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Il declino del Partito del Congresso indiano, un affare della famiglia Gandhi

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Importanti esponenti politici di lungo corso continuano ad abbandonare le fila della formazione che ha dominato la politica indiana per mezzo secolo. Le ragioni sono da ricercare nel mancato rinnovo del partito, che, al contrario, ha accentrato sempre più il potere nelle mani della famiglia Gandhi. La marcia di Rahul per unire il Paese contro il BJP difficilmente avrà successo.

 

 

 

È un indebolimento sempre più evidente quello del partito del Congress, il principale all’opposizione in India.

 

A fine agosto Ghulam Nabi Azad, governatore della regione del Jammu e Kashmir tra il 2005 e il 2008 e più volte ministro durante vari governi indiani, ha lasciato il Congress con l’intenzione di creare un proprio schieramento e criticando Rahul Gandhi, figlio della leader partito, Sonia.

 

Nel 2019 Rahul aveva rinunciato all’incarico di guidare la formazione politica, che negli anni ha perso sempre più sostenitori.

 

È per questo che a inizio mese Rahul Gandhi ha iniziato una marcia da Sud a Nord attraverso tutta l’India, a meno di due anni dalle prossime elezioni generali in cui il Congress si troverà a sfidare il Bharatiya Janata Party (BJP) del primo ministro Narendra Modi.

 

Dopo le dimissioni di Azad, un centinaio di politici, funzionari e deputati del Kashmir ha abbondato le fila del partito dei Gandhi per unirsi alla nuova formazione politica.

 

Il declino, per alcuni, è iniziato proprio del 2014, con la vittoria a livello nazionale del BJP. Nel 2019 il Congress ha ottenuto alla Lok Sabha – la Camera bassa del governo indiana – solo 52 seggi su 542. Nel 2020 23 volti noti del partito hanno dato le loro dimissioni esprimendo a Sonia Gandhi, tramite una lettera, tutta la loro insoddisfazione nei confronti della leadership, che secondo loro non accetta le voci di dissenso.

 

Azad, rivolgendosi a Sonia Gandhi, ha affermato che Rahul «ha distrutto il meccanismo consultivo che esisteva in precedenza. Gli affari del partito sono stati presi in carico da una nuova cerchia di adulatori inesperti dopo che tutti i leader anziani e di lungo corso sono stati rimossi dalle loro posizioni».

 

La prima divisione del partito risale in realtà al 1969, quando alla leadership c’era Indira Gandhi – figlia del primo ministro post-indipendenza Jawaharlal Nehru – poi assassinata nel 1984. Indira centralizzò il potere a New Delhi, emarginò l’opposizione interna provocando le dimissioni di diversi politici che cominciarono a formare partiti di sinistra regionali.

 

Rajiv, il figlio di Indira che le successe dopo la sua morte, continuò sulla stessa linea e bloccò i tentativi di riforma. Anche Rajiv venne assassinato e da metà degli anni ’90 la guida del partito è stata più o meno sempre mantenuta dalla moglie, Sonia.

 

Appare quindi evidente come il potere sia andato concentrandosi nelle mani della famiglia Gandhi. Solo che all’accentramento di potere non è corrisposta l’elaborazione di un’ideologia alternativa a quella del BJP. La frammentazione, soprattutto a livello regionale – come il Trinamool Congress e il National People’s Party – e la mancanza di un’ideologia che non sia solo di mera opposizione è un problema che non appartiene solo alla sinistra indiana, ma in India la mancanza di una pluralità rappresentativa di coloro che non si riconoscono nel BJP rischia di minare il processo democratico.

 

È ancora lunga la strada per le prossime elezioni, ma quello che si sta delineando è uno scenario in cui le uniche alternative al BJP rischiano di essere altri partiti populisti, come l’Aam Aadmi Pary (AAP), che governa Delhi e il Punjab, o il più estremista Shiv Sena, la cui base è radicata a Mumbai e nello Stato del Maharashtra.

È difficile immaginare che la marcia di Rahul Gandhi avrà successo. Denominata «Bharat Jodo Yatra», una marcia per unire l’India, che richiama le precedenti marce sostenute fin dagli inizi dal partito – ricordiamo in particolare quelle del Mahatma Gandhi degli anni ’30 contro il dominio coloniale britannico – finora è servita a criticare il BJP di dividere il Paese lungo linee settarie e religiose.

