Pensiero
Il re della morte parla in Parlamento. La democrazia italiana applaude

È una tremenda verità rivelata, quasi per isbaglio, da un kolossal non riuscitissimo di una ventina di anni di fa.
Ricordate? Il futuro imperatore, adepto del Lato Oscuro, si presentava a camere galattiche unite per proclamare la «riorganizzazione» della Repubblica e, implicitamente, l’avvento di un impero totalitario sotto il suo comando.
«Così muore la democrazia, tra scroscianti applausi» commentava la senatrice che aveva capito il piano diabolico.
La frase non è esattamente questa – forse il film di Giorgio Lucas diceva «libertà» invece che «democrazia», ma sappiamo come nel fondale di cartapesta dello Stato moderno queste parole sono intercambiabili. La verità contenuta in questa battuta, tuttavia, la riteniamo incontrovertibile.
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Specie dopo aver visto lo spettacolo allucinante del Re britannico che pontifica nel cuore della sedicente democrazia italiana, il Parlamento. Di certo, un’esperienza rivelatoria, su tanti, troppi livelli. Perché il discorso che ha fatto, con tutti i tasti politici, geopolitici, metapolitici toccati con decisione, ha un’importanza storica di conferma sia del rapporto di sudditanza occulta tra Roma e Londra sia del ruolo metafisico che Albione e gli Windsor hanno nella storia del mondo.
Notate come i giornali, e gli ebeti che si fanno riempire la testa delle loro menzogne, abbiano sottolineato, nel discorso di re Carlo, il fatto che abbia citato Dante e persino «parlato», per qualche secondo, in Italiano. Cioè: ha letto da un foglio. Applausi.
Come se il re parlasse davvero la nostra lingua, con la tranquillità di utilizzare il connettivo «peraltro», che i parlamentari di interi partiti italiani mai pronunciato in vita loro, ammesso che sappiano che esistano gli avverbi.
Certo, voleva fare il figurone, come, peraltro, lo aveva fatto a Parigi due anni fa: Renovatio 21 ne parlò, il repubblicano Macron gli organizzò un festone, con quantità di divi veri (da Mick Jagger in giù) a… Versailles, luogo che ovviamente oggi ha un suo significato preciso. Lì, nel più totale disprezzo della plebe che venivano da mesi in erano stati proibite perfino i pranzi di Pasqua in famiglia e da costi energetici insostenibili, tra banchetti e sfarzo assoluto, il Carlo aveva dimostrato di parlare un francese ottimo, come una volta usava nell’Inghilterra che studiava.
Cost of living crisis? That’s just for the plebs. Meanwhile at the Palace of Versailles, King Charles, President Macron and various celebrities and politicians indulged in a lavish State Banquet back in 2023.pic.twitter.com/CmjkjvRAbM
— James Melville 🚜 (@JamesMelville) September 6, 2024
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Carlo nel lusso di Versailles, ospite dei figli della Rivoluzione francese. Era come dire: i re rimangono re, se sono dalla nostra parte.
Ci viene in mente, tuttavia, che la poliglossia dei reali britannici ci aveva fornito, in passato, un’altra visione, secondo alcuni (quelli che non conoscono la storia dell’aristocrazia europea, e degli Windsor) inquietante: il principe Filippo, padre di Carlo, che parla un tedesco ultrafluente. Gli Windsor, dove Filippo ha appeso il cappello, sono in realtà una famiglia della nobiltà germanica, i Sassonia Coburgo-Gotha, e Windsor è un nome preso da un paesino di campagna a caso (un rebranding si direbbe nel marketing) per sembrare più inglesi.
È proprio lui, il principe di Edimburgo, consorte della regina Elisabetta: quello che aveva giurato di volersi reincarnare in un patogeno in grado per uccidere milioni di persone. Come sa il lettore di Renovatio 21, l’ambientalismo, cioè l’antiumanismo, è una costante degli Windsor, vera famiglia della morte, e viene trasmesso, a quanto sembra, geneticamente.
