Civiltà
Il Nobel Montagnier: morbo del tipo mucca pazza come nuovo effetto collaterale del vaccino?
Il professor Luc Montagnier, premio Nobel 2008 per la scoperta del virus dell’AIDS, è tornato a parlare delle origini del COVID, alle sue varianti e agli effetti collaterali legati al vaccino.
«C’è una grande partecipazione americana, finanziaria e probabilmente anche tecnica, in questo business», ha spiegato il professor Luc Montagnier in una trasmissione radiofonica dell’emittente Sud Radio, dove un anno prima aveva ipotizzato che il coronavirus fosse fuoriuscito dal laboratorio di Wuhan.
«All’inizio abbiamo un virus cinese e poi abbiamo qualcos’altro . Abbiamo cioè nuove varianti che emergono dal virus cinese ma che sono abbastanza lontane dalla sua struttura di partenza» ha raccontato il virologo. «Il caso non è chiuso e, naturalmente, più passa il tempo, più la gente parla…»
«Potremmo finire per conoscere la verità, ma ci vorrà tempo» dice il Nobel.
«In diversi Paesi, ora possiamo fare un bilancio, se vogliamo: e il bilancio ogni volta è un picco di infezioni dopo l’inoculazione dei vaccini»
«In diversi Paesi, ora possiamo fare un bilancio, se vogliamo: e il bilancio ogni volta è un picco di infezioni dopo l’inoculazione dei vaccini».
C’è bisogno di una moratoria, chiede il conduttore André Bercoff. «Bisogna fermarsi, quando ci sono dei morti, anche in piccolo numero, bisogna fermarsi».
Per il prof. Luc Montagnier, qualsiasi morte per farmaci dovrebbe essere presa sul serio.
«Siamo ancora in una situazione molto grave al momento. Perché queste nuove varianti danno effetti secondari », spiega il biologo.
«Anche il virus di partenza dà effetti secondari, ed effetti immediati che sono sopportabili se così si può dire ma poi, provoca miocardite, effetti cardiovascolari e che uccidono. Ci sono persone che muoiono per queste miocarditi, uno degli effetti del vaccino», sottolinea il professor Luc Montagnier .
«Io penso che la nostra civiltà sia in pericolo… arrivo a dire questo»
«Medico-ricercatore per formazione, ho la mia etica», dice il professor Luc Montagnier.
«Qualsiasi morte per un farmaco, un vaccino, deve essere conteggiata come qualcosa di grave e quando ci sono diversi decessi, è davvero un problema».
«Non condivido l’idea che si dice che nel rapporto rischio-beneficio si hanno dei rischi ma il rapporto beneficio è molto migliore per gli altri», spiega il biologo al microfono della radio. «Questo non è vero perché molta sofferenza deriva da questa concezione».
«Credo che scoppierà una fase dove in cui dovremo trattare molte persone malate a causa del vaccino»
«C’era molta speranza sui vaccini a mRNA, che portano informazione per il virus, e che si possono quindi utilizzare come vaccini… È uno sbaglio, perché, purtroppo, non sappiamo cosa succede dentro al nostro corpo (…) si può espandere ovunque, i macrofagi sono lì a diffondere la proteina virale con effetti imprevisti… a mio avviso è un errore molto grande… bisogna bisogna riconoscere i propri errori, può capitare, ma se non si fa niente, può succedere una catastrofe».
«Io penso che la nostra civiltà sia in pericolo… arrivo a dire questo».
L’ospite chiede come devono sentirsi le tante persone che si sono vaccinate?
«Credo che scoppierà una fase dove in cui dovremo trattare molte persone malate a causa del vaccino».
Spero che lei abbia torto, dice l’intervistatore Bercoff. «Anche io lo spero» risponde il Nobel.
«E ora hai l’effetto dei prioni. Sono in arrivo altri decessi, e queste persone sono morte per il morbo di Creutzfeldt-Jakob»
Oggi, secondo Montagnier «siamo nella terza fase» per il professor Luc Montagnier. «La prima fase sono gli effetti collaterali abbastanza comuni che non durano molto a lungo ma che stanno già uccidendo le persone», spiega. «Hai poi gli effetti cardiovascolari », continua il biologo.
«E ora hai l’effetto dei prioni», aggiunge il professore Premio Nobel, spiazzando buona parte dell’audience. «Sono in arrivo altri decessi, e queste persone sono morte per il morbo di Creutzfeldt-Jakob».
Il morbo Creutzfeldt-Jakob (CJD) è noto al grande pubblico perché nel 2001 la sindrome che di cui si pensa sia una variante, l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), diventò la base del celeberrimo caso della «mucca pazza».
