Geopolitica
La visita di Zelens’kyj a Bakhmut del 20 dicembre è un fake?
![](https://www.renovatio21.com/wp-content/uploads/2022/12/zelens-bakmutto.jpg)
Il 20 dicembre, il giorno prima di volare oltre l’Oceano per la sua strombazzata comparsata a Washington, il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj avrebbe fatto una visita a Bakhmut – città che i russi hanno ripreso a chiamare – Artjomovsk, che è, come noto, teatro dei più pesanti combattimenti sul fronte del Donbass.
Non è chiaro come lo Zelens’kyj sia arrivato a Bakhmut, ma il suo viaggio senza preavviso nella zona di combattimento sembrava progettato per sostenere il morale degli ucraini e scoraggiare i russi che cercavano di accerchiare la città, ha riferito l’Associated Press.
Il presidente ha salutato il «coraggio, la resilienza e la forza delle persone mostrate nel respingere gli attacchi nemici».
«Fortezza Bakhmut. La nostra gente. Non conquistata dal nemico. Che con il loro coraggio dimostrano che resisteremo e non rinunceremo a ciò che è nostro», ha scritto sul suo canale Telegram.
Tuttavia vi è qualcuno che mette in subbio che lo Zelens’kyj si sia persino avvicinato alla zona di combattimento, per non parlare del fatto che abbia attraversato Bakhmut.
«Il video fornito dal nemico sembra estremamente poco convincente: simili rovine industriali possono essere trovate ovunque sul territorio del conflitto», ha commentato il canale Slavyangrad Telegram. «Inoltre, non dimentichiamo che la sfera dei media è stata e rimane uno dei fronti più importanti per l’Ucraina, e i migliori esperti occidentali stanno attivamente assistendo in questo». Secondo un altro post su Slavyangrad, non ci sarebbero segni che Zelens’kyj fosse effettivamente a Bakhmut.
I suoni degli spari e delle esplosioni erano assenti dal video e le truppe ucraine in città hanno affermato nelle loro conversazioni private di non aver visto alcun segno di lui.
Un altro canale Telegram, chiamato InfoDefenseENG, è stato più schietto. «Zelenskyj non era a Bakhmut: il video è stato messo in scena alla periferia di Kharkov», ha detto. «I gruppi locali di Artjomovsk ridicolizzano la “passeggiata” di Zelenskyj. I residenti di Artyomovsk affermano che non ci sono edifici del genere in città e che lo scenario su cui sfila il presidente ucraino assomiglia molto alle strade di Kharkov».
La possibilità che la persistenza propaganda intorno alla figura di Zelens’kyj sia fatta di fake è stata satirizzata da un meme che ricorre in rete, un set di mattoncini colorati dove il pupazzo del presidente ucraino è visibile mentre posa su un green back, uno schermo verde che serve alle post-produzioni audiovisive per inserire il personaggio ovunque vogliano tramite effetti speciali.
‼️🇺🇦 Especially for the holidays, toy manufacturer LEGO comes with a beautiful new box of toys. #LEGO #Kyiv #Zelensky #Ukraine️ pic.twitter.com/97DcK0CesX
— Maimunka News (@MaimunkaNews) October 28, 2022
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Geopolitica
«Dobbiamo porre fine alla guerra il prima possibile»: Zelens’kyj incontra il segretario di Stato vaticano Parolin
![](https://www.renovatio21.com/wp-content/uploads/2024/07/Zelensky-Parolin-Twitter.jpeg)
L’Ucraina vorrebbe che i combattimenti con la Russia terminassero il più presto possibile per porre fine alla perdita di vite umane, ha affermato il presidente ucraino Volodyrmyr Zelens’kyj.
Il leader ucraino stava parlando con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano in visita a Kiev. Lo Zelens’kyj ha ringraziato la Santa Sede per un «forte segnale» di sostegno all’Ucraina.
Il cardinale Segretario di Stato «ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata Ucraina», ha scritto la segreteria di Stato Vaticana su X.
Oggi, il Cardinale Segretario di Stato, Pietro #Parolin, ha incontrato il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenskyy (@ZelenskyyUa), al quale ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata #Ucraina. pic.twitter.com/I743IfeIt6
— Segreteria di Stato della Santa Sede (@TerzaLoggia) July 23, 2024
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«Penso che tutti noi capiamo che dobbiamo porre fine alla guerra, il prima possibile ovviamente, per non perdere vite umane», ha dichiarato lo Zelens’ky in lingua inglese, secondo il video pubblicato sul suo canale Telegram.
La scorsa settimana, lo Zelens’kyj ha detto alla BBC che sperava di porre fine alla «fase calda» della guerra «entro la fine di quest’anno» e che nessuno voleva che il conflitto continuasse «per altri dieci anni o più».
Nella stessa intervista, tuttavia, ha chiarito che la sua soluzione era che gli alleati dell’Ucraina in Occidente concordassero di sostenere la sua cosiddetta «formula di pace» e la presentassero alla Russia come un blocco unito.