 

Il percorso è di 3.570 chilometri e verrà compiuto in 5 mesi. Il giorno della partenza, avvenuta nello Stato meridionale del Tamil Nadu, dove suo padre Rajiv Gandhi è stato assassinato nel 1991, Rahul ha twittato:

 

«Ho perso mio padre a causa della politica dell’odio e della divisione. Non perderò per questo anche il mio amato Paese».

 

Ancora una volta, il discorso ruota intorno alla famiglia Gandhi e non ai problemi del Paese. È davvero lunga la strada che dovrebbe portare gli elettori indiani a ritrovare fiducia nel Congress.

 

 

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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L’architetto delle sanzioni americane anti-Russia accusato di corruzione

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L’eminente senatore democratico americano Robert Menendez è stato accusato per la sua presunta relazione di corruzione con tre uomini d’affari. L’atto d’accusa, aperto venerdì davanti alla corte federale di Manhattan, nomina anche sua moglie Nadine, così come altri tre sospettati, presumibilmente coinvolti nel piano.

 

Secondo il documento, il deputato e sua moglie, almeno dal 2018 al 2022, hanno ricevuto «centinaia di migliaia di dollari in tangenti in cambio dell’uso del potere e dell’influenza di Menendez come senatore» per servire gli interessi dei tre uomini d’affari, così come uno Stato straniero, vale a dire l’Egitto.

 

«Tali tangenti includevano contanti, oro, pagamenti per un mutuo sulla casa, compensi per un lavoro basso o per mancata presentazione, un veicolo di lusso e altre cose di valore», si legge nell’accusa contro il celebre senatore democrat.

 

Secondo i pubblici ministeri statunitensi, una perquisizione nella casa di Menendez ha portato alla luce lingotti d’oro per un valore di circa 100.000 dollari, oltre a quasi 500.000 dollari in contanti nascosti.

 

La nuova accusa rappresenta il secondo scandalo di corruzione per Menendez mentre era in carica. Nel 2015, il senatore è stato incriminato nel New Jersey con l’accusa di corruzione in un complotto tra lui e un ricco oculista. Il medico avrebbe scambiato vari «doni» del valore di quasi 1 milione di dollari con favori politici del senatore. Il caso si è concluso alla fine del 2017, quando una giuria non è riuscita a raggiungere un verdetto.

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Menendez è presidente della commissione per le relazioni estere del Senato USA dall’inizio del 2021.

 

È stato un attivo sostenitore delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti alla Russia dall’inizio del conflitto in Ucraina, sostenendo ripetutamente che le misure erano fondamentali per «limitare la capacità della Russia di partecipare all’economia globale, limitare le esportazioni critiche e… imporre costi alle élite russe», riporta RT.

 

Il caso potrebbe dunque gettare una luce sinistra sull’intero impianto di sanzioni contro Mosca, che si sono rivelate totalmente fallimentari.

 

In un editoriale a inizio anno, l’Economist aveva ammesso il fallimento delle sanzioni contro Mosca. «Attualmente, il sistema economico russo è in una forma migliore del previsto» scriveva la testata britannica, che si rendeva conto, di colpo, del danno invece procurato ai sanzionatori: «nel frattempo l’Europa, appesantita dai prezzi dell’energia alle stelle, sta cadendo in recessione».

 

Come riportato da Renovatio 21, i profitti di aziende russe come il colosso petrolifero Rosneft sono saliti nonostante le sanzioni. Le sanzioni, in realtà, sono state devastanti più per le economie dei Paesi che le hanno imposte – e la follia delle bollette sta a dimostrarlo.

 

L’economia russa, a differenza di quella occidentale, è tutt’altro che devastata. Di fatto, le sanzioni non hanno ferito la struttura economica di Mosca, e ciò era vero mesi fa come lo è ora. Come aveva dichiarato lo stesso Putin, le sanzioni non separano la Russia dal resto del mondo, anzi: la Russia ora lavora con altri Paesi per la creazione di valute alternative per il commercio globale.

 

Come riportato da Renovatio 21, i dati di questa primavera, riportati dall’agenzia Reuters, segnalano che l’economia in Russia continua a crescere. Mentre in Europa e nei singoli Paesi si parla di «economia di guerra». Orban, unico leader europeo a mantenere la ragione, ha dichiarato varie volte che le sanzioni uccideranno l’economia europea.

