Economia
La Serbia verso il referendum per unirsi ai BRICS

Alla luce della crescente popolarità del blocco economico nel Paese, potrebbe essere indetto in Serbia un referendum sull’adesione ai BRICS, ha suggerito il presidente Aleksandar Vucic.
Il commento di Vucic arriva dopo che il vice primo ministro Aleksandar Vulin aveva dichiarato all’inizio di questo mese che, invece di aderire all’UE, la Serbia avrebbe valutato l’opzione di unirsi al gruppo economico BRICS, attualmente presieduto dalla Russia.
In un’intervista con l’emittente statale RTS di lunedì, Vucic ha citato una nuova ricerca secondo cui il 42% dei serbi è a favore dell’integrazione con l’UE, mentre un altro 42% sostiene l’idea di unirsi ai BRICS. Ciò è vero «anche se la gente in Serbia non sa davvero cosa significhi BRICS», ha detto Vucic
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«Sebbene a nessuno piacerà, quella discussione sarà molto seria in questo Paese nel prossimo anno e mezzo o due», ha detto riferendosi al tema UE e BRICS. «Non escludo che sarà uno degli argomenti chiave nelle elezioni presidenziali del 2027… e potrebbe anche essere un argomento di referendum».
Vucic ha tuttavia osservato che i BRICS dovranno compiere alcuni progressi sulla questione dell’istituzione di un mezzo di pagamento comune.
«La gente è stufa delle storie sul rispetto dell’integrità territoriale dell’Ucraina, mentre l’integrità territoriale della Serbia non viene rispettata», ha affermato Vuvic in merito alla potenziale adesione della Serbia all’UE.
Belgrado ha presentato domanda di adesione all’UE nel 2009 ed è candidato dal 2012. Il vice primo ministro serbo Aleksandar Vulin ha accusato Bruxelles di spostare i paletti per l’adesione, più di recente collegando l’adesione di Belgrado alla rottura delle relazioni con Mosca.
Nonostante l’enorme pressione di Bruxelles, Belgrado non ha aderito alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea contro Mosca, impegnandosi ufficialmente a mantenere la neutralità nel conflitto ucraino e mantenendo relazioni commerciali sia con la Russia che con l’Occidente.
La Serbia ha inviato una delegazione al vertice BRICS, attualmente in corso a Kazan, in Russia. La delegazione è guidata da Vulin, così come dal ministro della Difesa Bratislav Gasic, dal ministro dell’Economia Adrijana Mesarovic e dal ministro Nenad Popovic, che supervisiona la cooperazione economica internazionale.
Vucic, che era stato invitato al summit dal presidente russo Vladimir Putin, ha dichiarato a RTS di aver chiesto comprensione per non essere presente di persona al summit a causa della visita in Serbia del primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, del primo ministro polacco Donald Tusk e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
«Sono stato molto onesto con il presidente Putin e gli ho detto che era stato pianificato in anticipo, ma non l’ho nascosto e gli ho detto… che anche se non fosse stato per queste visite, sarebbe stato estremamente difficile per me venire a causa di varie circostanze di cui è ben consapevole», ha detto Vucic.
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Come riportato da Renovatio 21, a inizio mese era stato annunciata una nuova ondata di espansione dei BRICS, nella quale saranno ammessi altri 12 Paesi.
Due settimane anche Cuba ha manifestato l’intenzione di aderire ai BRICS.
I Paesi BRICS attualmente comprendono circa il 46% della popolazione mondiale. Le economie degli stati membri rappresentano oltre il 36% del PIL globale, nonché più di un terzo del PIL mondiale basato sulla parità del potere d’acquisto, secondo le stime delle istituzioni finanziarie globali.
Come riportato da Renovatio 21, l’Algeria aveva significato il suo interesse ad entrare a far parte dei BRICS ancora due anni fa. L’espansione dei BRICS a sei nuovi membri era stata annunciata a Johannesburg l’anno passato, quando erano divenuti membri a pieno titolo dei BRICS: Egitto, Arabia Saudita, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti (EAU). L’Egitto mesi fa era diventato pure membro della banca di sviluppo BRICS.
L’Argentina è uscita dai BRICS nelle prime settimane della presidenza di Javier Milei. Il Messico ha annunciato di non voler aderire.
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Immagine di EU2023ES via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Orban: i leader dell’UE sono «conigli codardi»

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Economia
La Russia blocca sito di transazioni cripto, ma fa liberare un informatico in carcere in USA

