Geopolitica
I militanti polacchi rivendicano il coinvolgimento nell’attacco alla Russia

I militanti polacchi che combattono per l’Ucraina hanno rilasciato una dichiarazione domenica affermando il loro coinvolgimento in un attacco alla regione russa di Belgorod. Lo riporta il sito russo Sputnik.
L’annuncio, accompagnato da presunte prove fotografiche e video, è stato condiviso sugli account dei social media del cosiddetto «Corpo dei volontari polacchi».
La dichiarazione sembra riferirsi a un’incursione di sabotatori nel distretto di Grayvoron della regione di Belgorod, avvenuta il 22 maggio.
Il «Corpo dei volontari polacchi» ha affermato di aver confermato inequivocabilmente il suo ruolo nell’operazione, affermando che il gruppo ha collaborato con il «Corpo dei volontari polacchi», un’unità neonazista di cittadini russi che combatte per conto dell’Ucraina sotto l’autorità del ministero della Difesa ucraino.
Nel tentativo di dimostrare il proprio ruolo nel raid del 22 maggio, i combattenti del Corpo dei volontari polacchi hanno condiviso video, in cui possono essere visti con carri armati ucraini T-72B, veicoli corazzati americani HMMWV ed elicotteri Mi-8 delle forze armate ucraine.
Anche il governatore della regione di Belgorod, Vyacheslav Gladkov, ha menzionato la presenza di cittadini polacchi tra i sabotatori. Sul suo canale Telegram ha raccontato la storia di una donna, il cui marito – membro delle forze di autodifesa locali – è stato ucciso davanti a lei. Secondo Gladkov, la donna è stata tenuta prigioniera da due ucraini e ha affermato che gli altri membri del gruppo erano polacchi e americani.
In precedenza, la Direzione principale dell’intelligence (GUR) del ministero della Difesa ucraino ha discusso del coinvolgimento del «Corpo volontario russo» e dei membri della legione «Libertà della Russia» nell’operazione nella regione di Belgorod.
Tuttavia, domenica il «Corpo dei volontari russi» ha rilasciato una dichiarazione in cui nega che i membri del «Corpo dei volontari polacchi» abbiano attraversato il confine russo.
Il gruppo ha affermato sui social media che i loro compagni combattenti polacchi erano coinvolti in compiti come scorta di prigionieri, logistica militare e medica, ma rigorosamente all’interno dei confini dell’Ucraina.
Varsavia ha insistito sul fatto che non ha nulla a che fare con i militanti polacchi che combattono per Kiev.
«Le attività dei volontari polacchi che sostengono l’Ucraina nella lotta contro la Russia non devono essere identificate con le autorità della Repubblica di Polonia», ha affermato Stanislaw Zaryn, portavoce del ministro coordinatore dei servizi speciali del Paese.
Come riportato da Renovatio 21, secondo la ricostruzione dell’ex colonnello svizzero già consulente di ONU e OCSE Jacques Baud sarebbe stata la cattura di sabotatori Polacchi in Donbass a far partire la risposta definitiva russa materializzatasi con l’operazione militare speciale del 24 febbraio 2022.
«Il 18 gennaio, i combattenti del Donbass intercettano sabotatori equipaggiati con equipaggiamento occidentale e di lingua polacca che cercano di creare incidenti chimici a Gorlivka» scrive Baud. «Potrebbero essere mercenari della CIA, guidati o «consigliati» da americani e composti da combattenti ucraini o europei, per compiere azioni di sabotaggio nelle Repubbliche del Donbass.
A inizio dello scorso febbraio il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e il Ministero degli Esteri polacco hanno rilasciato una bizzarra dichiarazione congiunta sul dialogo strategico tra i due governi in cui si afferma che entrambi i Paesi sono impegnati nella «sconfitta strategica» della Russia.
La Polonia è stata da subito uno dei Paesi che ha forsennatamente spinto per l’opzione di guerra alla Russia, arrivando a dichiarazioni erratiche come l’idea del Mar Baltico «lago NATO» (da cui è stata espunta l’infrastruttura gasiera russa Nord Stream, peraltro lo stesso giorno in cui la Polonia inaugurava un gasdotto proveniente dalla Norvegia, mentre l’ex ministro degli Esteri Sikorski ringraziava via Twitter gli USA per l’esplosione del gasdotto euro-russo) o la riconquista dell’énclave russa di Kaliningrad, che mai è stata polacca, in realtà, semmai tedesca.
Il Sikorski, recentemente avvistato al Bilderberg di Lisbona, ricordiamo è marito della neocon americana Anne Applebaum. L’uomo è arrivato a dire che andrebbero fornite a Kiev armi atomiche.
