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Il controverso accordo tra Vaticano e Azerbaigian

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Il 25 luglio 2025, la Santa Sede ha firmato un accordo con l’Azerbaigian volto a promuovere il dialogo interreligioso e la cooperazione nell’educazione religiosa. L’iniziativa ha scatenato un’ondata di critiche alimentata da gravi accuse contro il governo azero, in particolare per quanto riguarda la pulizia etnica, che a volte si dice abbia preso di mira i cristiani.

 

Accordo o pomo della discordia? Il testo firmato a Baku dal cardinale George Koovakad, prefetto del Dicastero per il dialogo interreligioso, giunge in un contesto geopolitico teso, a meno di due anni dall’offensiva militare azera del 2023, che ha portato allo scioglimento dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh, nella regione contesa del Nagorno-Karabakh.

 

Questa enclave, riconosciuta a livello internazionale come parte dell’Azerbaigian, era popolata e controllata da cristiani armeni fino all’operazione militare che ne ha costretto l’esodo. Molti osservatori denunciano questa offensiva come un atto di pulizia etnica, indicando la distruzione o la profanazione di siti religiosi, chiese e cimiteri armeni nella regione.

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In questo contesto, la decisione del Vaticano ha suscitato incomprensione e indignazione tra alcuni cristiani della regione. I critici, tra cui influenti voci armene, accusano il governo azero di praticare la «diplomazia del caviale», una strategia volta a influenzare la politica estera attraverso investimenti culturali ed economici.

 

Questa pratica, secondo i critici, include generosi finanziamenti per progetti vaticani, in particolare attraverso la Fondazione Heydar Aliyev, guidata dalla first lady azera. La fondazione ha finanziato progetti di restauro in Vaticano, tra cui le Catacombe di Marcellino e Pietro, Commodilla, San Sebastiano, una statua nei Musei Vaticani e oltre 3.000 libri e 75 manoscritti nella Biblioteca Apostolica Vaticana.

 

Questi contributi finanziari sollevano interrogativi sulla possibile influenza dell’Azerbaijan sulle decisioni della Santa Sede, tanto che alcuni arrivano a parlare di «insabbiamento ecclesiastico» per minimizzare le obiezioni cattoliche alle azioni di Baku nel Nagorno-Karabakh.

 

I legami tra il Vaticano e l’Azerbaigian non sono nuovi. Nel 2011, un accordo fu mediato dal cardinale Claudio Gugerotti, allora Nunzio Apostolico, che pose le basi per la cooperazione diplomatica. Il cardinale Koovakad elogiò il nuovo accordo come «strumento prezioso per promuovere il principio della libertà religiosa», sottolineando il rispetto dell’Azerbaigian per le comunità religiose minoritarie e la possibilità di una coesistenza armoniosa tra cristiani e musulmani.

 

Ha parlato anche di priorità comuni, come la tutela dell’ambiente e l’uso etico dell’Intelligenza Artificiale: prova che il beato angelismo ereditato dall’ecumenismo del Vaticano II non è ancora del tutto scomparso.

 

Da parte degli ortodossi, le cui critiche a Roma vanno sempre prese con le pinze, l’atteggiamento del Vaticano non deve essere considerato ingenuo: monsignor Vicken Aykazian, direttore ecumenico della diocesi orientale della Chiesa apostolica armena d’America (non cattolica), ha fortemente criticato l’ impegno del Vaticano.

 

In un’intervista con The Pillar, il prelato ha affermato che «il Vaticano riceve denaro dall’Azerbaigian da tempo», citando come esempio i restauri finanziati nelle catacombe romane. Ha affermato che questi legami finanziari influenzano la diplomazia vaticana, a scapito delle relazioni storiche con l’Armenia, la prima nazione ad adottare il cristianesimo nel 301.

 

Le critiche provengono da ben oltre i circoli armeni. Oltre 300 accademici e professionisti da tutto il mondo hanno firmato una dichiarazione in cui condannano quella che ritengono essere la «complicità» della Santa Sede in quella che definiscono la «cancellazione culturale» del patrimonio armeno da parte dell’Azerbaigian.

