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Google News ha alterato il suo algoritmo contro il presidente Trump, dice un informatore

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Google ha cambiato i suoi algoritmi di ricerca delle notizie per prendere di mira Donald Trump, stando a quanto dice Zach Vorhies, un informatore proveniente Google e autore di un nuovo libro intitolato Google Leaks.

 

In questi mesi di tormento, Trump non è stato certo a guardare e ha cercato di reagire alle censure 2.0 come costantemente  riportato da Renovatio 21 qualche settimana fa. 

 

Il nuovo libro Google Leaks: A Whistleblower’s Exposé of Big Tech Suppression indaga su come Big Tech sopprima le opinioni contrarie alla narrativa mainstream.

 

Google è divenuta nel giro di due decenni uno snodo fondamentale per tutto il pianeta, in grado di dirigere le informazioni – e quindi anche danari e opinioni – secondo le sue istruzioni. Come riportato da Renovatio 21, Google è già stata definita da un senatore USA come «l’azienda più pericolosa sulla faccia del pianeta».

 

Durante la sua carriera come sviluppatore di software, Vorhies ha lavorato sia per YouTube che per Google,  ma si è dimesso dopo aver appreso della soppressione delle voci dei conservatori.

 

Utilizzando il motore di ricerca interno di Google, Vorhies ha scoperto 950 pagine di questi piani e le ha rese pubbliche su Project Veritas.

«Era chiaro che Google stava tentando niente di meno che una riscrittura senza soluzione di continuità del codice funzionante della realtà a cui a molti non sarebbe stato permesso di partecipare»

 

Nel suo libro, il Vorhies fornisce un resoconto di prima mano di questi eventi e aiuta a immaginare cosa potrebbe diventare la società americana sotto il tallone delle giga-aziende della Silicon Valley.

 

La testimonianza di Zach Vorhies illustra la natura dei Big Tech e il loro tentativo di trasformare la nostra realtà in una che rispecchia esclusivamente la loro prospettiva di visione del mondo.

 

Vorhies è stato un programmatore senior di Google per molti anni e conosce bene i loro pregiudizi, ma vedeva con terrore come la vittoria di Donald Trump nel 2016 minacciasse di portarli in conflitto.

 

La pagina di descrizione del libro recita: «Era chiaro che Google stava tentando niente di meno che una riscrittura senza soluzione di continuità del codice funzionante della realtà a cui a molti non sarebbe stato permesso di partecipare». 

 

L’idea di una lotta di idee leale e combattuta, seguita da strette di mano e risoluzione dei problemi insieme, è stata sostituita da un’etica che non era familiare alla storia della nazione americana.

 

Il suo studio, secondo Vorhies, ha trasformato «teorie del complotto bei fatti di una vera cospirazione».

 

Il whistleblower afferma che l’algoritmo di Google ha incollato diversi titoli negativi, non solo su quelli nuovi ma anche su quelli vecchi, per mantenerli per periodi più lunghi.

 

«Hanno permesso ai media mainstream di strutturare le loro storie in modo che potessero rimanere in cima alla loro ricerca e all’indice delle notizie» spiega Vorhies.

 

I giganti della comunicazione e dei social hanno tentacolari quasi onnipotenti che arrivano dritti fin dentro le menti della popolazione.

 

Essi hanno giocato senza vergogna anche con la pandemia, veicolando solo alcune delle informazioni riguardo al COVID, come scritto già varie volte nel nostro sito, e quindi censurando tutti coloro che promuovevano cure alternative ai cosiddetti protocolli ufficiali. 

 

Si tratta di qualcosa di gravissimo, di fatto si tratta di attentati alla salute della democrazia così come della salute biologica stessa dei cittadini, a cui viene di fatto preclusa una cura che potenzialmente può guarirli.

 

Quasi nessuno in Occidente, con l’eccezione di Trump, pare volere fermare lo strapotere di Big Tech.

 

Del resto, se pensiamo all’Italia, Salvini deve il suo successo a Facebook (disse pure «viva Facebook!» in un discorso all’Europarlamento), la Meloni sta ripercorrendo le orme di Salvini, tutto il resto dei politici sono collusi o insignificanti.

 

 

Eppure, oggi come non mai, il popolo avrebbe bisogno di qualcuno che lo difenda quando delle multinazionali negano loro molteplici diritti costituzionali, distruggendo una dopo l’altra sovranità nazionali inderogabili.

 

Della censura diretta ha una multipla esperienza Renovatio 21, che ancora lotta con delazioni, ban e shadow ban di ogni tipo.

