Controllo delle nascite
Iran a rischio «inverno demografico»: popolazione dimezzata a fine secolo

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
A dispetto delle politiche di incentivi e sostegni familiari il tasso di natalità è in continuo calo. Entro il 2101 si prospetta una riduzione del 50% e circa la metà degli abitanti «anziani». La Repubblica Islamica mostra uno dei cali di fertilità più rapidi al mondo. Caduti nel vuoto anche gli appelli della guida suprema Ali Khamenei.
La Repubblica Islamica attraversa un inverno demografico secondo gli esperti preoccupante, con la popolazione iraniana che sembra destinata a dimezzarsi entro fine secolo e tassi di natalità in continuo calo a dispetto degli sforzi governativi volti a incentivare le nascite e sostenere le famiglie.
ffrontando il tema del declino che accomuna il Paese ad altre nazioni dall’Europa all’Asia, e persino alcuni Stati dell’Africa, il vice-ministro della Sanità Alireza Raisi evidenzia il rischio di una comunità significativamente ridotta e invecchiata per il futuro. Entro il 2101, infatti, il dato potrebbe ridursi del 50% con circa la metà degli abitanti classificata come «anziana».
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Raisi riferisce che l’Iran ha registrato uno dei più rapidi cali di fertilità al mondo, passando da una media di sei figli per famiglia a meno di tre in un solo decennio. Se la tendenza continuerà, ha spiegato, la popolazione complessiva del Paese potrebbe ridursi fino a «circa 42 milioni entro la fine del secolo», un cambiamento che definisce «drastico» rispetto al livello attuale che è di oltre 87 milioni.
«Ciò significa che metà della popolazione iraniana sarà anziana» aggiunge il vice-ministro, esortando a prendere coscienza delle potenziali conseguenze disastrose a livello sociale ed economico che un simile cambiamento potrebbe comportare.
La questione riguardante l’invecchiamento della popolazione iraniana ha destato preoccupazione sia tra i funzionari che tra gli esperti demografici. Hesameddin Allameh, ex capo del Consiglio nazionale iraniano per gli anziani, ha recentemente descritto un’insidia incombente sul piano demografico, perché quasi 10 milioni di persone sono ora classificate come anziani. Egli ha proseguito affermando che oggi le province di Gilan e Mazandaran hanno le popolazioni più anziane del Paese, mentre il Sistan-Baluchestan e l’Hormozgan rimangono le più giovani, evidenziando le disparità presenti nella Repubblica Islamica.
Nonostante gli appelli degli alti dirigenti, tra i quali la stessa guida suprema Ali Khamenei, affinché le famiglie aumentino il tasso di natalità, gli sforzi hanno avuto un successo limitato. Il divieto di aborto legale e l’offerta di benefici come terreni gratuiti e copertura assicurativa promossi dal governo di Teheran, non si sono infatti registrate inversioni di tendenza.
I dati dell’Organizzazione nazionale per la registrazione civile indicano infatti un calo di 17mila nascite nel 2023 rispetto all’anno precedente, suggerendo che le politiche pro-natalità hanno faticato ad affermarsi.
Il principale fattore di calo è la crisi economica, che ha visto oltre un terzo degli iraniani vivere al di sotto della soglia di povertà, con un’inflazione superiore al 40% per cinque anni consecutivi. Altri elementi includono il cambiamento delle norme sociali e dello stile di vita nelle città, che stanno influenzando sempre più le scelte di pianificazione familiare.
Al contempo, la sfida demografica è contrastata dal tasso di mortalità annuale, che attualmente si aggira intorno alle 450mila unità, e da un tasso di natalità annuale di circa un milione. Con un aumento netto della popolazione di circa 550mila persone ogni anno, la nazione sta vedendo il suo tasso di crescita diminuire. Raisi ha avvertito che senza cambiamenti politici significativi l’Iran potrebbe trovarsi di fronte a una minaccia esistenziale.
«Se la situazione persiste, tra 100 anni non ci sarà più un Paese chiamato Iran» ha dichiarato l’alto funzionario, invocando un’azione unitaria fra i vertici dello Stato per affrontare il problema.
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Shahla Kazemipour, demografa e docente universitaria, ha affermato che il declino del tasso di natalità è a livello nazionale, indicando che la tendenza sarà probabilmente destinata a continuare senza un intervento mirato. L’esperta ha aggiunto che l’invecchiamento della popolazione, una realtà inevitabile, porrà sfide economiche e sociali significative nei prossimi decenni, unita alla crisi del Paese a causa delle sanzioni internazionali e delle tensioni nella regione, con il rischio di una guerra aperta con Israele.