 

Questa dichiarazione fa seguito a una controversa conferenza tenutasi il 10 aprile 2025 presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, intitolata «Il cristianesimo in Azerbaigian: storia e modernità». Organizzata da istituzioni azere, la conferenza è stata vista come un tentativo di riscrivere la storia minimizzando la presenza armena nella regione, etichettando anche le chiese armene come «albanesi caucasiche».

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Il quadro necessita di qualche sfumatura: la Santa Sede, data la sua posizione unica sulla scena internazionale, cerca spesso di mantenere relazioni con regimi controversi per promuovere un certo grado di pace e facilitare la missione della Chiesa in territori in cui la sua esistenza è talvolta minacciata. Dimostrando un certo realismo, il cardinale Koovakad, durante la firma del controverso accordo, ha insistito sulla necessità di «gesti concreti di cooperazione», in particolare da parte dell’Azerbaigian.

 

Ma è improbabile che queste precauzioni siano sufficienti a disarmare i critici di coloro che temono che la Santa Sede rischi di compromettere la propria credibilità morale, in particolare tra le comunità cristiane armene che si sentono abbandonate.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine d’archivio (febbraio 2022) di President az via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

 

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Mons. Viganò: la mano di Satana ha vergato la nota dottrinale «Mater populi fidelis»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato un testo che si scaglia fontalmente contro la recente nota dottrinale vaticana, Mater populi fidelis, un documento che, negando il ruolo di Maria come «correndetrice», ha fatto parlare di attacco alla Beata Vergine e di trasformazione del culto cattolico   «La Nota Dottrinale presentata nei giorni scorsi in Vaticano con il solo incipit in latino, Mater populi fidelis, costituisce l’ennesimo, scandaloso affronto di una Gerarchia traditrice e deviata, che da oltre sessant’anni, in un inarrestabile crescendo usa la propria autorità per imporre speciosamente ai Cattolici le proprie deviazioni dottrinali e morali, allo scopo di smantellare la Chiesa Cattolica e perdere le anime» scrive monsignor Viganò.   «La fretta – si direbbe quasi la furia – di distruggere è tale, da rendere evidenti anche le contraddizioni esistenti all’interno della stessa compagine sinodale, affetta da un significativo bipolarismo patologico: da una parte essa dichiara improprio il titolo mariano di Corredentrice attribuito alla Vergine Maria, e dall’altra promuove doctor Ecclesiæ John Henry Newman, che quel titolo aveva difeso contro gli Anglicani dopo il loro attacco al dogma dell’Immacolata Concezione». 

