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Geopolitica

Iniziata l’invasione israeliana del Libano

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L’esercito israeliano ha annunciato martedì mattina che le sue truppe avevano iniziato ad attraversare il Libano meridionale, affermando che avrebbero distrutto le infrastrutture militari di Hezbollah nei villaggi vicini al confine tra Israele e Libano. Lo riporta il New York Times.

 

In una dichiarazione rilasciata poco prima delle 2 del mattino, l’esercito ha descritto l’operazione come «limitata» e ha affermato che le sue truppe avevano iniziato a entrare in Libano «alcune ore fa» per colpire i siti che «rappresentano una minaccia immediata per le comunità israeliane nel Nord di Israele».

 

L’invasione è seguita agli intensi attacchi israeliani in tutto il Libano nelle ultime due settimane che hanno ucciso centinaia di persone, secondo il ministero della Salute libanese, tra cui 95 lunedì. Israele sta cercando di forzare una conclusione a una guerra con Hezbollah iniziata parallelamente alla guerra di Israele con Hamas a Gaza, che è stata innescata dagli attacchi del 7 ottobre al sud di Israele l’anno scorso.

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Nei giorni iniziali di quella guerra, Hezbollah ha iniziato a sparare verso le posizioni israeliane in solidarietà con Hamas. Entrambi i gruppi sono sostenuti dall’Iran.

 

Tre funzionari israeliani hanno affermato che il piano di invasione prevedeva di operare in una stretta striscia di terra che costeggia il lato settentrionale del confine. I funzionari hanno parlato a condizione di mantenere l’anonimato per discutere di questioni militari delicate.

 

La forza d’invasione era composta da piccoli gruppi di commando, accompagnati da copertura aerea e da proiettili di artiglieria sparati da Israele, hanno detto i funzionari. Il piano potrebbe ancora evolversi in un’invasione più ampia; migliaia di truppe aggiuntive sono state dispiegate nel nord di Israele negli ultimi giorni, portando a speculazioni su un’operazione più ampia e prolungata.

 

Il piano di invasione è stato approvato in una riunione di governo a tarda notte, poco dopo che l’esercito israeliano aveva dichiarato una zona militare chiusa in tre villaggi all’estremità settentrionale di Israele, gravemente danneggiati da quasi un anno di bombardamenti e razzi provenienti dal Libano.

 

In precedenza, un reporter del NYT ha visto almeno due dozzine di Humvee militari dirigersi verso la stessa area, trasportando truppe in equipaggiamento da combattimento completo, compresi visori notturni. Decine di camion logistici, alcuni blindati, si stavano dirigendo anch’essi verso nord. Lunedì sera, si potevano udire forti esplosioni vicino al confine, secondo due dei pochi residenti che non avevano evacuato la zona.

 


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Il piano di invasione segue giorni di missioni di ricognizione transfrontaliera più piccole e brevi, in cui i commando israeliani si prepararono all’incursione più grande.

 

L’obiettivo ufficiale della guerra di Israele è rendere il nord di Israele abbastanza sicuro da permettere a decine di migliaia di sfollati israeliani di tornare a casa dopo quasi un anno di razzi lanciati dal Libano. Centinaia di migliaia di civili libanesi sono stati sfollati a causa del fuoco israeliano e più di mille persone, sia civili che combattenti, sono state uccise dagli attacchi aerei israeliani.

 

Il presidente Biden sta inviando «qualche migliaio» di truppe in più in Medio Oriente, ha detto il Pentagono lunedì. I funzionari del Dipartimento della Difesa hanno detto che le forze aggiuntive rafforzeranno la sicurezza per i 40.000 soldati americani già presenti nella regione e aiuteranno nella difesa di Israele.

 

Poco dopo che l’esercito israeliano ha annunciato che le truppe di terra erano entrate nel Libano meridionale per raid «limitati», una dichiarazione militare ha affermato che circa 10 proiettili erano entrati in Israele dal Libano. Ha affermato che alcuni dei proiettili sono stati intercettati e altri sono caduti in aree aperte.

 

Secondo SANA, l’agenzia di stampa statale siriana, si sono udite esplosioni nei pressi di Damasco, mentre le difese aeree hanno colpito obiettivi nei cieli sopra la capitale siriana.

 


Un video ripreso da Reuters mostra una grande esplosione in un sobborgo meridionale di Beirut. Il New York Times ha stabilito che l’esplosione è avvenuta a meno di un miglio dall’aeroporto, visibile sullo sfondo del video, e accanto al campus Hadath dell’Università del Libano

 

Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, ha diffuso un video in lingua inglese rivolto al pubblico iraniano.

