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I talebani vieteranno le immagini di «esseri viventi»
I talebani hanno promesso di vietare le immagini di esseri umani e animali nei media afghani, nell’ambito di una più ampia campagna del gruppo islamista per l’attuazione della legge della sharia in tutto il Paese.
Sebbene i talebani avessero inizialmente promesso di essere più moderati dopo aver preso il potere nel 2021, da allora il gruppo ha imposto numerose restrizioni, tra cui la rimozione di immagini di donne dagli spazi pubblici e il divieto di film e strumenti musicali «immorali».
«La legge si applica a tutto l’Afghanistan… e sarà implementata gradualmente», ha detto lunedì all’AFP Saiful Islam Khyber, portavoce del ministero per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio.
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Il Khyber ha affermato che «la coercizione non ha alcun ruolo nell’attuazione della legge», aggiungendo che i funzionari si sarebbero concentrati sul convincere le persone che la rappresentazione di esseri viventi sarebbe «davvero contraria» alla legge islamica.
Funzionari talebani e agenzie governative, così come i media che lavorano nel Paese, continuano a pubblicare regolarmente foto di persone online. Khyber, tuttavia, ha detto all’AFP che le autorità afghane hanno iniziato a lavorare all’implementazione di restrizioni in alcune province.
I funzionari della provincia meridionale di Kandahar avevano precedentemente vietato di scattare foto e girare video di «esseri viventi», ma la norma non si estendeva ai media. Nel febbraio 2024, l’AFP ha citato Mohammad Hashem Shaheed Wror, un alto funzionario del ministero della Giustizia, che ha ordinato al personale che «scattare foto è un peccato grave».
Come riportato da Renovatio 21, al momento della riconquista di Kabullo a fine estate 2021 i talebani non si fecero problemi a farsi fotografare mentre mangiavano del gelato, in un evidente trollaggio della passione alimentare del presidente Biden. Parimenti, le autorità talebane in conferenza stampa lamentarono la censura sui social media americani come Facebook per poi elogiare la libertà di parola sul nuovo Twitter di Elon Musk.
Non è chiaro nemmeno come l’editto si confà all’installazione di almeno 2 mila telecamere a circuito chiuso voluta dalle autorità talebane già due anni fa. Di certo, tuttavia, rimarrà possibile immortalare le supercar afghane: è emerso infatti nel 2022 che gli afghani avevano prodotto, non si sa come, la loro prima fuoriserie sportiva.
I talebani due mesi fa avevano vietato la pratica delle arti marziali miste (MMA). L’anno passato erano stati vietati i saloni di bellezza. Due anni fa avevano iniziato, esattamente con l’ISIS, a mettere al bando giochi, film musica e musica straniera.
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Il governo talebano non è stato riconosciuto dall’ONU, ma mantiene legami lavorativi con diversi paesi, tra cui la Russia, che una settimana fa ha rimosso i talebani dalla lista dei terroristi. La Cina l’anno scorso ha visto insediarsi il primo ambasciatore dell’Aghanistan ritalebanizzato. L’anno prima un hotel cinese nella capitale afghana era stato bombardato da terroristi dell’ISIS-K, il ramo locale dello Stato Islamico.
Il governo di Kabul ha firmato contratti per almeno 6,5 miliardi di dollari nel campo dell’estrazione mineraria, che in Afghanistan è valutabile nell’ordine dei trilioni.
In un comizio pubblico in Sud Dakota con la governatrice Kristi Noem il candidato presidente USA Donald Trump è tornato a sottolineare l’ignominia della «fuga» dall’Afghanistan dell’amministrazione Biden, asserendo che ora l’aeroporto, sul quale Washington aveva investito miliardi di dollari, è controllato dalla Cina, Paese come noto già operativo nell’estrazione mineraria del territorio afghano.
È emerso tramite il deputato repubblicano texano Wesley Hunt che il presidente Trump durante le negoziazioni per la fine dell’occupazione afghana aveva minacciato di morte il capo talebano mostrandogli una foto satellitare della sua casa.
Come riportato da Renovatio 21, per celebrare l’uscita degli americani e l’istituzione dell’Emirato d’Afghanistan, i talebani a fine estate hanno organizzato una poderosa parata con le armi americane abbandonate, che dal nulla hanno trasformato Kabul in una vera potenza militare della regione.