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«Lo sdegno e il senso di oltraggio che invade ogni Cattolico dinanzi alla denigrazione della Vergine Santissima rende arduo padroneggiare la santa collera che coglie il fedele nel sentire vilipesa la Madre di Dio. Ma è proprio nei frangenti in cui il nemico ci provoca per ottenere da noi una reazione “sopra le righe” che occorre mantenere la massima lucidità di giudizio» continua il prelato lombardo.    «Proprio nell’analizzare e soppesare la portata di certe affermazioni, è indispensabile ricordare che tutte le dichiarazioni e le azioni dei funzionari della chiesa sinodale sono pretestuose e ingannevoli. Esse ci portano a seguire l’avversario sul terreno sul quale egli vuole condurre lo scontro, mentre è proprio lì che non dobbiamo assolutamente farci attirare, se non vogliamo cadere nella trappola che questi eretici ci hanno astutamente teso».   Monsignor Viganò sostiene che «a Tucho Fernández [il cardinale Victor Manuel Fernandez, detto Tucho, cardinale e teologo argentino dal 1º luglio 2023 prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, ndr] non importa nulla della Corredenzione, né tantomeno dei possibili fraintendimenti dei fedeli. E sarebbe patetico pensare che voglia ribadire l’unica mediazione di Nostro Signore, mentre entrambi i suoi datori di lavoro – Bergoglio e Prevost – sostengono che tutte le religioni portino comunque a Dio».   L’arcivescovo ritiene che «a Tucho Fernández non interessa nemmeno la diffusione di errori dottrinali che il Dicastero da lui indegnamente presieduto dovrebbe prontamente condannare, e che viceversa alimenta deliberatamente. Nessuno si preoccupò di possibili “fraintendimenti dottrinali”, quando si cercò di spacciare l’immondo idolo della Pachamama come immagine della Vergine che porta in grembo il Signore, dopo che i fedeli erano insorti scandalizzati per il culto reso da Bergoglio e dai suoi sodali a un orrido simulacro pagano».    «La confusione e la contraddizione sono la nota distintiva della chiesa sinodale, il suo “marchio di fabbrica” per così dire» attacca ancora Sua Eccellenza. «È infatti nell’accettazione della contraddizione che il fedele deve abdicare alla propria ragione e al Sensus Fidei, come professio apostasiæ richiesta al seguace».   Viganò critica dunque Fernandez per la sua preparazione e ricorda i suoi libri «osceni» (il porporato nella sua carriera in Argentina aveva pubblico un libello sul bacio e uno sull’orgasmo), citando anche il «vergognoso processo-farsa “per scisma”» nei confronti dello stesso Viganò conclusosi con il decreto di «scomunica».   «Se dunque Tucho ha promulgato questa Nota, lo ha fatto per altri scopi ed è su questi che bisogna soffermarsi, se si vuole comprendere l’indole ereticale e la portata distruttiva della sua opera eversiva» prosegue l’arcivescovo0 «Non dimentichiamo che questo documento era in preparazione sin dai tempi di Bergoglio e che esso è stato pubblicato dopo l’omelia tenuta il 26 Ottobre scorso da Prevost in occasione del pellegrinaggio giubilare delle “équipe sinodali e degli organismi di partecipazione”»   Il prelato ricorda le parole di Leone: «Su di voi, su noi tutti, sulla Chiesa sparsa nel mondo, invoco l’intercessione della Vergine Maria con le parole del Servo di Dio don Tonino Bello: “Santa Maria, donna conviviale, alimenta nelle nostre Chiese lo spasimo di comunione. […] Aiutale a superare le divisioni interne. Intervieni quando nel loro grembo serpeggia il demone della discordia. Spegni i focolai delle fazioni. Ricomponi le reciproche contese. Stempera le loro rivalità. Fermale quando decidono di mettersi in proprio, trascurando la convergenza su progetti comuni”» (Maria, Donna dei nostri giorni, Cinisello Balsamo 1993, pag. 99).»   «Non è superfluo ricordare chi fu questo “don Tonino Bello”, Vescovo di Molfetta»,puntualizza il già nunzio apostolico negli USA. «Nell’irriverente libello citato da Leone egli scriveva:Vogliamo immaginarla [Maria] adolescente, mentre nei meriggi d’estate risale dalla spiaggia, in bermuda, bruna di sole e di bellezza, portandosi negli occhi limpidi un frammento dell’Adriatico verde»   «Non è dunque solo a Tucho Fernández che si deve rimproverare questa abominevole Nota, ma all’intero establishment vaticano e ai suoi vertici. Un establishment che, mentre esalta “la infinita dignità dell’uomo” ribelle a Dio, non esita ad umiliare la dignità della Donna avvolta di Luce. E questo non da oggi né da ieri, ma da sessant’anni, ossia da quando la conventicola che era appena riuscita a respingere gli schemi preparatori del Concilio aveva fatto in modo che venisse cassata anche la proclamazione del dogma della Corredenzione di Maria Santissima, auspicata da larga parte dell’Episcopato mondiale, giudicata “poco ecumenica” nei riguardi dei dissidenti protestanti».   «E se Tucho Fernández è giunto ad impugnare un termine teologico che trova innumerevoli menzioni nei documenti papali di Pio IX, Leone XIII, San Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, non è per sollecitudine verso i fedeli o per evitare formulazioni equivoche della dottrina, ma per vero e proprio odio nei confronti della Madre di Dio» continua monsignore.

