Geopolitica
Gli Stati Uniti ritirano le truppe dalla Siria
Gli Stati Uniti hanno iniziato a ritirare le truppe dalla Siria, dove erano stanziate senza il consenso di Damasco dal 2014. Lo riportano il New York Times e l’Associated Press, citando fonti governative.
Secondo il NYT, l’esercito statunitense prevede di chiudere tre delle sue otto basi operative nel Nord-Est della Siria e di ridurre il numero di truppe da 2.000 a circa 1.400. Le basi che dovrebbero essere chiuse sono il Mission Support Site Green Village, la MSS Euphrates e una struttura più piccola, il cui nome non è stato reso noto. Tra due mesi, i comandanti dovrebbero rivalutare la necessità di ulteriori tagli. Fonti hanno riferito al quotidiano che i comandanti hanno raccomandato di mantenere almeno 500 soldati.
L’Associated Press, citando fonti proprie, ha segnalato tagli leggermente più consistenti, il che suggerisce che rimarranno meno di 1.000 soldati statunitensi.
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Secondo quanto riferito, coloro che sono rimasti continueranno a supportare le Forze Democratiche Siriane (SDF) a guida curda nelle operazioni antiterrorismo e nella gestione dei campi di detenzione.
Secondo alcune fonti, il ritiro segue le raccomandazioni dei comandanti di terra e ha ricevuto l’approvazione del Pentagono e del Comando Centrale degli Stati Uniti. Né il Pentagono né la Casa Bianca hanno confermato ufficialmente il ritiro.
Le forze americane sono di stanza in Siria dal 2014 con la missione dichiarata di combattere l’ISIS. Mentre le stime precedenti indicavano il numero di truppe intorno alle 900 unità, il Pentagono ha rivelato l’anno scorso che erano presenti circa 2.000 persone.
L’annuncio è arrivato poco dopo che il presidente siriano Bashar al-Assad è stato deposto da una coalizione di gruppi armati guidata dalla fazione islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), con il leader di HTS Ahmed al-Sharaa che ha assunto il controllo. La rimozione di Assad ha scatenato nuovi disordini , tra cui una rivolta tra la minoranza alawita che ha causato centinaia di morti.
Sia Damasco che Mosca hanno ripetutamente condannato la presenza statunitense in Siria, definendola un’occupazione illegale. L’ex governo siriano ha accusato Washington di sfruttare le risorse petrolifere del Paese, poiché la maggior parte delle basi statunitensi si trova nelle regioni del Nord-Est ricche di petrolio.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Assad si è spinto a dire di avere le prove che terroristi islamisti siano addestrati sul territorio della base militare americana (illegalmente presente su territorio siriano) di Al-Tanf.
Già nel 2022 l’Intelligence russa accusava gli Stati Uniti di addestrare militanti ISIS in Siria per la guerra ucraina. I miliziani takfiri consumerebbero così il loro desiderio di vendetta nei confronti dei russi. L’ISIS, ancora presente sul territorio, un anno fa ha ucciso a Palmira 14 soldati siriani.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso il ministro degli Esteri russo Sergio Lavrov ha affermato che la presenza militare statunitense nelle province siriane ricche di petrolio, nonché le paralizzanti sanzioni economiche imposte nel corso degli anni, hanno contribuito alla caduta dell’ex presidente Bashar Assad.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva già espresso scetticismo riguardo al mantenimento delle truppe in Siria. Durante la caduta di Damasco a dicembre, aveva scritto sui social media: «La Siria è un disastro, ma non è nostra amica. Non dovremmo averci niente a che fare».
Come riportato da Renovatio 21, il ritiro di Trump dalla Siria era pianificato ancora mesi fa appena entrato in carica.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato si erano diffuse voci di violenti scontri tra l’esercito siriano e forze americane e dei curdi filoamericani. Tensioni si erano registrate anche due mesi fa, mentre a marzo le basi americane erano state attaccate da missili.
Sempre a inizio anno l’allora Capo di Stato Maggiore USA Mark Milley aveva visitato le truppe americane che occupano parte della Siria. Milley, come noto, è stato recipienti pochi giorni fa di una grazia preventiva da parte del presidente uscente Joe Biden.
Come riportato da Renovatio 21, una anno fa milizie irachene avevano lanciato attacchi con droni alla guarnigione USA di stanza nella controversa base siriana citata come centrale del terrore da Assad. Ulteriori scontri si erano registrati presso Deir ez Zor, luogo di occupazione USA ricco di petrolio.
Bombardamenti ritorsivi da parte dell’aviazione statunitense si sono avuti in queste settimane, l’ultimo a dicembre 2024. Il Pentagono sostiene che i raid aerei sono attacchi a quelli che sostiene siano «proxy iraniani» in Siria.
