Riprogenetica
Genetica: il Vaticano non intende perdere il treno

Renovatio 21 ripubblica questo articolo di FSSPX.news. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La Santa Sede ha appena organizzato un simposio senza precedenti sull’ingegneria molecolare e cellulare. L’obiettivo: mantenere sotto controllo una scienza in continua evoluzione, che richiede lo sviluppo e l’aggiornamento di solide tutele etiche per gli scienziati.
«Questa scienza avanza come un treno in corsa: invece di lamentarci, dobbiamo riprendere il controllo, salire su questo treno, intervenire e, se necessario, fargli cambiare binari». Per Ralf Stutzki, capo del polo etico del dipartimento di ingegneria molecolare dell’Università di Basilea (Svizzera), è urgente che la Chiesa aiuti i ricercatori a formulare standard etici che guidino il loro lavoro.
Questo è tutto il senso del primo convegno internazionale sull’etica dell’ingegneria della vita, organizzato congiuntamente dalla Pontificia Accademia per la Vita e dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù, il 26 e 27 settembre 2022.
Per affrontare gli aspetti etici dell’ingegneria molecolare e cellulare, il simposio ha riunito professori di etica e filosofia, nonché scienziati coinvolti nella modifica e nel sequenziamento del genoma umano.
Nella sua premessa, Mons. Vincenzo Paglia, presidente dell’Accademia – contestato per alcune posizioni progressiste – ha affermato che l’obiettivo di questo incontro è stato quello di riflettere sugli sviluppi scientifici e tecnologici di oggi, in particolare nell’area della vita e della salute .
Attualmente, con l’obiettivo di curare patologie molto diverse, la ricerca è riuscita a fabbricare microtessuti cellulari da cellule staminali adulte o embrionali: in quest’ultimo caso, la Chiesa si oppone a questa pratica perché comporta la distruzione dell’embrione, mentre sostiene la ricerca sulle cellule staminali adulte a scopo terapeutico.
Ma l’era digitale sta spostando il cursore sempre più lontano, come spiega nel suo discorso Hans Clever, genetista olandese, direttore della ricerca farmaceutica e sviluppo precoce (pRED) presso Roche, una potente azienda farmaceutica con sede in Svizzera.
Infatti, mentre gli scienziati superano gli standard etici e lavorano sulle cellule staminali embrionali, ora riescono a creare «embrioni», cioè strutture che sembrano un embrione, ma che sono prive di alcune cellule essenziali per superare questa fase iniziale.
Per Hans Clever «man mano che la ricerca avanza, questi ’embrioni’ avranno tutte le proprietà di embrioni veri, il che solleverà nuove questioni etiche, ed è qui che abbiamo bisogno di linee guida davvero solide».
Presente al colloquio, Marie-Jo Thiel, dottoressa che insegna etica all’Università di Strasburgo, ha ricordato l’«importante contributo» che la teologia cattolica può e deve dare in questo ambito specialistico: «I valori e l’etica non sono limiti o barriere all’innovazione e al cambiamento; rappresentano una bussola che indica la migliore direzione per un futuro sostenibile», ha affermato.
Hans Clever riassume bene il problema: secondo lui, è urgente «coinvolgere specialisti di etica nelle riunioni dei ricercatori, perché questi ultimi non sono in grado di fare un passo indietro, volendo andare sempre oltre per vedere cosa succede con il prossimo passo».
Anche a costo di sbattere contro il muro: «la scienza senza coscienza è solo rovina dell’anima», avvertiva già a suo tempo Rabelais. Resta da vedere se l’eco di questo simposio nel mondo scientifico sarà all’altezza delle speranze dei suoi organizzatori.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news
Riprogenetica
Scienziati cinesi stanno sviluppando robot con uteri artificiali

Gli scienziati stanno sviluppando robot surrogati dotati di uteri artificiali, progettati per «dare alla luce» bambini umani.
Questi uteri artificiali sono progettati per imitare una gravidanza dal concepimento al parto, con il neonato che riceve i nutrienti attraverso un tubo.
