Economia
Le proteste contro Lukashenko minacciano la Belt and Road cinese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
Il presidente bielorusso ha puntato su Pechino per riequilibrare i rapporti con Russia e UE. Guerre e disordini interni sono tra le minacce principali al successo della BRI. Le autorità cinesi criticano le interferenze di forze straniere. La Cina ha investito 1,6 miliardi di euro nelle infrastrutture di Minsk.
Il presidente bielorusso ha puntato su Pechino per riequilibrare i rapporti con Russia e UE
L’instabilità creata dalle recenti proteste in Bielorussia minaccia gli investimenti cinesi nell’ambito della Belt and Road Initiative (Bri), il grande piano infrastrutturale del presidente Xi Jinping per rendere la Cina il perno del commercio mondiale. È quanto sostiene la maggior parte degli osservatori.
La diplomazia «economica» di Pechino si basa sulla stabilità dei Paesi partner: guerre e disordini interni sono tra le minacce principali al successo della BRI, come dimostrano le difficoltà che il progetto incontra in Pakistan, Afghanistan, Iran e Medio Oriente.
Le dimostrazioni contro la rielezione del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che l’opposizione interna – spalleggiata da Usa e Unione europea – ritiene truccata, mettono in pericolo i piani geopolitici di Pechino: la nazione dell’Est Europa è infatti una potenziale porta d’ingresso nel mercato della UE, il suo secondo partner commerciale.
Le autorità cinesi criticano le interferenze di forze straniere. La Cina ha investito 1,6 miliardi di euro nelle infrastrutture di Minsk
La linea ufficiale di Pechino rimane quella di condannare ogni interferenza negli affari interni di un altro Stato; ciò vale per l’Occidente e, in misura minore, per la Russia.
Xi Jinping è stato tra i primi leader stranieri a congratularsi con Lukashenko per la sua rielezione; ieri il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato che la Cina si «oppone alle forze straniere che provocano divisioni e disordini nella società bielorussa». Una Bielorussia nel caos, o troppo allineata con la UE o Mosca, non è la prospettiva migliore per la BRI.
Lukashenko ha governato il Paese con il pugno duro dal 1994. Per sopravvivere, evitando di dipendere da un solo “sponsor” straniero, egli ha cercato di volta in volta l’appoggio di Mosca o dell’Europa.
La diplomazia «economica» di Pechino si basa sulla stabilità dei Paesi partner: guerre e disordini interni sono tra le minacce principali al successo della BRI
Negli ultimi anni, per ampliare le sue opzioni, «l’ultimo dittatore d’Europa» ha accresciuto i rapporti con la Cina, che ai suoi occhi non rappresenta una minaccia per la sovranità bielorussa.
Secondo il China Global Investment Tracker, dal lancio della Bri nel 2013, gli investitori cinesi hanno riversato in Bielorussia 1,6 miliardi di dollari, soprattutto nei trasporti, nella logistica e nell’energia, settori chiave per la Belt and Road.
Lo scorso anno, le istituzioni finanziarie cinesi hanno concesso anche una linea di credito da 12,7 miliardi di euro alla Banca bielorussa per lo sviluppo.
Una Bielorussia nel caos, o troppo allineata con la UE o Mosca, non è la prospettiva migliore per la BRI
Tra gli investimenti più importanti, Pechino ha finanziato la costruzione di un parco industriale hi-tech alle porte di Minsk. La struttura, definita da Xi una «perla» nel quadro delle nuove «Vie della seta», è costata nel complesso 1,7 miliardi di euro.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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