La CJD si verifica quando le proteine chiamate prioni, che si formano in modo errato, trovano la loro strada nel cervello. I prioni hanno la sfortunata capacità distruttiva di deformare anche le proteine intorno a loro. Man mano che i prioni consumano gradualmente i neuroni, creano buchi spugnosi nel cervello. Questo porta a demenza, perdita della funzione corporea e infine coma e morte.
«C’è un gruppo di 7 persone indipendenti con medici differenti che avrebbero questa malattia. Il fattore comune è che sarebbero stati vaccinati con due dosi di vaccino», continua il virologo. «È alla seconda dose che comparirebbero piccoli segni e poi i segni generali della malattia»
«Questa malattia è molto rara, normalmente, quando è sporadica, è una su un milione », spiega.
«C’è un gruppo di 7 persone indipendenti con medici differenti che avrebbero questa malattia. Il fattore comune è che sarebbero stati vaccinati con due dosi di vaccino», continua il virologo. «È alla seconda dose che comparirebbero piccoli segni e poi i segni generali della malattia».
«Non possiamo provare che sia causato dai vaccini», spiega, «ma dobbiamo ancora guardare a questa ipotesi… Perché l’unico fattore in comune tra queste persone è l’essere stati vaccinati con lo stesso vaccino».
Un ascoltatore, Marc, chiama in diretta trasmissione per dire che a sua moglie è stata diagnosticata proprio la sindrome Creutzfeldt-Jacobs dopo la seconda dose del vaccino, e che ora la sua vita «è un inferno». Dichiara altresì che conosce sempre più casi come il suo, tutti scoppiati dopo la seconda dose del vaccino COVID mRNA.
«L’ipotesi è che l’alluminio, che è l’adiuvante principale di questi vaccini come quelli per l’influenza, forma dei complessi con le proteine dei neuroni»
Montagnier ha quindi ricordato che i prioni non sono contagiosi, ma bisogna ricordare «la storia della mucca pazza» così come quella dei «119 bambini morti della Creutzfeldt-Jacobs perché avevano ricevuto ciascuno un’iniezione di ormone della crescita preparata dal cervello, dall’ipofisi di persone anziane». Si tratta di un famoso caso in Francia che mise sotto accusa un direttore di laboratorio del prestigiosissimo Istituto Pasteur accusato di aver provocato una strage somministrando a 1698 bambini tra il 19080 e il 1988 l’ormone della crescita ottenuto dalle ghiandole di cadaveri «non regolamentati». La sostanza, si scoprì, trasmetteva la sindrome Creutzfeldt-Jacobs.
«L’ipotesi è che l’alluminio, che è l’adiuvante principale di questi vaccini come quelli per l’influenza, forma dei complessi con le proteine dei neuroni… quindi è possibile che l’alluminio sia presente nei vaccini attuali». Quando il conduttore ribatte che non si è sicuri di questo, Montagnier risponde che «non si è sicuri, ma anche solo delle tracce possono essere tossiche, soprattutto se se ne ha una ripetizione ogni anno».
Il pensiero va quindi alla terza, quarta dose. Montagnier racconta di «un modello animale, dei montoni che sono stati studiati in Spagna per essere vaccinati contro un virus dei montoni… hanno avuto un tale cambiamento di comportamento da far pensare di essere affetti dall’equivalente della Creutzfeld-Jacobs dei montoni».
«Quello che mi spaventa sono i bambini… Stanno per vaccinare i bambini… Questi bambini, forse, moriranno un giorno, e anche se muoiono 10 o 20 anni più tardi, verrà uccisa una generazione… Dunque è in causa la nostra civiltà»
«Possiamo fare delle ipotesi… è stato pubblicato, ma anche censurato dall’editore… c’è un velo di menzogna da anni… quindi possiamo pensare che ci sia presso l’essere umano nel caso di ripetizione di un vaccino contenente l’alluminio la creazione di un terreno per la crescita dei prioni».
Come riportato da Renovatio 21, casi di misteriose malattie neurodegenerative simili al morbo di Creutzfeld-Jacobs in grado di «mangiare il cervello» sono stati riportati in Giappone l’anno scorso.
Montagnier ha inoltre accennato alle menzogne statistiche sugli obblighi vaccinali, come in alcuni Stati degli USA dove, dice, i vaccinati contagiati non vengono contati come casi infetti. Il Nobel ha parlato di «informazioni false che continuano ad espandersi», ringraziando il ruolo del canale radio dove invece si può dire la verità – il motto del canale Sud Radio è in effetti Parlons vrai («diciamo il vero»).
«Siamo all’inizio, invece che alla fine. Prudenza, prudenza… e fermiamo le vaccinazioni di massa». Per Montagnier «non è eticamente accettabile avere delle persone, dei giovani, dei bambini, che muoiono. Dobbiamo pensare che se ci fermiamo, salveremo delle vite».