Lo scienziato cinese Zhang Qifeng, fondatore dell’azienda Kaiwa Technology, ha affermato che la tecnologia è già in una «fase matura» e che un prototipo sarà venduto per 100.000 yuan (circa 11.986 euro) l’anno prossimo.
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«Ora deve essere impiantato nell’addome del robot in modo che una persona reale e il robot possano interagire per ottenere una gravidanza, consentendo al feto di crescere al suo interno», ha affermato Zhang.
Secondo quanto riportato dai media, i dettagli su come esattamente un embrione umano verrebbe creato e successivamente impiantato nella macchina rimangono poco chiari. Tuttavia, è probabile che ciò implichi una qualche forma di fecondazione in vitro.
I bambini in via di sviluppo rimarrebbero all’interno del robot per l’intero periodo di gestazione e sarebbero circondati da liquido amniotico artificiale, progettato per creare un’atmosfera simile a quella di un utero.
Si dice che il robot sia destinato a contrastare l’aumento dei tassi di infertilità in Cina e altrove.
Il Telegraph ha affermato che gli uteri artificiali «potrebbero rivoluzionare la scienza medica e le nostre nozioni di famiglia e fertilità», ammettendo implicitamente che rappresentano un attacco alla famiglia naturale con il bambino «privato» dell’utero naturale della madre. Nell’articolo si dice che esperti medici sollevano dubbi sulla possibilità che l’utero artificiale possa replicare la gestazione umana, sottolineando che i complessi processi biologici, come la secrezione ormonale materna, non possono essere replicati dai robot.
È citato inoltre il fatto che il nascituro e la madre si scambiano cellule durante la gravidanza, in un processo chiamato microchimerismo fetale – con alcune cellule del bambino che si attaccano, per sempre, a parti del corpo della madre, come il cuore. Il trasferimento probabilmente aiuta il sistema immunitario del bambino, esponendolo ai fattori immunitari materni e, quindi, riducendo potenzialmente il rischio di malattie autoimmuni.
I neonati iniziano a riconoscere la voce della madre già nel grembo materno, favorendo il legame, la regolazione emotiva e lo sviluppo del linguaggio.
L’utero artificiale – detto anche ectogenesi – è oramai inevitabile, come peraltro teorizzato da pionieri del pensiero genderista come Shulamith Firestone, con il femminismo radicale a sognare la riproduzione extraumana (cioè, privata della femmina, della madre) come liberazione definitiva dalla tirannia del Patriarcato – quasi a dimostrare che la rivolta è, in ultima analisi, contro la natura stessa.
Lo studio della tecnologia ectogenetica procede anche con fondi dell’Unione Europea. Tre anni fa in Inghilterra è nato un bambino a seguito un innesto di tessuto ovarico, cosa che potrebbe far presagire avanzamenti nella tecnologia di questo tipo. Quattro mesi fa ricercatori israeliani hanno prodotto in un utero artificiale un embrione di topo peraltro derivato da cellule staminali e non da gameti.
A fine 2022 cominciò a circolare in rete un video che mostrava un impianto avveniristico di uteri artificiali. Il video, che assomiglia vagamente a quanto visto più di 20 anni fa in Matrix, mostra centinaia di capsule tecnologiche dove i piccoli esseri umani crescono come in una gestazione nel grembo materno. La madre qui, è la macchina, l’industria, il sistema.
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Come riportato da Renovatio 21, l’industria dell’utero in affitto ucraina è già pronta a saltarci sopra, con il fondatore della prima clinica di riproduzione artificiale e uteri affittati dell’Ucraina che ha dichiarato che l’ectogenesi sarà realtà tra 5-7 anni.
Non sappiamo dire quanti allocchi pro-vita finiranno nella trappola che offrirà l’utero artificiale: niente più aborti, con l’embrione che verrà semplicemente trasferito in una capsula industriale e portato a termine, per divenire cosa non sappiamo, ma lo sanno ancora meno i prolife ebeti che hanno accettato la catastrofe dei bambini in provetta (in Italia, la legge 40/2004) senza nemmeno voler guardare dove il pendìo scivoloso li avrebbe portati.