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«È la mano di Satana che ha vergato quelle parole odiose; è il soffio gelido della dannazione eterna che le ha ispirate. Non vi è nulla di buono: nemmeno l’intenzione, che è pretestuosa e serve ad altro, anzitutto ad abituarci all’idea che ogni dottrina cattolica possa essere soggetta a mutamenti, che quello che ieri era vero oggi non lo sia più, che la Fede che ha portato in Cielo le anime fino a Pio XII possa essere diventata motivo di confusione o addirittura di eresia».    «Così, mentre Prevost e Tucho Fernández fingono di voler dissipare gli equivoci di una dottrina confermata invece dalla Fede semplice del popolo, si apprestano a dare consistenza teologica alla sodomia, al diaconato femminile e alla sovversione del Papato in chiave sinodale. Tout va très bien, Madame la Marquise: basta non denunciare le loro imposture e riconoscere la loro autorità.»    L’arcivescovo conclude il suo scritto con un’invocazione alla Beata Vergine Maria: «che (…) Colei che da sola sbaraglia tutte le eresie e calpesta il capo orgoglioso del Dragone infernale, affretti il trionfo del Suo Cuore Immacolato.   + Carlo Maria Viganò Arcivescovo

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Il Dicastero per la Dottrina della Fede attacca la Beata Vergine

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Il Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) ha appena pubblicato un nuovo documento scandaloso almeno quanto Fiducia supplicans, poiché attacca la Beata Vergine Maria, nostra Madre, negando i titoli che le sono stati conferiti nel corso della storia della Chiesa, sanciti da diversi papi e altamente considerati dai teologi.

 

Il documento incendiario del cardinale Victor Fernandez, Prefetto del DDF, è intitolato Mater Populi fidelis (Madre del Popolo Fedele). Spiega, senza un pizzico di ironia, che il suo opuscolo mira ad approfondire i «veri fondamenti della devozione mariana» e che questo implica «una profonda fedeltà all’identità cattolica e, allo stesso tempo, un particolare impegno ecumenico».

 

In altre parole, la devozione mariana deve guardare agli errori, alle eresie e alle empietà dei non cattolici verso la Madre di Dio: un modo peculiare di manifestare la propria pietà verso Colei che è nostra Madre. La Chiesa – fino al Concilio Vaticano II – non ha mai avuto bisogno di socchiudere gli occhi per contemplare la verità.

 

Il sito web InfoCatolica commenta opportunamente questo ricorso all’ecumenismo: «Alcuni analisti sono rimasti colpiti dal ricorso al mantra dell’ecumenismo, come negli anni Settanta. La rottura recente più significativa con l’ecumenismo è il documento Fiducia Supplicans, dello stesso cardinale Fernández, e non sembra esserci alcuna revisione».

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Una «sciocchezza» per Papa Francesco

Come osservato in un articolo di FSSPX.News– che sarà ampiamente riprodotto qui – durante la sua omelia per la festa di Nostra Signora di Guadalupe nella Basilica di San Pietro il 12 dicembre 2019, Papa Francesco aveva parlato con disprezzo del titolo di Corredentrice. Questo rifiuto è empio, in quanto si tratta di una tradizione consolidata, adottata e sviluppata da diversi papi, anche dopo il Concilio Vaticano II.

 

In questa omelia, Francesco, dopo aver accettato tre titoli – donna o signora, madre e discepola – rifiuta risolutamente il titolo di Corredentrice. Aggiunge che è «un nonsenso», ma la traduzione inglese usa il termine «folly» (follia) e consultando l’originale ne traiamo un significato ancora più forte: «nonsenso» o «sciocchezza». Questo sermone è citato in una nota a piè di pagina nel documento DDF.