E l’antiumanismo ereditario è tornato anche nel discorso di Roma, con i nostri rappresentanti a spellarsi le mani: quando con il secondo avvento di Trump pare essere cominciato il tramonto dell’ambientalismo di Stato e dei suoi dogmi, ecco che il re proclama l’emergenza del Cambiamento Climatico (argomento da cui, abbiamo visto, pare guadagnarci…), con tutte le solite storielle ripetute a pappagallo: le tempeste che ora sono ogni anno invece che ogni generazione, etc. Piove, governo ladro, avrebbe detto i mazziniani – che del resto erano pagati e programmati proprio dagli inglesi.
Anche questo, incredibilmente, è stato detto dal re nel suo discorsone: l’importanza del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.
Si tratta di un momento di sincerità storica che, infine, va apprezzato, anche se un pat-pat – di quelli che operano sui loro amati cagnolini – in testa a qualche rappresentante democratico italiano avrebbe completato il quadretto in modo consono.
Poi, l’Ucraina: il messaggio è lo stesso, sempre. Tre anni fa lo aveva detto agli italiani anche Boris Johnson prima di mollare Downing Street: fate il governo che volete, ma continuate ad armare e sostenere Kiev.
Il re britannico ordina all’Italia di immolarsi nella sua guerra, quella che Londra porta avanti da almeno duecento anni: il «Grande Gioco» dello scontro di Albione, potenza talassocratica, con la Russia, potenza tellurica, per il controllo del mondo. La teoria della Heartland del pioniere della geopolitica Alfred Mackinder – l’idea per cui chi controlla il centro dell’Eurasia controlla il mondo – è venuta dopo, quando già Londra combatteva una guerra occulta con i russi nell’India, Pakistan, Afghanistan di Kipling.
L’enormità storica e metastorica del discorso di Carlo si fa, per noi, intollerabile. Ma, che volete farci, da queste parti si ha una visione delle cose di un certo tipo. Non possiamo pensare che gli altri la pensino come noi… oppure sì?
Perché, effettivamente, l’immagine più significativa offerta da Carlo in Parlamento riguarda chi era al suo lato. Da una parte, il presidente della Camera Ignazio La Russa, un uomo cresciuto nel MSI e ora militante in FDI, partiti che definiscono post-fascisti, dove la fiamma contenuta nel loro simbolo, raffigurerebbe la fiaccola che arde sulla tomba di Benito Mussolini a Predappio.
Benito Mussolini, quello che la giovane Meloni definiva come «statista», e che aveva diffuso quell’espressione chiarissima: «la perfida Albione».
Come non farsi venire in mente l’impressionante manifesto di Gino Boccasile (1901-1952) che celebrava la distruzione di Londra da parte dei V2 tedeschi.
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Insomma: chi è cresciuto nella destra italiano aveva della Gran Bretagna una certa idea. Almeno fino a Fini, che, notate, prima di essere mandato a Gerusalemme con la kippah, aveva fatto i suoi giri di sdoganamento a Londra – dove peraltro, altro mistero, ad una certa hanno cominciato a rifugiarsi gli estremisti neri che avevano la Giustizia italiana alle calcagna…
La Russa sorride e batte le mani sul fianco destro del re della «perfida Albione». Sul fianco sinistro un’altra figura che, in teoria, proviene da una cultura non esattamente anglofila il tradizionalismo cattolico. Un giro che legge la storia britannica, e le sue ramificazioni mondiali, in modo un po’ diverso da come viene presentata: dal tradimento di Enrico VIII all’assassinio del cattolico Guido Fawkes, eroe fatto squartare dal re per aver cospirato per il ritorno del cattolicesimo in terra anglica, dalla follia della Chiesa anglicana alla decadenza dei costumi recenti proveniente dalla swinging london, dalla massoneria alle persecuzioni dei cattolici nei secoli.
E niente, anche da parte cattolica: sorrisi e applausi.
E sì che, anche senza essere integristi con il pallino della storia del mondo, da cattolici ci sarebbe tanto da dire al re, anzi, basterebbe fare qualche nome: Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory… e tanti altri bambini trucidati da Giudici della Corona e dal sistema sanitario del Regno votato all’utilitarismo più mostruoso e assassino del «best interest».
