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Il gesuita, la donna cananea e il ritorno del sacrificio umano

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Il gesuita Antonio Spadaro, direttore della centenaria rivista della Compagnia di Gesù La Civiltà Cattolica, ha una rubrica su Il Fatto Quotidiano chiamata «Il Vangelo della Domenica». In essa lo Spadaro commenta il Vangelo del giorno.

 

Ieri era il commento era dunque incentrato sul Vangelo Secondo Matteo, nello specifico il capitolo 15 e i versetti 21-28: l’episodio della donna cananea che chiede la guarigione della figlia indemoniata». I cananei, per inciso, erano un popolo semitico che praticava il paganesimo politeista: tra gli dei che essi adoravano, c’erano Dagon, Qadesh, Attar e tanti altri, ma i più celebri sono Baal (finito perfino nello scandalo Balenciaga) e Moloch (cui si associa talvolta l’ecatombe dell’aborto), due divinità a cui come noto nelle zone fenicie venivano offerti sacrifici di bambini; non ci sono prove storiche che anche i cananei lo facessero, ma tutto intorno a loro andava così.

 

Nel testo vergato dall’importante gesuita per il «laicissimo» giornale vicino ai 5 stelle, di queste cose non si parla. L’analisi riguarda non tanto la figura della donna pagana, ma – cosa che ha colpito tanti – quella di Gesù stesso.

 

Nello scritto vengono associate a Nostro Signore parole che si stenta a credere escano dalla penna di un consacrato.

 

 

Davanti alla richiesta della donna pagana, Gesù dapprima «resta indifferente», e offre una «risposta stizzita e insensibile»: «la durezza del Maestro è inscalfibile».

 

Citiamo dal testo del gesuita: «ora addirittura Gesù fa il teologo: la missione ricevuta da Dio si limita ai figli d’Israele. Dunque, niente da fare. La misericordia non è per lei. È esclusa. Non si discute». Nostro Signore «risponde in maniera beffarda e irriguardosa nei confronti di quella povera donna», un qualcosa che costituisce per il figlio di Dio «una caduta di tono, di stile, di umanità» (!).

 

Ancora: «Gesù appare come fosse accecato dal nazionalismo e dal rigorismo teologico». Secondo lo Spadaro, tuttavia, la donna pagana con le sue suppliche è in grado di «sconvolgere la rigidità di Gesù», al punto da «da conformarlo, da “convertirlo” a sé». Pare di leggere quasi che non sia l’idolatra a convertirsi a Cristo, ma Cristo a «convertirsi» (!?) alla donna pagana che chiede il suo aiuto. «E anche Gesù appare guarito, e alla fine si mostra libero, dalla rigidità dagli elementi teologici, politici d culturali dominanti del suo tempo».

 

Gesù, quindi, era «malato»? Aveva una malattia teologica? Se grazie alla donna idolatra diventa «libero», significa che il Signore era prima «schiavo»?

 

Gesù, infine loda la pagana e la sua fede: «dunque, che cosa è accaduto? Gesù, fuori dalla terra di Israele, ha guarito la figlia di una donna pagana, disprezzata per essere cananea. Non solo: le dà ragione e ne loda la grande fede».

 

«Qui c’è il seme di una rivoluzione» concluda il gesuita. A quale rivoluzione si riferisca, Spadaro non lo dice.

 

Tuttavia crediamo di sapere quale «rivoluzione» abbiamo dinanzi a noi: la distruzione della Chiesa così come si è tramandata per due millenni, così come è stata fondata da Gesù Cristo, che è Dio.

 

Una chiesa «rivoluzionata» perché il suo Dio viene integralmente umanizzato disintegrandone la divinità: ecco il perché di quelle incredibili parole rivolte a Gesù, che in quanto uomo, può sbagliare, può essere criticato, pure giudicato, può essere perfino ritenuto bisognoso di «conversione» (!) e di «guarigione» (!!).

