Economia
Europa da incubo: le bollette aumenteranno a 2 trilioni di euro, il 20% del reddito delle famiglie
L’aumento del costo dell’energia si abbatterà su famiglie e imprese europee con un’intensità non ancora compresa davvero.
Il gigante energetico norvegese Equinor ha avvertito che «il commercio energetico europeo rischia di fermarsi a meno che i governi non estendano la liquidità per coprire margin call almeno 1,5 trilioni» di dollari. La margin call, tradotta in italiano come «richiamo di margine» o «richiesta di integrazione», è il termine che descrive la manovra di evasione da un titolo divenuto insostenibile.
L’innesco di una crisi finanziaria sistemica è di per sé difficilmente evitabile. Scrive la testata economica americana Bloomberg che «a parte l’inflazione delle bollette e l’aumento dell’inflazione, la più grande crisi energetica degli ultimi decenni è risucchiare capitali per garantire scambi in mezzo a oscillazioni selvagge dei prezzi. Ciò sta mettendo sotto pressione i funzionari dell’Unione europea affinché intervengano per evitare che i mercati energetici si fermino».
«Sarà necessario il supporto della liquidità», ha affermato in un’intervista Helge Haugane, vicepresidente senior di Equinor per il gas e l’energia elettrica. La questione è incentrata sul trading di derivati, mentre il mercato fisico è in funzione, ha affermato, aggiungendo che la stima da parte della sua società di 1,5 trilioni di dollari per sostenere il cosiddetto trading di carta è «conservativa»
«In altre parole – riassume Zerohedge – per evitare un disastro energetico saranno necessarie enormi quantità di finanziamenti appena stampati (perché con l’esplosione dei rendimenti, lo stimolo fiscale europeo sarà terminato prima di iniziare a meno che le banche centrali non intervengano e sostengano gli ultimi piani di salvataggio dell’iperinflazione energetica)».
Tuttavia la cifra potrebbe essere addirittura peggiore del trilione e mezzo preconizzato dai norvegesi.
Una ricerca della Banca di investimento Goldman Sachs parla invece di una bolletta energetica delle famiglie italiane potrebbe salire da 150 euro a 600 euro nel 2023.
«Per la maggior parte delle famiglie e dei clienti industriali, le bollette energetiche vengono rinegoziate ogni dodici mesi; secondo le nostre stime, le bollette energetiche per la maggior parte dei consumatori raggiungeranno il picco quest’inverno. Stimiamo attualmente un costo di circa 500 euro al mese per elettricità e gas, il che implica un aumento del 200% rispetto al 2021, quando la bolletta media era di circa 160 euro al mese».
«Crediamo che le bollette energetiche potrebbero avvicinarsi a 600 euro al mese in uno scenario a flussi zero» dalla Russia.
L’innesco di questa impennata esponenziale dei costi: da gennaio 2020, i prezzi a 1 anno di gas ed elettricità, solitamente il riferimento quando si firmano nuovi contratti di fornitura di energia per famiglie o clienti industriali, sono aumentati ciascuno di oltre 13 volte. La seguente mostra mostra questa evoluzione, ribasata a 100.
Per l’Europa nel suo insieme, ciò equivarrebbe a un aumento di quasi 2.000 miliardi di euro della spesa per gas ed elettricità: sì, due trilioni, l’equivalente di circa il 15% del PIL continentale.
Goldman calcola poi che se gli attuali prezzi a termine a un anno rimarranno invariati per i prossimi sei mesi, le rinegoziazioni dei contratti di fornitura aumenterebbero le bollette di elettricità e gas UE di circa il 200% rispetto al 2021.
In questo scenario da incubo, le bollette energetiche rappresenterebbero oltre il 20% del reddito disponibile lordo delle famiglie dell’UE.
«E anche se Goldman non lo dice, il più grande vincitore di questo storico trasferimento di ricchezza – quello che vede il tenore di vita dell’Europa implodere mentre il reddito disponibile evapora andando invece verso beni di prima necessità come l’energia elettrica e il riscaldamento… non è altri che Vladimir Putin» nota Zerohedge.
Non essendovi strade davvero percorribili per uscire dall’impasse, Goldman Sachs ritiene che alla fine potrebbe essere necessaria l’introduzione di un «deficit tariffario», per diffondere il recente aumento delle bollette su 10-20 anni e consentire alle utility di cartolarizzare tempestivamente questi pagamenti futuri. Sebbene questo schema limiterebbe la distruzione della domanda, attutirebbe l’aumento delle tariffe, limiterebbe il calo a breve termine della produzione industriale e disinnescherebbe in gran parte il rischio normativo.
«Qualunque sia la soluzione del cerotto applicata, tuttavia, la realtà è triste. E (…) l’Europa non può stampare più gas naturale, petrolio, carbone, etc, quindi in un modo o nell’altro, dovrà compensare l’impennata dei costi, prima nelle materie prime e poi in tutte le catene a valle, che in un futuro molto prossimo significherà che presto i governi sovvenzioneranno il costo della vita in Europa, poiché l’alternativa è una rivoluzione violenta».
Come riportato da Renovatio 21, la Germania, Paese che sta per affrontare il freddo e un’inevitabile recessione e che teme apertamente rivolte il prossimo autunno, dopo essersi «prestata» 40 miliardi ad aprile, ha appena varato un altro pacchetto di aiuti per 65 miliardi.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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