«Bisogna prendere delle precauzioni o andremo verso la catastrofe. È ineluttabile, se non facciamo niente».
Il virologo poi ha trattato della possibilità che il vaccino presenti danni dopo anni, come una bomba a scoppio ritardato.
«Quello che mi spaventa sono i bambini… Stanno per vaccinare i bambini… Questi bambini, forse, moriranno un giorno, e anche se muoiono 10 o 20 anni più tardi, verrà uccisa una generazione… Dunque è in causa la nostra civiltà. Bisogna prendere delle precauzioni o andremo verso la catastrofe».
«È ineluttabile, se non facciamo niente».
Immagine elaborazione screenshot da Dailymotion
Civiltà
Professore universitario mette in guardia dall’«imperialismo cristiano europeo» nello spazio
La preside di scienze sociali della Wesleyan University Mary-Jane Rubenstein, una «filosofa della scienza e della religione» (che è anche affiliata al programma di studi femministi, di genere e sessualità della scuola), afferma di aver notato come «molti dei fattori che hanno guidato l’imperialismo cristiano europeo» siano stati utilizzati in «forme ad alta velocità e alta tecnologia».
La Rubenstein si chiede se «pratiche coloniali» come «lo sfruttamento delle risorse ambientali e la distruzione dei paesaggi», il tutto «in nome di ideali quali il destino, la civiltà e la salvezza dell’umanità», faranno parte dell’espansione dell’uomo nello spazio.
Lo sfruttamento degli altri corpi celesti, quantomeno nel nostro sistema solare, è stata considerata in quanto vi è una ragionevole certezza che su altri pianeti vicini non vi sia la vita, nemmeno a livello microbico. Quindi, che importanza ha se aiutiamo a salvare la Terra sfruttando Marte, Mercurio, la fascia degli asteroidi, per minerali e altre risorse?
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Rubenstein nota che il presidente della Mars Society Robert Zubrin ha sostenuto esattamente questo. In un editoriale del 2020, Zubrin ha attaccato un «manifesto» da un gruppo NASA DEI (diversità, equità e inclusione) che aveva sostenuto «dobbiamo lavorare attivamente per impedire l’estrazione capitalista su altri mondi».
Ciò «dimostra brillantemente come le ideologie responsabili della distruzione dell’istruzione universitaria in discipline umanistiche possano essere messe al lavoro per abortire anche l’esplorazione spaziale», ha scritto lo Zubrin.
Lo Zubrin ha osservato che poiché il gruppo DEI non ha alcun senso su base scientifica, deve ricorrere a «una combinazione di antico misticismo panteistico e pensiero socialista postmoderno» – come affermare che anche se non ci sono prove nemmeno dell’esistenza di microbi su pianeti come Marte, «danneggiarli sarebbe immorale quanto qualsiasi cosa sia stata fatta ai nativi americani o agli africani».
Tuttavia la Rubenstein afferma che varie credenze indigene «sono in netto contrasto con l’insistenza di molti nel settore sul fatto che lo spazio sia vuoto e inanimato».
Tra questi vi sono un gruppo di nativi australiani che affermano che i loro antenati «guidano la vita umana dalla loro casa nella galassia» (e che i satelliti artificiali sono un pericolo per questa «relazione»), gli Inuit che sostengono che i loro antenati vivono in realtà su “corpi celesti” e i Navajo che considerano sacra la luna terrestre.
«Gli appassionati laici dello spazio non hanno bisogno di accettare che lo spazio sia popolato, animato o sacro per trattarlo con la cura e il rispetto che le comunità indigene richiedono all’industria», afferma la Rubenstein.
In effetti, in una recensione del libro di Rubenstein Astrotopia: The Dangerous Religion of the Corporate Space Race, la testata progressista Vox ha osservato che «in effetti, alcuni credono che questi corpi celesti dovrebbero avere diritti fondamentali propri».
Quindi, l’ordine degli accademici è che gli esseri umani dessero priorità alle credenze dei nativi nell’esplorazione dello spazio rispetto a quelle dei cristiani europei?
Dovremmo rinunciare all’estrazione di minerali preziosi da asteroidi, comete e pianeti vicini, perché hanno tutti una sorta di Carta dei diritti «mistica panteistica»?
I limiti posti ai programmi di esplorazione spaziale sono da sempre legati a movimenti antiumanisti che odiano la civiltà – in una parola alla Cultura della Morte.
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Lo stesso Zubrin, ex dipendente NASA frustrato dalla mancanza di un programma per la conquista di Marte e il suo terraforming, ne ha scritto in libri fondamentali come Merchants of Dispair (2013), dove spiega come la pseudoscienza e l’ambientalismo siano di fatto culti antiumani.
