Intelligenza Artificiale
Il CEO di OpenAI accusato di essere «megalomane»
Il CEO di OpenAI, Sam Altman, è ritenuto un ragazzo estremamente ambizioso. È noto che in realtà il ragazzo non è un founder – ossia un creatore di imprese, un inventore di startup dalla crescita vertiginosa – quanto piuttosto uno che riesce a farsi mettere nel posto giusto nel momento giusto.
Altman, classe 1985, prese la guida di Y Combinator, un acceleratore di startup (cioè un istituto che prende le aziende e le fa crescere grazie a competenze e ai finanziamenti venture capital) dopo che il timone gli fu passato dal fondatore Paul Graham. Qui si fece notare per il successo di alcune startup passate per l’acceleratore, e per qualche intervista in cui dava dalla tecnologia una visione originale e talvolta apocalittica, non lontana dai toni di Peter Thiel, che è suo conoscente.
Capitò a OpenAI quando la società, fondata come ente senza scopo di lucro da Elon Musk, passò ad essere un business vero e proprio. Neanche l’azienda che lo ha portato al successo globale, quindi, viene da una sua idea, ma da un’iniziativa di un vero founder come il geniale sudafricano. Sul rapporto fra i due, che non è chiarissimo («ho sentimenti contrastanti su Sam», ha detto Musk riguardo ad Altman), che è stato recentemente estromesso e reintegrato), girava una decina di anni fa un video che analizzava la postura corporale durante un’intervista che Altman, che peraltro è omosessuale dichiarato, fece a Musk.
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Ora, con il successo di ChatGPT, l’ambizione dell’Altman sembra cresciuta a dismisura. All’inizio di quest’anno, il Wall Street Journal ha riferito che OpenAI sta cercando di raccogliere fino a 7 trilioni di dollari per un’impresa di hardware AI. Si tratta di più di 14 volte tutte le vendite globali di chip dello scorso anno.
Come riportato da Renovatio 21, Microsoft e OpenAI avrebbero messo in piedi il progetto di un supercomputer da 100 miliardi di dollari per addestrare un’AI avanzatissima.
Nel frattempo, la società sta cercando di raccogliere fondi per una valutazione di oltre 100 miliardi di dollari, che la renderebbe una delle startup più preziose al mondo. A partire dal febbraio scorso, l’azienda ha un valore di 80 miliardi di dollari, a seguito di un accordo con il fondo di capitale di rischio Thrive Capital.
«È un megalomane», ha detto a Business Insider un anonimo partner di venture capital, che ha trascorso del tempo con Altman. «Per lo stesso motivo per cui non mi fido di Elon, semplicemente non mi fido di qualcuno le cui aspirazioni riguardano così chiaramente se stesso».
In passato, altri gli investitori avrebbero menzionato un «campo di distorsione della realtà» di Altman, un riferimento al defunto CEO di Apple Steve Jobs, noto per distorcere la realtà a vantaggio suo e dei suoi interessi aziendali.
«Sta costruendo la piattaforma di Sam», ha detto alla pubblicazione americana Ali Ghodsi, CEO della società di analisi e intelligenza artificiale Databricks, «ed è per questo che i suoi progetti collaterali vengono finanziati come le società pubbliche».
Il curriculum di Altman pare avere luci ed ombre. Nel 2019, secondo quanto riferito, gli è stato chiesto di lasciare Y Combinator dopo essere stato accusato di essersi arricchito oltremodo, ha scritto il Washington Post. Si dice che quell’evento sia almeno in parte il motivo per cui è stato licenziato da OpenAI a novembre.
Mesi dopo il crollo dell’azienda, Altman è rientrato nel consiglio di amministrazione di OpenAI, consolidando il suo controllo e la sua influenza sull’azienda. Ma gli investitori stanno iniziando a diffidare dell’immenso clamore che circonda il sempre più ricco CEO.
