Psicofarmaci
Il New York Times: gli antidepressivi creano dipendenza
Pubblichiamo la traduzione di un articolo del New York Times apparso questo mese. Anche la stampa mainstream comincia a considerare l’estrema problematicità delle psicodroghe in libera vendita.
Victoria Toline china sul tavolo della cucina, a mano ferma estraeva una goccia di liquido da una fiala con un piccolo contagocce. Era un’operazione delicata che era diventata una routine quotidiana: estrarre come sempre piccole dosi dell’antidepressivo che aveva assunto per tre anni, di tanto in tanto, cercando disperatamente di smettere.
«Fondamentalmente è tutto quello che ho fatto – avere a che fare con capogiri, confusione, stanchezza, tutti sintomi dell’astinenza», ha detto la signora Toline, 27 anni, di Tacoma, Wash. Ci sono voluti nove mesi per superare la sua dipendenza dal farmaco, lo Zoloft, assumendo dosi sempre più piccole.
«Non riuscivo a concludere la mia laurea. Solo ora mi sento abbastanza bene da provare a rientrare nella società e tornare al lavoro».
Secondo un esame del New York Times sui dati federali, l’utilizzo a lungo termine degli antidepressivi è in aumento negli Stati Uniti. Circa 15,5 milioni di americani hanno assunto farmaci per almeno cinque anni. Il tasso dal 2010 è quasi raddoppiato mentre dal 2000 è più che triplicato.
Circa 15,5 milioni di americani hanno assunto farmaci per almeno cinque anni. Il tasso dal 2010 è quasi raddoppiato mentre dal 2000 è più che triplicato.
Quasi 25 milioni di adulti, come la signora Toline, hanno assunto antidepressivi per almeno due anni, un aumento del 60% dal 2010.
I farmaci hanno aiutato milioni di persone ad alleviare ansia e depressione e nella terapia psichiatrica sono largamente considerati pietre miliari. Molta, forse la maggior parte, della gente interrompe l’assunzione senza particolari problemi. Ma l’aumento dell’uso prolungato inoltre è il risultato di un problema inatteso ed in crescita: molti di coloro che cercano di smettere dicono di riuscire a farlo a causa dei sintomi da astinenza di cui non erano mai stati avvisati.
Molti di coloro che cercano di smettere dicono di riuscire a farlo a causa dei sintomi da astinenza di cui non erano mai stati avvisati
Alcuni scienziati molto tempo fa avevano anticipato che alcuni pazienti avrebbero potuto accusare sintomi di astinenza se avessero tentato di smettere – l’hanno definita «sindrome da astinenza da antidepressivi». Tuttavia l’astinenza non è mai stata rilevante né per i produttori di farmaci né per le autorità, che credevano invece che gli antidepressivi non potessero creare dipendenza e fare male piuttosto che bene.
Inizialmente questi farmaci sono stati approvati per l’uso a breve termine, in seguito a studi che generalmente durano circa due mesi. Ancora oggi, ci sono pochissimi dati sugli effetti che hanno sulle persone che li assumono per anni, anche se ora ci sono milioni di utenti.
Inizialmente questi farmaci sono stati approvati per l’uso a breve termine, in seguito a studi che generalmente durano circa due mesi. Ancora oggi, ci sono pochissimi dati sugli effetti che hanno sulle persone che li assumono per anni, anche se ora ci sono milioni di utenti.
L’uso crescente di antidepressivi non è solo un problema degli Stati Uniti. In gran parte del paesi industrializzati, le prescrizioni a lungo termine sono in aumento. Negli ultimi dieci anni i tassi di prescrizione sono raddoppiati anche in Gran Bretagna, dove le autorità sanitarie a gennaio hanno iniziato una revisione su scala nazionale della dipendenza e della disintossicazione da farmaci.
In Nuova Zelanda, dove le prescrizioni sono allo stesso modo ai massimi storici, un sondaggio tra i fruitori a lungo termine ha rilevato che l’astinenza era il disturbo più comune, citato ben da tre quarti di essi.
Eppure i medici non hanno una soluzione valida per le persone che lottano per smettere di prendere i farmaci – nessuna linea guida scientificamente supportata, nessun mezzo per determinare chi è maggiormente a rischio, nessun modo per personalizzare le strategie più idonee ad ogni individuo.
«Alcune persone sono essenzialmente lasciate su questi farmaci per motivi di convenienza, perché non è semplice affrontare il problema di toglierglieli», dice il dottor Anthony Kendrick, professore di cure primarie presso l’Università di Southampton, in Gran Bretagna.
