Arte
Ezra Pound e i Cantos
Nello scorso novembre ricorreva il Cinquantesimo anniversario della morte di uno dei più grandi poeti del ‘900, Ezra Pound.
Un autore «maledetto», a causa delle sue scelte politiche, ma che resta un assoluto, indiscusso genio delle Lettere. L’anniversario è passato piuttosto in sordina, tra qualche convegno e alcune pubblicazioni, la più significativa una guida ai Cantos, il capolavoro poetico incompleto del poeta americano, scritta da uno dei suoi massimi conoscitori in Italia, il professor Luca Galles. (I Cantos, una guida. Editrice Ares).
E proprio dei Cantos vogliamo parlare. Si tratta dell’opera della vita dello scrittore, un poema ricchissimo di spunti, richiami, citazioni colte, cui Pound lavorò per quasi tutta la vita, iniziandolo negli anni della Prima Guerra Mondiale. Era un americano in Europa: non venuto per la guerra, ma per abbeverarsi alle fonti della cultura classica.
Era nato al tramonto del XIX secolo, nel 1885, in un’America profonda, quasi di frontiera, nell’Idaho. Fin dagli anni dell’università a Filadelfia aveva rivolto il suo sguardo alla vecchia Europa, inseguendo il sogno della grande cultura medievale.
Era affascinato dalla letteratura cortese e dal Dolce Stil Novo, ed era stato in Francia e in Italia. Poi la sua passione per la pittura Preraffaellita lo aveva portato a Londra, e qui si era fermato per un po’ di tempo, sposandosi, e diventando amico e maestro di grandi autori come Eliot e Yeats. Poi di nuovo il richiamo dell’Italia si fece prorompente, e Pound la scelse come patria d’elezione, trascorrendovi e gran parte della sua vita.
Nato nella tradizione protestante puritana degli Stati Uniti, Pound aveva avuto però modo di incontrare il cattolicesimo, in particolare nei tanti anni trascorsi in Italia.
Era proprio il cattolicesimo italiano ad affascinarlo, più che quello americano, portato dagli emigrati, o quello delle Isole Britanniche. Scherzando (ma forse non troppo) asseriva che nel cattolicesimo italiano c’erano degli elementi arcaici, pagani, che lo incuriosivano. E poi c’era la grande costruzione della Civitas Christiana medievale che suscitava la sua ammirazione, perfino la sua commozione.
Rimase sempre in lui tuttavia uno spirito sincretistico, che lo portò a interessarsi delle religioni dell’Oriente, in particolare il confucianesimo. Era il segno di un animo inquieto, curioso, mai sazio di conoscenza. Un vero cuore inquieto agostiniano. Un uomo pieno di nostalgia di Dio, Pound, che continuava a prediligere una ricerca curiosa a tutto campo in materia religiosa.
Una ricerca che prende forma nel capolavoro di Pound, i Cantos, ambizioso progetto di una nuova Epica, di una sintesi tra la cultura classica e le suggestioni della modernità. La composizione, cominciata nel 1916 e proseguita per tutta la sua vita, si rivelò un’epica rappresentazione del mondo moderno, che poteva sembrare uno zibaldone poetico senza soluzione o un soliloquio improvvisato, tra citazioni, traduzioni, trascrizioni da varie lingue.
L’intuizione di Pound è capire il presente guardando al passato, rivissuto nella poesia dell’antichità, patrimonio universale ed eterno dell’umanità. È la narrazione di come un poeta venuto dal Nuovo Mondo tentò di rifondare l’estetica, proponendo un nuovo modo di intendere e di fare poesia, fondato sullo spostamento dell’accento dall’io, epicentro della poesia romantica, alla realtà, dal soggetto all’oggetto. Un progetto che è rimasto un tentativo irrisolto, ma che rimane una potente testimonianza della ricerca del Bello, del Buono, del Vero.
I Cantos dovevano essere per l’America e per la Modernità quello che era stata la Divina Commedia. Pound sentiva di essere chiamato a continuare l’opera di Dante e quando scriveva era pieno di speranza per le sorti americane.