Tale «formula di pace» è un elenco di richieste di Zelensky rivelate per la prima volta nel novembre 2022, che vanno dal ritiro della Russia da tutti i territori che l’Ucraina rivendica come propri, tra cui Crimea e Donbass, al pagamento delle riparazioni, ai processi per crimini di guerra per la leadership russa e all’adesione dell’Ucraina alla NATO. Mosca l’ha respinta come una proposta delirante.
Un mese prima di pubblicare la sua «formula», lo Zelensky aveva pure firmato un decreto che vietava qualsiasi negoziazione con la Russia finché il presidente Vladimir Putin fosse rimasto al potere.
L’improvviso interesse dello Zelens’kyj nel porre rapidamente fine al conflitto ha rappresentato un netto cambiamento di tono rispetto a marzo, quando Papa Francesco aveva esortato Kiev a mostrare «il coraggio della bandiera bianca» e a negoziare con Mosca.
«La nostra bandiera è gialla e blu», rispose allora il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Non innalzeremo mai altre bandiere».
Papa Francesco aveva fatto due offerte per mediare nel conflitto con la Russia l’anno scorso, solo per essere respinte da Kiev entrambe le volte. L’ultimo rifiuto è arrivato a giugno, appena prima della grande offensiva ucraina che si è rivelata un fallimento totale e ha causato vittime ingenti.
Poi nel giugno 2023 ci fu inflitto lo spettacolo disarmante della visita, fatta con espressione timida e testa un po’ china, del cardinale Zuppi a Kiev, dove si è trovato di fronte la faccia di bronzo di Zelens’kyj – il cui Paese perseguita i monaci ortodossi e mette a tacere i sacerdoti cattolici che osano pregare per la pace – che non è, come dire, intenzionato a servirsi del canale della Santa Sede, e nemmeno vede nella religione uno strumento necessario al potere.
Lo Zelens’kyj potrebbe cambiare la sua retorica a causa del timore che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump possa tornare alla Casa Bianca e modificare la politica di Washington di sostegno incondizionato a Kiev, ha affermato lunedì l’esperto polacco di relazioni internazionali Witold Sokala.
La Russia ha ripetutamente affermato di essere disposta a negoziare la fine delle ostilità con l’Ucraina. Il mese scorso, Putin ha elencato una serie di termini per un cessate il fuoco, tra cui la rinuncia ufficiale di Kiev alle aspirazioni NATO, il ritiro dalle regioni russe e la revoca di tutte le sanzioni occidentali alla Russia.
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Lo scorso settembre Mikhailo Podolyak, uno dei principali consiglieri del presidente Zelens’kyj, aveva dichiarato che Kiev non avrebbe accettato la mediazione di Papa Francesco nel conflitto con Mosca, perché il pontefice «filo-russo» tradirebbe l’Ucraina. Lo stesso, in una focosa intervista al Corriere della Sera, aveva definito il Papa uno «strumento della propaganda russa» a causa delle affermazioni del pontefice secondo cui i cattolici in Russia sono eredi di una grande tradizione storica.
Sempre secondo il controverso Podolyak, il papa «ha dimostrato di non essere un esperto di politica e continua a ridurre a zero l’influenza del cattolicesimo nel mondo».
Si tenga presente che a inizio conflitto Bergoglio aveva pure baciato pubblicamente, durante un’udienza dello scorso anno, la bandiera di una «centuria» del golpe di Maidan. A sua volta, il patriarca greco-cattolico ucraino, in comunione con Roma, si è scagliato, come altri prelati ucraini, contro il documento filo-omosessualista Bergogliano Fiducia Supplicans.
Lo scorso maggio lo Zelens’kyj, che ha spinto per la persecuzione della Chiesa Ortodossa d’Ucraina (UOC), aveva proclamato che gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. La portavoce degli Esteri del Cremlino Maria Zakharova aveva replicando parlando di «overdose di droga».
La repressione dalla chiesa ortodossa potrebbe essersi spostata a quella cattolica: come riporta Renovatio 21, un sacerdote greco-cattolico (cioè in comunione con il papa, ma di rito bizantino) della diocesi della città dell’Ucraina occidentale Uzhgorod è stato costretto a scusarsi dopo un’omelia in cui invocava il Signore per avere la pace tra il popolo russo e quello ucraino.
Come riportato da Renovatio 21, i sacerdoti cattolici – come le donne, i malati di mente e i sieropositivi HIV – non sono risparmiati dalla leva militare obbligatoria nella guerra contro la Russia, mentre i circensi sono esentati.
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Geopolitica
Il Cremlino ripete: Zelens’kyj non ha nessuna legittimità
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Geopolitica
La Slovacchia accusa Kiev di ricatto
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Il blocco delle forniture di petrolio dalla Russia all’Ungheria e alla Slovacchia da parte dell’Ucraina è inaccettabile e equivale a un ricatto, ha affermato il ministro degli Interni slovacco Matus Sutaj Estok.
La scorsa settimana Kiev ha interrotto le forniture di greggio ai paesi vicini attraverso l’oleodotto Druzhba, citando le sanzioni contro il gigante energetico russo Lukoil.