Con i finanziamenti governativi, il dottor Kendrick sta sviluppando un supporto online e telefonico per aiutare professionisti e pazienti. «Dovremmo davvero prescrivere a molte persone antidepressivi a lungo termine quando non sappiamo se questi sono un bene per loro, o se saranno in grado di smettere?».
«Dovremmo davvero prescrivere a molte persone antidepressivi a lungo termine quando non sappiamo se questi sono un bene per loro, o se saranno in grado di smettere?»
Inizialmente gli antidepressivi erano considerati una terapia a breve termine per episodici problemi di umore, da assumere da sei a nove mesi: giusto il tempo per superare una crisi, e non oltre.
Studi successivi hanno mostrato che la «terapia di mantenimento» – l’utilizzo a lungo termine e spesso a tempo indeterminato – potrebbe in alcuni pazienti, impedire la ricomparsa della depressione, ma raramente questi test sono durati più di due anni.
Una volta approvato un farmaco, negli Stati Uniti i medici hanno completa libertà di prescriverlo nel modo che ritengono più opportuno. La mancanza di dati a lungo termine non ha impedito ai medici di far assumere a decine di milioni di americani antidepressivi a tempo indeterminato.
«La maggior parte delle persone viene sottoposta a questi farmaci come cura primaria, dopo una visita molto breve e senza chiari sintomi di depressione clinica», dice il dott. Allen Frances, professore emerito di psichiatria alla Duke University. «Solitamente si ha un miglioramento e spesso dipende dal passare del tempo o dall’effetto placebo».
«Ma il paziente ed il medico questo non lo sanno e attribuiscono all’antidepressivo un’importanza che non merita. Entrambi sono restii ad interrompere un metodo che sembra essere vincente, e l’inutile prescrizione può essere protratta per anni – o per tutta la vita».
Il Times ha analizzato alcuni dati raccolti dal 1999 come parte del National Health and Nutrition Examination Survey. Complessivamente, più di 34,4 milioni di adulti hanno assunto antidepressivi nel 2013-2014, rispetto ai 13,4 milioni del sondaggio degli anni 1999-2000.
Complessivamente, più di 34,4 milioni di americani adulti hanno assunto antidepressivi nel 2013-2014, rispetto ai 13,4 milioni del sondaggio degli anni 1999-2000
Gli adulti sopra i 45 anni, le donne e i bianchi, hanno maggiori probabilità di assumere antidepressivi rispetto ai giovani adulti, agli uomini ed alle minoranze. Ma l’utilizzo, secondo gli indici d’andamento, è in aumento negli anziani.
Uso di antidepressivi a lungo termine
Quasi il 7% degli adulti americani ha assunto antidepressivi sotto prescrizione per almeno cinque anni.
Le donne bianche con più di 45 anni rappresentano circa un quinto della popolazione adulta, ma sono il 41% dei fruitori di antidepressivi, rispetto al 30% circa del 2000, ha mostrato uno studio. Le donne bianche più anziane rappresentano il 58% di quelle che sottoposte ad antidepressivi a lungo termine.
Andamento degli antidepressivi a lungo termine
Le donne bianche più anziane rappresentano il 58% degli adulti che hanno usato antidepressivi per almeno cinque anni.
«Quello che vedete è il numero di fruitori a lungo termine che si accumulano anno dopo anno»,afferma il dottor Mark Olfson, professore di psichiatria alla Columbia University. Il Dr. Olfson e il Dr. Ramin Mojtabai, professore di psichiatria alla Johns Hopkins University, hanno assistito il Times nelle analisi.
Gli antidepressivi non sono innocui; comunemente causano torpore emotivo, problemi sessuali come mancanza di desiderio o disfunzione erettile e aumento di peso.
Comunque, non è per nulla chiaro che tutti quelli con una prescrizione indeterminata non dovrebbero nemmeno pensarci. La maggior parte dei medici concorda che un sottogruppo di utenti beneficia di una prescrizione a vita, ma non su quanto questo gruppo sia grande.
Il Dr. Peter Kramer, psichiatra e autore di numerosi libri sugli antidepressivi, ha affermato che mentre lui generalmente lavora per disintossicare i pazienti con depressione lieve-moderata, alcuni riferiscono che avrebbero fatto di meglio.
«Qui si tratta di un problema culturale, che è la quantità di depressione con cui le persone devono convivere quando ci sono questi trattamenti che a così tanti offrono una migliore qualità della vita», ha detto il dottor Kramer. «Non credo che sia una domanda da porsi in anticipo».