 

 

 

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Internet

Incredibili video realizzati con l’IA lanciata da pochi giorni

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Il generatore di video basato sull’Intelligenza Artificiale Sora 2 di OpenAI ha debuttato la scorsa settimana e ha conquistato i social media con clip incredibilmente iperrealistiche che hanno fatto sì che gli spettatori si interrogassero su ciò che vedono online e hanno fatto sbiancare gli studi di Hollywood.

 

Gli utenti sembrano averci preso gusto a fare video sul defunto fisico tetraplegico Stephen Hopkins, anche crudelmente.

 

 

 


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Un altro modulo molto popolare è quello di esseri che vengono fermati dalla polizia – il filmato è come da una bodycam delle forze dell’ordine – e scappano via subito: ecco un gatto, Spongebob, Mario, un ammasso di prosciutto a fette.

 

 

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Il CEO di OpenAI Sam Altman viene beccato a rubare in un negozio, tutto visto da una telecamera di sorveglianza. L’uomo poi cucina Pikachu alla griglia.

 

 

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Animali che rubano alimentari nei supermercati.

 

 

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Piace Hitler che fa stand-up comedy con l’altrettanto (teoricamente) defunto Tupac, rapper ammazzato una trentina di anni fa ma che tutti per qualche ragione ricordano.

 

Lo Hitlerro dimostra di saperci fare con lo skateoboardo, e pure di saper rispondere a muso duro a Michael Jackson in un ambiente che ricorda le trasmissione trash di Jerry Springer.

 

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Pare che SoraAI abbia messo un filtro che impedisce di creare episodi di South Park, che gli utenti hanno generato automaticamente a bizzeffe.

 

 

Non manca la finta pubblicità degli anni ’90 per un giocattolo basato sull’isola dei pedofili di Jeffrey Epstein, con l’action figure del miliardario e di altri personaggi orrendi – l’aereo privato Lolita Express è incluso.

 

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Ecco, infine, il futuro: le fake news, ma nel senso vero. Telegiornali fatti con l’IA. Un motivo in più per non credere nemmeno a quelli veri.

 

 

Quindi: non è solo Hollywood che sarà sostituita, disintermediata, distrutto: è tutto quanto. È la realtà stessa che sta per venire divorata da simulacri iperreali eruttati ad ogni minuto dall’IA.

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Cina

Pechino condanna a morte 16 gestori dei centri per le truffe online in Birmania

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Il tribunale di Wenzhou ha giudicato colpevoli 39 imputati della famiglia Ming, originaria dello Stato Shan nel nord del Myanmar. Le accuse comprendono frode e traffico di droga con proventi stimati in oltre 10 miliardi di yuan. Tra i condannati a morte figurano il figlio e la nipote del patriarca Ming Xuechang, morto in circostanze controverse durante l’arresto. L’operazione si inserisce nella più ampia repressione di Pechino contro i gruppi criminali che operano in Myanmar.   Un tribunale cinese ha condannato a morte 16 membri della famiglia Ming, potente gruppo criminale della regione Kokang, nello Stato Shan del nord del Myanmar, coinvolto nei commerci illeciti legati ai centri per le truffe online, una questione a cui Pechino da tempo sta rispondendo con una dura repressione.   Secondo i media cinesi, il Tribunale intermedio di Wenzhou, nella provincia orientale di Zhejiang, ha riconosciuto colpevoli 39 imputati per 14 reati, tra cui frode, omicidio e lesioni volontarie. Le condanne sono state differenziate: 11 imputati hanno ricevuto la pena capitale immediata, cinque la condanna a morte con sospensione di due anni, 11 l’ergastolo e gli altri pene comprese tra i cinque e i 24 anni di carcere.   Per alcuni sono state inoltre disposte anche multe e la confisca dei beni.