Rammentiamo: all’epoca i partiti pseudocattolici si mossero per dare ad Alfie la cittadinanza italiana, di fatto per togliere il bambino dalla condanna a morte del Regno sul cui trono ora siede il Carlo.
Come abbiamo scritto su Renovatio 21, il mancato intervento della famiglia reale in questi tragici casi – che smuovevano anche laggiù masse di persone, con miriadi di persone in lacrime che circondavano gli ospedali in preghiera, e gli ultras delle curve a cantare allo stadio a favore dei bambini in procinto di essere massacrati – non è un caso, non è una svista: è una feature precisa della famiglia, la cui consonanza con la Necrocultura è un dato storico, dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore o i milioni consegnati a Carlo in buste della spesa dai famigli di Bin Laden, il rapporto con il controverso miliardario russo-americano Armand Hammer, o i rapporti sporadici con i nazisti, il ritratto inquietante saltato fuori mesi fa…
La verità è che la materia inquietante non è in superficie, non è chiacchiera da rotocalco, né misfatto dietro le quinte: pare essere nella struttura stessa del casato.
Perché, ribadiamo, quella degli Windsor è una dinastia della morte, come ve ne sono, ai vertici mondiali, altre, anche non coronate, ad esempio i Rockefeller. Giornali e politicanti non solo non condividono questa prospettiva, ma la occultano con l’arma di distrazione di massa del gossip. Anni a parlarci delle vicende della Casa Reale, come se ciò avesse qualche importanza per noi. La famiglia media che mangia dinanzi al televisore magari non sa nulla di Alfie Evans e Guy Fawkes, ma sa tutto delle avventure amorose di Guglielmo ed Enrico, che per qualche ragione ora, a differenza di Carlo, vengono chiamati nelle loro lingua (i principi «William» ed «Henry»: sudditi, abituatevi all’inglese, è l’era CLIL).
Abbiamo visto l’arma di distrazione di massa sparata anche nel discorso romano del re. Carlo si è riferito alla «regina», e la cosa ha fatto un certo effetto: Camilla, i TG ci hanno insegnato a chiamarla così, ora in effetti è regina. Il re ha amorevolmente detto che era il ventesimo anniversario di matrimonio. Applausi.
Ma come? Camilla? Per anni i giornali ce l’avevano definita come la homewrecker reale, la spacca famiglia di Corte, con ogni storia a suo favore amplificata a più non posso: ecco i commenti animali sul suo aspetto fisico, ecco la questione del figlio birichino che potrebbe avere una cattiva influenza sull’erede al trono (e futuro fratellastro).
Nessuno pare avercela più con Camilla: i giornali del resto servono a questo, ti dicono cosa devi pensare, e poi ti fanno dimenticare, per farti pensare altro. Ecco che la love story di Carlo e Camilla da prurigine grottesca diventa evento da applaudire a Camere riunite.
Perché poi, scusate, avete scordato Diana? Avete scordato cosa il quivis de populo, britannico come italiano, dice della morte della principessa sotto il tunnel dell’Alma a Parigi? Tutti quei servizietti ammiccanti che talvolta potevano far capolino brevemente nella stampa mainstream… Tutto è perdonato.
Dimenticate tutto. Tanto a ricordarvi le vostre priorità ci pensa il capo di quel Regno che trucida i bambini malati e ti arresta per un tweet o una preghiera fatta nella tua mente. Carlo, con gli italiani, è stato chiaro, e sincero: vivete nello Stato creato dal nostro agente Garibaldi, ora sottomettevi del tutto al dogma climatico, e continuate a sostenere la guerra contro la Russia.
Scroscianti applausi.
Questa è la realtà della «democrazia» in Italia.
Roberto Dal Bosco
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La società del ricatto, della censura e della schedatura di massa. Renovatio 21 intervista Marcello Foa

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Mons. Viganò: l’élite sovversiva ha infiltrato gli Stati

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha partecipato all’appello per la liberazione di Reiner Fuellmich, avvocato tedesco molto attivo durante la catastrofe pandemica.