Gli antidepressivi non sono innocui; comunemente causano torpore emotivo, problemi sessuali come mancanza di desiderio o disfunzione erettile e aumento di peso. I fruitori a lungo termine nei colloqui riportano un’ansia insidiosa difficile da quantificare: il quotidiano abuso di pillole li fa dubitare della propria capacità di ripresa, dicono.
«Siamo arrivati ad un punto, almeno qui in Occidente, dove sembra che ogni altra persona sia depressa e in terapia. Potete immaginare cosa si dice a proposito della nostra cultura»
«Siamo arrivati ad un punto, almeno qui in Occidente, dove sembra che ogni altra persona sia depressa e in terapia», dice Edward Shorter, storico della psichiatria all’Università di Toronto. «Potete immaginare cosa si dice a proposito della nostra cultura».
I pazienti che cercano di smettere di prendere i farmaci spesso dicono di non poterlo fare. In una recente indagine, su 250 fruitori a lungo termine di farmaci psichiatrici – più comunemente antidepressivi – circa la metà di coloro che hanno eliminato le loro prescrizioni ha valutato l’astinenza come molto grave. Quasi la metà di pazienti che ha provato a smettere non ha potuto farlo proprio a causa di questi sintomi.
In un altro studio su 180 utilizzatori di antidepressivi da lungo tempo, i sintomi di astinenza sono stati riportati da più di 130. Quasi la metà ha dichiarato di sentirsi dipendenti da antidepressivi.
In uno studio su 180 utilizzatori di antidepressivi da lungo tempo, i sintomi di astinenza sono stati riportati da più di 130. Quasi la metà ha dichiarato di sentirsi dipendenti da antidepressivi.
«Molti hanno criticato la mancanza di informazioni fornite dai medici riguardo alla possibile crisi d’astinenza», hanno concluso gli autori. «Molti altri hanno anche espresso la delusione e la frustrazione per la mancanza di supporto disponibile nella gestione dell’astinenza».
I produttori di farmaci non negano che alcuni pazienti soffrano di importanti sintomi quando tentano di disintossicarsi dagli antidepressivi.
«La probabilità di sviluppare la sindrome da astinenza varia a seconda degli individui, secondo la terapia ed il dosaggio prescritto», dice Thomas Biegi, portavoce di Pfizer, produttore di antidepressivi come Zoloft ed Effexor. Ha esortato i pazienti ad accordarsi con i loro medici a diminuire – a disintossicarsi assumendo dosi sempre più ridotte – sostiene che la società non avendone, non poteva fornire tassi di astinenza specifici.
Un gruppo di psichiatri accademici ha stilato un lungo rapporto elencando i sintomi, quali problemi di equilibrio, insonnia e ansia, che scompaiono quando si ricomincia ad assumere le pillole. Ma presto l’argomento svanì dalla letteratura scientifica. Le autorità non si sono interessate a questi sintomi, vedendo la depressione dilagante come il problema più grande.
In una dichiarazione, il produttore di farmaci Eli Lilly, riferendosi a due famosi antidepressivi, ha affermato che la società «rimane fedele a Prozac e Cymbalta, alla loro sicurezza e ai loro benefici, ripetutamente confermati dalla stessa Food and Drug Administration statunitense (FDA)».
L’azienda ha rifiutato di ammettere quanto siano i comuni i sintomi da astinenza.
Nausea e «Brain Zaps»
Già a metà degli anni ’90, i principali psichiatri riconoscevano l’astinenza come un potenziale problema per i pazienti che assumevano antidepressivi moderni.
In una conferenza del 1997 a Phoenix sponsorizzata dal produttore di farmaci Eli Lilly, un gruppo di psichiatri accademici ha stilato un lungo rapporto elencando i sintomi, quali problemi di equilibrio, insonnia e ansia, che scompaiono quando si ricomincia ad assumere le pillole. Ma presto l’argomento svanì dalla letteratura scientifica. Le autorità non si sono interessate a questi sintomi, vedendo la depressione dilagante come il problema più grande.
«Quello su cui ci stavamo concentrando era la depressione ricorrente», dice il dottor Robert Temple, vicedirettore per le scienze cliniche presso il Centro per la valutazione e la ricerca sui farmaci della Food and Drug Administration (FDA). «Se le teste delle persone scoppiassero a causa dell’astinenza, penso che ce ne saremmo accorti».
