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Geopolitica

Haiti, livelli «inimmaginabili e intollerabili» di violenza armata

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L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet il 17 maggio ha descritto la situazione ad Haiti in termini drammatici.

 

Ad Haiti bande armate rivali hanno preso il controllo di vaste aree della capitale Port-au-Prince e delle aree periferiche, controllando strade, rapendo cittadini a caso, stuprando, uccidendo, a volte decapitando le loro vittime e cacciando migliaia di cittadini dalle loro case per farli scappare in «rifugi» inabitabili.

 

Dall’anno scorso 20.000 persone sono state costrette ad abbandonare le loro case, con 9.000 famiglie che si sono aggiunte di recente. Spesso le bande bruciano le loro case.

 

«La situazione è andata ben oltre la “depravata indifferenza”. Questo è un omicidio deliberato, satanico, di una nazione e del suo popolo» scrive EIRN.

 

Quando è stato chiesto al Segretario di Stato americano Tony Blinken come stavano le cose ad Haiti durante una recente udienza del Congresso, ha potuto solo rispondere, accigliato, che Haiti ha «molta strada da fare».

 

Almeno 1.700 scuole sono chiuse nella capitale: gli insegnanti vengono regolarmente rapiti ed è troppo pericoloso per i bambini andare a scuola a piedi, quindi non vengono istruiti.

 

Bruno Maes, rappresentante dell’UNICEF ad Haiti, ha dichiarato all’Associated Press che «stiamo davvero assistendo a uno strangolamento di Port-au-Prince».

 

L’unico modo in cui l’UNICEF può raggiungere le persone bisognose è in elicottero o in barca, e spesso le scorte di cibo non vengono consegnate. La malnutrizione infantile è in aumento. Gli ospedali riescono a malapena a funzionare, in parte perché i medici sono un obiettivo primario per i rapitori. Spesso i membri del personale poi scioperano per esprimere solidarietà ai medici rapiti.

 

L’unica cosa che i cittadini sentono di poter fare è scioperare o protestare per le strade per chiedere al governo di agire contro le bande.

 

Secondo quanto riferito, la forza di polizia nazionale di 11.000 persone sta ricevendo aiuti e addestramento internazionali e riesce ad arrestare alcuni membri delle bande, ma è sopraffatta e senza armi.

 

Il primo ministro Ariel Henry, che non è stato eletto ma rimane in carica, dice poco e fa ancora meno.

 

Non sorprende che centinaia di haitiani disperati stiano ora tentando di lasciare il paese, pagando ingenti somme di denaro ai trafficanti per portarli su barche pericolose, fragili e sovraffollate con la speranza di raggiungere le Florida Keys, un viaggio di 600 miglia.

 

A volte la Guardia Costiera degli Stati Uniti ferma e salva le persone prima che le barche si disgreghino e poi le rispedisce ad Haiti, ma si stima che un gran numero di haitiani abbia perso la vita nel tentativo di fuggire dal collasso del Paese.

 

Come riportato da Renovatio 21, alcuni osservatori vedono Haiti come un «feudo» dei Clinton. Il Paese caraibico negli anni è considerato da alcuni come base per il supposto malaffare umanitario della Fondazione Clinton. Lo ha sostenuto il sito Breitbart e Steve Bannon nel film e nel libro Clinton Cash, di cui hanno pure fatto una versione a fumetti.

 

I Clinton sembrano legati da Haiti da qualcosa di profondo.

 

Bill e Hillary hanno decorato le loro case con l’arte haitiana, e sono volati infinite volte nell’isola dell’estrema povertà. Nel tremendo terremoto dello scorso decennio, i Clinton arrivarono subito a farsi fotografare mentre passano casse di viveri. Guido Bertolaso, dominus della Protezione Civile italiana, video ciò che stava facendo la Fondazione Clinton e ebbe a polemizzare, ricevendo la risposta piccata di Hillary.

 

La stessa Hillary, del resto, una volta ammise come i Clinton fossero «una famiglia ossessionata da Haiti».