 

Nonostante i continui round di sanzioni indetti da Bruxelles contro la Russia, in Austria l’FPO, il partito anti-immigrati e anti-sanzioni, è primo nei sondaggi. In Germania invece oltre la metà della popolazione ha ammesso di essere più povera rispetto a quando nel 2021 le sanzioni non erano in atto.

 

In settimana il presidente russo Vladimir Putin aveva annunciato che la Russia si è di fatto ripresa dalla pressione delle sanzioni.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

 

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Uomo armato tenta di infiltrarsi al comizio di Kennedy. La Casa Bianca ha negato al candidato la protezione dei Servizi Segreti

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Robert F. Kennedy jr., il cui padre è stato ucciso durante la campagna elettorale, ha temuto il ripetersi della storia: un uomo pesantemente armato che si fingeva agente delle forze dell’ordine federali è stato arrestato dalle sue guardie di sicurezza durante un evento pubblico a cui Kennedy doveva partecipare.   «Sono molto grato che i protettori attenti e tempestivi di Gavin de Becker and Associates (GDBA) abbiano individuato e arrestato un uomo armato che ha tentato di avvicinarsi a me durante il mio discorso sull’eredità ispanica al Wilshire Ebell Theatre di Los Angeles stasera», ha detto Kennedy in un post su Twitter di sabato, aggiungendo che spera che l’amministrazione del presidente americano Joe Biden accolga la sua richiesta di protezione da parte dei servizi segreti, sottolineando che è «il primo candidato presidenziale nella storia a cui la Casa Bianca ha negato una richiesta di protezione».   Secondo una dichiarazione rilasciata dalla sua campagna, l’uomo aveva affermato di far parte della squadra di sicurezza di Kennedy e ha detto loro che «doveva essere portato immediatamente dal candidato». Avendo individuato una pistola, la squadra di sicurezza ha allontanato l’uomo dall’area e ha avvisato la polizia di Los Angeles.   La campagna afferma inoltre che c’era un secondo uomo, arrestato dalla polizia di Los Angeles insieme al principale sospettato, che aveva uno zaino che conteneva almeno un’altra pistola, diversi coltelli e munizioni extra.   La polizia di Los Angeles ha confermato in una dichiarazione di aver ricevuto una chiamata intorno alle 16:30 di venerdì che segnalava un uomo con «una pistola carica nella fondina ascellare e un distintivo che indicava che era un maresciallo degli Stati Uniti». Il sospettato, identificato come Adrian Paul Aispuro, 44 ​​anni, è stato arrestato e preso in custodia. È trattenuto con una cauzione di 35.000 dollari e deve affrontare un’accusa di reato per porto di armi nascoste.   Robert F. Kennedy Jr., il cui zio, l’ex presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, e suo padre, senatore di New York e candidato alla presidenza, furono entrambi assassinati più di mezzo secolo fa, ha presentato una richiesta per la protezione dei servizi segreti in aprile, ma nonostante diversi seguiti, le sue richieste sono state respinte dalla Casa Bianca.

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In un post su Twitter dello scorso luglio, Kennedy ha affermato che dall’assassinio di suo padre nel 1968, a tutti i candidati alla presidenza è stata garantita la protezione dei servizi segreti, tuttavia «dopo 88 giorni senza risposta e diversi follow-up», ha ricevuto una lettera dall’amministrazione Biden che affermava che «la protezione non è garantita».   Il direttore della campagna di Kennedy, l’ex membro del Congresso USA Dennis Kucinich, ha definito la decisione «scioccante e ripugnante» e ha accusato l’ufficio di Biden di politicizzare il Dipartimento di Giustizia e l’apparato di sicurezza.   Come riportato da Renovatio 21, Robert Kennedy jr. è convinto che il padre e lo zio siano stati assassinati con il coinvolgimento della CIA. Parte di queste accuse sono contenute nell’autobiografia famigliare di RFJ jr., American Values. Lessons I Learned from My Family.   Kennedy è arrivato a sostenere, dopo averlo visitato in carcere, che Siran Siran non è l’assassino di suo padre, dando una versione dettagliata, e perfino in qualche modo personalmente metabolizzata, del giorno di sangue del 1969 che lo rese orfano.   La storia tra la famiglia Kennedy e la CIA ha preso un’ulteriore piega particolare quando nel 2018 il figlio di Rober Kennedy jr., Bob Kennedy III, che è italofono e ha studiato in Italia, ha sposato un’ex analista della CIA. Tuttavia, Kennedy in un recente tweet dice di considerarla «tra le persone più coraggiose che conosco».   Come riportato da Renovatio 21, Kennedy aveva plaudito al coraggio di Tucker Carlson che a inizio anno aveva rivelato nella sua seguitissima trasmissione TV di aver ricevuto da una fonte attendibile l’informazione per cui la CIA sarebbe direttamente coinvolta nell’omicidio di JFK.   Riguardo alla possibilità di essere ucciso durante questa campagna elettorale, Kennedy ha dichiarato nel popolare podcast di Joe Rogan di averci pensato, limitando gli incontri con la gente, che prima era solito fare, e quindi, data la possibilità che possa avvenire un attentato, ha dichiarato di «non fare lo stupido» riguardo la cosa, riservando attenzione a esposizioni pubbliche e spostamenti. SOSTIENI RENOVATIO 21
    Immagine di Pamela Drew via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0)
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«Sta dalla parte delle dittature sanguinarie»: il candidato presidenziale argentino attacca papa Francesco