I produttori di farmaci hanno avuto scarsi incentivi a sostenere costosi studi sul modo migliore per smettere di utilizzare i loro prodotti, e i finanziamenti del governo non hanno colmato il vuoto nella ricerca.
Le etichette dei farmaci, su cui molti medici e pazienti fanno affidamento, forniscono pochissime indicazioni per porre fine all’assunzione in modo sicuro
Di conseguenza, le etichette dei farmaci, su cui molti medici e pazienti fanno affidamento, forniscono pochissime indicazioni per porre fine all’assunzione in modo sicuro.
«I seguenti eventi avversi sono stati riportati con un’incidenza dell’1% o superiore», recita l’etichetta di Cymbalta, uno dei principali antidepressivi. Tra le altre reazioni nei pazienti che cercano di sospendere l’assunzione elenca mal di testa, stanchezza e insonnia.
I pochi studi pubblicati sull’astinenza da antidepressivi sostengono che è più difficile sospendere alcuni farmaci piuttosto che altri. Questo è dovuto alle differenze nell’emivita dei farmaci – il tempo necessario al corpo per eliminare il farmaco una volta che le pillole non vengono più assunte.
Le marche con un’emivita relativamente breve, come Effexor e Paxil, sembrano causare più sintomi di astinenza e più rapidamente di quelli che rimangono nel sistema più a lungo, come il Prozac.
Le marche con un’emivita relativamente breve, come Effexor e Paxil, sembrano causare più sintomi di astinenza e più rapidamente di quelli che rimangono nel sistema più a lungo, come il Prozac.
In uno dei primi studi pubblicati sull’astinenza, i ricercatori di Eli Lilly avevano persone che assumevano Zoloft, Paxil o Prozac che interrompevano bruscamente l’assunzione delle pillole, per circa una settimana. La metà di quelli sotto Paxil ha avuto gravi capogiri; il 42% ha sofferto di smarrimento; e il 39% di insonnia.
Tra i pazienti che hanno interrotto l’assunzione di Zoloft, il 38% ha presentato grave irritabilità; Il 29% ha avuto capogiri; e il 23% affaticamento. I sintomi sono comparsi subito dopo che le persone hanno smesso i farmaci e si sono risolti una volta ricominciato.
Al contrario quelli sotto Prozac, non hanno riscontrato alcun picco iniziale nei sintomi quando hanno smesso, ma questo risultato non era inaspettato. Sono necessarie diverse settimane per pulire completamente il corpo dal Prozac, pertanto un’interruzione di una settimana non è un test per l’astinenza.
In uno studio su Cymbalta, un altro farmaco dell’azienda Eli Lilly, le persone in astinenza hanno riscontrato in media da due a tre sintomi. I più comuni erano capogiri, nausea, mal di testa e parestesia: sensazioni di scosse elettriche nel cervello che molte persone chiamano «brain zaps». La maggior parte di questi sintomi è durata più di due settimane.
«La verità è che lo stato della scienza è assolutamente inadeguato», ha detto il dottor Derelie Mangin, professore nel dipartimento di medicina di famiglia presso la McMaster University di Hamilton, nell’Ontario.
«Non abbiamo abbastanza informazioni su cosa comporta l’astinenza da antidepressivi, quindi non possiamo elaborare adeguate strategie di progressiva riduzione».
Durante i colloqui, dozzine di persone che avevano avuto a che fare con l’astinenza da antidepressivi hanno raccontato storie molto simili: inizialmente i farmaci spesso alleviavano i problemi dell’umore. Un anno dopo circa, non era chiaro se il farmaco avesse sortito qualche effetto.
Eppure smettere era molto più difficile, e più incredibile del previsto.
«Mi ci è voluto un anno per venirne completamente fuori – un anno», dice il dottor Tom Stockmann, 34 anni, uno psichiatra dell’East London, che, quando ha smesso di assumere Cymbalta dopo 18 mesi di terapia, ha sperimentato capogiri, confusione, vertigini e «brain zaps».
Per interrompere l’assunzione gradualmente ed in modo sicuro, iniziò ad aprire le capsule, rimuovendo alcune gocce del farmaco ogni giorno in modo da ridurre la dose – decise che era l’unica soluzione possibile.
«Sapevo che alcune persone avevano sperimentato reazioni da astinenza – dice il dottor Stockmann –ma non avevo idea di quanto sarebbe stato difficile»
«Sapevo che alcune persone avevano sperimentato reazioni da astinenza – dice il dottor Stockmann –ma non avevo idea di quanto sarebbe stato difficile»
Robin Hempel, 54 anni, una madre di quattro figli che vive vicino a Concord, N.H., iniziò a prendere l’antidepressivo Paxil 21 anni fa per una grave sindrome premestruale su consiglio del suo ginecologo.
