Politica
FBI e media non credono nemmeno che Trump sia stato colpito da una pallottola

In una testimonianza resa mercoledì alla Commissione giudiziaria della Camera, direttore dell’FBI Christopher Wray ha detto ai legislatori che «ci sono alcuni dubbi sul fatto che sia stato un proiettile o una scheggia a colpire l’orecchio» del Trump quando un uomo armato ha aperto il fuoco su Trump durante un comizio elettorale all’inizio di questo mese.
La dichiarazione del Wray sembra convalidare le teorie circolate online dopo la sparatoria, secondo cui Trump sarebbe stato colpito da un pezzo di vetro rotto del suo gobbo e non dal proiettile del potenziale assassino.
La rivista Newsweek è uscita questa settimana con un articolo intitolato «Dopotutto, potrebbero non aver sparato a Donald Trump».
Donald Trump might not have been shot after all https://t.co/60KvtkhY1N pic.twitter.com/fObe2Jr3iG
— Newsweek (@Newsweek) July 25, 2024
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Il fact-checking tuttavia è facile e veloce: entrambi i teleprompter – i dispositivi di vetro che fungono da «gobbo» per i discorsi presidenziali – dopo l’incidente appaiono integri.
Apparently Newsweek thinks President Trump wasn’t shot.
If only there were photos of bullets and undamaged teleprompters that show otherwise. https://t.co/tGbx3FuYm8 pic.twitter.com/SEuY0AESkw— Brick Suit (@Brick_Suit) July 25, 2024
Dopo essersi sfogato con Wray sulla sua piattaforma Truth Social venerdì, Trump ha condiviso una lettera del suo medico, Ronny Jackson, che ha affermato che «non ci sono prove che si sia trattato di qualcosa di diverso da un proiettile» e che «il direttore Wray sbaglia e non è appropriato suggerire altro».
«Avendo prestato servizio come medico di medicina d’urgenza per oltre 20 anni nella Marina degli Stati Uniti… ho curato molte ferite da arma da fuoco nel corso della mia carriera», ha osservato il dottor Jackson.
In un articolo pubblicato ieri, il New York Times ha concordato con Jackson. «Un’analisi dettagliata delle traiettorie dei proiettili, dei filmati, delle foto e dell’audio del New York Times suggerisce fortemente che il signor Trump sia stato sfiorato dal primo degli otto proiettili sparati dall’uomo armato», ha affermato il giornale neoeboraceno.
«Un modello 3D del terreno del raduno più un’analisi della traiettoria mostrano che il proiettile ha viaggiato in linea retta dal killer agli spalti, colpendo Trump lungo il suo percorso. Ciò suggerisce che il proiettile non è stato deviato colpendo prima un oggetto che avrebbe poi spruzzato detriti sul signor Trump», ha spiegato il quotidiano di Nuova York.
L’uomo armato, il ventenne Thomas Matthew Crooks, ha ucciso uno spettatore e ne ha feriti altri due prima di essere colpito a morte dai cecchini dei servizi segreti. Prima di essere portato via dal palco dagli agenti dei servizi segreti, Trump si è alzato in piedi e ha alzato il pugno in aria, con l’orecchio visibilmente sanguinante e il viso rigato di sangue.
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A poche ore dall’attentato, il New York Times aveva pubblicato una foto di un suo fotoreporter, corredata da un articolo, che mostrava la pallottola viaggiare nell’aria poco prima di impattare con l’orecchio di Trump.
It was a BULLET! https://t.co/X3p0eU4y8T pic.twitter.com/td0be1MMgf
— Bella Dottore ???? (@GeenaJagger) July 27, 2024
Nei giorni successivi alla sparatoria, i repubblicani hanno duramente criticato il Secret Service per non aver messo in sicurezza il punto panoramico sul tetto di Crooks, nonostante si trovasse a circa 150 metri dal palco su cui si trovava Trump, e per aver apparentemente ignorato le segnalazioni di un Crooks armato che strisciava sul tetto pochi minuti prima di aprire il fuoco.
La direttrice del Secret Service Kimberly Cheatle si è dimessa martedì, un giorno dopo aver dichiarato al Comitato di vigilanza di essersi assunta la responsabilità del «più significativo fallimento operativo del Secret Service degli ultimi decenni».
«L’errore più grande che hanno fatto è stato lasciarmi andare», ha detto Trump a Fox News giovedì. «Non avrebbero dovuto lasciarmi salire sul palco. Diversi gruppi di persone sapevano che c’era qualche pazzo sul tetto».
Nei giorni successivi all’incredibile attentato nei circoli della sinistra anti-Trump sono sorte quantità di teorie della cospirazione – ribattezzate dai giornali BlueAnon, come se si trattasse di un QAnon ma in versione blu, cioè del Partito Democrat – che arrivano a dire che tutto era stato in realtà preparato a tavolino in un diabolico piano di Trump per guadagnare popolarità.
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Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

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Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.
A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.
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Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.
Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.
Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.
Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.
Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.
Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.
Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.
L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.
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Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.
Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.
Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.
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