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L’accusa ha ricostruito che, a partire dal 2015, la famiglia Ming ha sfruttato la propria influenza nella regione Kokang per costituire una fazione armata e creare diversi «parchi» composti da edifici dediti alle truffe online. I gruppi armati hanno stretto alleanze con altre bande per fornire protezione alle attività illecite del clan: truffe telefoniche, traffico di droga, prostituzione, gestione di casinò e giochi d’azzardo online. I proventi stimati da frodi e gioco d’azzardo superano i 10 miliardi di yuan, circa 1,4 miliardi di dollari, secondo l’accusa.   Al centro del processo è finita in particolare la «Crouching Tiger Villa», una base utilizzata per le truffe online di proprietà di Ming Xuechang, patriarca della famiglia. Il 20 ottobre 2023 le guardie del complesso aprirono il fuoco contro lavoratori che cercavano di fuggire: fra le vittime vi furono 14 cittadini cinesi, alcuni dei quali – secondo indiscrezioni non verificate – erano agenti di sicurezza sotto copertura inviati da Pechino.   Tra i condannati a morte figurano anche il figlio di Ming Xuechang, Ming Xiaoping (noto anche come Ming Guoping), e la nipote, Ming Zhenzhen. Non compare invece la figlia, Ming Julan, il cui arresto era stato annunciato in un primo momento ma non confermato nella successiva comunicazione ufficiale da parte della giunta birmana.   Il patriarca Ming Xuechang, 69 anni, era stato arrestato nel novembre 2023 insieme ad altri membri della famiglia, nel quadro della pressione esercitata da Pechino sul Myanmar per smantellare i sindacati criminali del Kokang.Secondo le autorità di Naypyidaw, Xuechang si sarebbe sparato durante l’arresto ed è morto in seguito per le ferite riportate. In passato era stato membro della Zona a statuto speciale del Kokang e deputato del parlamento statale dello Shan per l’Union Solidarity and Development Party (USDP), partito legato ai militari birmani.   Il caso della famiglia Ming si inserisce nella vasta campagna lanciata da Pechino contro le truffe telefoniche transnazionali. Il ministero della Pubblica sicurezza ha dichiarato che, solo nel periodo del 14° Piano quinquennale (2021-25), la polizia cinese ha risolto 1,74 milioni di casi di frode, smantellato oltre 2mila centri di truffe all’estero e arrestato più di 80mila sospetti.   In parallelo, anche la milizia legata a Pechino che controlla il Wa State, un’area anch’essa al confine tra Cina e Myanmar, ha di recente intensificato i rimpatri forzati verso la Cina: solo negli ultimi nove mesi sono state deportate 448 persone sospettate di frodi online, in una dozzina di operazioni coordinate con Pechino.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Internet

Israele paga gli influencer 7000 dollari a post sui social media USA

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Israele ha finanziato influencer per pubblicare contenuti sui social media al fine di migliorare la propria immagine negli Stati Uniti. Lo riporta la testata online Responsible Statecraft.

 

Come riportato da Renovatio 21, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha recentemente evidenziato l’importanza dei creatori di contenuti per mantenere il supporto allo Stato Ebraico, incontrando, a margine della sua problematica apparizione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, gli influencer filosionisti.

 

Martedì, Responsible Statecraft ha riportato che documenti presentati in conformità al Foreign Agents Registration Act (FARA) degli Stati Uniti hanno svelato i dettagli di una «campagna di influencer» gestita da una società di consulenza con sede a Washington che collabora con il ministero degli Esteri israeliano.

 

Le fatture inviate ad un gruppo mediatico tedesco, che coordina la campagna, indicano un finanziamento di 900.000 dollari tra giugno e novembre 2025 per un gruppo di 14-18 influencer. I documenti stimano tra 75 e 90 post in quel periodo, con un costo per post tra 6.143 e 7.372 dollari, secondo Responsible Statecraft. Non è stato reso noto quali influencer siano coinvolti.

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La società statunitense avrebbe coinvolto un ex portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e un ex rappresentante della società israeliana di spyware NSO Group, produttrice del celeberrimo software-spia per smartphone Pegasus.

 

La settimana scorsa, Netanyahu ha dichiarato in una conferenza stampa che è essenziale rafforzare la «base di sostegno di Israele negli Stati Uniti» attraverso gli influencer, soprattutto su piattaforme come TikTok – di cui si è beato per l’acquisto da parte del miliardario filo-israeliano Larry Ellison – e X, posseduto dall’«amico» Elone Musk.

 

La campagna d’immagine di Israele si colloca in un contesto di diminuzione del sostegno negli Stati Uniti, in particolare riguardo alla guerra di Gaza. Un recente sondaggio del New York Times ha rivelato che il 60% degli americani ritiene che Israele debba porre fine al conflitto, e più della metà si oppone a ulteriori aiuti economici e militari allo Stato degli ebrei .

 

Alcuni legislatori, come la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, hanno definito la situazione a Gaza un «genocidio» e si sono opposti a ulteriori aiuti a Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, pur continuando a sostenere Israele, ha recentemente ammesso che l’influenza della lobby israeliana, che un tempo aveva un «controllo totale» sul Congresso, è diminuita.

 

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