«Ci sono buchi profondi un miglio nel curriculum di questo ragazzo, ma è riuscito a capire come prendere i suoi pezzi degli scacchi e muoverli correttamente», ha detto sempre a Business Insier il fondatore di una startup e angel investor che conosce Altman. «E ora una delle cose è impazzita e lui è un esperto di intelligenza artificiale».
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Come riportato da Renovatio 21, Elon Musk ha fatto causa ad OpenAI citando «profondi rischi per la società e l’umanità». La causa elencava il CEO di OpenAI Sam Altman e il presidente Gregory Brockman come co-imputati nel caso e richiedeva un’ingiunzione per impedire a Microsoft di commercializzare la tecnologia.
Altman è dietro all’inquietante progetto del Worldcoin, un progetto che assegna una criptovaluta agli utenti che accettano di farsi scansionare l’iride, di modo da incentivare la cessione da parte dei cittadini di dati biometrici che serviranno all’ID digitale, e di lì ad un reddito di cittadinanza mondiale.
«L’AGI [Intelligenza Artificiale generale, cioè la macchina pensante e senziente vera e propria, ndr] sta per accadere» ha dichiarato Alex Blania, il CEO di Worldcoin. «Sta per sconvolgere la società in modo significativo. E Sam [Altman] aveva già la convinzione che alla fine l’UBI [reddito universale di base, ndr] dovrà realizzarsi, e potrebbe essere una delle cose più importanti per la società» dice Blania nell’intervista. «Se arriviamo a 8 miliardi di utenti, effettuerai sicuramente l’accesso e in realtà otterrai UBI solo tramite il tuo World ID».
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Immagine di TechCrunch via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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La superintelligenza artificiale potrebbe porre fine all’umanità
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Bezos vede data center nello spazio e prevede che la «bolla» dell’AI darà i suoi frutti come le dot-com
In una visione futuristica che sembra uscita da un romanzo di fantascienza, il fondatore ed executive chairman di Amazon, Jeff Bezos, ha previsto che entro i prossimi 10-20 anni verranno costruiti nello spazio data center «su scala gigawatt», alimentati da energia solare illimitata e destinati, nel tempo, a superare in prestazioni le loro controparti terrestri.
L’intervento di Bezos si è tenuto all’Italian Tech Week di Torino, dove l’imprenditore ha delineato quello che considera il prossimo grande salto tecnologico: l’orbital computing, ossia il calcolo in orbita. Un’evoluzione che, secondo lui, avrà un impatto paragonabile a quello dell’esplosione di Internet negli anni Novanta — con tutto il suo carico di entusiasmo, bolle speculative e inevitabili vincitori.
«Questi giganteschi centri di addestramento saranno meglio costruiti nello spazio, perché lì abbiamo energia solare, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Non ci sono nuvole, né pioggia, né maltempo», ha dichiarato Bezos in un’intervista pubblica con l’erede Agnelli John Elkann. «Saremo in grado di battere i costi dei data center terrestri nello spazio nei prossimi due decenni».
L’imprenditore americano ha spiegato che questa trasformazione rappresenta una tappa naturale nella migrazione dell’umanità verso infrastrutture spaziali. «È già successo con i satelliti meteorologici. È già successo con i satelliti per le comunicazioni. Il prossimo passo saranno i data center e poi altri tipi di produzione», ha affermato.
Jeff Bezos called AI an “industrial bubble” at Italian Tech Week:
“Investors don’t usually give a team of six people a couple billion dollars with no product, and that’s happening today.”
He added that while bubbles fund both good and bad ideas, society benefits when the… pic.twitter.com/7QTSgT0gh3
— Wall St Engine (@wallstengine) October 3, 2025
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Il concetto di data center orbitali sta guadagnando consensi tra i giganti della tecnologia, preoccupati per l’enorme impatto ambientale delle strutture terrestri, che richiedono grandi quantità di elettricità e acqua per il raffreddamento dei server. In orbita, la disponibilità costante di energia solare e l’assenza di condizioni atmosferiche rendono lo spazio una prospettiva sempre più attraente, almeno sul piano teorico.