Sentiva – come una vera e propria ossessione – che l’America aveva bisogno dei classici. E se per l’America desiderava questa scoperta, questo ricollegarsi alle proprie radici classiche europee, per l’Italia quello che sognava era un nuovo Rinascimento, un rifiorire delle Arti, dell’amore per il Bello.
Amante di Dante e ancor più di Guido Cavalcanti, sognava un ritorno alla grandezza medievale e rinascimentale. Forse era troppo ambizioso, o forse era un sognatore, ma Pound ci ha lasciato nella sua opera queste visioni, queste speranze. Non illusioni: sapeva bene che il nostro mondo è segnato dal male, dalla Caduta, che non può più essere un Paradiso Terrestre.
Proprio per questo aveva a cuore la realtà, la condizione concreta umana, e proprio per questo si dedicò a studiare attentamente i meccanismi della finanza e dell’economia che schiacciano l’uomo, quell’usura contro cui combatté a lungo, e che a livello spirituale nei Cantos viene identificato con l’orrendo peccato dell’avarizia. Una lettura indubbiamente non facile, quella di questo poema, ma di assoluto fascino che resiste al passare del tempo, come ogni classico che si rispetti.
Paolo Gulisano
Articolo previamente apparso su Ricognizioni
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Nuova serie gay sui militari americani: il Pentagono contro Netflix
Il Pentagono ha accusato Netflix di produrre «spazzatura woke» per una sua nuova serie incentrata su un marine gay. La serie ha debuttato durante la campagna del presidente Donald Trump e del Segretario alla Guerra Pete Hegseth per eliminare la «cultura woke» dall’esercito.
Kingsley Wilson, portavoce del dipartimento della Guerra, ha dichiarato a Entertainment Weekly che il Pentagono non appoggia «l’agenda ideologica» di Netflix. L’esercito americano «non scenderà a compromessi sui nostri standard, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini», ha detto Kingsley, sottolineando che il Pentagono si concentra sul «ripristino dell’etica del guerriero».
«I nostri standard generali sono elitari, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale», ha aggiunto la portavoce.
Lo Hegseth ha introdotto nuovi requisiti fisici «di livello maschile» per affrontare situazioni di «vita o morte» in battaglia, affermando: «Gli standard devono essere uniformi, neutri rispetto al genere ed elevati. Altrimenti, non sono standard» criticando approcci alternativi che «fanno uccidere i nostri figli e le nostre figlie». A febbraio, il Segretario alla Guerra ha definito il motto «la diversità è la nostra forza» come il «più stupido» nella storia militare.
Il Pentagono lotta da anni con carenze di reclutamento, registrando nel 2023 un deficit di 15.000 unità, il peggiore dalla fine della leva obbligatoria nel 1973. I repubblicani attribuiscono il problema all’eccessiva enfasi sulla diversità a scapito della preparazione militare, come evidenziato da un rapporto del 2021 che criticava la Marina per aver prioritizzato la «consapevolezza» rispetto alla vittoria in guerra.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA
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Amazon Prime Video rimuove tutte le armi e le Bond Girls dai poster dei film di 007. Poi ci ripensa
La piattaforma streaming di Amazon Prime Video ha recentemente rimosso tutte le armi e le Bond girl dalle locandine dei film di James Bond. Poi nelle ultime ore, sembra aver ripristinato la versione originale.
L’amata serie di pellicole di spionaggio 007, dove le pistole giuocavano un ruolo grafico sin dalle locandine, si trova ancora sotto il tallone della cultura woke, e quindi della censura e dell’orwelliana cancellazione della storia.
È ridicolo, e antistorico, vedere il comandante Bond a braccia conserte senza la sua arma (che è variata, dagli anni, da una Walther PPK a una Beretta forse di modello 418 o 950) impugnata disinvoltamente – un elemento che è parte fondamentale dello stesso personaggio, elegante e pericoloso, come il mondo in cui la spy-story promette di immergere lo spettatore.
Amazon had digitally removed all of the guns from James Bond movie art.