 

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«Il popolo iraniano dovrebbe sapere: Israele è al vostro fianco», dice il premier dello Stato Ebraico, che ribadisce le sue minacce contro il governo iraniano, affermando: «Non c’è nessun posto in cui non andremo per proteggere il nostro popolo e il nostro Paese».

 

In un discorso televisivo di lunedì, lo sceicco Naim Qassem, vicesegretario generale di Hezbollah, ha affermato che il gruppo avrebbe nominato un leader per sostituire Hassan Nasrallah «alla prima occasione». Israele ha ucciso il Nasrallah venerdì in un bombardamento in un quartiere densamente popolato vicino a Beirut.

 

Il segretario alla Difesa USA Lloyd J. Austin III ha dichiarato di aver parlato con la sua controparte israeliana, Yoav Gallant, lunedì, segnalando il sostegno degli Stati Uniti all’invasione terrestre di Israele in Libano. I due uomini hanno concordato sulla necessità di distruggere «l’infrastruttura di attacco» di Hezbollah lungo il confine, secondo una dichiarazione del Pentagono.

 

Austin ha affermato di aver sottolineato la necessità di una risoluzione diplomatica «il prima possibile», ma che gli Stati Uniti sostengono il diritto di Israele a difendersi e che sono posizionati per difendere Israele e le truppe statunitensi nella regione.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’invasione avviene dopo mesi di voci, minacce e annunci. Cinque giorni fa erano state richiamate le brigate di riserva.

 

Mesi fa secondo indiscrezioni, i generali israeliani avevano chiesto di focalizzarsi sul Libano lasciando per il momento Gaza.

 

L’anno scorso era emerso che l’amministrazione Biden aveva cercato di avvertire di Israele che una guerra su due fronti – contro Hamas ed Hezbollah – sarebbe stata catastrofica. Ora i fronti rischiano di essere di più: la Siria, gli Houthi, colpiti poche ore fa, più l’Iran e le milizie sciite irachene sono pronti ad intervenire in quella che sarebbe una guerra totale mediorientale, se non mondiale.

 

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Geopolitica

Trump si chiede «che diavolo» ci facesse Zelens’kyj in Sudafrica

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha espresso sorpresa per la visita di Volodymyr Zelens’kyj in Sudafrica durante un incontro con il suo omologo sudafricano Cyril Ramaphosa alla Casa Bianca mercoledì.   Trump ha dichiarato di aver telefonato a Zelens’kyj durante la sua visita di aprile e di avergli chiesto «che diavolo» stesse facendo in Sudafrica. Ramaphosa ha spiegato che il Sudafrica aveva condiviso alcune «lezioni» sulla costruzione della pace con il leader ucraino. «Questo è ciò che ci ha insegnato Nelson Mandela: se volete raggiungere la pace nel Paese, fatelo incondizionatamente, sedetevi e parlate», ha detto il presidente sudafricano, sfruttando l’icona internnazionale dell’ex terrorista filosovietico assurto al ruolo di «santo» intoccabile del mondialismo.   La visita di Zelens’kyj a Pretoria ha scatenato ampie critiche da parte dei commentatori politici e degli attivisti sudafricani a causa del suo atteggiamento sprezzante nei confronti dell’iniziativa di pace del 2023 guidata da Ramaphosa.

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I due presidenti hanno anche discusso delle preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo alle presunte violenze contro gli afrikaner bianchi e alle politiche di riforma agraria del governo sudafricano. Trump avrebbe chiesto chiarimenti sul genocidio della minoranza bianca, di fatto umiliando il vertice dello Stato sudafricano mostrandogli un video che raccoglieva prove del massacro in atto.   Nel video mostrato alla Casa Bianca erano visibili i comizi razzisti con incitamenti al genocidioKill the boer! Kill the farmer!»: un canto che la Corte Suprema sudafricana non ritiene essere incitamento all’odio) del leader del partito para-comunista EFF (scissosi dall’ANC di Mandela) Julius Malema, nonché le immagini strazianti della fila infinita di croci per i boeri ammazzati.     Curiosamente, sarebbe da ricordare che è proprio il Sudafrica che ha portato le carte all’Aia per dichiarare Israele perpetratore di genocidio.   Ramaphosa ha respinto le accuse, ribadendo i valori democratici del Sudafrica e respingendo l’idea che la terra venisse confiscata illegalmente. «No, no, no, no», ha risposto quando gli è stato chiesto della confisca delle terre. «Nessuno può prendere la terra», ha aggiunto.  
Come riportato da Renovatio 21, vari gruppi boeri da anni ritengono di essere oggetti di una vera persecuzione se non di una pulizia etnica, con abbondanza disperante episodi di crimine, torture e violenza efferata di ogni sorta.   Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il partito dell’ex presidente sudafricano Jacob Zuma MK ha presentato una denuncia per tradimento contro un gruppo della minoranza afrikaner.   L’amministrazione Trump aveva negli ultimi tempi  sospeso gli aiuti al Sudafrica. La scorsa settimana, dopo tanti annunci, gli USA hanno accolto un primo gruppo di rifugiati boeri. Sul «genocidio bianco» in atto non ha dubbi Elon Musk, che ha recentemente anche sostenuto che il suo servizio Internet satellitare Starlink non può funzionare in Sudafrica perché «non è nero».   La delegazione sudafricana era in visita per presentare un quadro rivisto per il commercio e gli investimenti, volto a rafforzare la cooperazione economica bilaterale. Parks Tau, Ministro del Commercio, dell’Industria e della Concorrenza del Sudafrica, ha confermato che la proposta è stata presentata durante i colloqui con il Rappresentante Commerciale degli Stati Uniti.