 

La Corredenzione della Vergine Maria

Basta consultare un qualsiasi trattato preconciliare di mariologia per rendersi conto dell’importanza che la nozione di corredenzione, applicata alla Vergine Maria, ha acquisito nel pensiero teologico degli ultimi cinque secoli. Per convincersene, basta ricordare le parole dei papi, da Pio IX, il papa dell’Immacolata Concezione, a Pio XII, il papa dell’Assunzione.

 

Pio IX

Nella bolla Ineffabilis Deus, che proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854, Pio IX scrisse: «pertanto, come Cristo, Mediatore tra Dio e gli uomini, avendo assunto la natura umana, cancellò il sigillo della sentenza che era contro di noi e lo inchiodò vittoriosamente alla croce, così anche la Santissima Vergine, unita a Lui da uno stretto e indissolubile vincolo, con Lui e per mezzo di Lui muovendo eterne ostilità contro il serpente velenoso, e trionfando pienamente su questo nemico, gli schiacciò il capo con il suo piede immacolato». Sebbene il termine «corredentrice» non compaia, il concetto e la sua realtà sono chiaramente espressi.

 

Leone XIII

Anche diversi testi di Papa Leone XIII esprimono questa dottrina. L’enciclica Supremi apostolatus officio (1883) afferma: «Infatti, la Vergine, immune dal peccato originale, scelta per essere Madre di Dio e per questo associata a Lui nell’opera della salvezza del genere umano, gode con il Figlio di tale favore e potenza, che né la natura umana né quella angelica hanno mai potuto ottenere, né mai potranno ottenere».

 

In un’enciclica sul Rosario, Jucunda semper (1894), lo stesso papa insegna: «Ai piedi della croce di Gesù stava Maria, sua Madre, la quale, mossa da immensa carità verso di noi, per accoglierci come suoi figli, offrì volontariamente il Figlio stesso alla giustizia divina, morendo nel suo cuore con Lui, trafitta dalla spada del dolore».

 

Nella costituzione apostolica Ubi primum (1898), riguardante la Confraternita del Rosario: «appena, per segreto disegno della Divina Provvidenza, fummo elevati alla suprema Cattedra di Pietro… spontaneamente il nostro pensiero si volse alla grande Madre di Dio e sua collaboratrice nella riparazione del genere umano».

 

Infine, nell’enciclica Adjutricem populi (1895), Leone XIII dà la più piena espressione di questa corredenzione, associandola alla Mediazione universale di Maria: «di là, infatti, secondo il disegno di Dio, Ella cominciò a vegliare sulla Chiesa, ad assisterci e a proteggerci come una Madre, così che, essendo stata cooperatrice della Redenzione attraverso il potere quasi immenso a lei concesso, è diventata anche la dispensatrice della grazia che scaturisce da questa Redenzione per sempre».

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San Pio X

Questo santo papa affrontò la dottrina della corredenzione anche nella sua celebre enciclica Ad diem illum (1904), in occasione del cinquantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione: «La conseguenza di questo sentimento e di questa sofferenza condivisi tra Maria e Gesù è che Maria «meritò legittimamente di diventare la restauratrice dell’umanità decaduta» (De Excellentia Virginis Mariæ, cap. IX), e, di conseguenza, la «dispensatrice di tutti i tesori che Gesù ha acquistato per noi con la sua morte e il suo sangue». Il santo papa sottolinea il legame tra corredenzione e mediazione universale.

 

Durante il pontificato di questo glorioso papa, un decreto del Sant’Uffizio del 26 giugno 1913 elogiava «l’uso di aggiungere al nome di Gesù quello di sua Madre, la nostra Corredentrice, la Beata Vergine Maria». La stessa congregazione concesse un’indulgenza per la recita della preghiera in cui Maria è chiamata «Corredentrice del genere umano», il 22 gennaio 1914.