 

Non è sbagliato, a questo punto, immaginarsi un legame «spirituale», e farsi venire alla mente la questione del vudù.

 

Nel 1975, Bill e Hillary andarono ad Haiti per la luna di miele incontrarono Max Beauvoir, considerato il «papa» del vudù haitiano, anche detto il «re degli Zombi» –per chi non lo sapesse, lo zombi è una parola vudù che significa il corpo posseduto dagli spiriti)

 

Per l’illustre coppia (giovane ma già, ovviamente, immanicatissima), il «re degli Zombi» officiò la cerimonia vuduista, finemente descritta dal Bill nella sua autobiografia My Life:

 

«Gli spiriti arrivarono, e possederono una donna e un uomo… L’uomo si strofinò una torcia sul suo corpo e camminò sui carboni ardenti senza essere bruciato. La donna, nella frenesia, urlava ripetutamente, poi prese un pollo vivo e gli staccò la testa a morsi».

 

Ora, a essere bruciato è mangiato vivo è l’intero Paese di Haiti.

 

 

 

 

Immagine di IOM Haiti via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

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Geopolitica

La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

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La Serbia non potrà entrare nell’UE senza un pieno allineamento alla politica estera del blocco, incluse tutte le sanzioni contro la Russia, ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

 

La Serbia, che ha richiesto l’adesione all’UE nel 2009 e ha ottenuto lo status di paese candidato nel 2012, è tra i pochi stati europei a non aver imposto restrizioni a Mosca. Belgrado ha sottolineato i suoi storici legami con la Russia e la dipendenza dalle sue forniture energetiche.

 

Mercoledì, durante una conferenza stampa a Belgrado accanto al presidente serbo Aleksandar Vucic, von der Leyen ha ribadito che la Serbia deve compiere «passi concreti» verso l’adesione e mostrare un «maggiore allineamento» con le posizioni dell’UE, incluse le sanzioni, evidenziando che l’attuale livello di conformità della Serbia alla politica estera dell’UE è del 61%, ma ha insistito che «serve fare di più», sottolineando il desiderio di Bruxelles di vedere Belgrado come un «partner affidabile».

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Vucic ha più volte dichiarato che la Serbia non imporrà sanzioni alla Russia, definendo la sua posizione «indipendente e sovrana». Tuttavia, il rifiuto di Belgrado ha attirato crescenti pressioni da parte di Bruxelles e Washington.

 

La settimana scorsa, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Petroleum Industry of Serbia (NIS), parzialmente controllata dalla russa Gazprom Neft, spingendo la Croazia a interrompere le forniture di greggio. Vucic ha avvertito che tali misure potrebbero portare alla chiusura dell’unica raffineria petrolifera serba entro novembre, mettendo a rischio l’approvvigionamento di benzina e carburante per aerei.

 

Come riportato da Renovatio 21proteste sempre più violente si susseguono nel Paese, che Belgrado attribuisce a influenze occidentali volte a destabilizzare il governo.

 

Le proteste hanno già portato alle dimissioni del primo ministro Milos Vucevic e all’arresto di diversi funzionari, tra cui un ex ministro del Commercio, con l’accusa di corruzione.

 

Il presidente Aleksandar Vucic ha affermato che i disordini sono stati fomentati dall’estero e ha denunciato quella che ha definito «violenza mascherata da attivismo»: «mancano pochi giorni prima che inizino a uccidere per le strade» aveva detto lo scorso agosto davanti all’ennesima ondata di proteste violente.

 

Come riportato da Renovatio 21, le grandi manifestazioni contro Vucic di marzo erano seguite la visita pubblica del figlio del presidente USA Don Trump jr. al premier di Belgrado.

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Come riportato da Renovatio 21, lo scorso mese il servizio di Intelligence estero russo (SVR) ha sostenuto che l’UE starebbe cercando di orchestrare un «Maidan serbo» per insediare un governo filo-Bruxelles. Belgrado nel dicembre 2023 produsse evidenti segni di «maidanizzazione» in corso. Già allora presidente serbo accusò le potenze occidentali di tentare di «ricattare» la Serbia affinché sostenga le sanzioni e di tentare di orchestrare una «rivoluzione colorata» – una sorta di Maidan belgradese –contro il suo governo a dicembre.

