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La protesta contro la frode elettorale continua: milioni di brasiliani sono in piazza

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Da oltre trenta giorni consecutivi, milioni di brasiliani scendono in piazza per protestare contro quella che chiamano la frode elettorale delle presidenziali 2020. Secondo alcuni osservatori, a questo punto si tratterebbe di una delle più grandi manifestazioni pro-democrazia della storia.

 

La Corte Elettorale Superiore del Brasile ha annunciato il 29 novembre che la cerimonia di certificazione della presidenza Lula si svolgerà alle due del pomeriggio del 12 dicembre. L’inaugurazione è prevista invece per il 1° gennaio 2023.

 

Bolsonaro contesta i risultati elettorali ha presentato una petizione alle autorità elettorali brasiliane contestando formalmente i risultati, sostenendo che alcune macchine per il voto non funzionavano correttamente e che qualsiasi voto espresso attraverso di esse dovrebbe essere annullato.

 

 

 

 

Un ex vicepresidente del tribunale elettorale regionale, Sebastião Coelho, in un discorso del 20 novembre ha chiesto l’arresto del giudice capo della Corte suprema Alexandre de Moraes per aver continuato a certificare l’elezione.

 

«Più dell’80% dei giudici in Brasile, in primo e secondo grado, non è d’accordo con ciò che sta facendo la Corte suprema federale», ha detto Coelho.

 

I manifestanti protestano anche circondando caserme militari, chiedendo quindi un intervento dell’esercito, dal quale peraltro il Bolsonaro proviene.

 

 

Significativamente, stiamo assistendo a folle oceaniche che sostengono Bolsonaro, ma nessun manifestante tra gli elettori pro-Lula invece va in piazza. Si tratta di una situazione non dissimile da quella delle presidenziali americane 2020, con il candidato presidente Trump che incendiava comizi con decine di migliaia di persone in ogni città, mentre Biden, come dissero i critici, fece campagna, «from the basement», dalla cantina, senza cioè mai uscire troppo.

 

 

Un video emerso in rete mostrerebbe schede con il nome di Bolsonaro finite nella spazzatura.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, si è appreso dello strano viaggio nel 2021 del direttore della CIA William Burns a Brasilia, in cui avrebbe avvertito Bolsonaro di non opporsi al risultato elettorale.

 

 

 

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Protesta

I giovani della generazione Z protestano anche in Marocco: le immagini

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Proteste guidate da giovani per chiedere migliori ospedali e scuole si sono diffuse in diverse città del Marocco nella tarda serata di lunedì. Secondo testimoni e organizzazioni per i diritti umani, decine di persone sono state arrestate a Rabat, Casablanca, Agadir, Tangeri e Oujda.

 

Le manifestazioni, coordinate online dal gruppo informale «GenZ 212» tramite TikTok, Instagram e Discord, hanno visto anche il coinvolgimento di Morocco Youth Voices, che ha invitato i partecipanti a radunarsi pacificamente per stimolare il dibattito sulle politiche sociali.

 

I disordini sono iniziati ad Agadir, dove la frustrazione per le condizioni degli ospedali si è rapidamente propagata tramite i social media ad altre città. L’Associazione Marocchina per i Diritti Umani, citata dall’*AP*, ha riportato oltre 120 arresti nel fine settimana.

 


 

 

 

 

 

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Le autorità hanno smentito le accuse secondo cui i preparativi per la Coppa del Mondo 2030, co-ospitata da Marocco, Spagna e Portogallo, avrebbero sottratto risorse ai servizi essenziali.

 

Il premier marocchino Aziz Akhannouch, anche sindaco di Agadir, ha difeso l’operato del governo: «Abbiamo portato avanti riforme, aumentato la spesa e stiamo costruendo ospedali in tutte le regioni del Paese», ha dichiarato, come riportato dall’agenzia AP. Ha ammesso, tuttavia, che l’ospedale principale di Agadir soffre di carenze croniche e infrastrutture obsolete.

 

La popolazione marocchina è prevalentemente giovane, con metà degli abitanti sotto i 25 anni.

 

Come riportato da Renovatio 21, proteste simili guidate da giovani hanno recentemente scosso altri paesi. In Madagascar, le dimostrazioni per la carenza di energia e acqua hanno portato lunedì allo scioglimento del governo. In Nepal, a inizio settembre, proteste contro il divieto di piattaforme social e la corruzione hanno costretto alle dimissioni il Primo Ministro KP Sharma Oli.