 

Benedetto XV

A sua volta, parlò di questa dottrina nella sua Lettera Inter solidacia: «Unendosi alla Passione e alla morte del Figlio, Ella soffrì come fino alla morte (…) per placare la giustizia divina; per quanto le fu possibile, sacrificò il Figlio, in modo tale che si può giustamente dire che con lui ha redento il genere umano. E, per questo motivo, ogni genere di grazie che attingiamo dal tesoro della redenzione ci giunge, per così dire, dalle mani della Vergine Addolorata».

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Pio XI

Nella sua lettera Explorata res (2 febbraio 1923), offre questa splendida lode alla Madre del Cielo: «Chi gode, specialmente nell’ultimo istante, dell’assistenza della Santissima Vergine non incorrerà nella morte eterna. Questa opinione dei Dottori della Chiesa, confermata dal sentimento del popolo cristiano e da una lunga esperienza, si fonda soprattutto sul fatto che la Vergine Addolorata è stata associata a Gesù Cristo nell’opera della Redenzione».

 

Fu il primo papa a usare il termine Corredentrice. Nel suo radiomessaggio ai pellegrini di Lourdes, offrì questa preghiera: «O Madre di pietà e di misericordia, che assistesti il ​​tuo dolce Figlio nell’opera della Redenzione dell’umanità sull’altare della Croce, come Corredentrice e compagna dei suoi dolori, conserva in noi e accresci ogni giorno, te ne preghiamo, i frutti preziosi della sua Redenzione e della tua compassione» (29 aprile 1935).

 

E nel suo Discorso ai pellegrini di Vicenza (30 novembre 1933), affermò chiaramente: «Il Redentore, per forza di cose, dovette associare la Madre alla Sua opera. Per questo la invochiamo con il titolo di Corredentrice».

 

Pio XII

Il pastore angelico descrisse la corredenzione di Maria in diverse occasioni, anche se non usò il termine. Nell’enciclica Mystici corporis (1947), ad esempio: «Fu Maria, infine, che, sopportando le sue immense sofferenze con animo pieno di forza e di fiducia, più di tutti i cristiani, vera Regina dei Martiri, completò ciò che mancava alle sofferenze di Cristo… “per il suo Corpo, che è la Chiesa” (Col 1,24)».

 

Sebbene il termine «corredentrice» non si trovi negli scritti di questo papa, la dottrina vi è presente con tutta la chiarezza e lo sviluppo possibili. Si consideri questa citazione dall’enciclica Ad caeli Reginam (1954), sulla regalità di Maria:

 

«Nel compimento della Redenzione, la Beatissima Vergine è stata strettamente associata a Cristo». (…) Infatti, «Come Cristo, dopo averci redenti, è nostro Signore e Re in modo speciale, così anche la Beata Vergine è nostra Regina e Sovrana per il modo singolare in cui ha contribuito alla nostra Redenzione, donando la sua carne al Figlio e offrendola volontariamente per noi, desiderando, chiedendo e procurando la nostra salvezza in modo del tutto speciale».

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Il Concilio Vaticano II e i papi successivi

La Mater Populi Fidelis afferma che «il Concilio Vaticano II ha evitato di usare il titolo di Corredentrice per ragioni dogmatiche, pastorali ed ecumeniche». Che ammissione! E aggiunge persino che Giovanni Paolo II lo ha usato «almeno sette volte», ma questo ha poco peso agli occhi degli autori. Essi sottolineano principalmente l’opposizione del cardinale Joseph Ratzinger, che lo considerava un “termine errato».

 

Papa Francesco, invece, ha espresso la sua opposizione all’uso del titolo «Corredentrice» almeno tre volte. Il testo aggiunge: «Quando un’espressione richiede numerose e costanti spiegazioni per evitare che si allontani dal suo corretto significato, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa problematica».

 

Il sito web InfoCatolica non può fare a meno di commentare che il Cardinale Fernández «cerca sempre di spiegare come Fiducia Supplicans possa parlare di benedizioni che non sono benedizioni per le coppie che non sono coppie. Questo serve “alla fede del popolo di Dio”?»