Secondo Ahmad Moazen Zadeh, responsabile dell’Associazione iraniana di fisioterapia, attualmente la popolazione anziana del Paese è di circa sette milioni di persone, circa l’8% del totale. Con la crescita prevista, i servizi sanitari e sociali dovranno affrontare un aumento della domanda, che richiederà ampia pianificazione e risorse per essere gestito.
Mentre l’Iran si confronta con una società che invecchia e un declino demografico a lungo termine, la stabilità futura della sua forza lavoro, la resilienza economica e il sistema sanitario potrebbero dipendere da riforme politiche volte a incoraggiare una crescita demografica sostenibile.
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Immagine di Evgeniy Isaev via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0
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Bioetica
Feticidi femminili in uno Stato indiano: 910 bambine ogni mille maschi nati, cresce di nuovo l’aborto selettivo

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nel 2024 lo Stato dell’India settentrionale ha fatto registrare il peggiore rapporto alla nascita dal 2016. Pascoal Carvalho: «Feticidi femminili praticati clandestinamente». Una campagna promossa da Modi nel 2015 ha frenato solo temporaneamente la tendenza.
«Il radicato pregiudizio di genere dell’India nei confronti delle bambine permane». Lo afferma ad AsiaNews il dott. Pascoal Carvalho, già membro della Pontificia Accademia per la Vita, istituita da san Giovanni Paolo II nel 1994, a commento di nuovi allarmanti dati che giungono dallo Stato settentrionale dell’Haryana, uno tra quelli economicamente più avanzati in India, sul numero di femmine per mille maschi alla nascita. Nel 2024 lo stato dell’Haryana ha registrato il più basso rapporto in otto anni, con 910 bambine ogni 1000 bambini nati (nel 2023 erano state 916).
Il rapporto tra i sessi biologici alla nascita rappresenta un indicatore fondamentale dell’uguaglianza di genere ed è ricavato dai dati raccolti dai Servizi di registrazione civile (CRS), che monitorano l’andamento statistico delle morti e delle nascite. Secondo i dati provvisori preparati dalle autorità sanitarie statali per il 2024, lo scorso anno sono nati 516.402 bambini, di cui 270.354 (52,35% del totale) erano maschi e 246.048 (47,64%) femmine. Ciò indica che il numero di bambine è stato inferiore di 24.306 rispetto a quello dei bambini nei dodici mesi in questione.
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«La diminuzione del rapporto tra i sessi potrebbe indicare che le bambine vengono uccise nel grembo materno. La pratica del feticidio femminile, in contrasto con la legislazione che vieta i test di determinazione del sesso e gli aborti selettivi, viene praticata clandestinamente», ha sottolineato Carvalho, commentando i dati. «La Chiesa cattolica in India sottolinea instancabilmente il valore e la dignità della vita umana», ha aggiunto. La stessa Pontificia accademia per la vita ha come fine del suo servizio la difesa e la promozione del valore della vita umana e della dignità della persona, ma «i pregiudizi della società nei confronti delle bambine continuano, nonostante i progressi».
Secondo i dati, il numero massimo di nascite (57.961) in Haryana nel 2024 è avvenuto nel distretto di Nuh, uno dei più arretrati del Paese. Tuttavia, il rapporto alla nascita a Nuh, pari a 928, è tra i migliori nei 22 distretti dello Stato, dietro solo a Yamunanagar (936) e Sirsa (936). Gurgaon ha registrato 45.344 nascite nel 2024, ma con un rapporto di soli 899. Gurgaon è uno dei distretti con un rapporto tra i sessi biologici inferiore a 900. Con un rapporto simile (899) è anche Faridabad, con 48.777 nascite nel 2024.
Per arginare il calo del rapporto tra i sessi biologici in Haryana, il primo ministro Narendra Modi ha avviato nel 2015 la campagna Beti Bachao, Beti Padhao («Salva le figlie, educa le figlie»), per affrontare tutte le questioni correlate all’emancipazione delle donne nell’arco dell’intero ciclo di vita. L’indice dello Stato era migliorato dopo la campagna e aveva toccato quota 923 nel 2019. Ma dal 2020 ha ricominciato a diminuire, tendenza che è continuata fino ad oggi.
«La Chiesa è stata molto attiva nel dare potere alle donne attraverso l’istruzione, l’assistenza legale, l’assistenza sanitaria, lo sviluppo sostenibile per educare la madre a proteggere la vita della bambina», conclude Carvalho.
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