«Il ginecologo disse “Oh, questa piccola pillola ti cambierà la vita” – riferisce la signora Hempel – bene, non lo ha mai fatto».
Il farmaco ha attenuato i sintomi della SMP, ha detto, ma le ha anche fatto guadagnare poco più di 18kg in nove mesi. Smettere era quasi impossibile – all’inizio, il suo dottore diminuiva le dosi troppo velocemente, disse.
Nel 2015 riuscì nel suo ultimo tentativo, passando da mesi a 10 milligrammi, poi cinque da 20 milligrammi e «per giungere finalmente a piccole particelle di polvere», dopodiché fu costretta a letto per tre settimane con forti capogiri, nausea e crisi nervose, ha detto.
«Se mi avessero avvisato dei rischi nel cercare di smettere questo farmaco, non l’avrei mai iniziato – dice la signora Hempel – dopo un anno e mezzo di stop, sto ancora avendo problemi. Non sono io in questo momento; non ho creatività, non ho energia. Lei – Robin – se n’è andata»
«Se mi avessero avvisato dei rischi nel cercare di smettere questo farmaco, non l’avrei mai iniziato – dice la signora Hempel – dopo un anno e mezzo di stop, sto ancora avendo problemi. Non sono io in questo momento; non ho creatività, non ho energia. Lei – Robin – se n’è andata».
Almeno alcune delle domande più insistenti sull’astinenza da antidepressivi avranno presto una risposta.
Il Dr. Mangin, della McMaster University, ha guidato un gruppo di ricerca in Nuova Zelanda che ha recentemente completato il primo rigoroso trial a lungo termine sull’astinenza.
Il team ha reclutato più di 250 persone in tre diverse città che avevano assunto Prozac per molto tempo e che erano interessate a diminuirne gradualmente l’assunzione. Due terzi del gruppo erano sotto quel farmaco da più di due anni e un terzo da più di cinque anni.
Il team ha assegnato casualmente i partecipanti a uno dei due programmi. La metà con diminuzione graduale, ricevendo una capsula ogni giorno che, per un periodo di un mese o poco più, conteneva quantità progressivamente più basse del farmaco attivo.
L’altra metà credeva di essere nel regime di diminuzione progressiva, ma in realtà aveva capsule che contenvano il loro regolare dosaggio. I ricercatori hanno seguito entrambi i gruppi per un anno e mezzo. Stanno ancora analizzando i dati e le loro scoperte saranno pubblicate nei prossimi mesi.
Ma da questo tentativo e da altre esperienze cliniche una cosa è già chiara, ha detto il dott. Mangin: i sintomi di alcune persone erano così gravi che non potevano sopportare di smettere di prendere il farmaco.
«Anche con una lenta riduzione di un farmaco con un’emivita relativamente lunga, queste persone avevano sintomi di astinenza talmente importanti da dover ricominciare il farmaco» dice.
Al momento, le persone che non sono state in grado di smettere solo seguendo il consiglio del medico si stanno rivolgendo ad un metodo chiamato microtapering: prendere riduzioni minime per un lungo periodo di tempo, nove mesi, un anno, due anni, quel tanto che serve.
Al momento, le persone che non sono state in grado di smettere solo seguendo il consiglio del medico si stanno rivolgendo ad un metodo chiamato microtapering: prendere riduzioni minime per un lungo periodo di tempo, nove mesi, un anno, due anni, quel tanto che serve.
«Le percentuali di diminuzione date dai medici sono spesso molto, troppo veloci» dice Laura Delano, che ha avuto evidenti sintomi mentre cercava di disintossicarsi da diversi psicofarmaci. Ha creato un sito Web, The Withdrawal Project, che fornisce risorse per l’astinenza da psicofarmaci, tra cui una guida per ridurli gradualmente.
Non è l’unica sconcertata dalla carenza di validi consigli medici riguardo a queste prescrizioni che sono diventate così comuni.
«Ci è voluto molto, molto tempo per convincere le persone a prestare attenzione a questo problema e a prenderlo sul serio» dice Luke Montagu, un imprenditore dei media e co-fondatore del Council for Evidence-Based Psychiatry, con sede a Londra, che ha spinto per la revisione da parte della Gran Bretagna della tossicodipendenza e della dipendenza da farmaci.