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Nell’intervista di Tucker Carlson con Javier Milei – ad oggi, uno dei video più visti nella storia del nuovo Twitter, con oltre 350 milioni di visualizzazioni, più dell’intervista di Carlson con Donald Trump – il candidato presidenziale argentino, dato dai sondaggi come favorito, ha attaccato con durezza papa Francesco.

 

A seguito di una domanda sull’aborto, al quale Milei aveva risposto articolatamente affermando la sua totale opposizione, Carlson chiede il perché della mancanza di appoggio da parte del papa nei suoi confronti.

 

«Lei ha detto di essere cattolico» dice Tucker. «Lei sta difendendo davvero il principio della vita cattolico. L’attuale papa viene dall’Argentina. Penserei che lui dovrebbe sostenerla, invece [il papa] la ha criticato, e lei lo ha chiamato “comunista”. Perché questa disconnessione?»

 

«Bene… per prima cosa, perché il papa gioca politicamente» risponde Milei. «È stato un papa con forte ingerenza politica».

 

Il papa «ha dimostrato una grande affinità con dittatori come Castro o come Maduro. Ciò vuol dire che sta dalla parte delle dittature sanguinarie».

 

Carlson interrompe: «Raoul Castro è un assassino».

 

«Sì, e Fidel Castro era pure lui un assassino» risponde il candidato.

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«Lei crede che il papa ha affinità con Raoul Castro?» torna a chiedere l’intervistatore.

 

«Sì, è così. Ha affinità con i comunisti assassini. Di fatto non li condanna. È piuttosto condiscendente con la dittatura venezuelana. È condiscendente con tutti quelli di sinistra, anche quando sono veri criminali. Questo è un problema».

Milei quindi procede con una tirata contro la giustizia sociale, considerata «centrale nella visione» del papa ma ritenuta «un furto» dal Milei. Sono qui sensibili gli echi ultraliberisti dell’economista, portiere e cantante rock. Egli infatti si è formato sui libri di Milton Friedman ed altri pensatori economici che predicano la totale deregulation dell’economia nella società, avversando con ogni mezzo il socialismo, al quale, durante l’intervista, ascrive le colpe della decadenza argentina, indicando che esso è stato abbracciato dalla classe politica corrotta di Buenos Aires da più di cento anni.

 

Più avanti nell’incontro con Carlson, parlando dell’isteria del Cambiamento Climatico e le sue radici «socialiste», e del collegamento di esso con l’aborto e il controllo della popolazione, il Milei è tornato a parlare del pontefice suo conterraneo.

 

«Tornando a papa Francesco: perché difende un’agenda che promuove l’assassinio, la rapina, l’invidia? È strano, no?».

 

«Ma perché allora lo fa?» domanda Carlson riferendosi a Bergoglio.

 

«Io credo che dovrebbe chiederlo a lui. Alla luce del dibattito, alla luce dell’evidenza empirica, lui è quello che deve dare spiegazioni del perché difende un sistema economico che conduce alla povertà, alla miseria, alla violenza, alla decadenza. E se saranno lasciati fare, distruggeranno il mondo… che lo spieghi lui»

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Immagine screenshot da Twitter

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