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«La setta bergogliana procede verso la religione universale». Rito amazzonico, il commento di mons. Viganò
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha commentato la notizia dell’inizio della «fase sperimentale» della messa in «rito amazzonico» che pare essere stata decisa dai vertici del Sacro Palazzo.
Secondo la testata Vida Nueva Digital, «il rito amazzonico entrerà nella fase sperimentale – che durerà tre anni, fino al 2028 – alla fine del 2024».
«Il “rito amazzonico” partorito dalla mente di Bergoglio rappresenta un ulteriore passo verso il culto della “madre terra” inaugurato con l’idolo della Pachamama» ha scritto il prelato.
«La setta bergogliana procede a marce forzate verso la religione universale».
Il “rito amazzonico” partorito dalla mente di bergoglio rappresenta un ulteriore passo verso il culto della “madre terra” inaugurato con l’idolo della Pachamama.
La setta bergogliana procede a marce forzate verso la religione universale. https://t.co/lLnzoyZ176 pic.twitter.com/vCefYOC8Na
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) September 3, 2024
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Il rito amazzonico è una scaturigine del controverso Sinodo dell’Amazzonia del 2019. Il documento finale del Sinododi quell’anno chiedeva «un rito per i popoli nativi» che si baserebbe sulla loro «visione del mondo, tradizioni, simboli e riti originali che includano dimensioni trascendenti, comunitarie ed ecologiche».
Tra le numerose proposte che pervengono dal suo documento finale ci sono l’apertura dello stato clericale alle donne e l’ammissione degli uomini sposati al sacerdozio, nel tentativo di rendere la Chiesa più attraente per i cattolici della regione.
Il 4 ottobre 2019, durante una cerimonia tenutasi nei Giardini Vaticani prima dell’apertura del Sinodo amazzonico, Bergoglio ha benedetto l’effigie della dea pagana andino-amazzonica detta «Pachamama», un idolo pagano di divinità femminile presente nelle tremende religioni precolombiane.
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In seguito un fedele austriaco gettò nel Tevere le statue della Pachamama tenute nella chiesa della Traspontina in via della Conciliazione. Seguì il ritrovamento pressoché immediato (incredibile) da parte delle forze dell’ordine italiane, la reinstallazione degli idoli pagani nell’edificio sacro ai bordi del Vaticano e l’ancora più incredibile richiesta di perdono da parte del papa per le effigi della dea buttate nel Tevere.
Come riportato da Renovatio 21, curiosamente al World Economic Forum di Davos dello scorso gennaio si è avuto un momento inquietante quando sul palco è stata chiamata a «benedire» i potenti globali lì riunitisi uno sciamano-donna dell’Amazzonia.
Nel frattempo, parallelamente al rito amazzonico che si sta sviluppando in sordina, il Vaticano sta riflettendo su un altro rito inculturato, legato al paganesimo: si tratta del rito Maya, Maya proposto dai vescovi cattolici del Messico è ora all’esame del Dicastero per il Culto Divino.
Ci troviamo ancora una volta dinanzi a quello che Renovatio 21 a più riprese ha definito catto-paganesimo papale, adulterazione idolatrica se non demoniaca del rito spinta dallo stesso vertice del papato.
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Papa Leone intervenga sull’Eucarestia a Brigitte Macron: parla un sacerdote francese
Notre-Dame: Brigitte Macron et le public s’avancent pour la communion pic.twitter.com/eRypHnKMYg
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Poligamia: il Vaticano non intende modificare il diritto canonico
Il Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) ha ribadito che attualmente non esiste alcun piano per modificare il diritto canonico relativo alle unioni poligame, molto comuni nell’Africa subsahariana. Questa dichiarazione del Cardinale Victor Manuel Fernandez, Prefetto del DDF, arriva dopo una nota dottrinale sulla monogamia come fondamento del matrimonio cristiano.
I vescovi africani potrebbero essere delusi, poiché avevano chiesto una modifica del diritto canonico per scoraggiare ulteriormente la piaga della poligamia, profondamente radicata nelle tradizioni africane. Commentando la nota di Una Caro del 25 novembre 2025, il Cardinale Fernandez ha sottolineato che il nuovo testo non intendeva «condannare esplicitamente la poligamia», ma piuttosto «promuovere la monogamia come ideale evangelico», limitandone significativamente la portata.
Ciò è ancora più significativo se si considera che il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede si è affrettato a sottolineare che l’iniziativa rispondeva principalmente alle ripetute richieste dei vescovi africani, espresse durante le visite ad limina e al Sinodo sulla sinodalità. In Africa, questi prelati affrontano importanti sfide pastorali in regioni in cui la poligamia colpisce fino al 24% dei cristiani in Burkina Faso, secondo i dati del Pew Research Center.
In una lunga nota a piè di pagina, Una Caro affronta le tradizioni africane a livello giuridico, dove la prima moglie svolge spesso un ruolo centrale nei riti funebri e nell’educazione dei figli di altre unioni. «Studi sulle culture africane mostrano che diverse tradizioni attribuiscono particolare importanza al primo matrimonio», si legge.
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Tuttavia, il cardinale Fernandez insiste sul fatto che questa menzione non implica, a suo avviso, una revisione del canone 1148, che consente a un uomo poligamo convertito al cattolicesimo di scegliere una delle sue mogli per convalidare un matrimonio cristiano, con preferenza per la prima.
I vescovi africani, riuniti nell’ambito del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM), avevano tuttavia criticato questa flessibilità canonica, in particolare in un documento dell’agosto 2025 intitolato «Le sfide pastorali della poligamia». In esso, denunciavano casi in cui gli uomini «mettono da parte» la loro prima moglie per sceglierne una più giovane, causando sia scandalo che ingiustizia all’interno delle loro comunità.
Il prefetto della DDF ha riconosciuto queste «situazioni violente» nei villaggi isolati, dove le donne abbandonate rischiano la miseria o la morte: «Dobbiamo trovare una soluzione prudente che porti gradualmente a unioni monogame», ha dichiarato al sito di informazione The Pillar, specificando al contempo che i vescovi africani devono impegnarsi in questa riflessione, senza modifiche immediate al diritto canonico. Questa posizione si inserisce in un contesto più ampio.
La poligamia è diffusa nell’Africa occidentale e centrale: in Ciad, il 21% dei cristiani vive in famiglie poligame, e in Mali il 14%. Durante il Sinodo sulla famiglia del 2014, mons. Ignatius Kaigama – ora arcivescovo di Abuja, in Nigeria – ha sottolineato che la poligamia spesso mira ad assicurare la prole, sollevando interrogativi pastorali per i convertiti. «Come possiamo aiutarli? Come possiamo condurli alla conversione?», si è chiesto.
Il documento del SECAM ha anche deplorato le pratiche falsamente pastorali di alcuni sacerdoti, come la tolleranza informale o lo status di «catecumenato permanente» per i poligami, sostenendo invece un annuncio «radicale» del Vangelo.
I vescovi africani non hanno quindi veramente prevalso e il controverso autore del documento Fiducia Supplicans (2023) sulla benedizione delle coppie irregolari si è, nella migliore delle ipotesi, impegnato ad aiutare i vescovi africani a trovare «soluzioni appropriate», senza però «isolare» i sacerdoti che esercitano il loro ministero in contesti in cui la poligamia è la norma.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News.
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Corredentrice e Mediatrice: cosa chiedevano i vescovi alla vigilia del Vaticano II
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