«C’è stato un momento davvero significativo – ricorda – stavo camminando vicino a casa mia, oltre una foresta, e all’improvviso mi sono reso conto che potevo sentire di nuovo l’intera gamma di emozioni. Il canto degli uccelli era più forte, i colori più vividi – ero felice».
«C’è questa enorme comunità parallela che si è formata, in gran parte online, in cui le persone si sostengono a vicenda nonostante i problemi di astinenza e mettendo a punto prassi migliori in gran parte senza l’aiuto dei medici».
Il dottor Stockmann, lo psichiatra dell’East London, non era del tutto convinto che l’astinenza fosse un problema serio prima di viverla lui stesso. La sua strategia di microtapering alla fine ha funzionato.
«C’è stato un momento davvero significativo – ricorda – stavo camminando vicino a casa mia, oltre una foresta, e all’improvviso mi sono reso conto che potevo sentire di nuovo l’intera gamma di emozioni. Il canto degli uccelli era più forte, i colori più vividi – ero felice».
«Ho visto molte persone – pazienti – non essere credute, non essere prese sul serio quando si sono lamentate di questo».
«Tutto questo deve finire».
Psicofarmaci
Delitto nella chiesa abbandonata di Aosta, il sospettato «usa farmaci contro la depressione»
Il ragazzo sospettato del delitto nella chiesa abbandonata di Equilivaz, in provincia di Aosta, dove è stata trovata una ragazza sgozzata e pugnalata, ha avuto un malore mentre veniva portato nel palazzo di Giustizia di Grenoble, città francese appena dopo il confine.
Il malore, scrivono i giornali, si è avuto poco prima dell’udienza per la sua eventuale estradizione in Italia. Il giovane di famiglia nordafricana residente in Italia, respinge ogni accusa.
Nell’impossibilità di procedere senza l’indagato, l’udienza presso la chambre d’instruction della Corte d’Appello di Grenoble è stata rimandata al 25 aprile.
Il ragazzo è stato portato in ospedale.
«Giudici e avvocato ipotizzano possa aver assunto una dose eccessiva di farmaci antidepressivi» scrive l’ANSA. «Durante l’udienza – riporta la stampa francese –il suo legale e la corte hanno riferito che il ragazzo segue un trattamento farmacologico antidepressivo: il malore potrebbe essere legato a un sovradosaggio».
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La domanda che vorremmo porre – anche questa volta – è: gli psicofarmaci il ragazzo li prendeva anche prima di essere arrestato?
Perché, ricordiamo anche come nell’altro caso con al centro una ragazza morta – il caso Cecchettin, che per qualche ragione ha avuto molta più eco di questo – ad un certo punto siano saltate fuori le droghe psichiatriche per il sospettato. In carcere infatti, Filippo Turetta ha chiesto psicofarmaci. Anche allora, come oggi, ci chiediamo se non ne stesse già assumendo anche prima.
Renovatio 21 ha scritto giorni, quando ancora non era stato trovato ed arrestato il ragazzo, fa che la pista del «femminicidio satanico-patriarcale», buttata lì forse pavlovianamente da qualche giornale, sarebbe presto sparita.
Ebbene, abbiamo certezza del fatto che la pista sul possibile ruolo delle psicodroghe mediche in questa tragedia non solo sparirà, ma nemmeno verrà mai presa in considerazione.
Nonostante il volume immenso di storie in merito, il muro sulla violenza estrema come possibile effetto collaterale degli psicofarmaci non è ancora crollato. Di conseguenza, stragi iniziate in farmacia, sotto precisa prescrizione del medico, continueranno ovunque.
L’importante, a questo punto, è semplicemente che qualcuno tenga nota. Il lettore, se è arrivato fino a questo punto, è nel club.
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Psicofarmaci
Sparatoria in una scuola in Finlandia. Ci diranno mai quali farmaci prendeva l’assassino dodicenne?
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Pensiero
Cosa c’è dietro la strage di Praga?
La polizia ceca ha identificato come autore della sparatoria di massa che ha provocato la morte di 14 persone giovedì a Praga come David K., uno studente di 24 anni, avrebbe ucciso suo padre giovedì nella sua città natale di Kladno, prima di recarsi nella capitale ceca per una missione di morte massiva conclusa con il suicidio.
I media cechi in seguito hanno detto che il nome esteso del presunto assassino è David Kozak e hanno pubblicato la sua foto.