 

La «rivoluzione» che abbiamo davanti è quella di una chiesa senza Dio, un Cristo senza divinità, e del trionfo del paganesimo più puro, perfino nelle sue forme più sanguinarie: l’incredibile culto della Pachamama, l’avvento della «messa maya», stanno a significare questo.

 

Qualche lettore di Renovatio 21 può percepire nel testo una sintonia con la musica di fondo: l’insistenza sull’essere pagana della donna cananea ci riporta ai tanti episodi pubblici di quello che abbiamo qui chiamato «paganesimo papale».

 

Ricordate? In Canada, Bergoglio partecipa ad un rito negromantico che invoca «il sacro circolo degli spiriti».

 

Rammentate? L’incredibile insistenza, penetrata perfino nella liturgia, sulle religioni pagane precolombiane, quelle che sterminavano ritualmente centinaia di innocenti strappando loro il cuore e gettandoli dalle piramidi.

 

I nostri lettori sanno bene che il risveglio artificiale del paganesimo ha un obiettivo precipuo: il ritorno del sacrificio umano.

 

Perché se Gesù non è Dio, allora Dio non si sacrifica per gli uomini; e a quel punto, l’unica religione possibile, l’unica comunicazione con il soprannaturale, diventa l’opposto: gli uomini devono sacrificarsi agli dèi, gli enti numinosi che comandano la natura, la fortuna, etc.

 

Se Dio non si sacrifica per l’uomo, l’uomo va sacrificato al dio pagano. E come dice il Salmo 96, versetto 5, Omnes dii gentium daemonia, gli «dèi pagani sono demoni» (non consultate la traduzione CEI: «Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla»; sì, daemonia, «i demoni», sono tradotti con «un nulla». Se è vero l’aforisma attribuito a Baudelaire per cui «il più grande inganno del diavolo è far credere di non esistere», allora questa traduzione che lo descrive come «nulla»… è sua complice?).

 

Qualcuno, dentro e fuori la chiesa, sta preparando la Terra al ritorno dei demoni e della loro religione. Il sacrificio umano già esiste, in forma surrogata, con la Necrocultura diffusa nelle società moderne: aborti, provette, eutanasie, predazioni degli organi… tutte forme di sacrificio dell’innocente.

 

Tuttavia si tratta ancora di forme surrettizie, in cui valore cultuale, religioso, non è visibile, e nemmeno, per il momento, ammissibile. Il signore del mondo e i suoi accoliti, di fatto, non si possono fermare qui.

 

Tra rave eucaristici e aperture alla bioingegneria umana, tra bestemmie e persecuzioni del rito antico, tra tradimenti del gregge dei fedeli ed assunzione obbligatoria di pozioni con feto abortito, qui si stanno facendo i preparativi per qualcosa di ben più grande: la chiesa del sacrificio umano, faro del Regno sociale di Satana.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Immagine di Mentnafunangann via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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Se la realtà esiste, fino ad un certo punto

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I genitori si accorgono improvvisamente che la biblioteca scolastica mette a disposizione degli alunni strani libri «a fumetti» dove si illustra amabilmente il bello della liaison omoerotica.

 

L’intento degli autori è inequivocabile, quello di presentare un modello antropologico indispensabile per una adeguata formazione dell’individuo in crescita… Meno chiaro appare nell’immediato se la scuola, nel senso dei suoi responsabili vicini o remoti, di questa trovata educativa abbiano coscienza e conoscenza.

 

Di istinto, i genitori dell’incolpevole alunno si chiedono se tutto ciò sia proprio indispensabile per uno sviluppo armonico della psicologia infantile, magari in sintonia con i suggerimenti più elementari della natura e della fisiologia.

 

Tuttavia, poiché anche lo zeitgeist ha una sua potenza suggestiva, a frenare un po’ il comprensibile sconcerto, in essi affiora anche qualche dubbio sulla adeguatezza culturale dei propri scrupoli educativi, tanto che sono indotti a porsi il dubbio circa una loro eventuale inadeguatezza culturale rispetto ai tempi, votati come è noto, a sicure sorti progressive.