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Tau ha affermato che il commercio è al centro della nuova proposta. «Abbiamo anche discusso di dazi doganali e tariffe con la parte americana», ha osservato. Ha sottolineato che quasi il 77% delle merci statunitensi importate in Sudafrica entra in esenzione doganale, mentre una quota analoga delle esportazioni sudafricane, principalmente materie prime, beneficia anch’essa di esenzioni fiscali. Tau ha aggiunto che il Sudafrica ha evidenziato la crescente carenza di gas e ha manifestato interesse per l’importazione di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti, un’iniziativa accolta positivamente sia dall’ambasciatore statunitense che dai rappresentanti della Casa Bianca. “È uno dei settori su cui daremo seguito», ha affermato.   Mentre lasciava la Casa Bianca, il presidente Ramaphosa ha detto ai giornalisti che i colloqui erano andati «molto bene».   In questi anni, ad ogni modo, abbiamo assistito al collasso del Sudafrica da ogni punto vista, dai disordini civili con caos e razzie ai blackout – dove si innesta la storia oscura di un possibile tentato assassinio nei confronti del capo della società elettrica nazionale.

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Economia

Assistenzialismo geopolitico-militare: l’Ucraina vuole una percentuale fissa del PIL dell’UE

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L’Ucraina ha proposto che gli stati membri dell’UE destinino una quota fissa del loro PIL al finanziamento delle forze armate del paese. I leader dell’Unione hanno promesso di continuare a sostenere militarmente Kiev nonostante il cambio di politica del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mira a mediare una tregua.

 

Secondo un post su Facebook pubblicato giovedì, il ministro delle Finanze Serhiy Marchenko ha illustrato al mondo la proposta di assistenzialismo geopolitico-militare durante la riunione dei ministri delle finanze del G7 tenutasi questa settimana in Canada.

 

«Quello che proponiamo è la partecipazione dei partner al finanziamento delle Forze armate ucraine, il che le integrerebbe di fatto nella struttura di difesa europea», ha scritto.

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Marchenko ha aggiunto che il costo «rappresenterebbe solo una piccola parte del PIL dell’UE» e potrebbe essere ripartito tra i paesi che desiderano aderire all’iniziativa. Kiev intende lanciare il nuovo programma nel 2026, con contributi conteggiati negli obiettivi di spesa per la difesa della NATO.

 

L’appello di Marchenko giunge in un momento in cui l’Ucraina è alle prese con la crescente pressione fiscale e con un’incerta prospettiva sugli aiuti esteri. Martedì, il parlamentare Yaroslav Zheleznyak ha dichiarato che il bilancio del Paese per il 2025 include un deficit di 400-500 miliardi di grivne (9,6-12 miliardi di dollari) per il finanziamento delle forze armate.

 

La collega deputata Nina Yuzhanina ha avvertito che il sostegno militare ha raggiunto un livello critico e ha chiesto tagli drastici al bilancio interno per ridistribuire le risorse.

 

Anche il crescente debito ucraino ha destato allarme. Il debito pubblico totale si avvicina ai 171 miliardi di dollari, con un debito prossimo al 100% del PIL. All’inizio di questo mese, Marchenko ha dichiarato che il Paese non sarà in grado di ripagare i creditori esteri per i prossimi 30 anni, ma intende continuare a indebitarsi.

 

 

Dall’escalation del conflitto con la Russia nel 2022, l’Ucraina ha ricevuto miliardi di dollari in aiuti militari, finanziari e umanitari e prestiti dagli Stati Uniti, dall’UE e da altri donatori. L’approccio di Bruxelles ha suscitato critiche da parte di alcuni Stati membri dell’UE, tra cui Ungheria e Slovacchia.

