Internet
Gli scienziati: mentre si sta sui social si entra in uno «stato dissociativo»
Un recente studio dell’Università di Washington ha tracciato la quantità di «dissociazione quotidiana» (che dicono essere di tipo «non traumatico») in cui ci spostiamo mentre ci muoviamo o svolgiamo compiti banali che non richiedono la nostra piena attenzione. Lo riporta Futurism.
Il fenomeno, si è scoperto, è pienamente assimilabile allo stato in cui si trovano gli utenti dei social media.
Nel 2020 l’autrice principale dello studio Amanda Baughan ha avuto l’idea di un’app che si collega agli account Twitter degli utenti e poi chiede loro di a intervalli, prima dopo tre minuti e poi di nuovo ogni 15′, se ricordavano ciò che avevano appena letto.
Il team di ricercatori ha creato l’app, che hanno chiamato Chirp, e ha reclutato utenti di Twitter che la hanno usata per un mese «come un modo per misurare la dissociazione».
L’app ha chiesto ai partecipanti allo studio di valutare su una scala quanto fossero fortemente d’accordo con una dichiarazione che diceva «Sto attualmente usando Chirp senza prestare attenzione a ciò che sto facendo».
Nel corso dello studio della durata di un mese, presentato alla conferenza CHI del 2022 il 42% dei partecipanti ha affermato almeno una volta di essere «fortemente d’accordo» con l’affermazione e, nelle interviste con alcuni dei soggetti, circa il 16% ha affermato di aver sperimentato una dissociazione quando utilizzando l’app.
«Le piattaforme di social media sono progettate perché la gente faccia scrolling», ha affermato la Baughan. «Quando siamo in uno stato dissociativo, abbiamo un ridotto senso dell’agire, che ci rende più vulnerabili a quei progetti e perdiamo la cognizione del tempo».
«Queste piattaforme devono creare un’esperienza in modo che le persone possano adattarsi alla loro giornata con i loro obiettivi di gestione del tempo».
È altamente improbabile, tuttavia, che i colossi dei social – di cui sono spesse volte emersi i gravissimi problemi etici con scoop, scandali e pure interrogazioni del Congresso USA – cambieranno le loro piattaforme e i loro sistemi di interfaccia, profondamente progettati per far restare le persone incollate allo schermo attraverso la stimolazione della dopamina.
Come noto, i social media generano dipendenza e generalmente evidenti danni (come la depressione o l’inclinazione all’anoressia) nella psiche degli utenti.
Come riportato da Renovatio 21, Facebook ha lavorato a lungo ad un dispositivo per leggere direttamente la mente dei suoi utenti. In apparenza ora il progetto sarebbe stato fermato… Le informazioni che l’azienda di Mark Zuckerberg ha riguardo ai nostri cervelli sono di per sé già sufficienti.
La questione è semplice: al potere costituito, di cui ora l’oligarcato tecnologico è parte integrante (perfino in sede elettorale), serve esattamente una popolazione dissociata, narcotizzata in uno stato di stupore continuo, buona per essere manipolata a fare qualsiasi cosa – compreso accettare il cambiamento della propria biochimica molecolare.
Internet
Tagliato anche il cavo internet che collega Svezia e Finlandia
Un cavo in fibra ottica che collega Svezia e Finlandia sarebbe stato danneggiato in due luoghi separati.
Tuttavia, la polizia finlandese ha dichiarato martedì che «non c’è motivo di sospettare alcuna attività criminale» in relazione all’incidente.
Il ministro della Difesa civile svedese Carl-Oskar Bohlin aveva ipotizzato in precedenza, nel corso della giornata, che l’incidente potesse essere stato un atto deliberato, citando le circostanze che hanno caratterizzato il danno.
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Tuttavia, la compagnia di telecomunicazioni finlandese Elisa ha successivamente confermato che almeno una delle violazioni era stata causata da lavori di costruzione.