 

Ma il caso riassume bene tutto il paradosso di un fenomeno che ha segnato questo quarto di secolo e soltanto incombenti tragedie planetarie, mettono un po’ in sordina, finché dagli inciampi della vita quotidiana esso non riemerge con tutta la sua inaspettata consistenza.

 

Infatti la domanda sensata che si dovrebbero porre questi genitori, è come e perché una anomalia privata abbia potuto meritare prima una tutela speciale nel recinto sacro dei valori repubblicani, per poi ottenere il crisma della normalità e quindi quello di un modello virtuoso di vita; il tutto dopo essersi insinuata tanto in profondità da avere disattivato anche quella reazione di rigetto con cui tutti gli organismi viventi si difendono una volta attaccati nei propri gangli vitali da corpi estranei capaci di distruggerli.

 

Eppure, per quanto giovani possano essere questi genitori allarmati, non possono non avere avvertito l’insistenza con cui questa merce sia stata immessa di prepotenza sul mercato delle idee, quale valore riconosciuto, dopo l’adeguata santificazione dei cultori della materia ottenuta col falso martirio per una supposta discriminazione. Quella che già il dettato costituzionale impediva ex lege.

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Ma tutta l’impalcatura messa in piedi intorno a questo teatro dell’assurdo in cui i maschi prendono marito, le femmine si ammogliano nelle sontuose regge sabaude come nelle case comunali di remote province sicule, non avrebbe retto comunque all’urto della ragione naturale e dell’evidenza senza la gioiosa macchina da guerra attivata nel retrobottega politico con il supporto della comunicazione pubblica e lasciata scorrazzare senza freni in un mortificato panorama culturale e partitico.

 

Nella sconfessione della politica come servizio prestato alla comunità, secondo il criterio antico del bene comune, mentre proprio lo spazio politico è in concreto affollato da grandi burattinai e innumerevoli piccoli burattini, particelle di un caos capace di tenere in scacco «il popolo sovrano». Una parte cospicua del quale si sente tuttavia compensato dalla abolizione dei pronomi indefiniti, per cui tutte e tutti possono toccare con mano tutta la persistenza dei valori democratici.

 

Non per nulla proprio in omaggio a questi valori è installato nella anticamera della presidenza del Consiglio, da anni funziona a pieno regime un governo ombra, quello terzogenderista dell’UNAR. Un ufficio che ha lavorato con impegno instancabile, e indubbia coerenza personale, alla attuazione del «Piano» (sic) elaborato già sotto i fasti renziani e boschiani, per la imposizione capillare nella società in generale e nella scuola in particolare, di tutto l’armamentario omosessista.

 

Il cavallo di battaglia di questa benemerita entità governativa è la difesa dei «diritti delle coppie dello stesso sesso», dove sia il «diritto», che la «coppia» hanno lo stesso senso dei famosi cavoli a merenda.

 

Ecco dunque un esempio significativo ed eccellente di quella desertificazione della politica per cui il governo ombra guidato da interessi particolari in collaborazione e in sintonia con centri di potere radicati in istituzioni sovranazionali, possa resistere ad ogni cambio di governo istituzionale senza che ne vengano disinnescati potere e funzioni.

 

I partiti, dismessi gli apparati ideologici, e omogeneizzati nella sostanza, sono ridotti a «parti», alla moda di quelle fiorentine che pure un qualche ideale di fondo ce l’avevano, anche se tutte si assestavano su un gioco di potere.

 

Qui prevale il gioco dei quattro cantoni, dove tutti sono guidati dall’utile di parte che coincide a seconda dei casi con l’utile politico personale o ritenuto tale. Un utile calcolato tra l’altro senza vera intelligenza politica ovvero senza intelligenza tout court. Anche chi si è abbigliato di principi non negoziabili, alla bisogna può negoziare tutto, perché secondo il noto Principio della Dinamica Politica, «Tutto vale fino ad un certo punto».