Sua Eccellenza ha riportato le parole del suo appello, visibile anche in video, in un post su X.
«Una pericolosa élite sovversiva è riuscita a infiltrarsi ai più alti livelli delle istituzioni e dei governi occidentali per attuare il piano criminale dell’Agenda 2030» scrive monsignore.
«In molti Stati autoproclamatisi “democratici”, le voci che denunciano questo colpo di Stato globale vengono messe a tacere attraverso la censura, l’intimidazione, la psichiatrizzazione e persino l’arresto».
«Tra le vittime del regime totalitario che si sta affermando silenziosamente in Europa, Canada, Australia e altre nazioni vassalle delle Nazioni Unite, della NATO, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del Forum Economico Mondiale (tutte entità private finanziate dagli stessi poteri) c’è l’avvocato Reiner Fuellmich, ingiustamente imprigionato e ancora in attesa di un giusto processo. Il suo crimine è aver osato dire la verità in un mondo di menzogne criminali» dichiara prelato.
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«Invito i Cattolici e tutte le persone di buona volontà ad alzare la voce in difesa dei perseguitati dal regime globalista. Non è l’avvocato Fuellmich che dovrebbe essere in prigione, ma coloro che hanno commesso il più grande crimine contro l’umanità: Anthony Fauci, Bill Gates, Klaus Schwab, George Soros, Ursula von der Leyen, Albert Bourla, e tutti i loro complici ed emissari, soprattutto quelli che ricoprono cariche istituzionali».
«Liberate Reiner Fuellmich!»
Reiner Fuellmich è un avvocato tedesco, nato nel 1958 a Brema, noto per la sua carriera come specialista in diritto dei consumatori e processuale, con esperienza sia in Germania che in California. Ha studiato legge all’Università di Gottinga e all’Università della California a Los Angeles, ottenendo un dottorato in diritto medico e farmaceutico.
Dal 1985 al 2001 ha lavorato come assistente di ricerca presso il centro di studi sul diritto medico e farmaceutico dell’Università di Gottinga, e ha insegnato in università tedesche ed estoni su temi come il diritto bancario e internazionale privato.
Nel luglio 2020, Fuellmich è diventato uno dei fondatori e portavoce del Comitato Investigativo Corona (Stiftung Corona Ausschuss), un’organizzazione non governativa con sede in Germania, insieme ad altri avvocati. Il comitato ha condotto audizioni con esperti per indagare su «crimini contro l’umanità» legati alla gestione della pandemia, sostenendo che si trattasse di uno «scandalo» orchestrato da governi, OMS e case farmaceutiche.
L’avvocato Fuellmich ha promosso l’idea di un processo stile Norimberga contro figure come Anthony Fauci, Bill Gates e Ursula von der Leyen, raccogliendo fondi e costruendo una rete di oltre 1.000 avvocati a livello internazionale. Fuellmich ha anche guidato un partito politico in Germania, stimato all’8% di consenso in alcuni sondaggi.
Nel settembre 2022, è stato accusato di aver sottratto fondi del comitato attraverso fatturazioni gonfiate per i suoi servizi legali.
Fuellmich ha respinto le accuse come «politicamente motivate» per sabotare il comitato. Un mandato di arresto è stato emesso nel marzo 2023 mentre era in Messico con la moglie; è stato estradato e arrestato all’arrivo a Francoforte il 15 maggio 2023.
Come riportato da Renovatio 21, quattro anni fa Fuellmich aveva intervistato il cardiologo texano Peter McCullough, che aveva accennato a «infertilità e cancro come possibili conseguenze del vaccino». Nel 2021 l’avvocato ricevette dal gruppo Doctors for COVID Ethics una lettera di confutazione all’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) che metteva in guardia rispetto ai vaccini genici sperimentali.
Attualmente Fuellmich, 66 anni, è detenuto in custodia cautelare nel carcere di Rosdorf (Bassa Sassonia), in un penitenziario di massima sicurezza. Il processo per frode e appropriazione indebita è in corso, ma i suoi sostenitori lo descrivono come «prigionia politica» e «persecuzione» per le sue critiche alla gestione pandemica.
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