Lo Zubrin era animatore della Mars Society, un’associazione dedicata alla promozione dell’espansione su Marte, quando nei primi anni Duemila si presentò ad una serata del gruppo uno sconosciuto, che alla fine lasciò in donazione un assegno con una cifra inusitata per la Society, ben 5.000 dollari: si trattava di Elon Musk.
Il quale, marzianista convinto al punto da realizzare razzi che dice ci porteranno sul pianeta rosso tra quattro anni, è anche uno dei più accesi nemici del politicamente corretto, della cultura woke e soprattutto dell’antinatalismo, oltre che una persona che attivamente, negli anni – lo testimonia la sua costante attenzione per la storia della Roma antica – ha dimostrato di aver compreso il valore, e la fragilità, della civiltà umana.
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Civiltà
L’anarco-tirannia uccide: ieri ad Udine, domani sotto casa vostra
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Civiltà
Tecnologia e scomparsa della specie umana: Agamben su progresso e distruzione
Renovatio 21 pubblica questo scritto di Giorgio Agamben apparso sul sito dell’editore Quodlibet su gentile concessione dell’autore.
Quali che siano le ragioni profonde del tramonto dell’Occidente, di cui stiamo vivendo la crisi in ogni senso decisiva, è possibile compendiarne l’esito estremo in quello che, riprendendo un’icastica immagine di Ivan Illich, potremmo chiamare il «teorema della lumaca».
«Se la lumaca», recita il teorema, «dopo aver aggiunto al suo guscio un certo numero di spire, invece di arrestarsi, ne continuasse la crescita, una sola spira ulteriore aumenterebbe di 16 volte il peso della sua casa e la lumaca ne rimarrebbe inesorabilmente schiacciata».
È quanto sta avvenendo nella specie che un tempo si definiva homo sapiens per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico e, in generale, l’ipertrofia dei dispositivi giuridici, scientifici e industriali che caratterizzano la società umana.
Questi sono stati da sempre indispensabili alla vita di quello speciale mammifero che è l’uomo, la cui nascita prematura implica un prolungamento della condizione infantile, in cui il piccolo non è in grado di provvedere alla sua sopravvivenza. Ma, come spesso avviene, proprio in ciò che ne assicura la salvezza si nasconde un pericolo mortale.
Gli scienziati che, come il geniale anatomista olandese Lodewjik Bolk, hanno riflettuto sulla singolare condizione della specie umana, ne hanno tratto, infatti, delle conseguenze a dir poco pessimistiche sul futuro della civiltà. Nel corso del tempo lo sviluppo crescente delle tecnologie e delle strutture sociali produce una vera e propria inibizione della vitalità, che prelude a una possibile scomparsa della specie.
L’accesso allo stadio adulto viene infatti sempre più differito, la crescita dell’organismo sempre più rallentata, la durata della vita – e quindi la vecchiaia – prolungata.
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«Il progresso di questa inibizione del processo vitale», scrive Bolk, «non può superare un certo limite senza che la vitalità, senza che la forza di resistenza alle influenze nefaste dell’esterno, in breve, senza che l’esistenza dell’uomo non ne sia compromessa. Più l’umanità avanza sul cammino dell’umanizzazione, più essa s’avvicina a quel punto fatale in cui progresso significherà distruzione. E non è certo nella natura dell’uomo arrestarsi di fronte a ciò».
È questa situazione estrema che noi stiamo oggi vivendo. La moltiplicazione senza limiti dei dispositivi tecnologici, l’assoggettamento crescente a vincoli e autorizzazioni legali di ogni genere e specie e la sudditanza integrale rispetto alle leggi del mercato rendono gli individui sempre più dipendenti da fattori che sfuggono integralmente al loro controllo.
Gunther Anders ha definito la nuova relazione che la modernità ha prodotto fra l’uomo e i suoi strumenti con l’espressione: «dislivello prometeico» e ha parlato di una «vergogna» di fronte all’umiliante superiorità delle cose prodotte dalla tecnologia, di cui non possiamo più in alcun modo ritenerci padroni. È possibile che oggi questo dislivello abbia raggiunto il punto di tensione massima e l’uomo sia diventato del tutto incapace di assumere il governo della sfera dei prodotti da lui creati.
All’inibizione della vitalità descritta da Bolk si aggiunge l’abdicazione a quella stessa intelligenza che poteva in qualche modo frenarne le conseguenze negative.
L’abbandono di quell’ultimo nesso con la natura, che la tradizione filosofica chiamava lumen naturae, produce una stupidità artificiale che rende l’ipertrofia tecnologica ancora più incontrollabile.
Che cosa avverrà della lumaca schiacciata dal suo stesso guscio? Come riuscirà a sopravvivere alle macerie della sua casa? Sono queste le domande che non dobbiamo cessare di porci.
Giorgio Agamben
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