L’autorità russa di regolamentazione dei media Roskomnadzor ha bloccato l’accesso a BestChange, un importante aggregatore di scambi di criptovalute. Lo riporta il registro ufficiale dei siti web vietati gestito dall’ente.
BestChange è una piattaforma online di spicco che monitora i tassi di cambio tra vari exchanger di valuta elettronica. Fondata nel 2007, facilita il trading di criptovalute over-the-counter (OTC) in Russia e nell’Europa orientale.
Il Roskomnadzor non ha fornito una motivazione ufficiale per l’ultimo ban. Tuttavia, quando gli utenti tentano di accedere al sito web, ricevono una notifica che indica che il sito non è disponibile.
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La piattaforma ha confermato la restrizione in un post su Telegram domenica, affermando che il sito web era inaccessibile tramite i provider di servizi Internet russi. La società ha affermato che il suo team legale sta lavorando attivamente per rimuovere la restrizione.
Il sito web era stato precedentemente bloccato da Roskomnadzor nel 2017, 2019 e 2020. In ogni caso, gli sforzi legali hanno ribaltato con successo le restrizioni. L’ente di controllo ha affermato all’epoca che le informazioni disponibili al pubblico su Bitcoin violavano le leggi federali ed erano proibite in Russia.
«In base all’esperienza del nostro team, se tutto segue lo scenario standard, lo sblocco potrebbe richiedere circa una settimana», ha detto lunedì Nikita Zuborev, analista senior di BestChange, a RBK Crypto. Ha osservato che il processo è complicato da ostacoli burocratici, poiché devono ancora ricevere informazioni dall’agenzia in merito ai motivi del blocco.
Nell’agosto 2024, la Russia ha promulgato una legge che proibisce la pubblicità di criptovaluta al grande pubblico e la promozione di beni o servizi che facilitano le transazioni in valuta digitale. La legislazione ha anche vietato la pubblicità di valute digitali e servizi come exchange o wallet di criptovalute. Le violazioni possono comportare sanzioni amministrative.
Il divieto segue anche la recente legge russa che limita il mining di criptovalute in alcune regioni del Paese fino al 2031 per evitare carenze di energia dovute a tale attività. La Russia aveva precedentemente legalizzato il mining di valuta virtuale per entità legali e titolari di attività commerciali, ma aveva delineato regole per l’attività di mining, comprese restrizioni per entità o individui che lavorano nel settore energetico.
Nelle stesse ore, un’altra notizia che coinvolge il mondo crypto investe la Russia: starebbe per essere rilasciato dalle carceri americane l’imprenditore e programmatore informatico russo Aleksandr Vinnik, attivo nel mondo delle criptovalute, arrestato in Grecia nel 2017. Sia la Russia che gli Stati Uniti, così come la Francia, avevano chiesto la sua estradizione all’epoca per varie accuse, tra cui hacking, frode e riciclaggio di denaro. Nel 2020, è stato estradato in Francia, ma alla fine è finito sotto la custodia degli Stati Uniti due anni dopo. Alla fine si è dichiarato colpevole di una cospirazione per commettere riciclaggio di denaro nel maggio 2024.
Negli Stati Uniti, il Vinnik è stato accusato di riciclaggio tra i 4 e i 9 miliardi di dollari tramite la piattaforma di scambio di criptovalute BTC-e, ormai defunta. In Russia, aveva dovuto affrontare accuse simili, sebbene per somme di denaro molto più piccole, per aver ottenuto illegalmente 750 milioni di rubli (circa 8 milioni di dollari) tramite «frode informatica», oltre a aver rubato altri 600.000 rubli (circa 6000 euro).
Il Vinnik aveva ripetutamente espresso la sua disponibilità ad affrontare le accuse a casa piuttosto che altrove, citando il desiderio di stare più vicino alla sua famiglia. Il suo rilascia avviene nel contesto della liberazione di Marc Fogel, scarcerato dai russi e rispedito in USA, dove ha appena posato alla Casa Bianca con Donald Trump.
L’anno scorso, il presidente russo Vladimir Putin aveva sollevato la questione della regolamentazione delle criptovalute e delle risorse digitali, definendola un’area promettente e sollecitando la creazione di condizioni per la circolazione di risorse digitali, sia a livello nazionale che con partner esteri.
All’inizio di quest’anno, dopo l’approvazione della Camera Alta, Putin ha anche firmato una nuova legge che legalizza il mining di Bitcoin e di criptovalute all’interno del Paese.
Come riportato da Renovatio 21, il movimento di avvicinamento della Russia al Bitcoin era iniziato due anni fa, con l’inizio del conflitto ucraino. In precedenza il governo russo aveva annunciato manovre di regolazione della principale criptovaluta.
In precedenza era emerso che la Russia era pronta ad usare le criptovalute per il commercio estero.
La Russia da anni si parla anche di rublo digitale. Due anni fa gli economisti russi Sergej Glazev e Dmitrj Mitjaev hanno sostenuto l’uso dell’oro per proteggere il sistema finanziario russo.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa un deputato russo propone una riserva strategica di Bitcoin.
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Immagine screenshot da YouTUbe
Economia
La Von der Leyen minaccia: le tariffe di Trump «non rimarranno senza risposta»

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