La Slovacchia e l’Ungheria sono gli unici Paesi dell’UE che si oppongono alla politica dell’Unione di fornire aiuti militari all’Ucraina nel suo conflitto con la Russia.
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«L’Ucraina ha scelto di ricattare Slovacchia e Ungheria», ha detto Sutaj Estok in un videomessaggio sui social media mercoledì. «Considero inaccettabile la decisione dell’Ucraina di interrompere le forniture di petrolio della Lukoil alla Slovacchia e all’Ungheria. Mi rifiuto di lasciare che la Slovacchia e il popolo slovacco servano da strumento di vendetta tra l’Ucraina e la Russia».
Il primo ministro slovacco Robert Fico la scorsa settimana ha avuto una conversazione telefonica con il suo omologo ucraino, Denis Shmigal, per sottolineare che Bratislava non sarà «ostaggio delle relazioni ucraino-russe».
La sospensione del transito del petrolio da parte di Kiev è stata condannata anche dal presidente slovacco Peter Pellegrini, il quale ha sottolineato che il suo Paese ha aiutato l’Ucraina con il flusso inverso delle forniture di gas ed elettricità.
A Ungheria e Slovacchia sono state concesse esenzioni da un divieto UE sulle importazioni di petrolio russo introdotto nel 2022 come parte di una vasta gamma di sanzioni contro Mosca. In precedenza, Lukoil forniva fino al 50% del fabbisogno di petrolio dei due stati membri dell’UE.
Dopo la sospensione delle forniture della scorsa settimana, Budapest e Bratislava hanno chiesto alla Commissione europea di mediare con Kiev sulla situazione.
La Commissione europea ha tuttavia bloccato la richiesta, citando la necessità di «raccogliere prove e valutare la situazione legale», ha riferito il Financial Times, citando il commissario europeo per il commercio Valdis Dombrovskis.
Nessuno dei rappresentanti commerciali degli altri stati membri dell’UE ha sostenuto Budapest e Bratislava nell’incontro di mercoledì per discutere la questione, ha aggiunto l’agenzia di stampa citando fonti diplomatiche.
Secondo Politico, la Commissione Ruropea ha affermato martedì di non vedere alcun rischio «immediato» per l’approvvigionamento di petrolio dell’UE. Martedì il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha minacciato di bloccare i fondi che l’UE ha stanziato per l’Ucraina finché Kiev non riprenderà il transito del greggio russo.
Uguali parole di condanna sono arrivate anche dal presidente della Repubblica slovacca, riporta RT.
La Slovacchia potrebbe adottare misure di ritorsione contro l’Ucraina se Kiev continuerà a impedire il transito del petrolio russo attraverso l’oleodotto Druzhba, ha avvertito il presidente Peter Pellegrini.
La scorsa settimana Kiev ha interrotto il flusso di greggio attraverso l’oleodotto Druzhba verso i suoi vicini dipendenti dall’energia, Ungheria e Slovacchia, citando le sanzioni contro la seconda compagnia petrolifera russa, la Lukoil, privando così i due stati membri dell’UE di petrolio che soddisfa fino al 40% del loro fabbisogno.
Parlando ai giornalisti mercoledì, Pellegrini ha descritto le azioni di Kiev come una «interferenza molto spiacevole nei nostri buoni rapporti».
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«Credo fermamente che l’Ucraina sarà in grado di mettere tutto a posto il prima possibile, perché la Slovacchia, in quanto stato sovrano, alla fine dovrà prendere qualche tipo di contromisura», ha detto senza specificare la natura di una possibile risposta, aggiungendo, tuttavia, che questo «non avrebbe portato alcun beneficio né all’Ucraina né ai suoi cittadini».
Pelligrini ha ricordato che la Slovacchia ha aiutato l’Ucraina con il flusso inverso del gas e ha anche inviato elettricità al Paese. Il ministro della Difesa slovacco Robert Kalinak ha fatto eco alle critiche del presidente e ha avvertito che Kiev stava «rischiando molto» con le sue azioni «irresponsabili».
Sebbene l’UE abbia vietato le importazioni di petrolio via mare dalla Russia nel dicembre 2022, le consegne tramite oleodotti hanno ricevuto esenzioni dall’embargo per consentire ai Paesi dell’UE senza sbocco sul mare, tra cui Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, di garantire forniture stabili di petrolio.
Lukoil fornisce circa il 50% del petrolio spedito tramite il ramo meridionale di Druzhba, che è una delle reti di oleodotti più lunghe al mondo. Altri fornitori includono la statale russa Tatneft, Gazprom Neft, la società privata Russneft e diversi piccoli produttori.
Martedì, anche l’Ungheria si è impegnata a punire Kiev per il blocco delle forniture di petrolio dalla Russia, con il ministro degli Esteri Peter Szijjarto che ha affermato che Budapest bloccherà 6,5 miliardi di euro (7 miliardi di dollari) di fondi che l’UE ha stanziato per l’Ucraina finché Kiev non riprenderà il transito.
Il ministro degli Esteri ungherese ha dichiarato che a giugno il suo Paese ha fornito il 42% dell’elettricità all’Ucraina.
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