 

Tajani, insieme a Rossella O’Hara ci ha offerto il compendio di tutta la filosofia occidentale contemporanea. Quindi dobbiamo stare sereni. Ma i genitori attoniti devono comprendere che quei libretti e questa scuola non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di una politica diventata capace di tutto perché incapace a tutto sotto ogni bandiera.

 

Patrizia Fermani

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Putin: il futuro risiede nella «visione sovrana del mondo»

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Le nazioni devono basarsi sulle proprie tradizioni storiche e spirituali, oltre che su una «visione sovrana del mondo», mentre plasmano il loro avvenire, ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin in un messaggio scritto ai partecipanti del II Simposio Internazionale «Inventare il Futuro» a Mosca. L’evento, in programma il 7 e 8 ottobre, accoglierà oltre 7.000 partecipanti provenienti da quasi 80 Paesi.   Discussioni aperte e innovative sul futuro dell’umanità supportano i governi nel rispondere adeguatamente alle nuove sfide, ha osservato il presidente russo. «Le conclusioni e i risultati di un dialogo così profondo e sostanziale sono di grande valore», ha aggiunto Putin. «Sono fiducioso che dobbiamo creare il nostro futuro sulla base di una visione del mondo sovrana».   Promosso su iniziativa del presidente russo, il simposio comprende circa 50 eventi, organizzati in tre aree tematiche: società, tecnologia e cooperazione globale. Il forum ospiterà oltre 200 relatori provenienti da Russia, Cina, Stati Uniti, Italia e da Paesi di Africa, America Latina, Medio Oriente e Sud-est asiatico, che discuteranno di temi che spaziano dalle sfide demografiche all’intelligenza artificiale (IA) e all’esplorazione spaziale.

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Nel primo giorno del simposio si è svolta una tavola rotonda incentrata sul futuro delle tecnologie di intelligenza artificiale e sul loro potenziale di diventare non solo uno strumento professionale di nicchia, ma una base per un’infrastruttura globale e un nuovo «linguaggio della realtà» per governi e imprese private.   Un altro dibattito tenutosi martedì si è concentrato sulle prospettive di collaborazione tra Russia e Africa nei prossimi decenni, fino al 2063. Mosca mira a rafforzare i legami con il continente, promuovendo attivamente la condivisione di tecnologie con le nazioni africane, contribuendo a garantire la sicurezza regionale e sostenendo la sovranità degli attori locali, oltre a favorire un approccio più equo nelle relazioni internazionali.   Al forum del Club Valdai, a Sochi, giorni prima Putin aveva parlato dei «valori tradizionali» anche in merito alla «disgustosa atrocità» dell’assassinio di Charlie Kirk.   «Sapete, questa disgustosa atrocità, e ancora di più, dal vivo», ha detto Putin a un forum organizzato dal Valdai Discussion Club a Sochi, in Russia. «In effetti, l’abbiamo vista tutti, ma non so, è davvero disgustoso. Era orribile». «Prima di tutto, naturalmente, porgo le mie condoglianze alla famiglia del signor Kirk e a tutti i suoi cari», ha continuato il leader russo. «Siamo solidali e solidali, soprattutto perché ha difeso quei valori tradizionali».   Putina aveva aggiunto che la sparatoria mortale è il segno di una «profonda frattura nella società», secondo Reuters. «Negli Stati Uniti, non credo ci sia bisogno di aggravare la situazione all’esterno, perché la leadership politica del Paese sta cercando di ristabilire l’ordine a livello nazionale», ha affermato Putin.