Il presidente della polizia Martin Vondrasek ha detto ai giornalisti che Kozak ha pubblicato una serie di post sui social media prima della sua furia ed è stato «ispirato da un evento terribile simile all’estero», senza rivelare ulteriori dettagli. L’assassino «diceva che voleva uccidersi», ha aggiunto Vondrasek.
Tuttavia, i media cechi hanno portato alla luce screenshot di un account Telegram apparentemente aperto da Kozak all’inizio di questo mese.
In un post in lingua russa del 9 dicembre, Kozak avrebbe affermato che avrebbe utilizzato la piattaforma come «diario mentre mi avvicino a una sparatoria a scuola».
❗🚨🇨🇿 – Czech police have released some video clips showing some of their responses to the mass shooting at St. University in Prague.#DavidKozak pic.twitter.com/ocyoSGEITx
— 🔥🗞The Informant (@theinformantofc) December 23, 2023
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In una serie di aggiornamenti del 10 dicembre, il poster si è presentato come «David» e ha detto che «vuole fare una sparatoria a scuola e possibilmente suicidarsi», nominando gli assassini della scuola russa Alina Afanaskina e Ilnaz Galyaviev come ispiratori della sua follia omicida.
Posts to #DavidKozák's Telegram channel reference 2 recent Russian school shooters by name – from the Dec 7 Bryansk school, #AlinaAfanaskina; & from the May 11, 2021 Kazan school, #IlnazGalyaviev.
Kozák's posts, translated from Russian, credit both as having been motivational.… pic.twitter.com/LQ23KL4eUs— WarMonitoreu (@WarMonitoreu) December 23, 2023
«Ho sempre desiderato uccidere, pensavo che in futuro sarei diventata un maniaco», si legge nel post. «Poi, quando Ilnaz ha agito, ho capito che era molto più redditizio fare omicidi di massa che seriali. Alina è diventata l’ultimo punto. Era come se fosse venuta in mio aiuto dal cielo giusto in tempo».
Kozak era uno studente della Università Carolina, ha detto la polizia. Secondo i media cechi, ha studiato storia e ha vinto un premio per la sua tesi di laurea nel 2018.
La polizia ha detto che Kozak è stato «eliminato» nell’edificio dell’università dove è iniziata la sua furia. Tuttavia, non è chiaro se sia stato colpito da un proiettile della polizia o se abbia puntato la pistola contro se stesso, ha osservato Vondrasek.
At least 15 dead and "dozens" injured, after shooting at Charles University in Prague.
Students climbed out onto window ledges to escape the gunfire.
The shooter is named David Kozak. He took his own life. pic.twitter.com/7ZB0isq3Xl
— Nene 🤴 (@DakeOcansey) December 23, 2023
Kozak era stato avvistato mentre brandiva un fucile sul tetto dell’edificio poco prima della sua morte, e il sindaco di Praga Bohuslav Svoboda ha affermato che l’assassino è caduto mortalmente.
La polizia ha detto che Kozak possedeva legalmente più armi da fuoco. Il possesso di armi è comune nella Repubblica Ceca e la costituzione del Paese garantisce il diritto di portare armi e usarle per legittima difesa.
La piazza Jan Palach di Praga, dove si trova l’edificio universitario, è rimasta chiusa al pubblico fino a mezzanotte mentre continuano le indagini della polizia. Quando l’edificio è stato evacuato, gli agenti hanno trovato 14 vittime morte e almeno altre 25 ferite.
I resoconti dei media avevano suggerito che Kozak potesse aver piazzato degli esplosivi nell’edificio, tuttavia il ministro degli Interni Vit Rakusan ha detto ai giornalisti che il pubblico «non è in pericolo immediato».
L’attacco è la peggiore sparatoria della recente storia ceca. Sebbene la Costituzione ceca garantisca il diritto di portare armi e usarle per legittima difesa, i crimini legati alle armi da fuoco sono rari e il paese registra ogni anno meno omicidi con armi da fuoco rispetto a Francia, Australia e Paesi Bassi.
Più recentemente, un uomo ha ucciso sei persone nella sala d’attesa di un ospedale nella città di Ostrava nel 2019 prima di puntare la pistola contro se stesso, mentre otto persone sono state uccise in un incidente simile in un ristorante nella città di Uhersky Brod nel 2015.