 

Va detto che il rifiuto dei titoli della Beata Vergine, in particolare quelli di Corredentrice e Mediatrice, ha le sue origini nell’ecumenismo. Già alla proclamazione del dogma dell’Assunzione della Beata Vergine nel 1950, i modernisti erano allarmati, vedendolo come un nuovo ostacolo alla riconciliazione con i protestanti.

 

Al Concilio Vaticano II, i Padri si limitarono a rimuovere lo schema preparato sulla Beata Vergine, per non dargli troppa importanza, e lo trasformarono in un semplice capitolo della costituzione Lumen Gentium sulla Chiesa. Il Concilio riconosce a Maria titoli come Avvocata, Ausiliatrice, Benefattrice e persino Mediatrice; la proclama Madre della Chiesa, ma la tendenza è al minimalismo.

 

In definitiva, è la devozione mariana nel suo complesso a essere distorta da questo nuovo testo, che cerca di sostituire i gloriosi titoli di Corredentrice e Mediatrice con titoli come «Madre dei credenti» (anche i musulmani lo chiamano così), «Madre della Grazia» o «Madre del Popolo Fedele», il che esclude di fatto dettagli specifici respinti dai non cattolici.

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Immagine: Michelangelo (1475–1564), Pietà (1498-1499), Basilica di San Pietro, Roma.

Immagine di Torbjorn Toby Jorgensen via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

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Papa Leone XIV convocherà un concistoro straordinario di cardinali a gennaio

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Papa Leone XIV terrà il primo concistoro straordinario dei cardinali del suo pontificato a gennaio.   Secondo un articolo del National Catholic Register (NCR) che, non è ancora stato confermato dalla Santa Sede, dal 7 all’8 gennaio 2026 tutti i cardinali si riuniranno a Roma per un concistoro straordinario, un incontro speciale per discutere questioni chiave che riguardano la Chiesa.   «Il Santo Padre Leone XIV ha in mente di convocare un Concistoro Straordinario per i giorni 7 e 8 gennaio 2026», si legge in un breve inviato ai cardinali. «A tempo debito, il Decano del Collegio Cardinalizio invierà a Vostra Eminenza la relativa lettera con ulteriori dettagli».   Il predecessore di Leone XIII, Papa Francesco, tenne solo due concistori durante i suoi 12 anni di pontificato. Il primo, nel 2014, fu convocato per discutere di famiglia in vista del Sinodo sulla famiglia, che si sarebbe tenuto più avanti nello stesso anno. Durante quel concistoro, il cardinale Walter Kasper pronunciò il suo famigerato discorso in cui suggerì che, in determinati casi, si dovesse prevedere un percorso per i cattolici divorziati e «risposati» per ricevere i sacramenti.

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Diversi cardinali conservatori, come il cardinale Gerardo Müller, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, avevano subito denunziato il discorso di Kasper, sottolineando che la comunione ai divorziati «risposati» è impossibile e minerebbe l’istituzione del matrimonio.   «Il dogma della Chiesa non è una qualsiasi teoria elaborata da qualche teologo, ma è la dottrina della Chiesa, nientemeno che la parola di Gesù Cristo, che è chiarissima. Non posso cambiare la dottrina della Chiesa», ha affermato il presule tedesco.   Ciononostante, si dice che il discorso di Kasper abbia gettato le basi per l’esortazione apostolica di Francesco del 2016 Amoris Laetitia, in cui il defunto pontefice lasciava intendere che i cattolici divorziati e «risposati» civilmente potrebbero essere in grado di ricevere la Santa Comunione in determinati casi.   Bergoglio non tenne un altro concistoro straordinario fino al 2022, incentrato esclusivamente sulle riforme della Curia romana e sul governo della Chiesa, scrive LifeSite.   Papa Benedetto XVI non tenne alcun concistoro straordinario durante il suo pontificato durato otto anni, mentre Papa Giovanni Paolo II ne convocò sei durante il suo pontificato durato quasi trent’anni.  

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