Milizie arabe avevano attaccato gli americani in Siria ancora mesi fa.
Gli Stati Uniti mantengono una forza di circa 900 militari in Siria, mantenendo un’impronta nel Paese dilaniato dalla guerra dal 2016. Tuttavia, la loro presenza laggiù non ha legalità, non avendo acquisito né il permesso di Damasco né un mandato da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
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A marzo 2023 il deputato della Florida Matt Gaetz aveva tentato inutilmente di far votare una risoluzione – War Powers (H.Con.Res.21) – per la rimozione delle truppe statunitensi dalla Siria. «Il presidente dei capi di Stato maggiore Mark Milley ha fatto una rara visita senza preavviso in Siria sabato» aveva detto il giovane rappresentante floridiano «che è stato il suo primo viaggio in quel luogo come massimo generale americano. Lo scopo era quello di riaffermare la presenza e la missione delle truppe statunitensi lì, anche se il pubblico si è in generale stancato dei coinvolgimenti militari stranieri».
È noto che, nonostante vi siano soldati USA morti, la maggior parte degli americani è completamente all’oscuro del fatto che la Casa Bianca abbia dispiegato truppe per occupare parte della Siria negli ultimi otto anni.
Gaetz, avversato fortemente dalla lobby ebraica, era stato nominato a capo del dipartimento di Giustizia, ma ha rinunziato a causa di uno scandalo – latente da anni – di natura sessuale.
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Geopolitica
Attacco aereo pakistano uccide nove bambini afghani
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Geopolitica
Trump pronto a parlare con Maduro
Il presidente statunitense Donald Trump intende avviare un dialogo diretto con il presidente venezuelano Nicolás Maduro, nonostante la recente designazione di quest’ultimo come capo di un’organizzazione terroristica straniera da parte di Washington. Lo riporta Axios citando fonti dell’amministrazione.
Gli USA hanno ufficialmente etichettato il «Cartel de los Soles» – una presunta rete criminale operante all’interno dei servizi segreti venezuelani – come entità terroristica straniera, equiparandolo ad Al-Qaeda e all’ISIS. L’annuncio è arrivato lunedì dal Dipartimento del Tesoro, che ha ribadito le accuse di lunga data secondo cui Maduro – la cui legittimità è contestata da Washington – dirigerebbe il gruppo.
Sempre secondo Axios, questa mossa di Trump segna un’inversione di rotta nella sua «diplomazia delle cannoniere» verso il Venezuela e potrebbe segnalare che, nel breve termine, sono improbabili attacchi missilistici o operazioni terrestri americane.
«Nessuno ha intenzione di sparargli o rapirlo, a questo punto. Non lo escluderei mai, ma non è il piano attuale», ha confidato ad Axios un funzionario anonimo al corrente dei fatti. «Nel frattempo, faremo saltare in aria le imbarcazioni che trasportano droga. Fermeremo il traffico di stupefacenti», ha aggiunto.
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Non è ancora stata fissata una data per la possibile telefonata tra Trump e Maduro, che è «in fase di pianificazione», ha precisato un’altra fonte USA.
La decisione giunge dopo quasi due mesi di raid aerei americani su piccole navi al largo delle coste venezuelane, che il Pentagono descrive come operazioni contro il «narcoterrorismo» e che hanno causato circa 80 morti.
Il termine «Cartello dei Soli» è emerso negli anni Nonvanta per la presunta corruzione tra ufficiali venezuelani che ostentavano spalline a forma di sole. Nel 2020, durante il primo mandato di Trump, gli USA hanno incriminato Maduro e 14 alti funzionari (attuali o ex) per narcotraffico e criminalità organizzata, accusandoli di gestire collettivamente la rete. Maduro ha sempre smentito le imputazioni e ha avvertito Washington contro una «guerra folle».
Secondo indiscrezioni, Trump ha anche autorizzato una serie di misure per incalzare Caracas e prepararsi a un’eventuale campagna militare su scala più ampia, inclusi operazioni clandestine della CIA contro il regime di Maduro.
Caracas ha denunciato l’accrescimento della presenza militare USA come un’aggressione alla sovranità nazionale e un tentativo di golpe, ponendo le sue forze in allerta massima. Maduro, dal canto suo, ha dichiarato che il Venezuela è pronto a negoziati «faccia a faccia» con Washington.
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Geopolitica
Candace Owens afferma che il governo francese ha dato il «via libera» al suo assassinio
🚨 URGENT Two days ago I was contacted by a high-ranking employee of the French Government. After determining this person’s position and proximity to the French couple, I have deemed the information they gave me to be credible enough to share publicly in the event that something…
— Candace Owens (@RealCandaceO) November 22, 2025
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