Lo scorso autunno il viceministro della Difesa Marcin Ociepa ha dichiarato che la Polonia sarà in guerra con la Russia tra 3 o 10 anni massimo.
Secondo un articolo apparso sul quotidiano turco Cumhuriyet, vi sarebbe un accordo tra il presidente ucraino Zelens’kyj e il potere di Varsavia per una partecipazione delle forze polacche al conflitto.
Tuttavia, come riportato da Renovatio 21, la realtà potrebbe essere diversa nei piani dei polacchi: sin da subito, è forte la tentazione di pensare che la Polonia gradirebbe, più che la sopravvivenza del regime di Kiev, il ri-appropriamento da parte di Varsavia di terre storicamente polacche come la Galizia e le città di Leopoli, Ternopoli, etc.: in pratica, una vera partizione dell’Ucraina, da accordare ovviamente, più che con l’alleato americano, con il Cremlino.
Immagine da Telegram
Geopolitica
Trump e Putin si telefonano: «può portare alla pace»

Giovedì il presidente russo Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica con il presidente statunitense Donald Trump, come confermato dal portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.
Circa 40 minuti prima della conferma russa, Trump aveva annunciato sulla sua piattaforma Truth Social di essere impegnato in una chiamata «in corso» e «prolungata» con Putin.
Il colloquio tra i due leader si è tenuto in un contesto di crescenti tensioni tra Mosca e Washington, a seguito della proposta di Trump di fornire all’Ucraina missili Tomahawk a lungo raggio, in grado di colpire in profondità il territorio russo, in vista del suo incontro programmato con Volodymyr Zelens’kyj per venerdì.
Mosca ha criticato duramente questa possibile decisione, avvertendo che annullerebbe la fiducia diplomatica costruita tra Russia e Stati Uniti senza alterare la situazione sul campo.
Fornire tali armi a Kiev spingerebbe Mosca ad adottare contromisure necessarie, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Peskov.
La telefonata rappresenta il primo contatto tra Putin e Trump dal loro incontro di persona ad Anchorage, in Alaska, a metà agosto. Mosca ha riferito che, dopo il vertice, le comunicazioni con Washington si sono notevolmente ridotte. Tuttavia, i funzionari russi hanno sottolineato che il processo avviato in Alaska «non è terminato» e che lo «spirito di Anchorage» rimane «vivo».
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Trump ha dichiarato che il colloquio con Putin potrebbe condurre a un accordo di pace per il conflitto ucraino. Le tensioni tra Stati Uniti e Russia si sono intensificate a causa delle possibili forniture di missili Tomahawk all’Ucraina, e i negoziati di pace sono rimasti in stallo. Trump ha descritto la conversazione, durata due ore e mezza, come «molto produttiva», suggerendo che un accordo di pace potrebbe essere imminente.
«Ho trovato che fosse una chiamata eccellente, molto produttiva… Pensiamo di poter fermare [il conflitto]», ha detto. «Questa potrebbe essere una chiamata così fruttuosa che alla fine… vogliamo raggiungere la pace».
In precedenza, Trump aveva scritto su Truth Social che durante la telefonata erano stati compiuti «grandi progressi» e aveva annunciato che lui e Putin avevano concordato di organizzare un vertice bilaterale a Budapest, in Ungheria.
Il presidente USA ha riferito ai giornalisti che l’incontro si terrà probabilmente entro due settimane, dopo i colloqui tra il Segretario di Stato americano Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergio Lavrov, oltre all’incontro di Trump con il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj a Washington, previsto per venerdì. L’ultimo vertice Putin-Trump, svoltosi ad Anchorage, in Alaska, ad agosto, non aveva prodotto risultati concreti, ma giovedì Trump ha dichiarato di aver «posto le basi» per un processo di pace più ampio.
Riguardo alle possibili consegne di missili Tomahawk a Kiev, Trump non ha né confermato né smentito i piani, sottolineando però che, pur disponendo di «molti» missili, gli Stati Uniti ne hanno bisogno per la propria sicurezza e «non possono esaurire» il loro arsenale.
Secondo Yury Ushakov, consigliere di Putin per la politica estera, durante la telefonata il presidente russo ha avvertito Trump che l’invio di Tomahawk a Kiev non cambierebbe l’andamento del conflitto, ma potrebbe «compromettere gravemente le prospettive di una soluzione pacifica» e danneggiare le relazioni tra Russia e Stati Uniti.