Martedì sono emerse notizie di due tagli, entrambi avvenuti sul suolo finlandese. Il taglio del cavo, che collega i Paesi nordici, ha interrotto i servizi Internet per migliaia di famiglie e aziende nella Finlandia meridionale.
Global Connect, l’operatore della linea, ha riferito che circa 6.000 famiglie e 100 aziende sono state colpite dall’interruzione. Una delle falle è stata riparata durante la notte, mentre i lavori sulla seconda erano ancora in corso.
I media svedesi, tra cui SVT e Aftonbladet, hanno inizialmente affermato che la polizia finlandese stava indagando sui danni come un potenziale atto criminale. Tuttavia, le autorità finlandesi hanno in seguito chiarito che non era in corso alcuna indagine sull’incidente.
«Contrariamente a quanto riportato dai media, la polizia finlandese non ha in corso alcuna indagine penale sui danni al cavo in fibra ottica tra Finlandia e Svezia», ha affermato un portavoce.
Nonostante ciò, Bohlin ha sostenuto che potrebbe trattarsi di sabotaggio, affermando che «a causa delle circostanze che hanno circondato quanto accaduto, si sospetta un sabotaggio».
Jaakko Wallenius, direttore della sicurezza presso Elisa, ha confermato a Helsingin Sanomat che una delle rotture era stata causata da un escavatore durante i lavori di costruzione. L’incidente, ha detto, è stato segnalato tempestivamente ed è stato considerato un «incidente del tutto ordinario».
Anche Niklas Ekstrom, responsabile delle comunicazioni presso Global Connect, ha attribuito una delle interruzioni alle attività di costruzione, mentre la causa della seconda violazione è ancora in fase di accertamento.
Si tratta, ad ogni modo, di un ulteriore incidente ai grandi cavi internet internazionali nell’ultimo anno, con alcuni incidenti nella regione che hanno sollevato sospetti di sabotaggio.
Come riportato da Renovatio 21, ad ottobre, due cavi sottomarini che collegavano Finlandia, Germania e Lituania sono stati danneggiati nel Mar Baltico, spingendo il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius a suggerire la possibilità di un sabotaggio deliberato. Per l’incidente è stata in seguito accusata una nave cinese.
L’Internet globale poggia su un sistema di cavi sottomarini, alcuni dei quali posti da giganti come Facebook e Google.
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Come riportato da Renovatio 21, a inizio 2024 si era ipotizzato che un improvviso crash di vari siti internet, tra cui Facebook, potesse essere stato causato da cavi sottomarini nel Mar Rosso tranciati dagli Houthi.
Parte del traffico può passare dai satelliti, soprattutto ora grazie allo Starlink di Elon Musk. Tuttavia, tutte le potenze spaziali hanno raffinato in questi anni le proprie armi anti-satellite (ASAT), e Paesi come Cina, Russia e Israele hanno già minacciato di tirare giù la costellazione di satelliti di comunicazione eloniana.
Come ribadito da Renovatio 21, in caso di guerra la perdita delle infrastruttura, in primis quella informatica, è da mettere in conto per tutti quanti.
Come riportato da Renovatio 21, diversi organi di informazione hanno riferito che vari Paesi nordici hanno pubblicato informazioni in cui consigliano le loro popolazioni su come prepararsi a una possibile guerra o ad altre crisi inaspettate.
Settimane fa un rapporto UE pubblicato dall’ex presidente finlandese Sauli Niinisto invitava i cittadini europei ad iniziare ad accumulare scorte di beni sufficienti per tre giorni, per essere pronti a fronteggiare potenziali disastri, tra cui un conflitto nucleare.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Internet
L’Australia vieta l’uso dei social media ai minori di 16 anni
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Arte
L’Italia del rock vaccinaro, amico della censura
Ci tocca di vedere anche questa. Legioni dei facenti parti della un tempo detta «musica ribelle» nazionale – quello che chiamano, sorvolando la contradictio in adjecto, «Rock italiano» – hanno deciso, in un coraggio annunziato urbi et orbi, di abbandonare la piattaforma social X, già nota come Twitter.
