Spirito
La Chiesa Ortodossa di Russia prende le distanze dal sacerdote che ha consacrato un monumento a Giuseppe Stalin

La Chiesa Ortodossa Russa ha preso le distanze da un sacerdote che ha consacrato un nuovo monumento a Joseph Stalin inaugurato nella città nordoccidentale di Velikiye Luki all’inizio di questa settimana.
Il sacerdote ha agito di sua iniziativa e le sue azioni non rappresentano la posizione ufficiale della Chiesa Ortodossa, ha affermato giovedì l’eparchia locale in un comunicato.
I membri della chiesa presenti alla cerimonia non hanno ricevuto «benedizione e permesso» per partecipare, ha osservato, aggiungendo che sarebbe stata aperta un’inchiesta sulla vicenda.
Il vice capo dell’eparchia di Mosca, l’arcivescovo Savva, ha condannato la cerimonia, definendo «oltraggiosa» la consacrazione del monumento.
Anche le autorità della chiesa centrale stanno indagando sulla situazione, ha detto venerdì Savva in un post su Telegram.
L’imponente monumento di 8 metri al defunto leader sovietico è stato inaugurato martedì a Velikiye Luki. La statua è stata consacrata da un sacerdote locale, padre Antoniy, con il video della cerimonia che è diventato subito virale.
Il sacerdote ha rilasciato dichiarazioni controverse durante il rito, sostenendo che grazie alle repressioni politiche dell’era di Stalin, la chiesa aveva ricevuto «molti nuovi martiri e confessori».
I commenti sono stati accolti male dai gerarchi della chiesa ortodossa, con l’arcivescovo Savva che ha affermato che una tale interpretazione dei misfatti di Stalin era particolarmente «blasfema».
This is surely the hotchpotch ideology of Putin’s Russia at its worst
An Orthodox priest blessed a new statue of Stalin before telling the assembled crowd: "Yes, the Church suffered under Stalin. But, thanks to this, we now have lots of new Russian martyrs to whom we can pray" pic.twitter.com/80qt65vTP0
— Francis Scarr (@francis_scarr) August 18, 2023
«Sì, il Signore ha trasformato il male in bene, avendo mostrato fermezza nella fede di molti cristiani durante i giorni della persecuzione, che ora ci servono da esempio e pregano per noi davanti al Suo trono celeste. Ma le atrocità non diventano un male minore grazie a questo, e in nessun modo si dovrebbe provare un senso di gratitudine nei confronti delle persecuzioni e dei persecutori», ha spiegato Savva.
La figura di Giuseppe Stalin, come quella del suo omologo tedesco Adolfo Hitler, non è ancora stata digerita dalla storia. La dimostrazione è stata, l’anno scorso, la combo bigusto tentata dal premier polacco Mateusz Morawiecki, che in un editoriale per il quotidiano britannico Telegraph dichiarò che il presidente russo Putin è peggio di Stalin ed Hitler messi insieme.
Come riportato da Renovatio 21, Stalin due anni fa è stato eletto in India con una valanga di voti: si tratta tuttavia di un politico del Tamil Nadu solo omonimo dello spietato georgiano, che deve il suo nome al padre M. Karunanidhi, sceneggiatore e per decadi decano della politica tamil, nonché fondatore del potente partito locale DMK.
Nello stesso periodo in cui M.K. Stalin saliva al potere nel Sud dell’India, in Namibia veniva eletto Adolf Hitler, il quale è un signore nero che, anche in questo caso, è solo vittima del pessimo gusto dei genitori. Ad ogni modo lo Hitler subsahariano ha precisato alla BBC di non essere alla cerca del «dominio globale».
I due, forse non trovando sottoposti che si chiamino Molotov e Ribbentropp, non si sono ancora sentiti, quindi la spartizione della Polonia non è stata ancora organizzata, e Morawiecki può dormire sonni tranquilli e magari sognare pure Leopoli e Ternopoli, Rivne e tutta quella bella terra ucraina occidentale.
Epperò adesso che ci pensiamo, un Adolf è sputato fuori anche in Ucraina: è un soldato, e l’importante agenzia di stampa occidentale che lo ha intervistato si è ben guardata dal chiedergli perché avesse scelto quel bizzarro nom de guerre.
O tempora, o mores
Immagine screenshot da Telegram
Spirito
Mons. Viganò: «chi aderisce al Concilio si rende responsabile della demolizione della Chiesa»