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La questione di Heidegger

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Negli scorsi mesi è scoppiata sul quotidiano La Verità una bizzarra diatriba riguardo ad un pensatore finito purtroppo per essere centrale nel nostro panorama filosofico accademico, Martin Heidegger (1889-1976), già noto per la collaborazione con il nazismo e per l’adulterio consumato con la celebre ebrea Hannah Arendt, all’epoca sua studentessa, e da alcuni, per qualche ragione, considerato come un filosofo «cattolico».

 

Un articolista con fotina antica a nome Boni Castellane (supponiamo si chiami Bonifazio, ma lo si trova scritto così, con il diminutivo, immaginiamo) ha cominciato, con un pezzo importante, a magnificare le qualità dell’Heidegger lo scorso 17 agosto:«Omologati e schiavi della Tecnologia – Heidegger ci aveva visti in anticipo».

 

Giorni dopo, aveva risposto un duo di autori, tra cui Massimo Gandolfini, noto, oltre che la fotina con il sigaro, per aver guidato (per ragioni a noi sconosciute) eventi cattolici di odore vescovile, che come da programma non sono andati da nessuna parte, se non verso la narcosi della dissidenza rimasta e il compromesso cattolico. Sono seguite altri botta e risposta sul ruolo del «sacro» secondo l’Heideggerro e la sua incompatibilità con il cristianesimo.

 

Il Gandolfini e il suo sodale scrivono, non senza ragione, che «il dio a cui si riferisce Heidegger non è il nostro». Una verità non nota agli intellettuali cattolici che, in costante complesso di inferiorità nei confronti del mondo, hanno iniziato ad importare il pensatore tedesco dalle Università italiane – dove ha tracimato, dopo un progetto di inoculo sintetico non differente da quello avutosi con Nietzsche – per finire addirittura nei seminari.

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Il progetto, spiegava anni fa Gianni Collu al direttore di Renovatio 21, era del tutto identico a quello visto con Nietzsche, recuperato dall’ambito della cultura nazista, purgato nell’edizione Adelphi di Giorgio Colli e Mazzino Montinari – la cura dell’opera omnia nicciana arriva prima in italiano che in tedesco! – e servito alla massa del ceto medio riflessivo italiota, e mondiale, per distoglierlo dal marxismo e introdurre elementi di irrazionalismo e individualismo nichilista nella vita del popolo – di lì all’esoterismo di massa, il passo diventa brevissimo.

 

Con Heidegger si è tentato un lavoro simile, ma Collu aveva profetizzato allo scrivente che stavolta non avrebbe avuto successo, perché era troppo il peso del suo legame con l’hitlerismo, e troppa pure la cifra improponibile del suo pensiero. Di lì a poco, vi fu lo scandalo dei cosiddetti «Quaderni neri», scritti ritenuti inaccettabili che improvvisamente sarebbero riemersi – in verità, molti sapevano, ma il programma di heidegerizzare la cultura (compresa quella cattolica) imponeva di chiudere un occhio, si vede. Fu ad ogni modo divertente vedere lo stupore di autori e autrici che avevano dedicato una buona porzione della carriera allo Heidegger – specie se di origini ebraiche.

 

L’incompatibilità di Heidegger – portatore di una filosofia oscura e disperata – con il cattolicesimo è, comunque, totale. Di Heidegger non vanno solo segnalati i pericoli, va combattuto interamente il suo pensiero, che altro non è se non un ulteriore sforzo per eliminare la metafisica, e quindi ogni prospettiva non materiale – cioè spirituale – per l’uomo.

 

Molto vi sarebbe da dire sul personaggio, anche a partire dal suo dramma biografico. Lasciamo qui la parola al professor Matteo D’Amico, che ha trattato il tema dell’influenza di Heidegger nel mondo cattolico, e la difformità di questo personaggio e del suo pensiero, in un intervento al Convegno di studi di Rimini della Fraternità San Pio X nel 2017.

 

 

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Immagine di Landesarchiv Baden-Württemberg, Staatsarchiv Freiburg W 134 Nr. 060680b / Fotograf: Willy Pragher via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

 

 

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