 

Vucic giorni fa ha accusato le potenze occidentali di aver cercato di orchestrare il suo rovesciamento. In un’intervista su Pink TV trasmessa lunedì, il presidente serbo aveva affermato che le «potenze straniere» hanno speso circa 3 miliardi di euro nell’ultimo decennio nel tentativo di estrometterlo dal potere.

 

Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri Pietro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.

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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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Geopolitica

Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

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Afghanistan e Pakistan hanno dichiarato un cessate il fuoco temporaneo, mettendo fine agli scontri iniziati mercoledì mattina tra le loro forze. Più di una dozzina di civili sono stati uccisi nell’ultimo conflitto armato tra i due paesi vicini.   Il ministero degli Esteri pakistano ha comunicato, alcune ore dopo lo scontro, che Kabul e Islamabad hanno concordato una tregua di 48 ore, con inizio alle 18:00 ora locale di mercoledì.   Nella sua nota, il ministero ha sottolineato che entrambe le parti «si impegneranno sinceramente attraverso il dialogo per trovare una soluzione positiva ai loro problemi complessi ma risolvibili».   In precedenza, il portavoce dei talebani afghani Zabihullah Mujahid aveva scritto su X che le forze pakistane avevano avviato un attacco, utilizzando «armi leggere e pesanti», causando la morte di 12 civili e il ferimento di oltre 100 persone.

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Il portavoce aggiunto che le forze afghane hanno risposto al fuoco, uccidendo un «gran numero» di soldati, confiscando armi e carri armati pakistani e distruggendo installazioni militari.   Ali Mohammad Haqmal, portavoce del distretto di Spin Boldak, in Afghanistan, luogo dello scontro, ha stimato che le vittime civili siano state 15. Secondo l’AFP, un funzionario dell’ospedale locale ha riferito che tra i feriti ci sarebbero 80 donne e bambini.   Islamabad ha definito le accuse «oltraggiose» e «palesi menzogne», sostenendo che i talebani afghani abbiano iniziato le ostilità attaccando una postazione militare pakistana e altre aree vicino al confine. L’esercito pakistano ha dichiarato di aver respinto l’assalto, uccidendo 37 combattenti talebani in due operazioni distinte.   Secondo l’agenzia Reuters, che cita fonti di sicurezza anonime, lo scontro sarebbe durato circa cinque ore.   Il conflitto segue un’escalation di scontri avvenuta nel fine settimana, durante la quale Afghanistan e Pakistan si sono accusati a vicenda per le vittime. I talebani hanno affermato di aver ucciso 58 soldati pakistani, mentre Islamabad ha dichiarato di aver conquistato 19 posti di frontiera afghani.   Le tensioni transfrontaliere tra Afghanistan e Pakistan sono aumentate negli ultimi anni, con entrambe le parti che si accusano ripetutamente di ospitare militanti.  

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Geopolitica

Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

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Uno dei corpi restituiti martedì da Hamas non appartiene a nessuno degli ostaggi tenuti prigionieri dal gruppo armato palestinese a Gaza, hanno affermato le Forze di difesa israeliane (IDF).

 

Lunedì Hamas ha liberato gli ultimi 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio del rilascio di quasi 2.000 prigionieri palestinesi, nell’ambito di un accordo mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia. Martedì, il gruppo ha iniziato a consegnare i cadaveri dei prigionieri deceduti a Israele, restituendone sette in due lotti tramite la Croce Rossa.

 

Tuttavia, le IDF hanno dichiarato mercoledì in una dichiarazione su X che un esame presso l’istituto forense Abu Kabir ha rivelato che uno dei quattro corpi del secondo lotto «non appartiene a nessuno degli ostaggi». Si ritiene che i resti appartengano a un palestinese, hanno aggiunto.

 

 

Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato.

 

Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti.

 

Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.

 

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Immagine di Chenspec via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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