In occasione dell’anniversario dell’inizio dell’infausto evento, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato su X una breve riflessione sul Concilio Vaticano II e sulla catastrofe che da esso è discesa.
«Sessantatre anni fa, in questo giorno, venne solennemente aperto il Concilio Ecumenico Vaticano II, il primo “concilio” della chiesa che da esso prende il nome – la “chiesa conciliare” appunto».
«Esso fu “concilio” perché volle “conciliare” Dio e mondo, Cristo e Belial, vero e falso, bene e male» scrive il prelato lombardo.
«Fu “ecumenico” perché volle legittimare il dialogo interreligioso che la Chiesa Cattolica Apostolica Romana aveva solennemente condannato».
Sessantatre anni fa, in questo giorno, venne solennemente aperto il Concilio Ecumenico Vaticano II, il primo “concilio” della chiesa che da esso prende il nome – la “chiesa conciliare” appunto.
– Esso fu “concilio” perché volle “conciliare” Dio e mondo, Cristo e Belial, vero e… pic.twitter.com/c87pPRz84a
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 11, 2025
«Si definì “secondo” per far credere che si ponesse in continuità con il perenne Magistero Cattolico, così da poterlo adulterare usurpando l’Autorità della Chiesa e del Romano Pontefice» continua monsignore.
«Pose le basi pseudo-dottrinali della odierna “chiesa sinodale” che intende sovvertire la costituzione gerarchica della Chiesa e il Papato».
«Chi aderisce consapevolmente a questo “concilio” si rende responsabile della demolizione della Chiesa Cattolica e ratifica con la propria complicità il golpe conciliare e sinodale».
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Come sa il lettore, in molteplici altre occasioni monsignor Viganò si era scagliato contro il Concilio.
Ancora quattro anni fa l’arcivescovo disse che «tutto ciò che il Concilio ha portato di nuovo si è rivelato dannoso, ha svuotato chiese, seminari e conventi, ha distrutto le vocazioni ecclesiastiche e religiose, ha prosciugato ogni slancio spirituale, culturale e civile dei Cattolici, ha umiliato la Chiesa di Cristo e l’ha confinata ai margini della società, rendendola patetica nel suo tentativo maldestro di piacere al mondo».
Come riportato da Renovatio 21, in un’omelia dello scorso novembre Viganò dichiarò che i papi e i vescovi del Concilio Vaticano II «usarono il loro «concilio» non per combattere i nuovi errori, ma per introdurli nel sacro recinto; non per restaurare la sacra Liturgia, ma per demolirla; non per raccogliere il gregge cattolico intorno ai Pastori, ma per disperderlo e abbandonarlo ai lupi».
In un testo di due settimane fa Sua Eccellenza ha scritto dell’«unico dogma irrinunciabile: riconoscere il Concilio Vaticano II, la sua ecclesiologia, la sua morale, la sua liturgia, i suoi santi e martiri e soprattutto i suoi scomunicati e i suoi eretici, ossia i «tradizionalisti radicali» non addomesticabili alle nuove istanze sinodali».
La catastrofe non solo religiosa causata dal Concilio è stata spiegata in un’intervista ad una testata francese dello scorso anno: «La chiesa del Vaticano II, che ci tiene tanto a definirsi così in antitesi alla “chiesa preconciliare”, ha posto le basi teologiche alla dissoluzione della società. Tutti gli errori dottrinali del Concilio si sono tradotti in errori filosofici, politici e sociali dagli esiti disastrosi per le Nazioni cattoliche».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
Scontri tra Pakistan e Afghanistan

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Scuola
Mostri nei loro barattoli e nella loro formaldeide

Lo splendore della fede professata nel pellegrinaggio giubilare nella Città Eterna, la bellezza luminosa dei dipinti di Georges de La Tour, i sontuosi ricami delle Orsoline di Amiens, l’importanza di una cultura che non trasgredisce la natura ma la trascende, sono questi i temi di Nouvelles de Chrétienté per il nuovo anno scolastico.
Sotto un’apparente diversità, questi temi sono profondamente uniti in un’intenzione comune espressa con «vigore e chiarezza» da Padre Calmel, quando chiede agli insegnanti cristiani di aprire «i loro studenti ai valori dell’arte nelle sue diverse forme», rendendoli al contempo «capaci di una fiera indipendenza e di un bel disprezzo per tutte le anomalie, infezioni, purulenze e mostruosità, che hanno l’audacia di esigere da loro un’ammirazione complice adornandosi della realtà dell’arte e più spesso della sua apparenza».
Il frate domenicano esprime un desiderio preciso: «I mostri torneranno ai loro barattoli e alla loro formaldeide, gli scorpioni artistici reintegrano i loro buchi artistici, il giorno in cui un certo numero di esseri giovani e determinati, non certo per barbarie ma per sovrano rispetto della cultura, tratteranno con disprezzo i prodotti immondi della cultura. La cultura non ha alcun diritto contro i diritti della decenza e dell’onore».
Aggiunge: «non deve essere lontano il tempo in cui l’insidioso sofisma “onestà significa stupidità” sarà privo di ogni credibilità, perché sarà diventata chiara la prova che ciò che è normale è bello e che, in una civiltà degna di questo nome, l’intelligenza, la sottigliezza, la leggerezza, la finezza e l’arte marciano di concerto con l’onestà, la santità, il rifiuto inflessibile dei veleni e delle ignominie. La scuola cristiana deve affrettare l’arrivo di questi tempi di libertà». (Ecole chrétienne renouvelée, cap. XXIX, tre sensible en chrétien aux valeurs d’art, pp. 188-189, ed. Téqui)
Padre Calmel scrisse queste potenti righe alla fine degli anni ’50, lontano dal wokismo, dalla cultura della cancellazione, dello sradicamento e dell’incoscienza… E si aspettava che le suore, autentiche insegnanti, avessero «idee non solo corrette, ma idee che cantano dentro [di loro] e che incantano [i loro] piccoli alunni», per «comunicare loro una verità canterina e germinante». (Ibid., pp. 129 e 131).
È una bella frase da scrivere in cima a un quaderno, in questi giorni di ritorno a scuola!
Abate Alain Lorans
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine da FSSPX.News
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