Eh sì, alcuni noti personaggi dello star system italiota, ritenendo il nuovo proprietario Elon Musk un figuro cattivo e illiberale, in ispecie dopo che è stato organicamente assorbito dalla sfera trumpiana, hanno cancellato i propri account X, lasciandoci senza più i loro rockettissimi «cinguettii digitali».
Una presa di posizione decisa da parte degli eroi della musica leggera, una scelta forte e irrevocabile contro il nuovo padrone, il tiranno Elon. Il quale, di fatto, ha semplicemente reso più libera la piattaforma, licenziando l’80% della forza lavoro (il sito va meglio di prima: cosa faceva tutta quella gente?) e reintegrando le persone che erano state espulse, talvolta solo per un pronome sbagliato, di fatto svincolandolo dalle mannaje censorie della gestione precedente, che il Musk ha paragonato, senza scherzare, alla Pravda dei tempi sovietici.
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I paladini della sedicente «musica ribelle», quindi parrebbe di capire della libertà di espressione, non ci stanno. Ecco che i vari Piero Pelù, Elio e le storie tese, Nicola Piovani e il redivivo scrittore Roberto Saviano (ma dove lo avevano messo?), solo per citarne qualcuno, se ne vanno dal social muskiano. Sono gli stessi che non pare abbiano mosso un dito quando, con un arbitrio totalitario, venivano chiusi i profili utenti sgraditi alla ditta. Ricordate quel tempo? È stato poco fa…
Che il vero confronto, la vera libertà di espressione – o semplicemente le opinioni terze – siano per alcuni così intollerabili? Perché poi? Perché possono minare le granitiche convinzioni politicamente corrette? Perché sono abituati a vedere l’ecosistema dei media (social, allineati con TV, giornali, cinema, tutto) ripetere sempre e solo la loro versione?
Vogliamo ricordarci di come alcuni degli indomiti idoli del rock nell’era pandemica schernivano chi non la pensava come loro, chi nutriva qualche ragionevole dubbio sull’efficacia delle mascherine, sul beneficio incondizionato dei lockdown e sulla magia salvifica del «santo siero» anti-COVID.
Tutti, in coro monofonico, lodarono il vaccino attraverso i propri canali social e finanche urlandolo ai propri concerti con quel fare spocchioso o di chi stava facendo la cosa giusta e doveva indottrinare i dissidenti.
Come l’osannato rocker di Zocca, Vasco Rossi – per il quale lo scrivente nutre una passione musicale profonda – che a metà del brano Eh… già inserito nel suo ultimo CD dal vivo canta i seguenti versi: «Eh già, ormai io sono vaccinato sai. Tre volte!».
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Le ugole filopandemiche non si sono risparmiate nel bio-catechismo dei loro fan. Di più: in alcuni casi VIP dello spettacolo avrebbero anche incitato, tramite i loro account social, a segnalare i propri vicini di casa che non si allineavano ai diktat di Stato, come un noto attore romano figlio d’arte ci ha insegnato.
All’estero, come in Italia, gli impavidi rockettari, aderirono in massa al pensiero unico dominante. I tanto eclettici Kiss, per voce del bassista e cantante Gene Simmons definì «nemici» coloro che rifiutano il vaccino. «Non mi importa delle tue convinzioni politiche», disse il Simmons proprio quando lui e il compagno di band, Paul Stanley, sono risultati positivi al coronavirus nonostante si sottoposero a vaccinazione.
Anche gli Offspring – band punk-rock californiana assai nota a metà degli anni Novanta – si omologarono alle «regole pandemiche» del tempo, allontanando il loro batterista, Pete Parada, perché non vaccinato.