 

Gli Stati Uniti, il principale donatore dell’Ucraina, si sono mossi per recuperare gli aiuti finanziari all’Ucraina firmando un accordo sulle risorse naturali con Kiev. L’accordo, promosso da Trump, garantisce agli Stati Uniti un accesso preferenziale alle risorse minerarie ucraine senza fornire garanzie di sicurezza.

 

Trump, che ha ripetutamente chiesto una rapida risoluzione del conflitto, si è impegnato a mediare una tregua piuttosto che espandere il supporto militare. I legislatori ucraini hanno avvertito che il pacchetto di aiuti militari approvato dall’ex presidente Joe Biden si esaurirà entro l’estate e non sono attualmente in corso trattative per ulteriori forniture statunitensi.

 

La Russia ha sempre condannato le spedizioni di armi occidentali all’Ucraina, dichiarando che non faranno altro che prolungare il conflitto senza cambiarne l’esito e che rappresenteranno anche un ulteriore onere economico per i contribuenti comuni.

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Geopolitica

Israele spara contro la delegazioni di diplomatici stranieri

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Soldati israeliani hanno sparato nei pressi di un gruppo di diplomatici stranieri in visita al campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania occupata, spingendo i rappresentanti di oltre 20 paesi e i giornalisti al seguito a cercare riparo, secondo i video ripresi dalla scena.   Il tour, organizzato dall’Autorità Nazionale Palestinese, coinvolgeva delegati provenienti da decine di paesi, tra cui Regno Unito, Canada, Francia, Italia, Spagna, Cina, Giappone, Messico, Egitto e altri. Non sono stati segnalati feriti, ma le riprese video hanno mostrato i diplomatici fuggire in preda al panico mentre si scatenavano gli spari intorno alle 14:00 ora locale.   Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che la delegazione aveva deviato dal percorso precedentemente approvato ed era entrata in un’area non autorizzata, da loro descritta come una «zona di combattimento attiva».  

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«Secondo una prima indagine, la delegazione ha deviato dal percorso approvato ed è entrata in un’area non autorizzata. I soldati dell’IDF che operavano nella zona hanno sparato colpi di avvertimento per allontanarli», ha dichiarato l’IDF, esprimendo rammarico per il «disagio causato».     Il ministero degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese ha descritto la sparatoria come una violazione del diritto internazionale, affermando che la delegazione era in missione ufficiale per valutare la situazione umanitaria nel contesto delle crescenti critiche internazionali alle operazioni militari israeliane a Gaza e in Cisgiordania.   I leader internazionali hanno prontamente condannato l’incidente. Francia e Italia con il ministro Antonio Tajani hanno convocato gli ambasciatori israeliani per chiedere spiegazioni. Il vice primo ministro irlandese ha definito l’evento «totalmente inaccettabile», mentre il Canada ha chiesto un’indagine approfondita. Anche l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Kaja Kallas, ha definito «inaccettabile» l’atto di sparare vicino ai diplomatici e ha chiesto che si assuma la responsabilità.   Della delegazione, in cui vi erano anche giornalisti, faceva parte il vice console italiano Alessandro Tutino, uscito illeso. Il diplomatico italiano ha parlato subito con il Tajani.  
  «Ho appena parlato con Alessandro Tutino il vice console d’Italia a Gerusalemme che sta bene e che era fra i diplomatici che sarebbero stati attaccati a colpi di arma da fuoco vicino al campo profughi di Jenin. Chiediamo al governo di Israele di chiarire immediatamente», ha dichiaro su X il ministro degli Esteri. Il vice console sarebbe rientrato a Gerusalemme.   Tajani ha quindi convocato l’ambasciatore israeliano a Roma: «ho appena dato disposizione al Segretario generale del Ministero degli Esteri di convocare l’Ambasciatore di Israele a Roma per avere chiarimenti ufficiali su quanto accaduto a Jenin» ha scritto sui social il Tajani.

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L’incidente, va notato, a poche dalla decisione UE di aprire una revisione dell’accordo di associazione con Israele.   Il ministero degli Esteri egiziano ha affermato che l’incidente «viola tutte le norme diplomatiche», mentre il ministero degli Esteri turco ha «fermamente condannato» gli spari di avvertimento contro i suoi diplomatici.   Il caso dovrebbe riportare alla memoria l’attacco che l’IDF ha portato contro i nostri soldati attivi in Libano con le forze di pace UNIFIL – con Netanyahu che arrivò a minacciare direttamente il corpo ONU di peacekeeping nel Libano meridionale, accusato di «fornire uno scudo umano ai terroristi di Hezbollah»  

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