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Genetica
Scienziati cinesi creano topi fertili con due «padri»

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Riprogenetica
Micro testicoli coltivati dagli scienziati in laboratorio

Alcuni scienziati sono riusciti a coltivare in laboratorio minuscoli organoidi di testicoli. Lo riporta il sito Futurism.
Il fenomeno apre la strada ad una riproduzione artificializzata a partire dalla stessa produzione dei gameti.
A febbraio l’Università israeliana Bar-Ilan ha annunciato in un comunicato stampa che i suoi ricercatori sono riusciti a far crescere con successo testicoli artificiali da cellule di topo in una capsula di Petri, in uno sviluppo che, dicono come sempre, potrebbe essere utilizzato in futuro per contribuire a curare l’infertilità maschile umana.
Come mostrano le riprese ravvicinate al microscopio degli organoidi, è evidente che hanno formato le strutture di base dei testicoli, compresi i tubuli attraverso cui passa lo sperma e anche il contorno oblungo generale dell’organo vero e proprio.
Sebbene questa non sia la prima volta che gli scienziati riescono a far crescere testicoli in laboratorio (è già successo almeno una volta, quando nel 2015 alcuni scienziati americani ne crearono una coppia in grado di produrre testosterone utilizzando cellule staminali umane per aiutare i soldati le cui gonadi erano rimaste ferite in combattimento), questo, secondo la vulgata transumanista degli scienziati, ultimo successo potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento dell’infertilità maschile.
La «scienza» quindi prevede di produrre spermatozoi da testicoli in vitro, aggiungendo un livello ulteriore all’artificio della riproduzione artificiale, usando come scusante il crollo della fertilità maschile registrato in questi anni.
Come riportato da Renovatio 21, ricerche oramai comprovate segnalano una tendenza allarmante: il numero di spermatozoi degli uomini è diminuito, i livelli di testosterone sono precipitati e la disfunzione erettile è in aumento.
Anche il cosiddetto «periodo COVID» ha influito negativamente su questa problematica già abbondantemente conclamata. Come se non bastasse, un nuovo studio ha concluso che la fertilità maschile è ridotta per diversi mesi dopo l’iniezione del vaccino COVID-19 a base mRNA.
Nonostante non se ne parli con la stessa frequenza dell’infertilità femminile, è comunque un problema molto serio: come spiega uno studio del 2015 pubblicato sul Journal of Human Reproductive Sciences, fino al 2% degli uomini in tutto il mondo presenta problemi di «spermatozoi non ottimali».
In un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz, la dottoressa Nitzan Gonen del Bar-Ilan, specialista nella determinazione del sesso del feto e direttrice dell’Istituto di nanotecnologia e materiali avanzati dell’istituto, ha espresso il desiderio di demitizzare le discussioni comprensibilmente imbarazzanti che circondano testicoli, sperma e infertilità maschile mentre lei e i suoi colleghi lavorano alla loro ricerca, pubblicata di recente sull‘International Journal of Biological Sciences.
«La scienza oggi riconosce più di 100 geni in cui le mutazioni possono causare l’inversione sessuale, ma pensiamo che questa sia solo la punta dell’iceberg», ha detto la Gonen. «E ora arriviamo al motivo per cui sono entrato in questo ramo di ricerca; stavamo cercando un sistema cellulare, un sistema in vitro, per studiarlo. Fino a quel momento non esisteva un sistema biologico per modellare il testicolo».
I ricercatori non sono ancora riusciti a far crescere i testicoli in vitro, né sono riusciti a fargli produrre sperma. Tuttavia, questo progresso segna la prima volta dalla 2015 che un’obiettivo simile viene raggiunto.
Il fine ultimo sembra quello di voler artificializzare non solo l’unione dei gameti, ma la produzione dei gameti stessi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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