Bezos ha però riconosciuto che il percorso non sarà privo di ostacoli: manutenzione e aggiornamenti sarebbero molto più difficili in orbita, i lanci di razzi rimangono costosi e qualsiasi guasto potrebbe comportare la perdita di miliardi di dollari in hardware.
Nonostante ciò, il fondatore di Amazon è convinto che l’abbassamento dei costi di lancio e il rapido progresso tecnologico cambieranno presto l’equilibrio economico, rendendo lo spazio una scelta sempre più conveniente per l’elaborazione dei dati.
Bezos ha quindi affrontato il tema dell’Intelligenza Artificiale, definendola una forza di cambiamento da accogliere con ottimismo, pur riconoscendo l’attuale clima di euforia e incertezza.
«Dovremmo essere estremamente ottimisti sul fatto che le conseguenze sociali e benefiche dell’intelligenza artificiale, come quelle che abbiamo avuto con Internet 25 anni fa, siano reali e destinate a durare», ha affermato. «È importante distinguere le potenziali bolle e le conseguenze del loro scoppio, che potrebbero verificarsi o meno, dalla realtà effettiva».
Secondo il Bezos, anche se gli investimenti nel settore sembrano eccessivi, si tratta di una «bolla positiva», una fase di espansione industriale che favorisce l’innovazione piuttosto che la distruzione finanziaria.
«Si tratta di una sorta di bolla industriale, a differenza delle bolle finanziarie. Quelle industriali non sono poi così negative, anzi, possono essere addirittura positive. La società trae beneficio da queste invenzioni», ha affermato, aggiungendo: «Gli investitori di solito non danno a un team di sei persone un paio di miliardi di dollari senza alcun prodotto, e questo sta accadendo oggi».
Amazon non è nuova a progetti che riguardano il cielo e oltre.
Come scoperto anni fa da brevetti di Amazon, l’azienda vuole creare magazzini volanti, montati su dirigibili.
Un nuovo corso dei progetti spaziali del fu annunciato nel 2019 durante una presentazione tenuta personalmente da Jeff Bezos per Blue Origin, la sua compagnia aerospaziale fondata nel 2000, specializzata in razzi riutilizzabili.
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I cinquanta minuti di discorso, che culminano con la rivelazione del modulo lunare Blue Moon, intrecciano ambizioni industriali e visioni filosofiche sullo spazio. Per chi non lo sapesse, Bezos trae ispirazione dal fisico Gerard K. O’Neill (1927-1992), contrario alla colonizzazione di Marte o altri pianeti (un obiettivo oggi perseguito con determinazione da Elon Musk). O’Neill riteneva che tali sforzi potessero al massimo raddoppiare la capacità di ospitare la popolazione umana, un tema cruciale negli anni Settanta.
In alternativa, O’Neill proponeva colonie spaziali orbitanti, enormi strutture tubolari posizionate nei punti di Lagrange, zone del cosmo stabili grazie ai campi gravitazionali di Terra e Luna.
Queste colonie, dove la gravità sarebbe generata dalla rotazione, potrebbero ospitare città a misura d’uomo, parchi naturali e complessi residenziali capaci di accogliere miliardi di persone.
Durante la presentazione, Bezos ha riproposto le illustrazioni originali di O’Neill, che oltre trent’anni fa ispirarono anche il regista giapponese Yoshiyuki Tomino per il celebre anime Gundam.
In sostanza, l’obiettivo è trasferire l’umanità nello spazio per «salvare il pianeta», preservando la Terra come un luogo «blu». Bezos sottolinea che non esiste un piano B per il nostro pianeta, poiché mantenere l’umanità in un unico luogo rappresenta, in termini informatici, un single point of failure.
Di più: nello spazio l’assenza di gravità rende i lavori pesanti (assemblare un’automobile, una petroliera) molto più semplici e meno dispendioso. Non è improbabile che quindi chi ha i mezzi stia ipotizzando uno spostamento della manifattura nello spazio. Il rientro delle merci spaziali sulla terra sarà in effetti un tema.
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Sempre più esperti esperti cominciano a parlare di «psicosi da ChatGPT»
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