Ushakov ha sottolineato che Putin ha riaffermato l’impegno di Mosca per una «risoluzione politico-diplomatica pacifica», descrivendo la discussione come «molto concreta ed estremamente franca», aggiungendo che i preparativi per il prossimo vertice Putin-Trump inizieranno immediatamente, con Budapest in fase di valutazione come sede.
Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha poi scritto su X di aver discusso con Trump, confermando che i preparativi sono già in corso.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Budapest si prepara ad ospitare il vertice Putin-Trump

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Geopolitica
Record di matrimoni con le ucraine in Polonia

Secondo uno studio recente riportato da diversi media, nel 2024 la Polonia ha registrato un numero record di matrimoni tra cittadini polacchi e immigrate ucraine.
Una ricerca dell’Università di Łódź, basata sui dati dell’Ufficio centrale di statistica (GUS), ha rilevato che lo scorso anno si sono celebrati 2.556 matrimoni tra polacchi e ucraini, con un incremento del 22% rispetto al 2022 e quasi il triplo rispetto a dieci anni fa.
Questo aumento ha generato malcontento in alcune fasce della società polacca. Uno studio dell’Università di Varsavia, citato da Onet.pl, ha mostrato che quasi la metà delle giovani donne polacche ha un’opinione negativa sulle rifugiate ucraine, con un’avversione più marcata tra le donne di età compresa tra i 20 e i 29 anni.
Il risentimento verso gli ucraini è stato alimentato anche da accuse secondo cui questi ultimi approfitterebbero dei sussidi familiari, avrebbero un accesso privilegiato ai servizi pubblici e contribuirebbero all’aumento della criminalità, ha scritto il quotidiano francese Le Monde il mese scorso.
La Polonia è una delle principali destinazioni per i rifugiati ucraini dall’inizio dell’escalation del conflitto tra Kiev e Mosca nel febbraio 2022. Attualmente, oltre 1,5 milioni di cittadini ucraini, prevalentemente donne, risiedono nel Paese, con circa un milione di persone che beneficiano dello status di protezione temporanea, secondo il rapporto. La legge polacca consente a chi ha la protezione temporanea e sposa un cittadino polacco di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo come familiare.
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Gli uomini polacchi sono molto più propensi a sposare donne ucraine – con 2.021 matrimoni – rispetto alle donne polacche che sposano uomini ucraini, che hanno rappresentato 535 unioni. Tuttavia, Onet ha evidenziato che i matrimoni con ucraini costituiscono solo circa il 2% del totale nazionale.
Il mese scorso, il presidente polacco Karol Nawrocki ha firmato una legge che inasprisce le condizioni per i rifugiati ucraini che ricevono sussidi statali. Pur garantendo agli ucraini la possibilità di rimanere in Polonia almeno fino a marzo 2026, la normativa lega l’accesso ai sussidi alla dimostrazione di un’occupazione per almeno un genitore e all’iscrizione scolastica dei figli.
Il Nawrocki ha inoltre sottoposto al parlamento due ulteriori proposte di legge sui rifugiati: una che rende più severe le regole per ottenere la cittadinanza e un’altra che criminalizza la promozione di movimenti nazionalisti ucraini estremisti.
Come riportato da Renovatio 21, nelle polemiche tra Varsavia e Kiev si inserisce anche la storia della Seconda Guerra Mondiale, con i polacchi che vogliono siano riconosciute le violenze genocide dei collaborazionisti hitleriani ucraini, che sono epperò ora gli eroi del regime di Kiev.
Varsavia si era opposta ancora negli anni 2000 al montante sdoganamento delle forze dei nazionalisti integralisti ucraini: in particolare vi fu la protesta quando l’allora premier ucraino Viktor Yushenko celebrò pubblicamente nel 2010 Stepan Bandera, leader dei collaborazionisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Varsavia all’epoca si era espressa contro la glorificazione degli ucronazisti assieme alla comunità ebraica internazionale, che ora invece non proferisce parola, a partire dall’ambasciatore israeliano a Kiev.
La Polonia ha a più riprese annunciato il suo rifiuto a mandare truppe in Ucraina – almeno ufficialmente.
Due anni fa la lite sul grano tra i due Paesi, tracimata nel discorso di Zelens’kyj all’Assemblea Generale ONU, portò a frizioni tra i due Paesi era «titanicamente danneggiato».
Con il cambio di governo è tornata l’aria filo-ucrainista a Varsavia, arrivando nelle scorse ore a vedere la Polonia chiedere alla Germania di lasciar perdere le indagini sulla distruzione del gasdotto Nord Stream e a negare l’estradizione di un sospettato – un atto che ha fatto sbottare il ministro degli Esteri ungheresi Pietro Szijjarto, che ha accusato il presidente polacco Tusk di «difendere i terroristi».
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