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I comuni britannici utilizzano flotte di droni per spiare i residenti
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La Santa Sede si oppone allo scioglimento della Chiesa Ortodossa Ucraina
La Santa Sede ha appena preso una posizione netta contro qualsiasi divieto assoluto nei confronti della Chiesa Ortodossa Ucraina (UOC), un organismo ortodosso storicamente legato – sebbene non più legalmente dal 2022 – al Patriarcato di Mosca. Questo è un modo per la diplomazia vaticana di mantenere una posizione stabile tra le due parti in conflitto al fine di pianificare il periodo postbellico.
Il 20 novembre 2025, il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, non ha usato mezzi termini durante l’incontro con Viktor Yelensky, presidente del Servizio statale ucraino per l’etnopolitica e la libertà di coscienza: «Non è accettabile punire collettivamente intere organizzazioni religiose», ha avvertito l’alto prelato.
Questa dichiarazione giunge mentre a Kiev è in corso un processo amministrativo: lo Stato ucraino chiede lo scioglimento totale della sede metropolitana della Chiesa ortodossa ucraina (UOC) e la messa al bando dei suoi organi centrali. Una tale decisione aprirebbe la strada a una serie di divieti locali e infliggerebbe un duro colpo a questo ramo dell’Ortodossia, che rimane il più numeroso del Paese, nonostante l’esodo di massa delle parrocchie dal 2022 sotto la pressione delle autorità.
Il cardinale Gugerotti ha attentamente distinto due realtà: da un lato, la necessità di sanzionare individualmente chierici o fedeli che hanno formalmente violato la legge o collaborato strettamente con la potenza nemica russa; dall’altro, il rifiuto di qualsiasi misura generale che colpisca un’intera comunità religiosa: «I responsabili devono rispondere delle loro azioni, ma non possiamo condannare un’intera Chiesa», ha insistito.
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Dall’adozione, nell’agosto 2024, della legge «sulla tutela dell’ordine costituzionale nel campo delle organizzazioni religiose», qualsiasi comunità che mantenga legami con strutture religiose russe rischia il divieto assoluto.
Sebbene la Chiesa ucraina abbia proclamato la propria autocefalia e abbia rotto canonicamente con Mosca il 27 maggio 2022, tre mesi dopo l’inizio dell’aggressione russa, le autorità ucraine ritengono che questi legami permangano e che questa Chiesa continui a essere influenzata dal Patriarca Kirill, un ardente sostenitore della guerra condotta da Vladimir Putin.
Ad oggi, i servizi di sicurezza ucraini hanno avviato 208 indagini penali contro membri del clero e dei laici dell’UOC per «attività anti-ucraine», collaborazione con il nemico o propaganda. Circa 40 sacerdoti e diversi vescovi sono già stati condannati a pene detentive; altri sono stati deportati in Russia o scambiati nell’ambito di operazioni di cattura di prigionieri di guerra.
Le autorità di Kiev ribadiscono che, anche se la sede centrale venisse sciolta, ogni parrocchia manterrebbe il diritto di esistere come comunità religiosa indipendente o potrebbe unirsi alla Chiesa ortodossa ucraina sotto la guida del Patriarcato di Kiev, che è autocefalo dal 2019. In pratica, diverse centinaia di parrocchie hanno già effettuato questo trasferimento dall’inizio dell’invasione , spesso sotto forte pressione locale.
Nonostante queste rassicurazioni, la scomparsa del centro metropolitano significherebbe la perdita dell’unità giuridica e amministrativa dell’UOC, nonché la fine della sua attuale identità canonica. Per molti fedeli e membri del clero rimasti fedeli alla propria gerarchia, ciò equivarrebbe alla vera e propria liquidazione della loro Chiesa.
Rifiutando il principio della punizione collettiva, il Cardinale Gugerotti segue la tradizionale linea della Santa Sede: mantenere una posizione di neutralità tra le parti in conflitto e distinguere chiaramente le responsabilità individuali dalle affiliazioni comunitarie. Questo intervento indiretto ma fermo costituisce il segnale più chiaro, ad oggi, della disapprovazione del Vaticano per la strada scelta dalle autorità ucraine per risolvere la questione dei legami storici con Mosca.
L’intervento romano non è affatto casuale: papa Leone XIV desidera ripristinare al più presto i rapporti di fiducia con il Patriarcato di Mosca, la principale confessione ortodossa al mondo, dopo che i rapporti si erano notevolmente tesi nell’ultima parte del pontificato di Francesco.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
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Telefonata segreta tra Maduro e Trump
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