Next … they will probably eliminate any scenes from the movies with guns.
Ridiculous. pic.twitter.com/PdMgKIKY2e
— Wall Street Mav (@WallStreetMav) October 3, 2025
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In particolare, tutte le armi sembravano essere state rimosse da immagini già note, tra cui un ritratto di Sean Connery con una pistola Walther PPK tra le braccia incrociate, utilizzato come foto pubblicitaria per la pellicola Dr. No e ora esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un poster teaser ampiamente visto per il film Spectre con Daniel Craig è stato apparentemente modificato per eliminare la pistola che tiene al fianco (sebbene la fondina ascellare indossata da Craig sia ancora visibile).
Un ritocco simile sembrava essere stato effettuato su un’immagine pubblicitaria di Roger Moore in Agente 007 Vivi e lascia morire, in cui Moore impugna una .44 Magnum, un allontanamento dalla tradizione di Bond di pistole relativamente piccole.
Le immagini modificate digitalmente dei poster originali dei film sono un insulto agli artisti che le hanno create e ai fan che le hanno guardate negli ultimi 63 anni – oltre che all’idea stessa che sta alla base del racconto di James Bond.
Notice in these Amazon #JamesBond digital posters they’ve removed all the guns and given awkward poses?
Welcome to a world where promoting James Bond 007 needs to be done without his sidearm. pic.twitter.com/3NGkxXShcn
— Chris (@GelNerd) October 2, 2025
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L’establishment progressista cerca di cancellare le armi dall’immaginario cinematografico classico, mentre il transgenderismo e i temi satanici vengono promossi in film e cartoni pensati per bambini.
Notizia delle ultime ore, Amazon si averci ripensato: dopo il pubblico clamore, le pistole sono tornate sulle locandine.
La mossa era arrivata dopo che Amazon ha acquisito i diritti del film acquistando gli studi MGM per un miliardo di dollari all’inizio di quest’anno e si appresta a lanciare un nuovo film diretto da Denis Villeneuve (il regista di The Arrival, Blade Runner 2049, e del recente, noiosissimo, Dune), scritto e diretto da Steven Knight, il cui nuovo attore di Bond deve ancora essere annunciato.
In passato si è speculato sull’arrivo di un Bond negro (si è fatto il nome del divo anglo-nigeriano Idris Elba) o di una Bonda. In realtà, una potente anticipazione era nell’ultimo film No Time to Die con Daniel Craig – la cui scelta come protagonista della serie, una ventina di anni fa, fu contestata da un gruppo di fan: è biondo – dove saltava fuori una agente MI6 nera e statuaria (tipo Grace Jones, per intenderci), seduttiva e letale anche più del Bond stesso.
No Time to Die sconvolse gli aficionados perché mostrava un atto incomprensibile per chi conosce la saga: la morte di James Bond, un fatto narratologicamente, archetipicamente inconcepibile, in quanto il tema profondo della serie è, senza dubbio alcuno, il mito dell’eroe invincibile.
La castrazione del carattere di 007 era presente nei film dell’era Craig anche in precedenza: il filosofo ratzingeriano coreano Byung-chul Han nel suo saggio La società della stanchezza indicava la stranezza di vedere in Skyfall (2012) un James Bond affaticato e depresso, con traumi psicanalitici che riemergono.
Il codice «007» è in realtà un riferimento preciso che il romanziere (e vero agente segreto) britannico Ian Fleming faceva agli intrecci tra l’occultismo e la storia di Albione, in particolare nel momento in cui Londra si separò dalla Chiesa cattolica e cioè dall’Europa.
Il primo «oo7» fu infatti John Dee (1527-1608), matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo ed occultista inglese che organizzo i servizi segreti britannici nella sua visione di un nuovo mondo fatto di colonie dell’«Impero britannico», un’espressione che alcuni dicono sia stata coniata proprio da lui stesso.
Nei messaggi cifrati riservati alla regina Elisabetta I Dee apponeva la sigla «007» in cui gli zeri erano due occhi, il sette un numero fortunato.
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Immagine da Twitter
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