Lo spree – cioè la furia omicida – del Kozak sarebbe iniziata, secondo quanto viene ora suggerito, la settimana prima. Il 15 dicembre 2023, un padre di 32 anni e la sua figlia di due mesi in un passeggino sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco nella foresta di Klanovice, alla periferia orientale di Praga. La polizia ha condotto una perquisizione dettagliata dell’intera foresta con centinaia di agenti, mentre è stata istituita una task force speciale per trovare l’autore del reato. Il 20 dicembre, la polizia ha affermato di non avere piste sul caso ma di continuare a cercare l’autore del reato.
Il sito web sulle armi da fuoco zbrojnice.com aveva notato una somiglianza del caso con gli omicidi del «Assassino della Foresta» del 2005, in cui un ex agente di polizia uccise tre vittime a caso nelle foreste in preparazione di un omicidio di massa pianificato nella metropolitana di Praga, che fu impedito dal suo arresto anticipato; l’articolo si concludeva con un appello ai lettori affinché rimanessero vigili e portassero le armi da fuoco nascoste.
Cinque ore dopo l’attacco all’università, la polizia ha diffuso l’informazione di aver trovato prove nella casa di David Kozak che lo collegavano agli omicidi della foresta di Klanovice. In una conferenza stampa il 22 dicembre, l’investigatore capo della prima unità anticrimine generale di Praga ha dichiarato che Kozak era uno dei circa 4.000 sospettati nel caso della foresta di Klanovice.
Tuttavia, poiché viveva nella Boemia centrale, mancavano pochi giorni per impedire la sparatoria. La Boemia centrale è una regione separata dalla città di Praga e ogni regione del paese ha una direzione di polizia separata. Più tardi quello stesso giorno, la polizia ha confermato che un’arma da fuoco trovata a casa di Kozák era stata confrontata balisticamente con i proiettili usati negli omicidi nella foresta di Klanovice. Il 27 dicembre 2023, la testata Denik N ha riferito che gli investigatori della polizia avevano trovato una lettera a casa di Kozak in cui questi confessava gli omicidi avvenuti nella foresta di Klanovice.
Kozak aveva iniziato la sua ultima giornata con il parricidio: come in tanti casi che abbiamo imparato purtroppo a conoscere, l’assassino sembra dapprima accanirsi su quello che gli è più vicino.
Il 21 dicembre 2023 alle 12:20, la polizia della Boemia centrale era stata allertata dalla madre di Kozak, la quale ha affermato di aver ricevuto un messaggio da un amico secondo cui suo figlio stava progettando di togliersi la vita e che era in viaggio dalla sua città natale di Hostoun a Praga. Alle 12:45 la polizia trovava il corpo del padre di Kozak nella sua casa. Secondo quanto riportato, una perquisizione approfondita della casa era ostacolata da ordigni esplosivi improvvisati.
La polizia ha scoperto che Kozak era uno studente della Facoltà di Lettere dell’Università Carolina. Un mandato di perquisizione è stato emesso e pubblicato subito dopo; il mandato indicava che Kozak era armato e pericoloso. La polizia aveva inoltre avviato un’operazione di sicurezza all’aeroporto Váaclav Havel di Praga, dove il padre di Kozak lavorava nel dipartimento di sicurezza dell’aeroporto.
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L’attacco è stato l’omicidio di massa più mortale avvenuto nella Repubblica Ceca dalla sua indipendenza nel 1993, superando l’attacco incendiario di Bohumín del 2020. È stata una delle sparatorie di massa più sanguinose avvenute in Europa dal massacro al teatro Bataclan del 2015 a Parigi.
La domanda che ci facciamo è sempre la stessa: il Kozak era stato «curato» con droghe psichiatriche? C’è uno psicofarmaco dietro ad un’alterazione della sua mente tale da portarlo verso un desiderio di distruzione totale, specie delle cose che gli sono più vicine (la famiglia, l’Università)?
È possibile che la psicofarmaceutica, la cui possibilità di suicidio come effetto collaterale sono note e perfino inserite nei bugiardini, abbia indotto la prospettiva pantoclastica assassina?
Il problema va posto soprattutto perché né psichiatri, né sociologi, né giornalisti sono in grado di spiegare perché questi personaggi si concentrino proprio sulle scuole – e questo in ogni Paese, dagli USA alla Russia alla Repubblica Ceca. Come se qualcosa invertisse nella mente del killer la legge naturale: ciò che ti è caro, ciò che è buono, ciò che è innocente, deve essere massacrato.
Quanti morti dobbiamo ancora aspettare prima di avere qualche risposta?
Quanto dobbiamo temere che ciò possa ripetersi nella scuola dei nostri figli?
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Immagine screenshot da Twitter
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