività apostolica, ho riscoperto l’antica liturgia della mia infanzia e ne noto la differenza, soprattutto nelle preghiere e nelle posture, e naturalmente nell’orientamento».
«A posteriori, l’intervento postconciliare sulla forma molto coerente della liturgia, vecchia di quasi duemila anni, mi sembra una ricostruzione piuttosto violenta e provvisoria della Santa Messa negli anni successivi alla conclusione del Concilio, che è stata associata a grandi perdite che devono essere colmate. È stato fatto anche per ragioni ecumeniche».
«Molte forze, anche protestanti, furono direttamente coinvolte in questo sforzo di allineare la liturgia tradizionale con la Cena del Signore protestante e forse anche con la liturgia del Sabato ebraico. Ciò fu fatto in modo elitario, dirompente e sconsiderato dalla Commissione Liturgica Romana e imposto all’intera Chiesa da Paolo VI, non senza causare gravi fratture e divisioni nel corpo mistico di Cristo, che persistono ancora oggi».
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Giudica l’albero dai suoi frutti
«Una cosa è certa per me: se si può giudicare un albero dai suoi frutti, è urgente una rivalutazione spietata e onesta della riforma liturgica postconciliare: storicamente onesta e meticolosa, non ideologica e aperta, a immagine della nuova generazione di giovani credenti che non conoscono né leggono i testi del Concilio.
«Non hanno nemmeno problemi con la nostalgia, perché conoscono la Chiesa solo nella sua forma attuale. Sono semplicemente troppo giovani per essere tradizionalisti. Tuttavia, hanno sperimentato come funzionano attualmente le parrocchie, come celebrano la liturgia e cosa rimane della loro socializzazione religiosa attraverso la parrocchia? Molto poco! Per questo motivo, non sono nemmeno progressisti».
«Dalla prospettiva odierna, il cattolicesimo liberale o progressismo degli anni Settanta – più recentemente sotto le mentite spoglie del “cammino sinodale” – ha fatto il suo corso e ha condotto la Chiesa in un vicolo cieco. La frustrazione è ancora maggiore. Lo possiamo vedere ovunque. Le funzioni domenicali e feriali sono frequentate principalmente dagli anziani. I giovani sono assenti, tranne che in alcuni luoghi di culto molto affollati. La riforma sta avvenendo da sola, perché nessuno ci va più né ne legge i risultati».
«Come è possibile che la riforma postconciliare possa essere ancora oggi considerata in modo così acritico e limitato, a giudicare dai suoi frutti? Perché un esame onesto della tradizione e della nostra storia (della Chiesa) non è ancora possibile? Perché non si vuole vedere che siamo a un punto di svolta e che dovremmo fare il punto della situazione, soprattutto a livello liturgico?»
«”Essere o non essere”, in termini di fede e vita ecclesiale, si decide sulla base o sui fondamenti della liturgia. È qui che la Chiesa vive o muore. Tradizionalisti e progressisti hanno correttamente valutato questo aspetto fin dal 1965. Allora perché la tradizione è in aumento tra i giovani? Cosa la rende così attraente per i giovani? Pensateci! I piedi votano, non i concili. Forse dovremmo semplicemente cambiare direzione! Capito?»
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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