Fortunatamente la musica non è solo questa masnada di attempati che si aggrappano a una golden age musicale a cui non appartengono più, ma è anche ben altro. E’ il grido di un rocker libero, Eric Clapton – il quale ancora sa stupirci accarezzando le sei corde – che tra i primi ha denunciato i danni da vaccino, avendoli subiti in prima persona.
Il chitarrista infatti si scagliò contro la propaganda sulla sicurezza dei vaccini COVID. «Non avrei mai dovuto avvicinarmi alla siringa, ma la propaganda diceva che il vaccino era sicuro per tutti». «Sono stato un ribelle per tutta la vita, contro la tirannia e l’autorità arrogante, che è quello che abbiamo ora», ha aggiunto il Clapton. Clapton ha affermato che la psicosi da formazione di massa ha persino colpito i suoi colleghi, amici e familiari.
Il bluesman criticò i media definendoli «traffico a senso unico nel seguire gli ordini e l’obbedienza» per il suo ruolo nello spingere le vaccinazioni e le restrizioni sociali draconiane. A memoria mia, non ricordo nessuna delle nostre leggende musicali nostrane che abbia «twittato» un qualcosa a favore del cantautore britannico.
Il cantante britannico Richard Ashcroft, noto come frontman del gruppo The Verve, tre anni orsono annullò un’apparizione programmata ad un festival musicale dopo che gli organizzatori decisero di inserire l’evento nell’Events Research Program del governo, ossia un circuito di eventi dove potevano entrare solo coloro che avrebbero esibito prova del fatto di essere stati doppiamente inoculati o siano risultati negativi al COVID. Tutto questo era troppo per Ashcroft, che una volta resosi conto, si ritirò immediatamente dal Festival inglese. Ashcroft ha sottolineato il suo rifiuto di far parte di qualsiasi «esperimento governativo» o eventi che impongono restrizioni.
Il cantante Van Morrison criticò apertamente il ministro nordirlandese riguardo alle politiche di restrizione COVID, beccandosi una bella denuncia dal politico in questione.
Purtroppo, nel Belpaese nessuno ha fatto come il Morrison o come Clapton, tranne rari casi di cantanti che già erano stati estromessi dal mainstream musicale per altre ragioni.
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Gli eterni frequentatori dei salotti buoni della discografia italiana sono stati solerti a cancellare gli account segnalandolo con indomita fierezza nei propri Facebook e Instagram, dimenticando una cosa fondamentale per chi dovrebbe interessarsi alla libertà e alla libertà di espressione: il CEO di Meta – azienda che detiene Facebook e Instagram – Mark Zuckerberg, ha recentemente ammesso che l’amministrazione Biden ha fatto pressione sulle sue aziende di social media «per censurare determinati contenuti sul COVID-19» e che era sbagliato censurare la storia del laptop di Hunter Biden.
In una lettera indirizzata al presidente della commissione giudiziaria della Camera lo Zuckerberg ha scritto che «nel 2021, alti funzionari dell’amministrazione Biden, inclusa la Casa Bianca, hanno ripetutamente fatto pressione sui nostri team per mesi affinché censurassero determinati contenuti sul COVID-19, tra cui umorismo e satira, e hanno espresso molta frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo».
Alla fine, la decisione se rimuovere o meno i contenuti è stata nostra, e siamo responsabili delle nostre decisioni, comprese le modifiche relative al COVID-19 che abbiamo apportato alla nostra applicazione in seguito a questa pressione», ha dichiarato il giovane ultramiliardario, sulla cui piattaforma continua a ballare senza problemi il rock de noaltri.
Quindi, vorrei ricordare sommessamente a lor signori che la censura applicata, almeno per il momento, non alberga su X, bensì sta altrove. Questa pletora di «ex cinguettatori» su X credo alla fine non ci mancherà molto.
La «vita spericolata», credete, non sta negli hub vaccinali, né sui social di Zuckerberg.
Francesco Rondolini
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