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Il Madagascar scioglie il governo dopo le proteste della «Generazione Z»

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Il presidente del Madagascar, Andry Rajoelina, ha sciolto il suo governo in seguito a proteste mortali guidate dai giovani, innescate da prolungate interruzioni di corrente e dalla scarsità d’acqua nel Paese insulare dell’Oceano Indiano.   In un discorso televisivo trasmesso lunedì sera tardi, Rajoelina ha riconosciuto la frustrazione pubblica per anni di servizi inadeguati, annunciando le dimissioni del Primo Ministro Christian Ntsay e del suo gabinetto. Ha precisato, tuttavia, che i ministri rimarranno in carica fino alla formazione di un nuovo governo entro tre giorni.   «Riconosciamo e ci scusiamo se i membri del governo non hanno adempiuto ai loro doveri», ha dichiarato Rajoelina, aggiungendo di comprendere la rabbia per le interruzioni di corrente e la carenza d’acqua, avendo «ascoltato la chiamata» e «percepito la sofferenza».    

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Secondo i dati delle Nazioni Unite, almeno 22 persone sono morte e oltre 100 sono rimaste ferite nelle proteste iniziate giovedì nella capitale Antananarivo, guidate dal movimento giovanile denominato «Gen Z». Il responsabile ONU per i diritti umani, Volker Türk, ha espresso lunedì il suo «shock e dolore» per le uccisioni e i feriti nella nazione dell’Africa meridionale. Il suo ufficio ha notato che le proteste sono iniziate «pacificamente», ma sono state represse con «forza non necessaria», con alcuni agenti di sicurezza che hanno usato munizioni vere contro i manifestanti.   Le immagini hanno mostrato stazioni della funivia incendiate e un grande centro commerciale saccheggiato dai manifestanti. Anche le case di due parlamentari sarebbero state prese di mira. I disordini hanno spinto le autorità a imporre un coprifuoco notturno «per proteggere la popolazione e i suoi beni fino al ripristino dell’ordine pubblico».   L’Unione Africana e la Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Australe (SADC) hanno espresso «profonda preoccupazione» per la violenza, invitando tutte le parti alla moderazione e a una risoluzione pacifica.   Per placare le tensioni, Rajoelina ha rimosso il ministro dell’energia venerdì e domenica ha promesso profonde riforme, dichiarando che «il modo in cui il Paese viene governato sarà completamente rivisto».   Un’analoga instabilità politica si era verificata in Kenya l’anno scorso, quando il presidente William Ruto ha sciolto quasi tutto il suo governo dopo settimane di proteste violente guidate da giovani contro proposte di aumento delle tasse e l’incremento del costo della vita.   Come riportato da Renovatio 21, giovani delle nuove generazioni sono alla base del rovesciamento del governo in Nepal negli scorsi giorni.

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Decine di arresti in Gran Bretagna per la protesta anti-Israele

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Sessantasei manifestanti sono stati arrestati a Liverpool, nel Regno Unito, con l’accusa di sostenere Palestine Action, un’organizzazione classificata come terroristica dalle autorità britanniche, secondo quanto riferito lunedì dalla polizia locale.

 

Il gruppo è stato dichiarato illegale a giugno ai sensi del Terrorism Act, dopo che i suoi membri avevano fatto irruzione in una base militare e imbrattato di vernice rossa due aerei per protestare contro la guerra di Israele a Gaza. Da allora, i sostenitori hanno organizzato diverse proteste contro il divieto.

 

Domenica, circa 100 persone si sono riunite nel centro di Liverpool, davanti alla sede della conferenza del Partito Laburista, secondo gli organizzatori della protesta Defend Our Juries, come riportato da Sky News. I manifestanti, in silenzio, mostravano cartelli con la scritta «Mi oppongo al genocidio, sostengo Palestine Action».

 

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La polizia del Merseyside ha riferito che persone di età compresa tra 21 e 83 anni sono state arrestate per presunti reati di terrorismo legati al sostegno al gruppo. Due di loro sono stati successivamente rilasciati, mentre gli altri sono stati trattenuti e poi liberati su cauzione.

 

La co-fondatrice di Palestine Action, Huda Ammori, ha visto respinto dall’Alta Corte il suo tentativo di sospendere il divieto, una decisione definita dal suo avvocato come «un abuso di potere statutario, discriminatorio e sconsiderato».

 

Le immagini mostrano che vi è stata una grande partecipazione di persone attempate («boomer»), che in vari casi sono state arrestate e portate via dai poliziotti britannici.

 

L’ultima protesta si inserisce in un’ondata di manifestazioni anti-israeliane in Europa e altrove. A settembre, circa 50.000 persone hanno marciato a Berlino contro la guerra tra Israele e Hamas, decine di migliaia hanno manifestato in Italia in solidarietà con Gaza, mentre a Parigi e in altre città francesi gli attivisti hanno sventolato bandiere palestinesi chiedendo sanzioni contro Israele.

 

Negli ultimi mesi, Paesi come Francia, Regno Unito, Canada e Australia hanno riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina, portando a circa 159 su 193 il numero di Stati membri delle Nazioni Unite che riconoscono la Palestina.

 

Come riportato da Renovatio 21, alla medesima Assemblea Generale ONU dove i vari Paesi hanno riconosciuto lo Stato palestinese il premier israeliano Beniamino Netanyahu ha dichiarato che «uno Stato palestinese non si realizzerà».

 

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